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Autore: uadjet    13/04/2016    3 recensioni
Dal settimo capitolo:
"Riaprii gli occhi solo per trovarmi di fronte a mia sorella, senza averla nemmeno sfiorata. E lei pareva essere tornata in sé.
“Stai bene?” le chiesi preoccupato.
Lei annuì con la testa, spiegandomi che ora dovevamo chiedere allo spirito di andare dove era venuto. Ci sedemmo nuovamente, pronti per concludere quell’esperienza, e facemmo la nostra ultima domanda.
“Kokkuri-san, Kokkuri-san, puoi tornare da dove sei venuta?”
La moneta non si muoveva. Era un buon segno? Reiko non sembrava convinta.
“Dovrebbe rispondere sì, e poi spostare la moneta sul torij” replicò confusa, quando la moneta si mosse.
La risposta non era quella che aspettavamo.
NO."
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niii-hooo-niii-hooo-niii-hoooo .....

Velocemente accostò l'auto per permettere all'ambulanza di passare. Non che fosse semplice, d'altronde c'era un traffico impossibile, e, sebbene fosse l'orario di stop per moltissimi lavoratori, sentiva che sotto c'era qualcos'altro, che l'ambulanza c'entrava qualcosa. Presto i suoi dubbi vennero confermati: l'ambulanza si era fermata una decina di auto più in là. Era successo qualcosa. Notando alcuni guidatori scendere dalle auto e avvicinarsi al luogo dell'incidente, fece lo stesso anche lui, ma non perchè fosse curioso, bensì pensava che un paramedico potesse sempre essere utile, nonostante dovesse essere il suo giorno libero.

Ai miei spiegherò perchè sono arrivato in ritardo alla cena del sabato sera e capiranno, pensò mentre bloccava l'auto e si incamminava velocemente, seguendo la sirena dell'ambulanza.

Appena giunto sul luogo dello scontro, pensò che anche avendone viste di tutti i colori la vista di quelle auto accartocciate e di quei corpi incoscienti e forse già privi di vita ogni volta gli faceva chiudere lo stomaco e seccare la gola. Ed era anche peggio vederli morire durante il tragitto all'ospedale. Ma subito questa sensazione lasciava spazio all'iperattività, alla voglia, alla necessità di aiutare quelle persone, di farle rimanere vive, perchè sì, era suo dovere aiutarle, era la sua ragione di vita.

"Ehi, Scott, ma che fai qui? Non dovresti essere a casa a goderti il tuo giorno di riposo?!" lo salutò uno dei suoi colleghi, appena sceso dall'ambulanza, mentre altri quattro ragazzi davanti a lui tiravano fuori le barelle per prestare i primi soccorsi ai feriti.

"Storia lunga" rispose lui brevemente, "che è successo? Com'è la situazione?" chiese poco dopo, mentre osservava una donna già posta su una delle barelle entrare nell'ambulanza sorretta dai giovani.

"Signore, un uomo e una donna sono morti" comunicò intanto uno dei novellini al suo collega, non riconoscendo il suo interlocutore.

"Merda" sospirò lui, "per fortuna che la polizia sta arrivando". Detto questo Scott si fece avanti e lo aiutò a soccorrere un'altra persona coinvolta nello scontro, una ragazza che aveva una grossa ferita alla fronte e numerosi tagli sulle braccia, ma che sembrava essere ancora viva. I due la appoggiarono con cura sulla barella, per evitare ulteriori danni alla testa, e dopo che Scott si fosse assicurato che la giovane era ancora cosciente, trasportarono anche lei sull'ambulanza.

Certo, era viva, ma doveva aver subito un trauma cranico. Continuava a pronunciare parole sconnesse, e quando Scott la assicurò che era tutto a posto, lei cominciò a divincolarsi così tanto che dovettero legarla alla barella.

"No, era lei ... come può essere ... era pace .... io .....i-il mio ..... Joshua ...."

"Tranquilla, signorina, andrà tutto bene" le disse Scott accarezzandole i capelli, "aspetta, Fred, vengo con te" concluse, mentre il suo collega raccoglieva garze e disinfettante per il pronto soccorso.

"Come?" rispose Fred, con tono sorpreso, "assolutamente no, tu ora vai a casa e ti diverti!"

"Non ci penso nemmeno!" continuò risoluto il giovane, venendo bloccato subito dal suo collega, che, una mano davanti a sè, gli impedì di salire sulla vettura, concludendo: "E invece sì!" e chiudendogli la portiera in faccia.

Benissimo, grazie, Fred, davvero.

E lui rimaneva lì, in mezzo a lamiere fumanti, corpi, polvere e curiosi, avvertendo presto nell'aria il suono delle sirene della polizia. Era di troppo, non poteva farci nulla. Se ne sarebbe dovuto andare a casa, magari usando la deviazione messa per l'occasione (di certo la strada principale sarebbe rimasta chiusa per un bel pezzo), e fare finta che non fosse successo niente di fronte ai suoi, fare finta di poter superare il rifiuto da parte del suo collega.

Ma il problema non era nemmeno questo, era che Fred l'aveva fatto a fin di bene, e aveva ragione. La responsabilità di avere sulle spalle così tante vite non doveva presentarsi anche quando avrebbe dovuto avere un momento di riposo, ma lui si sentiva sempre in necessità di fare qualcosa, e sempre impotente quando le cose non andavano per il meglio.

Decise, dopo quel lungo momento di riflessione, di farsi da parte e tornare indietro, e fu allora che vide la foto. Era un po' bruciata e accartocciata agli angoli, ma lo colpì comunque: c'era una ragazzina giovane, che sorrideva verso l'obiettivo, e che faceva il segno della vittoria con le dita. Non sapeva come, ma quella foto ebbe il potere di farlo sentire meglio: forse in quel momento era solo molto provato e depresso, ma gli sembrava che tutto in quella foto gli dicesse: "Ce la posso fare, c'è ancora speranza". Quella bambina, il sorriso così sincero, il segno con le dita.

Scott non credeva alle coincidenze, e così decise che quello era un segno del destino: ripose con cura la fotografia nella tasca e, già rinfrancato, si diresse verso la sua auto, mandando un messaggio ai suoi genitori per avvertirli che fra poco sarebbe arrivato.


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Quando arrivò la telefonata del secondo incidente, Sarah pensò che dovesse trattarsi di uno scherzo. Fred era appena tornato dallo stesso tratto di autostrada in cui due auto si erano scontrate poco prima! Era anche riuscita a vedere una delle due sopravvissute, una povera ragazza. Niente trauma cranico, però doveva aver subito un tremendo shock. Diceva cose senza senso.

Ma la smentirono subito. Non era qullo l'incidente, se ne era verificato un altro sulla strada che era stata usata come deviazione. Molto probabilmente qualcuno per la fretta aveva fatto un casino.

Era quindi salita sull'ultima ambulanza disponibile e si era precipitata sul luogo.

Era rimasta sconvolta quando aveva visto l'auto. Era scoppiata in lacrime quando aveva avuto conferma dei suoi timori.

Il suo amico e collega Scott era morto.

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Avevano appena portato nella vettura dell'ambulanza l'ultimo sopravvissuto. Che incidente, peggio di quello di Fred, sicuramente.

Si sperava sempre che fosse l'ultimo, ma non era mai così. Ma era ancora peggio era quando a rimanere coinvolto era un collega.

All'inizio non l'aveva nemmeno notata sull'asfalto caldo e nero. Era accartocciata e brucitata in più punti, ma la raccolse comunque: era la fotografia di una bambina felice, molto felice, che faceva un segno con le dita. Era così bella, metteva speranza, in tutta quella desolazione.

Non ci pensò due volte: la prese.

Era strano il segno, però. Forse doveva essere straniera, oppure quel segno era parte di un linguaggio giovanile, o di qualche gruppo.

 Lui tre dita le alzava solo per contare.



Ciao! Muahahahah! E ritorno (seh, uffa...XD XD) ahahah, spero che vi piaccia, questa l'ho trovata su un sito, è una leggenda coreana (sempre lì siamo comunque, eh). Niente, ringrazio sempre HoshiOujo e TheAuthor99 (risponderò alle recensioni, eh, giuro!) e chi legge senza commentare, o mette in qualche categoria la raccolta XD a presto
Uadjet



  
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