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Autore: Mick_ioamoikiwi    13/04/2016    0 recensioni
A Rivellion, terra magica popolata sia da razze intelligenti, come gli umani e da altre razze meno intelligenti, come i Goblin, una ragazza di nome Hannah inizia la propria missione per il completamento del rituale che le permetterà di diventare membro effettivo del proprio ordine, gli Ammazzadraghi. Lungo il suo cammino verrà supportata da Zandalor, mago ultracentenario, l'unico in tutto il Paese a non credere nel tradimento dei draghi che, migliaia di anni prima, hanno assassinato il Divino, salvatore di Rivellion.
Ed è qui che inizia la nostra storia. O meglio, la storia di Hannah.
[Based on Divinity II - Ego Draconis]
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4
 

Il corpo della ragazza, che fino a qualche minuto prima era freddo e leggero divenne, in una frazione di secondo, caldo e pesante. Zandalor aveva chiuso gli occhi e stava recitando a voce bassa lunghe formule di magia nella lingua degli Antichi, mentre i simboli disegnati nella terra si illuminavano a turno della stessa luce violacea che circondava Hannah: il simbolo dell’aria si era spento nello stesso istante in cui si era acceso quello del fuoco. Pochi minuti dopo toccò a quelli dell’acqua e della terra.
Terminati i quattro elementi magici, la ragazza sentì il corpo rilassarsi del tutto, come se fosse stato svuotato della sua stessa anima. Anche il vecchio mago aveva terminato la prima parte del rituale. «Come ti senti?»
«Bene, direi.» Hannah scrollò le spalle, non era abituata a stare ferma molto a lungo, di solito le sue giornate erano piene di movimento: quando non si allenava faceva la ronda lungo la valle e, di tanto in tanto, dava una lezione ai goblin che si avvicinavano troppo alle mura della città, spesso e volentieri lo faceva dietro compenso di qualche guardia troppo pigra oppure veniva incaricata da un certo Richard, che ricavava profitti maggiori rivendendo i cuori di goblin ai negromanti di Aleroth.
«Ottimo! Adesso, mia cara, concentrati: devi liberare la mente da ogni pensiero. Il mana deve essere l’unica cosa presente nella tua testa.»
Hannah chiuse gli occhi, si concentrò solo sul suo corpo e sulla sua mente, scacciando ogni immagine e conversazione avuta durante la mattinata. «Sono pronta.»
Zandalor annuì, silenzioso. Sollevò il bastone sopra la sua testa e fece un cerchio nell’aria: la luce violacea, che prima era sparita, ritornò a circondare la sua allieva poi, come era successo per i quattro elementi, anche il simbolo del mana si illuminò ma, questa volta, con più intensità. La luce, proveniente dalla terra, avvolse il corpo della ragazza, depositandosi sul suo seno destro all’altezza del cuore. Hannah, che durante la seconda fase del rituale sembrava essere entrata in una fase di dormiveglia, ebbe un sussulto: il cuore le batteva all’impazzata e ogni movimento che faceva le procurava uno strano formicolio. Cadde a terra carponi, piccole gocce di sudore le colavano dalla fronte lungo tutto il viso per poi precipitare sui fili d’erba. Si guardò le mani, chiudendole e riaprendole come se fosse la prima volta che le riutilizzava dopo una lunga convalescenza: il formicolio stava svanendo poco alla volta. «Cos’è successo?» Chiese quasi spaventata.
Zandalor, che stava in piedi davanti a lei, si era appoggiato al bastone con tutto il peso e parlottava con se stesso. «Dopo tutti questi anni...» Poi tacque, come se avesse trovato la soluzione a tutti i suoi problemi. Quando vide la ragazza a terra che lo guardava in cerca di spiegazioni le sorrise, quasi con tenerezza. «Non ti preoccupare Hannah. Hai superato il rituale alla perfezione.»
La ragazza ricambiò il sorriso. «Ne sono felice, maestro.» Tolse la polvere dai pantaloni con una manata. «Qual è la prossima mossa?»
Zandalor aprì la mano destra e, dopo pochi secondi, si formò una sfera di fuoco. «L’esercizio.» La sfera svanì in una nuvola di fumo. «Ma ora sarà meglio andare a mangiare qualcosa. Il mana richiede molta energia per essere manipolato.»
[...] La sala adibita a mensa non sembrava neanche la stessa della sera prima: tutte le guardie erano di ronda lungo le mura mentre i pochi seguaci che Rhode si era portata dietro erano stati mandati in missione lungo il fiume, al di là delle montagne che facevano da scudo a Valle Rotta. Le uniche anime che rimanevano dentro la torre erano quelle dei servi che andavano su e giù per tutto l’edificio a sbrigare le faccende domestiche. Zandalor e Hannah si rivolsero ad alcuni di loro solo per ricevere un po’ di cibo da portarsi dietro: in tempi bui come quelli potevano permettersi solo qualche pezzo di pane e formaggio, accompagnati da una bottiglia di vino... l’acqua l’avrebbero presa al fiume.
Quando il vecchio mago congedò la sua allieva per riposarsi, Hannah prese la sua razione di cibo e corse fuori dalle mura, arrampicandosi sopra la torretta di guardia che gli abitanti della città avevano costruito anni prima. Da lassù poteva ammirare buona parte della vallata, grazie ai suoi nuovi occhi riusciva a vedere più lontano degli altri: poco distante dalla città c’era la fattoria dei Jackson, i due proprietari erano marito e moglie con problemi matrimoniali. Ad Hannah non era mai venuto in mente di sposarsi e quei due gli avevano tolto ogni dubbio dalla testa: non lo avrebbe mai fatto. Spostò poi lo sguardo più avanti: dopo il fiume, al fondo della valle, spiccava una vecchia chiesa diroccata, i goblin avevano saputo rimetterne in piedi una parte ed ora faceva parte integrante del loro piccolo villaggio di tende. Li aveva sempre trovati buffi e al contempo divertenti ma, per la maggior parte dei casi, erano estremamente fastidiosi.
«Non capisco perché Damian voglia distruggere tutto questo.»
«Per amore.»
Hannah sobbalzò, girandosi verso l’albero che aveva alla sua destra: nascosto tra i rami e appoggiato al tronco c’era il ragazzo con cui aveva parlato la sera precedente, prima di andare a letto.  «Una volta mi diceste che non stava bene spiare le persone.»
«Non direi spiare, aranel, sono qui da prima che arrivaste voi.»
La ragazza si appoggiò al parapetto della torretta, tenendo le braccia incrociate. «In questo caso vi porgo le mie scuse.»
Hidan saltò giù dal ramo sul quale era seduto per atterrare in piedi sulla torretta, visto da vicino sembrava ancora più affascinante e misterioso.
«Basta con queste smancerie d’alta corte.» Il tono della voce risultò quasi lapidario a pochi centimetri di distanza. Il ragazzo si spostò un ciuffo di capelli dalla fronte. «Sei un soldato, no?»
«I-io...» Il loro discorso venne interrotto dall’arrivo di uno dei seguaci di Rhode che correva a perdifiato in direzione della città. Hannah lo riconobbe quasi subito perché era stato suo compagno di corso all’accademia degli Ammazzadraghi: Gunther.
«Sembra di fretta il tuo amico.»
Hannah si limitò a un piccolo cenno del capo e continuò a guardarlo correre: aveva uno strano sorriso in faccia. Appena oltrepassate le mura di cinta si infilò nella torre, probabilmente alla ricerca del capitano Rodney. «Chissà cosa sarà successo.»
«A giudicare dal sorriso che aveva in faccia direi qualcosa di buono.» Più parlava e più Hannah sentiva che in realtà non era così arrogante come voleva far credere. Lo guardò di sbieco, lui teneva gli occhi fissi sull’orizzonte, in un punto impreciso a metà delle montagne.
«E così ti hanno spedito qui dall’Ordo Novus.»
Hidan sogghignò. «Non sei nella condizione di porre domande.»
«Ho il diritto di sapere con chi sto parlando, gli Ammazzadraghi conoscono tutto del popolo degli Antichi proprio per non essere presi alla sprovvista.»
«Complimenti aranel, vedo che abbiamo fatto i compiti.» Si passò una mano tra i capelli. «Sono finito qui per volere del mio comandante. Ho disubbidito a un suo ordine.»
Hannah rimase pensierosa, aveva sempre sentito solo delle voci che giravano sulla sua caserma: si diceva che si praticassero allenamenti estenuanti e pericolosi ma, soprattutto, che i cadetti fossero addestrati a uccidere. Non a caso i membri dell’Ordo Novus erano spesso incaricati dai Signori locali per compiere missioni pericolose; nel peggiore dei casi quelli che venivano espulsi si facevano pagare per compiere omicidi su commissione.
«Suppongo tu avessi una buona ragione per disubbidire.»
«Lo credevo anche io... la prima cosa che ti insegnano all’Accademia è “Mors exorabit pro omnibus peccatis suis” e il mio comandante esige che questa regola venga rispettata parola per parola.»
Hannah rabbrividì. La morte non la spaventava ma c’erano alcune cose che la mandavano in bestia e uccidere per espiare i peccati rientrava perfettamente in quest’ultime. «E cosa ti hanno chiesto?»
«Di uccidere mio fratello.»
   
 
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