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Autore: BabyLolita    13/04/2016    1 recensioni
Il primo amore non si scorda mai. Ti rimane dentro, impresso, indelebile. Il primo amore ti travolge e ti stravolge. Hilary è alle prese con il suo primo amore. Un amore che la cambia, che la turba. Un amore che la risucchia e l'annulla. Quando si scopre innamorata è troppo tardi, perché lui è ormai lontano. Si promette di aspettarlo, di dichiararsi non appena lui farà ritorno. Si promette di essere forte. Fa tante promesse a sé stessa. Così tante che è difficile mantenerle tutte quante. Quando un amore è lontano e tanta gente gira intorno a te è difficile essere fedeli a sé stessi, alle proprie promesse. È difficile non innamorarsi ancora. È difficile dimenticare chi si è amato tanto. È difficile quando, davanti a te, il passato ed il presente si scontrano per impossessarsi del tuo futuro.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Kentin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Quando non la vidi arrivare a scuola capii che qualcosa non tornava. L’avevo salutata la sera prima e stava bene, di sicuro non si era assentata per malattia. Mi innervosii istantaneamente, sapevo che doveva essere con lui. Cercai di mantenere la calma. Anche volendo, non sarei stato in grado di rintracciarla. Non sapevo dove lui l’avesse portata. Afferrai il cellulare e provai a chiamarla. Tempo un paio di squilli e partì la segreteria. Ora non avevo più dubbi.
 
Quella mattina fu infernale, il solo pensiero di loro due assieme mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Riportai alla mente il ricordo della sera prima. Quella sera magica che mi aveva fatto sentire importante fino a qualche ora prima. Quella sera che ormai non era altro che un frammento della mia memoria. Strinsi le mani a pugno, alterato, non volevo che ripetesse l’esperienza anche con lui. Uscii dall’aula al primo intervallo recuperando le mie cose, non riuscivo a stare lì senza di lei. Tornai a casa mia e mi infilai sotto la doccia, incazzato nero, cercando di trovare il modo di separarla da lui per sempre. Non riuscii a calmarmi in nessun modo. Tutti i miei campanelli d’allarme suonavano, e non riuscivo a trovare pace. Decisi di piazzarmi davanti a casa sua ad aspettare. Prima o poi sarebbe dovuta tornare. Passarono diverse ore e le sentii tutte scorrere sulla mia pelle. Continuavo a guardare l’orologio mentre, nervosamente, sbattevo il piede a terra. Sapevo che, più il tempo scorreva, più loro potevano avvicinarsi, diventare intimi, e non potevo permetterlo. Non volevo permetterlo. Quando la vidi arrivare non era da sola. Sapevo che non lo sarebbe stata. Mi girai verso di loro e fulminai Castiel con lo sguardo. Desideravo ardentemente ammazzarlo e sapevo che l’avrei fatto se, in quel momento, Hilary non fosse stata presente.
   «Hilary, vieni qui.» dissi allungando la mano nella sua direzione.
Vieni da me.
Lei mi fissò, spaventata, ed io capivo che doveva sentirsi terribilmente combattuta, a disagio, in colpa. Castiel si mise davanti a lei, come per proteggerla. Digrignai i denti.
Sono io che dovrei proteggerla da te!
Feci per avvicinarmi ma mi fermai subito. Hilary si staccò da Castiel. Pensai di vederla avvicinare a me, ma non lo fece. La vidi piangere, e la cosa mi straziò il cuore. Farfuglio qualcosa, parole biascicate e confuse. La guardai iniziare a tremare e sapevo che si stava autodistruggendo ed il fatto che uno dei motivi per il quale lo stava facendo ero io mi faceva sentire un verme schifoso. Mi sentii davvero una merda perché stavo facendo soffrire la donna che amavo follemente. Lei soffriva per me.
Tu stai soffrendo a causa mia.
Hilary mi guardò per un lunghissimo secondo e sembrò capire il mio senso di colpa. Corse in casa senza dire più niente, ma i suoi singhiozzi risuonavano nell’aria. Quando chiuse la porta alle sue spalle io e Castiel ci guardammo. Per un lungo momento i nostri sguardi intrisi d’odio non si lasciarono. Ci saremo presi a pugni, era solo questione di tempo, ma non potevamo farlo lì. Non davanti a casa di Hilary.
   «Non te la lascerò mai.» mi disse poi.
   «No. Sono io che non ti permetterò di averla per te.»
   «Non hai speranze. Sei stato stupido a lasciarla. Non avresti dovuto farlo. Se fossi stato qui, lei non si sarebbe mai allontanata da te. Ma te ne sei andato, i tuoi sentimenti non devono essere poi così forti, infondo. E credo che nemmeno i suoi lo siano. Non si sarebbe innamorata di me se ti amasse davvero. Rassegnati. Le hai permesso di andare oltre, ed io farò in modo che i sentimenti che prova per te spariscano dal suo cuore, esattamente come tu sei sparito da davanti ai suoi occhi.»
Non potevo controbattere. Non su questo. Mi sorpresi nel riscoprire Castiel così astuto. Così intelligente da capire dove colpirmi. Così innamorato da riuscire a intaccare quelli che erano i miei stessi sensi di colpa. Se ne andò lasciandomi da solo ed io lo osservai allontanarsi. Non potevo vincere cancellando il tempo in cui non c’ero stato, ma potevo farlo facendo capire ad Hilary che non sarei mai più scomparso dalla sua vita, dalla sua quotidianità. Io volevo diventare la sua quotidianità. Andai a bussare alla porta di Hilary ma lei non rispose. Il silenzio mi stava assordando. Tornai a casa mia, furioso come ormai era solito rientrare, indeciso sul da farsi. Ripensai al fatto che non avevo un piano preciso ma che, in fin dei conti, non c’era modo di creare un piano per manipolare i sentimenti delle persone. Sapevo benissimo che mi amava, lo avevo capito, ma chi amava di più? Come potevo capirlo? Non lo sapevo. Nessuno lo sapeva.
 
Il giorno dopo l’andai a prendere sotto casa e non mi sorpresi nel vedere che non ero il solo. Io e Castiel ci guardammo.
   «Stai invadendo il mio territorio.» mi disse.
Non ebbi il tempo di rispondere che Hilary uscì di casa. Ci fissò entrambi ed indietreggiò di qualche passo. Capii che voleva fuggire, ancora, ma non glielo lasciammo fare.
   «Scegli me.» le dissi, incurante di come potesse sentirsi.
Volevo vincere ad ogni costo. Castiel mi fissò in cagnesco e poi tornò a fissare lei.
   «Lui ti ha abbandonata. Sarebbe stupido sceglierlo.»
Colpito. Ancora. In quel frangente che non potevo negare. Spiegargli le mie ragioni non sarebbe stato sufficiente, perché esse non sarebbero state in grado di colmare il vuoto. Hilary ci fissava, confusa, agitata, ed io capii che non avrebbe scelto, non ancora. Le avevo promesso che non l’avrei forzata, ed invece lo stavo facendo.
È per diventare così che hai lottato tanto Kentin? Certo che no.
Sbuffai, irritato, e cercai di ritrovare il buonsenso.
   «Bisogna trovare una soluzione.» dissi guardando Castiel. Lui sembrò calmarsi. A quanto pare. la pensavamo allo stesso modo. «Questa situazione sta stretta a tutti quanti, e non è certo in questo modo che la risolveremo. Propongo un accordo. Almeno a scuola, cerchiamo di non far trapelare tutto questo. Facciamolo per Hilary, almeno.» Castiel mi fissava, pareva d’accordo con me. «Ma al di fuori della scuola, tutto è lecito.» Gli lancia un’occhiata di sfida che lui colse ed accettò di buon grado. Non volevo perdere, ma mi resi conto che continuare in questo modo non faceva che pressare inutilmente Hilary, e questo non l’avrebbe mai portata ad attuare una scelta, anzi. Mi misi a guardare Hilary e lei scattò non appena si accorse che l’attenzione era nuovamente rivolta a lei. «Ieri mattina l’hai passata con lui, lo so bene. Quindi, questo pomeriggio, lo passerai con me.»
Castiel mi fissò, era certamente contro questa mia proposta. Fu Hilary questa volta ad intaccare il silenzio, accettando la mia proposta. Si scambiò una rapida occhiata con Castiel prima di dirci di andarcene. Ci allontanammo entrambi e le nostre strade, sebbene con la medesima meta, si divisero poco dopo, non era il momento di regolare i conti a modo nostro.
 
Hilary arrivò a scuola poco dopo e si sedette accanto a me. Sembrava essersi calmata, e mi accolse con un sorriso. Quando la vedevo così, tutto mi sembrava dannatamente semplice ma la realtà, purtroppo, era un altra. Quando la vidi consegnare la giustificazione, ovviamente falsa, del giorno precedente non riuscii a non irrigidirmi. Avevo fatto l’amore con lei, ed il giorno dopo lei aveva scelto di passare del tempo con lui.
Che cosa avete fatto?
Non riuscivo a non pensare che, nonostante fossi tornato, continuavo a perdere minuti preziosi con lei. Mi arrabbiai del fatto che, anche questa volta, non potevo farci niente. Lei tornò a sedersi accanto a me e, come sempre, riuscì a cogliere il mio disagio. Appoggiò la sua mano sulla mia ed io la strinsi. Cercava di rassicurarmi, ma non mi parlava. Ci guardammo a lungo, senza proferire parola. Le lezioni iniziarono e le nostre menti, seppur per poco, restarono occupate. All’intervallo la vidi uscire insieme a Iris. Sapevo che erano diventate ottime amiche, me lo aveva raccontato. Decisi di seguirla poco dopo, non mi fidavo di Castiel, temevo che non mantenesse fede alle sue parole. Quando trovai Hilary era accanto alle macchinette del caffè e, infatti, era con lui. Decisi di non intervenire. Non era il momento. Volevo mantenere fede alle mie parole, ma mi tenni pronto all’azione per qualsiasi evenienza. Rimasi nascosto dietro gli armadietti. Non sentivo cosa si stavano dicendo, ma avevo deciso che volevo capire. Capire come lei reagiva in sua presenza. Capire quanto i suoi sentimenti per lui fossero profondi. La vidi cambiare sotto i miei occhi, cambiare come non mai. Appurai il fatto che con lui riusciva ad essere qualcun altro, riusciva a cambiare espressione in pochi secondi. Prima triste, poi felice, poi arrabbiata. La vidi arrossire di tanto in tanto, ridere per quello che diceva lui, e la cosa mi ferì a morte. Capii che i sentimenti che provava per lui erano sinceri tanto quanto quelli che provava per me. Poi, improvvisamente, la vidi incupirsi, e capii che qualcosa non andava. Che i tormenti erano tornati. Castiel si avvicinò a lei, stava per accarezzarle la testa e lei si scansò. La vidi farfugliare qualcosa prima di allontanarsi. Lei doveva amarlo, e tanto, ma doveva amare con la stessa intensità anche me, e tutto questo doveva essere davvero duro per lei, molto più duro di quanto non lo fosse per noi.
 
Se lo avessi capito allora, se avessi realizzato che non era giusto farla stare così, non ci sarebbero stati degli addii.
 
Tornai in classe prima di lei, non volevo che capisse che avevo visto tutto. Quando rientrò mi accolse con un sorriso. Voleva fingere che non fosse successo niente, ed io finsi di non aver assistito. Al termine delle lezioni le proposi di andare a fare una passeggiata nel parco. Lei accettò e, per un istante brevissimo, temetti che lo fece perché aveva promesso di farlo, e non perché lo volesse davvero. Cacciai dalla mente quel pensiero e, non appena fummo sufficientemente lontani dalla scuola e da occhi indiscreti, le presi la mano. Le nostre dita si intrecciarono e mi sentii subito meglio. La portai al parco vicino alla scuola. La feci avvicinare al lago che stava al centro e le offrii il pranzo. Lì accanto c’era un piccolo ristorante che ricordavo di aver frequentato sin dagli albori. Ordinammo il pranzo e mangiammo ridendo e scherzando. Tutto era perfetto, sembravamo davvero una coppia, ed io speravo che anche lei iniziasse a considerarci come tali. Speravo che capisse che ero li per lei, e che ci sarei sempre stato. Pregavo con tutto il mio cuore che realizzasse che ero io quello perfetto per starle accanto. Io e nessun altro. Quando la riportai a casa mi guardò con maliziosità. La osservai attentamente e lei mi fece cenno di entrare. Facemmo l’amore, ancora, e mi sembrò di essere in tiratura d’arrivo, in testa, al primo posto. La vidi addormentarsi sul mio petto poco dopo. Iniziai a giocare con una ciocca dei suoi capelli, intrecciandomela al dito. Subito ripresi a pensare a lei e Castiel. I dubbi continuavano a tornare, incessanti, ed io non avevo modo di combatterli. Hilary ci amava, lo sapevamo, e questo ci spingeva a lottare fino allo stremo.
   «Ti amo.» le sussurrai all’orecchio e lei si svegliò.
Si stiracchiò leggermente e poi tornò sul mio petto stringendomi a sè.
   «Ti amo anche io.»
Avrei voluto accontentarmi di quelle parole, sentirmi felice dei suoi sentimenti, ma proprio non ci riuscivo. Una parte di me non riusciva ad essere felice in nessun modo. Ripresi i miei vestiti e li indossai nuovamente. Lei mi fissò mentre giravo per camera sua. Incrociai il suo sguardo e la vidi mandarmi segnali contrastanti. Mi avvicinai a lei sfiorandole le labbra con un bacio. Lei mi accarezzò il braccio e poi mi sorrise.
   «C’è una cosa che vorrei darti. Una cosa che ho comprato pensando a te. L’ho comprata circa due mesi dopo la tua partenza ma non te l’ho mai spedita perché pensavo fosse una cosa stupida.»
La vidi arrossire ed il mio cuore prese ad accelerare.
   «Sono sicuro che è un pensiero stupendo. Dammelo, per favore, ora non puoi lasciarmi così!»
Le sorrisi, ero impaziente di ricevere quel regalo. Lei si alzò avvolgendo il suo corpo ancora nudo al lenzuolo e si avvicinò alla scrivania aprendone un cassetto. Estrasse un pacchettino verde e me lo porse. Lo guardai con impazienza ed iniziai a scartarlo. Ne estrassi un portachiavi rotondo ed azzurro con al centro un simbolo. Sul retro, era incisa la scritta “da Hilary”.
   «È il simbolo giapponese dell’amore.» mi disse poco dopo iniziando a giocare con il lenzuolo, mentre il suo viso arrossiva e fissava il pavimento.
La strinsi a me, istintivamente, e finalmente i dubbi svanirono. Mi sentii davvero felice, al settimo cielo, e volevo godermi quella sensazione fino alla fine. Lei mi strinse a sua volta ed io la baciai. Facemmo nuovamente l’amore, volevo farle sentire tutto l’affetto che provavo per lei.
Quando mi rivestii per la seconda volta agganciai il portachiavi alla fibbia dei miei pantaloni.
   «Lo porterò sempre con me.»
Le dissi indicandoglielo. Lei sorrise arrossendo leggermente. La guardai rivestirsi e poi mi accompagnò all’uscita. Ci salutammo con un bacio ed io la vidi sparire dietro la porta di casa sua. Mi sentivo davvero felice. Per la prima volta, mi sentivo completo. Decisi di ricambiare quel gesto così dolce, non potevo non farlo. Andai in una gioielleria. Volevo comprarle una collana o un braccialetto, poi ripensai all’incisione, al fatto che volevo sentirla mia, e decisi di fare la sfrontatezza di comprarle un anello. Ne guardai molti fino a quando il mio occhio non cadde su un anellino azzurro. Sorrisi accarezzando il portachiavi che mi aveva regalato lei. Indicai alla commessa quello che desideravo e le chiesi se potevo farlo incidere. Lei mi rispose di sì. Le dissi di scrivere le parole “Ti amo Hilary” e lei mi disse di passare dopo qualche ora. Uscii e mi diressi a casa mia. Mi misi la tuta ed andai a correre, non potevo saltare i miei allenamenti. Al termine tornai al negozio, il mio anello era pronto. Feci fare un pacchetto e tornai a casa.
 
L’indomani mi alzai di ottimo umore. Diedi un bacio al portachiavi prima di infilarmelo nella fibbia dei pantaloni e dirigermi a scuola. Arrivai prima di Hilary e, per farle una sorpresa, le poggiai il pacchetto sulla sedia, in modo che nessun altro lo notasse. La vidi arrivare e mi sorrise. Il mio cuore sussultò, ancora.
Solo lei riesce a farmi sentire così.
Notai con piacere la sua faccia sorpresa nel vedere il pacchetto ed io le feci l’occhiolino. Lei si sedette iniziando a scartarlo e vidi i suoi occhi diventare lucidi quando afferrò l’anello. Le accarezzai la mano e lei sorrise. Il sorriso più bello di sempre. Improvvisamente pensai che non avevo considerato il problema della taglia. E se non fosse andato bene? Mi morsicai il labbro, temendo di aver sorvolato su un dettaglio davvero importante. Lei si infilò l’anello all’anulare sinistro senza pensarci e restai molto sorpreso nel vedere che calzava alla perfezione.
   «È destino.» dissi ad alta voce senza pensarci.
Lei mi fissò e la vidi arrossire violentemente. Non ebbe il tempo di controbattere che la lezione iniziò. Sentii la sua mano intrecciarsi alla mia poco dopo. Sorrisi da ebete e la lasciai fare. Amavo le sue attenzioni. Amavo lei.
 
Al termine delle lezioni la salutai. Dovevo allenarmi e lei mi disse che aveva un impegno. Non le feci domande, era bastato lo sguardo che mi aveva mandato quando mi disse di essere occupata a farmi capire tutto. La guardai allontanare e mi irritai istantaneamente. Non volevo farla andare da lui, ma lui era stato leale nel lasciarla stare con me ieri. Temevo che, se mi fossi messo contro l’accordo che io stesso avevo proposto, Hilary avrebbe iniziato ad odiarmi, ed io non lo volevo.
 
L’indomani la vidi arrivare felice, e mi chiesi se lo era per me o per come aveva passato la serata il giorno prima. Sentii la testa pulsare per il nervoso ma lo nascosi, non volevo che lo notasse. Quando si sedette accanto a me guardai la sua mano, volevo vedere se indossava ancora l’anello che le avevo regalato. Mi irrigidii istantaneamente quando vidi che, proprio accanto all’anello che le avevo regalato io, ce n’era un altro nero. Scattai immediatamente uscendo dall’aula, non guardai nemmeno Hilary in faccia. Volevo affrontarlo, e volevo farlo subito. Non avevo più voglia di rimandare. Non capivo perché quel semplice anello mi avesse alterato così tanto, non sapevo nemmeno se fosse stato lui a regalarglielo, ma nella mia testa la risposta era già chiara. Sentii qualcuno afferrarmi la mano. Quando mi voltai e vidi Hilary piangere mi calmai quasi subito.
   «Ti prego, non farlo.» mi disse fra i singhiozzi.
Perché piangeva? Me lo chiesi a lungo. Non voleva che picchiassi Castiel? O non voleva che io le prendessi da lui? Davvero credeva che fossi ancora così debole? Mi divincolai dalla sua presa. Per la prima volta, ero così tanto incazzato con lei da arrivare al punto di pensare di odiarla.
   «Cosa?» le chiesi poi, urlandole contro. «Cosa vuoi che non faccia?!» Lei mi guardò spaesata, e confermò i miei sospetti. Quell’anello glielo aveva regalato lui. La vidi portarsi la mano sinistra al petto mentre ci appoggiò l’altra sopra, per nascondere i due anelli. «Siamo davvero sullo stesso piano? Pensi davvero che io e lui siamo uguali?! Perché Hilary, perché? Perché hai indossato l’anello che ti ha regalato lui… accanto a quello che ti ho regalato io? Pensi davvero di poterci paragonare?!» Lei mi guardava, senza rispondermi, continuando a piangere. «E rispondimi una buona volta!!!» Ero davvero arrabbiato con lei questa volta. Ero davvero furibondo. Lei continuò a stare in silenzio. I secondi passavano, ma a me persero eterni. Non ottenere una risposta mi stava uccidendo. «Vaffanculo Hilary.» le dissi dandole le spalle ed allontanandomi.
Tornai in classe a recuperare le mie cose e tornai a casa. Non mi importava di quello che pensava. Volevo solo andarmene. Pensai che se davvero pensava che fossimo uguali non avrebbe mai scelto. Pensai che, forse, non valeva davvero la pena lottare.
 
Se a quel tempo avessi preso una decisione diversa da quella che presi, forse le cose si sarebbero evolute diversamente. Quello che, ora come ora, mi fa ridere è che nessuno lo saprà mai. Nessuno saprà mai quanto, se le nostre scelte di allora fossero state diverse, il futuro sarebbe potuto cambiare.





Commento dell'autrice: Capitolo nuovo =D Spero che sia stato di vostro gradimento! Non ho altro da dire per oggi ahahah per cui, come sempre, alla prossima ;D

   
 
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