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Autore: QWERTYUIOP00    13/04/2016    1 recensioni
Dopo la caduta di Bravil, Titus Mede è finalmente pronto per iniziare la rivolta che lo porterà sul trono imperiale, ma la sua ascesa sarà duramente ostacolata dal monarca al potere Thules, immerso nei giochi di potere della Città Imperiale.
Terza storia della serie "Downfall"
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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Davanti a loro si estendeva la piana sopra la quale svettava il castello di Skingrad.
Una piccola ma robusta fortezza, che si estendeva più in altezza che nella pianta, costruita su una collina collegata ai rilievi circostanti solo tramite un ponte in pietra che poggiava su enormi arcate, la cui carreggiata era illuminata da due file di bracieri che si estendevano ai suoi lati.
Ai piedi della collina, separata dal castello, si estendeva la città di Skingrad; formata da due quartieri entrami circondati da mura e separati dalla Strada d’Oro che passava attraverso il centro urbano.
Isolata, si stagliava nel cielo la torre della Cappella di Julianos, che arrivava all’altezza del ponte che congiungeva il castello alle terre circostanti.
Silenzioso, il legato scrutava l’orizzonte, verso ovest, in cerca di indizi, segni, conferme.
Erano giorni, ormai, che inseguivano l’esercito del ribelle Titus Mede per i territori della Colovia; prima erano passati costeggiando il confine con Elsweyr, poi si erano diretti a nord e avevano attraversato la Grande Foresta, per poi riprendere la direzione verso occidente.
Finché non erano giunti davanti a Skingrad.
Una gelida brezza si sollevò in quel momento, facendo rabbrividire Ignatius, pur nella sua armatura della Legione Imperiale.
Erano sul ciglio di una piccola collina spoglia, dietro la quale si era accampato l’esercito, al lato di un vecchio albero spoglio, a causa della stagione.
L’Imperiale continuava a guardare Scavatus, che a sua volta fissava la città, davanti a sé.
L’ufficiale era diventato sempre più teso dopo la caduta di Bravil; era voluto partire dalla città subito dopo la notte dell’assalto, lasciando le macerie ancora fumanti delle case e della stessa cappella di Mara e senza aver preso il castello.
Avevano marciato a tappe serrate attraverso i boschi che costeggiavano il Niben sulla riva occidentale per raggiungere la torre dove si nascondeva il conte Terentius prima di Alessia Caro e del suo esercito proveniente da Leyawiin.
Nonostante i loro sforzi, però, la contessa era stata più veloce di loro; si era accampata all’esterno del forte, ma non aveva ancora intrapreso nessuna azione per la presa del fortilizio.
Era semplicemente rimasta ad attendere la Legione.
Scavatus aveva subito ordinato di attaccare la torre, per impedire che gli uomini di Caro potessero usarla come postazione nel caso di una battaglia.
La guarnigione del forte era molto scarsa in fatto di numeri e penetrare attraverso il portone principale si era rivelato più facile del previsto; era volata una sola freccia.
All’interno, però, le cose si erano fatte più interessati.
Ignatius aveva sentito parlare del passato del conte Regulus Terentius come cavallerizzo pluripremiato e vincitore di numerosi tornei e giostre, prima della sua misteriosa caduta in disgrazia.
Prima della sua trasformazione in ciò che era conosciuto da tutti come il pigro, tronfio e corrotto conte di Bravil.
Ma non si sarebbe mai aspettato di vederlo in armatura, con la spada d’argento salda nella mano destra, mentre lottava contro decine di legionari.
Aiutato dai pochi soldati rimastigli fedeli, Terentius era riuscito a farsi strada tra le file della Legione, per poi essere circondato e ucciso da un affondo di un capitano della Legione.
Ad Ignatius parve di vedere una lacrima scendere lungo la guancia del conte durante la sua caduta, mentre volgeva lo sguardo verso la sommità del torrione, per poi cadere a terra.
In poco tempo, anche le guardie superstiti vennero sconfitte, e i legionari riuscirono a catturare Gellius Terentius, figlio del conte, che, da quel che aveva sentito Ignatius, era conosciuto come un poco di buono, dipendente dalla skooma e in costante contatto con i malviventi della città, prima che quello si potesse buttare dalla cima della costruzione.
Lo avevano impiccato poco dopo come traditore dell’Impero, e ,di fianco, avevano appeso a testa i giù il corpo esamine del padre.
La sera stessa, era avvenuto ciò che Scavatus, i generali alla Città Imperiale e tutti i cittadini imperiali avevano temuto per mesi, ormai.
Mentre i legionari stavano festeggiando nel forte conquistato, brindando ai cadaveri della decaduta famiglia Terentius, l’esercito i Mede si era mosso e aveva attaccato sia la Legione che l’esercito di Leyawiin, tendando una manovra di accerchiamento per schiacciare l’armata contro il fiume Niben.
Ignatius e gli altri ufficiali erano subito corsi fuori dalla torre, imbracciando le armi, per muovere le truppe in risposta all’attacco dell’esercito coloviano.
L’avanguardia Khajiit sfrecciava davanti a loro compiendo piccoli ma letali assalti, in seguito coadiuvata dal resto dell’armata dei ribelli.
Scavatus aveva raggiunto il campo di battaglia e, al suo ordine, le formazioni della legione si erano compattate per resistere meglio agli attacchi nemici.
Improvvisamente, dalla loro sinistra erano comparse luci e urla; quando il legato aveva mandato qualcuno ad indagare, avevano scoperto che la contessa Alessia Caro era morta e che Albert Nelles, un mago guerriero al suo seguito, aveva preso il comando degli uomini di Leyawiin e stava facendo battere in ritirata le forze di Mede schierate su quel lato.
Avevano visto la cavalleria Khajiit scomparire dalla loro vista, allontanarsi nel buio, verso il lato dove i soldati di Leyawiin, incoraggiati da Nelles, avevano ripreso a combattere, urlando: -Assassini!- ai loro nemici.
A causa di quell’indebolimento dello schieramento centrale, Scavatus aveva avuto l’occasione di riformare i ranghi della Legione, rotti dai continui assalti, per poi organizzare un contrattacco.
Lasciando scoperto il fianco sinistro, che era coperto dalle forze di Leyawiin, i legionari avevano formato un cuneo, seguendo gli ordini del legato, che dall’inizio della battaglia continuava a urlare ordini passando da una compagnia all’altra.
La formazione dello schieramento imperiale aveva in poco tempo fatto breccia nelle file dell’esercito nemico, che sul fianco sinistro ormai stava battendo in ritirata e i soldati coloviani dovettero subire gli stessi violenti assalti che poco prima stavano infliggendo alla Legione Imperiale.
Voltandosi, i legionari potevano ormai vedere i primi raggi del sole che stavano sbucando da dietro i rilievi al confine con Black Marsh, oltre l’altra riva del Niben, quando i corni coloviani erano stati suonati per indicare la ritirata.
Prima di incominciare l’inseguimento, però, Scavatus aveva voluto aspettare per riformare i propri ranghi e per accertarsi di quante perdite la Legione aveva subito e quante invece erano state inflitte all’esercito avversario, per avere un’idea di quanto fosse stato indebolito da quella prima battaglia.
Un centinaio erano stati i morti per i legionari; il conteggio per il nemico non era sicuro.
Dopo quasi mezza giornata di preparazione, Scavatus aveva dato il via all’inseguimento e, dopo tanto marciare, erano finiti lì, alle porte di Skingrad.
Un urlo proveniente dall’accampamento li fece voltare.
Videro un soldato semplice che stava salendo sulla collina e, di fianco, in una splendente armatura, un uomo che Ignatius conosceva molto bene.
Scavatus andò incontro ai due, dopo aver lanciato un’ultima occhiata alla città di Skingrad, che rimaneva, silenziosa, alle loro spalle.
-Generale, è un piacere avervi qui- disse il legato –ma posso chiedere il motivo? Stavamo per preparare l’assalto a Skingrad, se volete unirvi…-
-Non attaccherete Skingrad- dichiarò il Generale Gratiatus, col volto cupo –Il vostro nuovo obbiettivo è la Capitale-
-La capitale?- chiese dubbioso Scavatus, lanciando un’occhiata a Ignatius, che fece segno di non saperne nulla.
-C’è stato…- cominciò il generale –un cambio di potere alla Città Imperiale; e noi dobbiamo rimediarvi al più presto…-
 
 
 
Al centro di Tamriel, di Cyrodiil, del gigantesco Lago Rumare, della verde isola della città, in mezzo alla bianca capitale dell’Impero costruita millenni prima dagli Ayleid, si elevava nel grigio cielo autunnale la candida e snella Torre Oro Bianco, abbellita dalle profonde scanalature che ne solcavano le mura in tutta la sua mostruosa altezza.
La Legione si avvicinava a passo spedito alla città occupata dai soldati di Maudelaire, al comando del Generale Gratiatus e del legato Scavatus.
-Thules ha spedito diversi contingenti, quasi tutti in realtà, in tutta la Nibenay per calmare ogni possibile focolaio di ribellione- dichiarò il generale, l’unico dell’esercito ad essere a cavallo –e gli uomini veramente fedeli a Maudelaire, a parte i maghi guerrieri, sono meno di quanti lui crede; siamo in netta maggioranza numerica, ora dobbiamo sfruttare questo vantaggio e quello dell’attacco a sorpresa per riprenderci la capitale-
Il secondo in comando annuì seccamente, con la mascella contratta.
Non l’aveva presa bene la notizia del tradimento del Bretone a capo dei Maghi Guerrieri.
Del resto era stato proprio Maudelaire a raccomandarlo al consiglio di guerra all’inizio della rivolta del Diarcato del Niben.
“Si sarà sentito parte di quel complotto” suppose Ignatius.
L’esercito era arrivato a Weye, il piccolo villaggio posto di fianco all’estremo del ponte che collegava la Città Imperiale al resto di Cyrodiil; le porte cittadine si erano aperte e un gruppo di soldati era uscito.
-Li abbiamo allertati col nostro arrivo- osservò Gratiatus –dobbiamo colpire adesso-
Scavatus non se lo fece ripetere; sguainò la spada sollevandola in aria e urlò: -Legionari! Con me! Per l’Impero!-
Tutti i legionari imbracciarono le armi e cominciarono a correre, urlando verso i cancelli della città.
Ignatius, in prima fila, vedeva avanzare, davanti a sé, il legato, mentre si avvicinavano alle bianche mura della città, percorrendo il ponte.
I soldati che erano usciti dai cancelli cittadini rimasero inizialmente impauriti dall’improvviso impeto di coloro che si trovarono di fronte, e perciò indietreggiarono fino alle porte della città, che si chiusero improvvisamente, lasciandoli chiusi fuori.
-Ci arrendiamo!- urlarono quando le prime file dell’esercito di Scavatus erano a pochi metri da loro.
-Arriva la giustizia per Maudelaire e per i traditori suoi complici!- urlò il legato –se siete fedeli soldati dell’Impero unitevi a noi. E voi, che controllate i cancelli! Noi apriremo comunque queste porte! Sta a voi decidere se morire per tradimento o se aiutare la causa imperiale!-
Vi fu qualche secondo di silenzio, durante il quale gli addetti ai cancelli, in cima alle mura, continuavano a guardarsi intorno.
-Lo avete voluto voi!- gridò Scavatus –portate l’ariete, sfonderemo i cancelli alla vecchia maniera-
Ma gli addetti, che guardavano dall’altra parte delle mura annuirono a un ordine che i legionari inizialmente non capirono.
Le porte della città si aprirono, mostrando, dall’altro lato, un assembramento di soldati e maghi guerrieri, davanti ai quali vi era Maudelaire.
-Scavatus- disse il Bretone –sei venuto a porgere i tuoi omaggi per la mia recente nomina come monarca?-
Poi, a giudicare dalla sua espressione, vide il Generale Gratiatus, che era rimasto indietro all’inizio dell’ attacco, e constatò: -Ah, ti ha portato lui. Eri un bravo soldato, Aurelius. Un vero peccato-
Appena finito di parlare, Maudelaire scagliò una palla di fuoco contro le prime file dello schieramento avversario.
Ignatius la schivò per un soffio, ma una decina di uomini ne rimase gravemente ferita.
Dopo qualche istante di choc, i soldati di entrambi gli schieramenti si scagliarono contro i nemici sotto l’arco che costituiva le porte della città.
Ignatius, rimasto intontito per qualche secondo per l’esplosione, raggiunse i suoi compagni nello scontro mulinando la spada in avanti e gridando: -Per l’Impero!-
Gratiatus, rimasto in groppa al cavallo nelle retrovie, rimaneva a guardare con un’espressione cupa.
Ignatius si trovò davanti il primo avversario, una maga guerriera Imperiale che utilizzava incantesimi di ghiaccio.
Dopo due fendenti andati a vuoto, il legionario si lanciò in un affondo che trafisse da parte a parte l’avversaria, prima che quella potesse reagire con uno dei suoi incantesimi.
Sfilata la spada, Ignatius mulinò l’arma intorno a sé, sgozzando un nemico che si era avvicinato per colpirlo mentre era distratto con la maga guerriera.
Dopo essersi spostato per non essere investito dai fiotti sangue che fuoriuscivano dal collo reciso, l’Imperiale scattò in avanti lanciandosi contro un soldato corazzato che si stava creando un varco nelle file della Legione, ma quello, grazie alla pesante armatura, riuscì a reggere l’urto e, con un destro, mandò a terra Ignatius, facendogli cadere la spada.
Mentre il legionario strisciava per raccogliere la propria arma, il soldato corazzato stava per dare il colpo di grazia con un fendente dell’enorme spadone che usava come arma, quando un’esplosione vicina lo fece volare urlante oltre il parapetto del ponte.
Le mura che sostenevano l’arco della porta cittadina cominciavano a creparsi; ai loro piedi, invece, si accumulavano pile di cadaveri che, per fare spazio per il passaggio dei soldati, venivano spostati ai lati, formando dei mucchi di corpi.
Palle di fuoco, lance di ghiaccio, saette e frecce venivano scagliate continuamente da una parte all’altra dello stretto campo di battaglia.
I difensori della città, dopo un’iniziale vantaggio causato dal massiccio uso di incantesimi, cominciavano ad indietreggiare, fino a ritirarsi all’interno delle mura.
La legione, ricompattatasi all’estremità del ponte, entrò con sicurezza nella capitale, diramandosi nei vari vicoli.
Ignatius, seguendo il corpo centrale, non deviò la sua traiettoria e si ritrovò nella Talos Plaza, una piazza circolare in mezzo alla quale vi era una statua di un drago, al centro di un piccolo colonnato circolare.
All’interno della piazza si erano raccolti i resti dell’esercito di fedeli di Maudelaire, che vennero rapidamente circondati dalla Legione.
Ignatius si ritrovò ad affrontare due maghi guerrieri insieme, il primo venne ucciso facilmente con un fendente alla spalla destra, ma l’arma rimase incastrata nel corpo del soldato e il legionario dovette lasciarla per schivare la lancia di ghiaccio scagliata dalla maga guerriera che rimaneva, una snella ma agile Nord.
Ignatius si avventò sulla nemica, venendo colpito alla spalla da un incantesimo.
Gridò, ma, lottando contro il dolore, riuscì a raggiungere la maga guerriera e a buttarla a terra; le saltò addosso prendendola per il collo e sbattendole la testa contro il duro selciato della piazza.
Le mani della Nord si agitavano tentando di fermarlo o di lanciare un incantesimo, ma, dopo qualche secondo, si rilassarono e, senza opporre più resistenza, ricaddero sul corpo della maga guerriera, morta.
Gli ultimi fedeli di Maudelaire si batterono strenuamente, finché il loro stesso capo non si ritrovò la testa mozzata a causa di un fendente calato da Scavatus alle sue spalle.
Il corpo acefalo del Bretone  cadde a terra, esamine, nell’improvviso silenzio generale.
Sullo stesso volto di Scavatus, Ignatius poté riconoscere un’espressione di orgogliosa soddisfazione.
Lentamente, i difensori della città si arresero, e con l’arrivo del Generale Gratiatus, fu dichiarata la vittoria della Legione e dell’Impero stesso dai sopravvissuti e dai cittadini esultanti.
Dopo i primi festeggiamenti andarono a liberare Thules nelle segrete della Prigione Imperiale, che fu alquanto sorpreso di rivedere Gratiatus e Scavatus; nella stessa cella avevano messo anche una giovane Redguard che rimase per tutto il tempo in silenzio finché non le chiesero chi fosse.
-Sono soltanto una cameriera di Cornelius Sintas- aveva risposto lei, senza menzionare il perché si ritrovasse nella stessa cella del monarca; però, fu rispedita dal nobile senza fare ulteriori domande, dietro ordine del suo stesso compagno di cella.
E già dopo un paio d’ore un messaggero proveniente dalla Colovia era arrivato e Thules aveva convocato un consiglio di guerra con i pochi comandanti rimasti alla capitale.
-Che cosa riporta il messaggio?- chiese Gratiatus.
-Re Waylas e tutto il suo esercito e quello di High Rock si sono uniti alla causa di Titus Mede- annunciò il monarca, senza nascondere una vena di rabbia nella voce.
-Dobbiamo subito radunare l’intero esercito imperiale qui nella capitale- disse il generale Sintav, un Imperiale pelato e tozzo che a malapena entrava nella propria armatura.
-Non abbiamo abbastanza tempo- ribatté Gratiatus –Mede marcerà qui a breve, se non troviamo il modo di tenerlo occupato-
Thules, con un sorrisetto malizioso dipinto sul volto, annuì.
-Ha in mente qualcosa, monarca?- chiese il legato Scavatus.
-Il Re dei Re Geimund di Skyrim sta sedando una rivolta nel feudo del Falkreath, al confine con Cyrodiil. Ha raccolto il suo intero esercito; tredici mila uomini secondo le mie fonti- rispose l’altro –è un esercito che non si può ignorare, e, se scendesse qui a Cyrodiil…-
-Avremmo sicuramente abbastanza tempo per raccogliere i vari frammenti dell’esercito imperiale ancora fedeli- completò Gratiatus –ma come intendete convincere il Re dei Re Geimund a combattere contro Mede?-
Thules sorrise languidamente.
-Gli offrirò qualcosa a cui non potrà dire di no- rispose, prendendo un foglio e cominciando a scrivere.
-Che cosa?- domandò Sintav, con tono incredibilmente stupido, alle orecchie di Ignatius.
Il monarca alzò gli occhi, senza smettere di sorridere.
-Il trono-
 
 
   
 
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