Fumetti/Cartoni europei > Altri
Segui la storia  |       
Autore: Osage_No_Onna    14/04/2016    1 recensioni
[Slash://]
Due ragazzi.
Un mese di vacanza.
Quattordici biglietti lasciati su un muro.
Quindici fiori ad accompagnarli, scelti accuratamente in base al loro significato.
L' evoluzione di un rapporto, dalla fredda indifferenza all' amore.
I sentimenti sono imprevedibili: cambiano in un batter di ciglia e non sempre si trova il modo adeguato per esprimerli appieno.
Ma le possibilità sono tante, quasi infinite.
Sta a noi sfruttarle al meglio.
E se il mezzo di comunicazione è decisamente desueto, la situazione si fa più intrigante...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

09: Waiting for new blossoms
 

 
L’ alba stava incespicando sui tetti rossi delle case, camminando rasoterra tra l’asfalto e l’ erba illuminata dalla rugiada, quando il ragazzo sollevò le palpebre e offrì alle sue pupille l’ immagine inconsueta di un mondo che ancora si stiracchiava, mezzo insonnolito, alla ricerca della giusta carica per affrontare l’ ennesima giornata.
Il cielo aveva un non so che di tenero, con quelle sue striature rosee ed aranciate, e certi uccelli forse fin troppo mattinieri cominciarono a cinguettare appena in tempo per dare il buongiorno a quella figuretta snella che si muoveva in punta di piedi per non svegliare il compagno, che ronfava ancora della grossa.
Lo schermo a cristalli liquidi della sveglia sul comodino segnava le sei.
Un raggio audace del sole nascente illuminò l’ infiorescenza di Corydalis cava sulla scrivania di legno, facendone risaltare il colore violetto dei piccoli petali.
“Cosa ci fai tu qui?” pensò il ragazzo con un sorriso non appena volse lo sguardo vivido verso di essa. “Sei decisamente fuori posto.”
Un fuori posto, quello della piantina, decisamente inconsueto, assolutamente positivo.
Il luogo, infatti, che più le si confaceva erano le pendici di qualche monticello degli Appennini centro-settentrionali o, meglio ancora, gli altopiani della Turchia e della Persia, sui quali cresceva spontaneamente. Inoltre il periodo di fioritura era già passato da molto tempo, visto che andava grossomodo da marzo a maggio.
Grazie al cielo esistevano le serre, altrimenti gran parte del loro rapporto epistolare-floreale sarebbe stato stroncato sul nascere oppure rimpiazzato da sterili disegni che, per quanto belli potessero essere, non possedevano certo la vita e la vividezza dei fiori reali.
I sepali gualciti gli ricordarono la negligenza della sera prima e, con un piccolo tuffo al cuore, vuotò una bottiglietta d’ acqua in un bicchiere di vetro, nel quale pose il rametto fiorito.
Fu alquanto deluso dalla mancata ripresa di vividezza dei fiorellini, ma era il giusto prezzo da pagare per la sua disattenzione.
E poi nessuno aveva decretato che non potessero rifiorire in seguito.
Le gemme verdi si trovavano anche tra i rami secchi: bisogna solo armarsi di pazienza e perseveranza per vederle poi sbocciare meravigliosamente in primavera, anche tra la terra ripulita dalle erbacce.
E anche se nessuno avesse provveduto a liberare il terreno, esse sarebbero cresciute lo stesso, forse un po’ più deboli o forse no.
Perché in fondo alla morte s’ accompagna la vita, e la risalita è la conseguenza naturale di una caduta: una volta toccato il fondo, non si può che spiccare il volo.
Era il principio del Tao, come aveva potuto dimenticarlo?
Non sapeva nemmeno lui come facesse ad essere così stupido, certe volte.
Nelle settimane passate si era scoperto ad immaginarsi un paladino, uno di quelli che per amore della sua donna affrontava imprese grandiose, titaniche, a suo sommo onore:
Ma la realtà era tutt’ altra cosa.
Finalmente aveva realizzato che lui non stava salvando proprio nessuno: semmai la stavano aiutando tutti assieme, nessuno escluso.
E lei non era così debole come aveva voluto credere.
Il pianto non era stato sinonimo di debolezza, ma del suo essere stata forte troppo a lungo; così come quella fase di transizione che lui aveva accompagnato con i suoi fiori non era stata una momentanea resa, ma solo un naturale passaggio di quiete prima della rifioritura.
Lei era forte.
Come aveva potuto essere così cieco?

Anche e soprattutto la “maschera di vetro” era stata un segno della sua voglia di sopravvivere, di non cedere.
La gambestorte di Osaka, tra l’ altro sua carissima amica, aveva frainteso tutto rimproverandole bonariamente la sua presunta debolezza. Era arrivata addirittura ad appiopparle di nomignolo di “Kamenko”[1] che, per quanto fosse stato accolto con una risata dalla diretta interessate, a rifletterci su era graziosamente e subdolamente irrisorio.
Quasi a voler dire: “Sei una buona a nulla perché in questo mondo marcio te la sei squagliata come tutti, scegliendo di mascherarti, io invece sono rimasta me stessa anche nel mondo della televisione che è persino più crudele.”
O, più semplicemente, quella ragazzina fin troppo zuccherosa, come lui in un primo momento, non aveva compreso appieno la situazione: non credeva affatto che quell’ Aoki tanto ingenua potesse avere un animo così meschino.
Si ripromise di spiegarle come stesse davvero la cosa, ora che sentiva di aver capito, ma solo dopo aver chiesto conferma della sua ipotesi.
Ora aveva capito che proprio l’ indossare, per così lungo tempo, quella famigerata maschera era un segno di somma forza: nessun uomo sceglie spontaneamente di avere un cuore in negativo andando contro la sua stessa indole e, se sceglie di farlo, alla lunga si stanca. (Queste erano le sue convinzioni e non sapeva se fossero uguali a quelle di lei.)
Doveva a voleva prendere un po’ di coraggio, ammettere il suo fallo e scusarsi con lei, per poi cercare di esporle la situazione dal suo punto di vista: gli sembrava di averle fatto un torto reputandola tanto debole e la cosa strana era che, razionalmente parlando, non aveva proprio nessun motivo di sentirsi tanto in colpa.
I pregiudizi sono inevitabili e spesso si rivelano sbagliati, ma a conti fatti quel vedersi così scornato (e positivamente) gli faceva sentire un groppo in una zona indistinta tra gola e stomaco.
Alquanto a disagio, deglutì rumorosamente e, dopo aver distrattamente risposto al “buongiorno” impastato di sonno del suo compagno di stanza, volse altrettanto distrattamente lo sguardo oltre i vetri della finestra.
Ormai il sole era sorto e la sua luce era cambiata: era più bionda e ancora gentile sotto la volta tersa del cielo, ancora tiepida, ma nel giro di poche ore avrebbe brillato così intensamente da accecare e sarebbe stata talmente calda da prosciugare tutte le loro energie.
Al suo stato attuale, ancora così timida, in punta di piedi seppur ben dritta con la schiena, le ricordava un po’ lei.
Il giorno precedente l’ aveva vista nel giardino, intenta ad una gouache, mentre litigava con la tempera. Ancora con ci aveva preso la mano, ma non per questo lavorava meno alacremente sulla sua tela: la sua figuretta minuta, eppure così concentrata sul suo lavoro, destava nei passanti che si voltavano a guardarla un tenero sorriso di piacere.
Lui le si era avvicinato e, gettando un’occhiata al paesaggio dipinto, si accorsa che non era il giardino del campus con i suoi ciliegi, le panchine e le strade lastricate; ma le rovine della Valle dei Templi, ad Agrigento, inondate da una luce soffusa che, a giudicare dalla posizione, avrebbe potuto benissimo essere quella di un primo pomeriggio autunnale.
Al suo stupore lei aveva risposto con insolita loquacità, raccontandogli di come era rimasta colpita da quei pezzi di storia tutti ammassati, di come le era sembrato che avessero una loro dignitosa maestosità anche se incompleti, come le colonne.
Solo in un secondo momento lui s’ era accorto della foto appuntata alla tela.
In un altro scatto, conservato nel blocchetto degli schizzi, lei rideva di un solare riso aperto proprio accanto alle rovine, e in un altro ancora sorrideva inginocchiata accanto all’ Icaro caduto.
Forse le piacevano così tanto perché, in fondo, assomigliavano al suo animo in quel momento: per quanto potesse essere ancora ferita, il peggio era passato e le sue ferite si erano quasi del tutto cicatrizzate.
A lui invece quelle rovine avevano fatto tornare in mente l’ immagine dei “suoi” alberi durante i primi giorni di marzo: erano ancora spogli, ma presto, con l’ avvicinarsi della primavera e poi dell’ estate, si sarebbero riempiti prima di fiori e poi di foglie e frutti. Per quanto il colore marroniccio-grigio della corteccia nuda non fosse esattamene piacevole da guardare (ed era vero: di fronte all’ esplosione di colori di giugno o luglio faceva una figura alquanto miserella) a lui piaceva comunque fermarsi a guardarli per un po’, poiché degustava già la prossima fioritura.
Era uno dei suoi momenti preferiti della solitamente noiosa routine quotidiana, perché sedersi sull’ erba del giardinetto di sua madre o accanto alla finestra per guardare gli alberi gli infondeva tranquillità.
Che era esattamente la stessa sensazione che provava osservando anche lui che, non più cupa come le prime volte, suonava, rideva e scherzava con gli altri.
Presto anche lei si sarebbe rivestita di nuovi boccioli.
Doveva solo aspettare.
Vestito con colori più sgargianti del solito, il ragazzo uscì nel mattino di sole e, costeggiando muretti, cancelli e palizzate, si ritrovò in men che non si dica al solito punto.
Anche quella volta indugiò un pochino nell’ ammirare il modesto spettacolo dei fiori di Colombina cava e del cartoncino che aveva ornato con petali secchi e lilla sottratti ad un innocente plumbago.
Solo il suono delle campane che battevano le sette lo face ritornare sui propri passi.


 
“Un piccolo fiore dal grande significato: serenità.
Mai abbinamento fi più calzante: è grazie alle piccole cose che ho notato il tuo importante cambiamento.
È proprio vero che certe cose si apprezzano appieno solo dopo averle ritrovate… o no?
Continua così!
-T
PS: Cerca il significato del plumbago: parlerà per me.”  
 
[1] “La bambina della maschera”, da “Kamen”, “maschera”.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Altri / Vai alla pagina dell'autore: Osage_No_Onna