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Autore: Euthymia    15/04/2016    2 recensioni
«Wendy?»
La voce di Peter la riscosse dai suoi pensieri. Si scambiarono uno sguardo, intenso e vivo, e ciò che passò in quell'istante fra i loro occhi non poté davvero esser colto, quantomeno non in maniera razionale, da nessuno dei due – il ragazzo mai cresciuto e la giovane che fu bambina.
«Sì, Peter?»
Lo guardò a lungo, un misto di tristezza e dolcezza nei suoi occhi così consapevoli da un lato, e così smarriti dall'altro.
«Wendy, ritorna sull'Isola che non c'è. Con me. Un'ultima volta.»
(cap. III)
Questa è una storia di crescita. È una storia di scelte e insicurezze, di timori e gioie. È una storia per tutti coloro che almeno una volta si sono sentiti al tempo stesso troppo grandi e troppo piccoli per la vita, che si sono scontrati col diventare adulti sentendo di non avere gli strumenti per affrontarlo. Questa è la storia di Wendy Darling, e del suo ultimo viaggio sull'Isola che non c'è.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Pan, Quasi tutti, Wendy Darling
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VI: All that glitters is not gold.

 

There's a lady who's sure
all that glitters is gold

and she's buying the stairway to heaven.
When she gets there she knows
if the stores are all closed,
with a word she can get what she came for.

 






 



 

Dicono che la notte porti consiglio. A Wendy, quella notte non aveva portato altro che un'insonnia interrotta da pause discontinue di bieco dormiveglia, e tanti, troppi pensieri ingarbugliati e contorti. Pensieri che senza curarsi della sua stanchezza e del suo bisogno di pace giocavano a nascondino tra loro, a turno, uno che si nascondeva e gli altri che correvano a cercarlo gridando fastidiose banalità. Quando finalmente decise di non poterne più si alzò dall'amaca con un sospiro rassegnato, raccolse le scarpe da terra e sbirciò oltre il tendaggio che chiudeva la sua stanza personale. Sparsi un po' dappertutto, i Bimbi Sperduti dormivano profondamente. Che fosse ancora notte fonda? L'ampio stanzone principale del Nascondiglio era ricolmo di strani oggetti appoggiati o appesi nei posti più impensabili, e sulle pareti di roccia e legno figuravano disegni strambi che probabilmente rappresentavano episodi delle innumerevoli avventure vissute dai piccoli abitanti di quel posto.

Il giaciglio di Peter era celato a sua volta da un tendaggio sfilacciato, fatto di liane e corde imperlate di sassolini e bambù. Wendy fu colta dall'impulso irrefrenabile di avvicinarsi e spiare il sonno del ragazzo. Cercando di fare il minor rumore possibile in punta di piedi attraversò la stanza, come mossa da un qualche istinto con cui non aveva voglia di misurarsi, e con le scarpe ancora ben strette in mano avvicinò il viso alla tenda. Il suo sguardo s'infilò nello spazio fra due liane, e individuò subito l'oggetto dei suoi pensieri.

Peter sembrava immerso in un sonno profondo. Vestito di tutto punto, quasi si fosse appena steso per un pisolino, giaceva sull'amaca in una posizione scomposta, con le gambe incrociate, un braccio sul ventre e uno che penzolava quietamente a mezz'aria. Il suo viso era pervaso dalla pace inconsapevole di chi dorme sonni sereni, notò Wendy con una punta d'invidia, e aveva le labbra leggermente schiuse. Gli occhi celesti della fanciulla indugiarono per istanti interminabili su quel dettaglio, figurandosi il respiro che lento entrava e usciva, entrava e usciva dalla bocca di Peter… qualcosa dentro di lei si mosse, e per un attimo pensò di avvicinarsi ancora e ancora, fino a regalare a quelle labbra così innocenti un dono che in verità esse avevano già ricevuto, molti anni prima, in una circostanza molto diversa. Solo per quell'attimo, pensò, avrebbe potuto fingere di essere ancora una volta la bambina di un tempo, ancora una volta ingenua e traboccante di sogni irrealizzabili. Ma non lo sei più, canticchiò maligna la vocina dentro di lei, e la sensazione di calore che dal cuore era scesa ad avvolgerle il ventre le diede ragione. Fu come uno schiaffo in pieno volto.

Wendy si riscosse all'improvviso e sussultò; fu un rumore minimo, quasi inconsistente, ma fu sufficiente. Le palpebre di Peter si spalancarono, figlie di uno spirito vigile e battagliero, e svelarono il loro tesoro: le gemme di smeraldo e di giada che erano i suoi occhi. Così innocenti e pieni di stupore, proprio come la sua bocca. Così attenti e sorpresi. Wendy si morse il labbro inferiore, combattuta, e scosse il capo mentre con lo sguardo supplicava Peter di non dire nulla. Peter, dal canto suo, sembrava essersi bloccato in una specie di paralisi attonita che gli impediva di fare o dire alcunché. In un istante Wendy fu arretrata di diversi passi, e l'istante successivo si stava già arrampicando verso l'uscita del Nascondiglio, pregando ogni dio e perfino l'Isola stessa che lui non la seguisse.

Una volta fuori, fece cadere a terra le scarpe e si lasciò andare a un profondo respiro liberatorio. Che cosa le era venuto in mente? Era forse volata fin sull'Isola che non c'è per rovinare tutto entro le prime ventiquattr'ore? Incapace di riflettere oltre sul proprio assurdo comportamento, o forse troppo arrabbiata per provarci, s'incamminò tra gli alberi, i piedi scalzi silenziosi sul soffice manto erboso della foresta, mentre l'alba si alzava stancamente a dare inizio a una nuova giornata.

 

§

 

Nonostante i primi raggi avessero a malapena cominciato a far capolino oltre la cima delle morbide colline alle sue spalle, a Wendy pareva trascorsa un'eternità da quando era fuggita dal Nascondiglio di Pan. Aveva camminato senza meta nella foresta, e aveva finito per rifugiarsi in cima a una scogliera che si gettava a strapiombo sul mare. Minuscoli riflessi di sole scintillavano sull'acqua calma sotto di lei, cangianti e quieti, infranti solamente dalla caccia saltellante di piccoli, lontani pesci volanti. Wendy era seduta a meno di mezzo metro dal filo del dirupo, con le braccia a circondarsi le gambe e il mento appoggiato sulle ginocchia. I suoi occhi azzurri avevano abbandonato lo sguardo sul panorama, e quello sguardo ora si era perduto in chissà quale angolo di orizzonte – assorto e vacuo. La sua mente viaggiava, caotica, talmente veloce e fuori controllo da impedirle di seguirla, talmente immersa in immagini traballanti da renderla incapace di afferrare un pensiero per volta e analizzarlo, soppesandolo a dovere.

Il viso di Peter.

Non riusciva a capacitarsi della propria stupidità.

Gli occhi di Peter.

Si era comportata in maniera folle, completamente folle e irrazionale.

Il respiro di Peter.

Non sarebbe proprio dovuta tornare sull'Isola, era stato un errore fin dall'inizio.

La bocca di Peter.

Basta, decise. Avrebbe fatto ritorno a casa.

Era sul punto di risolversi ad alzarsi in piedi e tornare al Nascondiglio per avvisare gli altri e tanti saluti, quando un'ombra coprì il sole ormai sorto alle sue spalle, gettando una macchia d'oscurità sul breve tratto d'erba e pietre davanti a lei. Wendy trasalì e si voltò di scatto, alzando gli occhi smarriti e allarmati. Quella che si trovò davanti – anzi, dietro, a una distanza spaventosamente irrisoria – era una sagoma scura, molto alta e magra, completamente in controluce. Per un istante dentro di sé sentì solo un silenzio pesante, che sapeva di tensione e sprovvedutezza. Poi lo straniero si chinò su di lei, rivelando occhi di pece e una faccia butterata e scarna, per metà ricoperta da una lunga barba rosso fuoco; distese la bocca in un sorriso ampio, maligno, esibendo tra gli altri un dente d'oro e uno che brillava solo per assenza.

«I miei ossequi, madamigella.»

Esordì, e Wendy non poté fare a meno di notare che il suo alito puzzava di alcool e di marciume, prima che una consapevolezza assordante si facesse strada nelle sue viscere. LamaNera. Per l'ennesima volta da quando si era alzata, si maledisse in silenzio. Come aveva potuto essere così stupida? Senz'altro LamaNera doveva aver saputo che Peter era tornato, senz'altro era come al solito alla ricerca del suo Nascondiglio, e lei da brava sciocca se ne andava in giro per la foresta da sola, senza che nessuno dei suoi amici sapesse dove si trovava. Sei geniale, Wendy. Aveva i secondi contati. Doveva cercare di liberarsi da quella situazione prima che il pirata si accorgesse che stava per tentare la fuga, e non aveva tempo per elaborare un piano. Così improvvisò.

Prese un respiro ampio e profondo, piantò lo sguardo in faccia al becero che si trovava davanti… e urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, e lui, preso alla sprovvista, sgranò gli occhi facendo un passo indietro. Quel mezzo metro di distanza fu sufficiente a Wendy per prendere coraggio e assestargli uno spintone a due mani che lo fece barcollare all'indietro, e qui – se fu un colpo di fortuna o l'intenso e vivo volere dell'Isola lei non lo seppe mai – qualcosa venne in suo aiuto: l'uomo inciampò e cadde all'indietro, battendo la nuca contro una pietra che sporgeva dal terreno. Perse i sensi e rimase sdraiato lì, in una posizione scomposta, immobile.

 

§

 

Your head is humming and it won't go,
in case you don't know
the piper's calling you to join him.
Dear lady, can you hear the wind blow,
and did you know
your stairway lies on the whispering wind?

 

Wendy, inorridita, ci mise qualche secondo a realizzare l'accaduto. Poi si voltò e corse. Corse senza sapere dove stava andando, senza mai voltarsi indietro, ferendosi le piante dei piedi e rischiando più volte di inciampare sulle radici degli alberi o di andare a sbattere contro qualche arbusto. Corse finché non sentì il rumore dell'acqua che si infrange contro gli scogli, e allora, nel timore di finire per farsi male sul serio, rallentò. Intorno a lei la vegetazione si era fatta più rada e al contempo più verde, e Wendy avanzò, assecondando lo scroscio del mare, fino a trovarsi davanti a una sorta di piccola insenatura. Sentì il terreno umido farsi roccia sotto i suoi piedi doloranti, sporchi e macchiati del sangue di alcune piccole ferite che si era provocata nella foga.

Inspirò a fondo, e in un modo o nell'altro l'odore di salsedine che impregnava l'aria ebbe il potere di calmarla. Avanzò di qualche passo ancora e abbassò lo sguardo sul riflesso, ammaccato da volubili increspature, che l'acqua le restituiva. I capelli sembravano un cespuglio di rovi, pensò, giusto un istante prima di insultarsi mentalmente: era appena miracolosamente riuscita a fuggire da un temibile e minaccioso pirata, che probabilmente entro breve si sarebbe svegliato e avrebbe cominciato a cercarla, e tutto ciò a cui riusciva a pensare erano i capelli in disordine?!

Scosse la testa, mentre un sorriso tirato cercava di farsi strada tra le sue labbra rosate. Era persa in questi e altri pensieri, cercando di decidersi sul da farsi – era il caso di tornare al Nascondiglio di Pan, avvisarlo dell'accaduto, scusarsi, dirgli addio… – quando un rumore di rami spezzati alle sue spalle la fece trasalire, e da lì fu tutta una questione di attimi. Wendy si voltò rapidamente, terrorizzata all'idea di essere stata raggiunta, ma fece male i conti. Non era neanche ancora riuscita a rimettersi diritta che un piede scalzo le finì su un piccolo sasso, tormentando la ferita ancora fresca e provocandole una fitta lancinante che dalla pianta si diramò lungo tutto il polpaccio. La ragazza sussultò di dolore, perse l'equilibrio e si sbilanciò all'indietro, la testa destinata inequivocabilmente a colpire gli scogli umidi e acuminati dietro di lei. Istintivamente allargò le braccia, inspiegabilmente incapace di emettere alcun suono, e tutto ciò che fu in grado di pensare fu: Questa giornata non può essere vera. Un pensiero piuttosto scialbo, in effetti.

Ma non fece in tempo a razionalizzare anche quest'ultima considerazione. In una frazione di secondo, una presa ferrea si strinse attorno al suo polso sinistro. Si sentì strattonare, e finì per cadere in avanti invece che all'indietro, andando a picchiare contro qualcosa di solido.

«Gr–grazie…» fu tutto ciò che seppe dire, intontita dall'intensità degli avvenimenti, quando si rese conto di aver sbattuto contro un torace ampio e robusto.

E mentre alzava lo sguardo per cercare quello del suo ignoto salvatore, una voce profonda e graffiante si schiantò contro il suo udito, pregna di un'ironia pungente e di qualcos'altro, un non so che di profumato e attraente che non si seppe spiegare e che arrivò inspiegabilmente a colpire qualcosa dentro di lei.

«In genere le damigelle tendono a pregarmi più che a ringraziarmi… ma per questa volta mi accontenterò.»

A tali parole Wendy si staccò con impeto da quella figura, e girando su se stessa riuscì con grande sollievo a trovarsi con le spalle alla foresta, e non agli scogli. Quando finalmente poté osservare il suo soccorritore, ciò che vide la colpì ancor più violentemente di ciò che aveva udito. Era un uomo – no, era un giovane, verosimilmente di qualche anno e numerosi centimetri più grande di lei. Aveva una pelle olivastra e un fisico asciutto, messo in risalto dall'abbigliamento che ne copriva le fattezze: portava una camicia candida, larga di maniche e stretta ai polsi, che teneva parzialmente sbottonata a scoprire un petto quasi completamente glabro; un paio di aderenti pantaloni neri di tessuto grezzo, sdrucito in certi punti, e ai piedi bassi stivali di pelle altrettanto nera e consunta. Aveva mani irruvidite e abbronzate, dalle dita piuttosto affusolate, ricolme di anelli dalle forme più singolari. Uno in particolare catturò la sua attenzione: era di un qualche metallo annerito e sciupato, e aveva la forma di un serpente arrotolato con tanto di scaglie, le fauci aperte a mostrare i denti affilati.

Wendy percepì una strana sensazione di pericolo all'altezza dello stomaco, mentre il ventre, poco più in basso, parlava di sensazioni completamente diverse. Le parve di aver perduto completamente l'uso della voce. Tutto ciò che riusciva a guardare era quel serpente, mentre qualcosa le diceva che alzare gli occhi e sostenere i suoi, chiunque lui fosse, sarebbe stata un'impresa impervia.

«Finalmente ci incontriamo, Wendy Moira Angela Darling.» parlò di nuovo il giovane. Aveva pronunciato il suo nome lentamente, accarezzandone ogni sfumatura con quella sua voce tagliente, assaporando ogni sillaba come fosse una prelibata pietanza esotica.

Fu allora che la fanciulla trovò il coraggio necessario ad alzare lo sguardo sul suo viso – fu un momento che Wendy, anche se allora non ne aveva ancora idea, avrebbe ricordato per tutta la vita – e caricò quello sguardo di tutta l'audacia e tutta l'insolenza di cui era capace. Come primo momento di gloria, in realtà, si rivelò un tentativo abbastanza breve e senz'altro fallimentare. Quando i suoi occhi incontrarono il volto di lui, si spalancarono improvvisamente, rendendola più bambina di quanto non fosse in realtà da molto tempo.

Aveva la testa completamente rasata, adombrata da un riflesso scuro di capelli tagliati di recente, all'infuori di una sottile, lunga treccina che da dietro l'orecchio sinistro scendeva fino a sfiorargli il petto quasi completamente glabro. Un complicato intreccio di tatuaggi, talmente attorcigliati e contorti da poter essere scambiati per una sorta di maschera, si diramava, come fanno i rami di vite, da una tempia all'altra – passando per la linea delle sopracciglia e circondando, in una fascia d'inchiostro ad arte, i suoi occhi. E ciò che più di tutto il resto impedì per lunghi attimi a Wendy di distogliere lo sguardo da quello di lui, una volta che l'ebbe incrociato, furono proprio quegli occhi. Erano due laghi d'oro liquido, luminosi e roventi, incastonati in palpebre dal taglio lievemente allungato. La ragazza cadde in quello sguardo come una lepre cade in una trappola ben congegnata, il celeste intenso dei suoi occhi si tuffò in quell'oro come fosse l'unica fonte di vita possibile, e le ci vollero parecchi istanti per ricordarsi che, in effetti, lei non aveva la benché minima idea di chi fosse quell'uomo – anzi, considerato che aveva appena pronunciato il suo intero nome di battesimo un'idea ce l'aveva, e non la trovò affatto rassicurante.

Si riscosse, assumendo un'espressione diffidente e distaccata.

«Spiacente, signore, ma temo di non sapere chi siate.» replicò finalmente, con lo stesso contegno che avrebbe riservato a uno dei giovani galantuomini che suo padre regolarmente le presentava, e con suo grande sollievo la voce le uscì molto più sicura e ferma di quanto non si sentisse in realtà.

Lo sconosciuto sfilò le labbra in un sorriso leggero, quasi amichevole, e Wendy risentì la stessa morsa di poco prima; fu come se una mano invisibile le avesse compresso lo stomaco senza riguardo, lasciandola senza fiato e confusa, combattuta fra il terrore e l'attrazione che quegli occhi d'oro erano capaci di provocarle.

«Ma davvero?» chiese, con una luce divertita negli occhi. «E io che speravo che la mia fama mi precedesse ovunque vada…»

Queste parole fecero suonare un campanello d'allarme nel mezzo del turbine emotivo in cui era rimasta intrappolata Wendy. I suoi occhi scattarono a squadrare la guaina di cuoio appesa alla cintura del giovane, indugiandovi svariati istanti. Nella sua testa ebbe inizio un dibattito in merito al colore della lama che riposava al suo interno, e la cruda verità era che non sapeva neanche bene, nel caos indecifrabile che albergava dentro di lei, in quale risposta sperare. Poteva davvero quel giovane così avvenente, e addirittura solare in una qualche maniera contorta, essere il temibile e temuto Capitan Ezra Morgan?

Wendy decise di tenere per sé il dubbio. Nonostante i piedi sporchi di terra e sangue e il vestito strappato in più punti, drizzò le spalle nel tentativo di assumere un certo contegno, e per un attimo fu certa che lo sguardo del pirata – meglio essere pessimisti e pensare al peggio, rifletté – fosse saettato all'altezza del suo seno. Fu poi altrettanto certa di essere arrossita, perché una vampata di calore le proruppe in viso mentre sosteneva lo sguardo d'oro che la fissava, imperturbabile, da quella che le sembrava un'eternità.

«Mi sembra evidente che non è così» obiettò senza scomporsi. «Pare invece che la mia fama mi preceda, o sbaglio?» continuò, e fu lei questa volta a esibirsi in un sorriso ad hoc, pacato e squisito al tempo stesso. La sua bellezza di bocciolo in fiore, ben lungi dall'essere avvilita da sporcizia e disordine, sembrava trarne vita nuova: i suoi occhi erano accesi di una luce intensa e pulsante, e le guance, arrossate un po' per la tensione e un po' per l'imbarazzo, donavano alla sua pelle diafana una frizzante vitalità. Proprio come aveva notato poco prima, i capelli avevano perduto ogni traccia di quel decoro che Wendy si stava sforzando con tutte le sue forze di mantenere, e ondeggiavano liberi e ribelli ai leggeri soffi di vento marino. Il giovane uomo annuì brevemente e avanzò di un passo, sciolto e fiero.

«E non vi rende minimamente onore, miss Darling.» le rispose, la voce graffiante costretta in un tono più basso, mentre ancora non le staccava gli occhi di dosso. Tra loro c'erano ancora quasi due metri di divario, ma Wendy arretrò comunque di un passo.

«Potreste cominciare a dare forma alla vostra fama comportandovi da gentiluomo» disse, alzando il mento in un'espressione altera. «Rivelatemi il vostro nome, così saremo pari.»

Il giovane sembrò soppesare qualche secondo quella possibilità, osservando il viso di Wendy quasi fosse intenzionato a carpirne ogni minimo dettaglio, e avanzò ancora – questa volta più veloce, e silenzioso come un felino – fino a trovarsi a meno di un passo di distanza da lei, gli occhi di topazio inchiodati all'acquamarina dei suoi. Sembrava davvero un felino. Un felino a caccia.

«Non credo che lo farò.» le sussurrò a un soffio dal viso, suadente, e una fragranza di mare e muschio selvatico invase i sensi della ragazza lasciandola stordita. Il suo sguardo ambrato era serio ora, quasi cupo, e lei si sentì esattamente come una preda nelle grinfie mortali di un predatore: terrorizzata e ammaliata in pari misura, completamente incapace di muoversi. Poi, a un tratto, si riscosse. Che cosa le prendeva? Lei era Wendy Darling, aveva combattuto contro una temibile ciurma di bucanieri e li aveva sconfitti quando era solo una bambina! Ora era quasi una donna, e poteva fare anche di più.

«Maleducato, oltre che senza fama.» I suoi occhi si tinsero di un cipiglio fiero, e alzò il viso piantando quella nuova consapevolezza dritta negli occhi del giovane uomo che le stava davanti – più alto di lei di almeno venti centimetri. Tra i loro volti aleggiavano una distanza irrisoria e una tensione palpabile, e Wendy si scoprì capace di governare quelle circostanze con inaspettata fermezza.

«Se non c'è altro…» continuò, tingendo di un velato sarcasmo le proprie parole. Accennò un breve inchino con la testa e fece per voltare le spalle al giovane, ma ancora una volta lui le artigliò il braccio – con forza, ma non abbastanza da farle male – e la fermò. Wendy si limitò a fermarsi, restando girata verso la foresta che tanto agognava di raggiungere, e la voce di lui le giunse all'orecchio pericolosamente vicina, inequivocabilmente minacciosa.

«Oh, c'è altro eccome, miss Darling. Ogni cosa a suo tempo.»

E detto questo allentò la stretta sul suo avambraccio, sfiorandone la pelle morbida in una carezza prima di lasciarla andare. Wendy non si voltò a guardarlo. Strinse le labbra in una linea dura e fece per incamminarsi, ma un pensiero le attraversò la mente, fulminante. Peter. Anche se non conosceva l'identità del giovane uomo dietro di lei, non era certo una stupida: la possibilità che fosse un pirata era elevata. Se ora si fosse avventurata fino a raggiungere il Nascondiglio di Pan, era probabile che lui l'avrebbe seguita, e non poteva permetterlo. Non poteva permettere che i pirati facessero del male ai Bimbi Sperduti. Dopo qualche istante di tormento interiore finalmente si voltò, pronta a improvvisare una soluzione alternativa, ma i suoi piani caddero elegantemente nel vuoto. Era sola nei pressi degli scogli. Non c'era traccia di lui. Wendy si guardò intorno, all'erta, ma gli unici suoni a farle compagnia erano le onde che si infrangevano contro la roccia, il vento che accarezzava gli alberi e il cinguettare mattutino degli uccelli. Si lasciò andare a un respiro intenso, profondo.

Se il suo primo giorno sull'Isola che non c'è era cominciato così, e non era neanche metà mattina, si prospettava senz'altro una permanenza impegnativa. Perché adesso, complici due occhi d'oro e un fresco aroma di muschio e salsedine, Wendy aveva già dimenticato che soltanto poche ore prima era decisa a fare ritorno a Londra il prima possibile. Un guizzo luccicante catturò la sua attenzione, ma non fece in tempo a capire da dove provenisse che era già sparito. Probabilmente l'aveva soltanto immaginato.

 

§

 

Trilli volava a tutta velocità nel cuore della foresta, spargendo guizzi di polvere fatata che a un certo punto, cadendo su un malaugurato topolino, gli fecero prendere il volo, terrorizzandolo. Il viso della piccola fata era contratto in un cipiglio rabbioso e spaventato. Quando aveva sentito la voce di Wendy nei pressi di una piccola insenatura rocciosa aveva deciso di avvicinarsi, incuriosita. Che cosa ci faceva quella smorfiosetta in giro per l'Isola di prima mattina? Si era appena nascosta dietro una grossa foglia di fico, pronta a spiarla e magari giocarle qualche brutto tiro, quando un'altra voce, ben nota, spezzò il suo buonumore. Il Capitano Morgan era lì. Trilli sbirciò oltre la foglia, e la scena che vide le fece accapponare le ali. Lui e Wendy erano vicini, molto vicini. La fatina fece per spiccare di nuovo il volo e fiondarsi da Peter per avvisarlo, ma qualcosa le disse che era meglio rimanere lì. Per quanto l'Uccello Wendy fosse insopportabile, Peter e i Bimbi Sperduti le volevano bene. Non poteva lasciarla in balia di LamaNera. Quindi rimase dov'era, immobile, carpendo ogni dettaglio.

Perché Wendy non sembrava spaventata? Perché se ne stava lì tutta tranquilla a fraternizzare col nemico? Il fastidio di Trilli si trasformò presto in rabbia quando lui le prese il braccio, ma aspettò che se ne andasse. Lo seguì per un tratto di strada, finché non si riunì ai suoi uomini – che ne trasportavano a braccia uno privo di sensi – e si allontanò in direzione della baia. La fata si fermò a mezz'aria, cercando di mettere insieme tutte le informazioni accumulate, e poi sfrecciò via, volando più veloce che poté. Doveva trovare Peter il prima possibile.



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È stata dura, ma ce l'ho fatta! Scrivere questo capitolo ha richiesto più tempo di quanto immaginassi, e infatti è un po' più lungo dei precedenti. Che dire? Ezra è felicissimo di conoscervi! Spero che lo stesso valga per voi.
Vorrei ringraziare di cuore tutti voi che leggete la mia storia (siete silenziosi ma vi vedo, e questo mi fa comunque tanto piacere), ma soprattutto HP_giada12 che l'ha messa tra le preferite, krystal86 ed Estel_ben_Hun che l'hanno messa tra le seguite e la dolce Martufello che ha fatto entrambe le cose <3 vi sono tanto tanto grata.
Come al solito, le recensioni sono non solo ben accette, ma desiderabilissime! Baci :*

P.S. La canzone da cui ho tratto i versi è ovviamente Stairway to heaven dei Led Zeppelin.

  
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