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Autore: Momo Entertainment    15/04/2016    3 recensioni
[And... we are back on air.]
Unima, un anno prima degli eventi di Pokémon Nero 2 e Bianco 2.
Cinque bellissime ragazze sono state scelte, ma solo una di loro diventerà la nuova Campionessa della regione.
Insieme combatteranno e soffriranno, rideranno, piangeranno vivendo insieme l'estate della loro vita: la loro giovinezza.
Essere il Campione non significa solo lottare.
Significa anche vivere. Amare. Credere. Sognare. Proteggere.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Anemone, Camelia, Camilla, Catlina, Iris
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Anime, Videogioco
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ESGOTH 5



A story by: Momo Entertainment
Main concept and characters: The Pokémon Company
Beta reading and de-stubbing: 
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Early Summer Girls

Capitolo 12

Un bacio completamente nudo

 

Una sirena d'allarme risuonò nella silenziosa notte estiva, emettendo una luce rossa che girava a vuoto su se stessa illuminando con striature dello stesso colore i muri delle case intorno al museo della città di Zefiropoli: qualcuno o qualcosa doveva aver fatto irruzione nel museo, luogo di raccoglimento e studio di reperti rari e antichi.

«Polizia, polizia, presto, il Team Plasma ha colpito ancora! 
Stanno saccheggiando il museo e hanno messo K.O. tutti i Pokémon posti come sicurezza!»

Si sentiva gridare, e altre voci di civili spaventati si univano a quella baraonda notturna.

Giovani di svariate età, tutti vestiti di nero come le tenebre della notte, entravano ed uscivano dal museo come una colonia di formiche, trasportando oggetti più o meno utili allo scopo originale, senza un obiettivo preci

In quel momento di tensione e panico, che di sicuro al mostrarsi della mattina sarebbe finito su tutti i telegiornali della regione, una figura femminile snella e giovane sedeva solitaria sul tetto di un edificio in lamiera, abbastanza alto da permetterle di osservare il cielo: sapeva di non potersi permettere di snobbare le operazioni del Team Plasma come se non la riguardassero, ma era quasi sicura della sua intoccabilità di membro scelto.

La ragazza, la cui uniforme si mimetizzava nell'oscurità, sorrideva maliziosamente.

«Jasmine, cosa stai facendo qui? Perché non stai seguendo le reclute nel museo?»
Una voce un po' annoiata, ma comunque superba era comparsa alle sue spalle.

«Se non ti rispondo cosa fai, lo dici alla leader?

Alice, tanto non importa nemmeno a te se anche una di quelle stupide reclute di basso rango viene catturata dalla polizia... 

Piuttosto, siediti qui anche tu... Non mi vuoi proprio parlare?»
La ragazza le aveva fatto cenno di sedersi. 
Non lo aveva fatto certo per amicizia, ma per un disperato bisogno di qualcuno con cui vantarsi della felicità per cui sorrideva.
Era divertente sbattere in faccia la propria fortuna agli altri, faceva aumentare la soddisfazione, secondo Jasmine. 

Era come un antidepressivo preso in stato di totale felicità, un vera droga dell'anima.

«Senti, non istigarmi come fai sempre - Alice lo aveva detto, più che come un rimprovero, quasi come una supplica - ho avuto una brutta giornata.»

La giovane pilota della regione di Hoenn aveva comunque finito per sedersi accanto alla compagna, a discapito del suo forte orgoglio. Non era lei stessa quel giorno, si vedeva.

«Non mi dire... Il tuo piano di eliminazione per... - Jasmine schioccò le dita, come per far apparire in quell'istante il nome che non ricordava - per... la tipa che dicevi che era un "rifiuto della società", con i capelli rosso tinto... Com'è che si chiamava?»

Alice sospirò. Si pentì di essersi fatta coinvolgere in quella conversazione.

«Anemone. E ho scoperto che quei capelli rossi sono naturali.

Sì, il piano che avevo pensato per toglierla dalla competizione una volta per tutte è fallito. Avevi bisogno che te lo dicessi io quando già lo sapevi?»

Alice le rispose pacatamente, leggermente umiliata, aggiungendo un tono aggressivo solo alla fine, per evitare di ritrovarsi la dignità sotto i piedi. 

Ma la compagna non ne ebbe abbastanza, e si lasciò andare ad una forzatissima risata di commiserazione.

«Davvero?! Davvero credevi che la storia degli 'assistenti sociali' che hai pagato per portarsela via avrebbe funzionato?! E adesso non solo sei senza soldi, ma quando il capo lo saprà... Sei proprio sfortunata, cara mia. 

Avresti dovuto fare come Sabrina, che almeno si è divertita un po' a torturare con quel cadavere biondo foderato di soldi... Ed aveva anche uno smoking bellissimo, chissà chi glielo ha...»

«Non mi sembra che il tuo piano stia andando così bene.»

«Oh, ma il mio piano per sbarazzarmi di quella stupida modella opportunista ha bisogno di tempo. 

Lo sai che cosa fanno tutte le celebrità, una volta toccato il fondo della depressione con le tragedie private, sopratutto quelle amorose?»

Le domandò Jasmine, con aria piuttosto perfida.

«Che ne so, ci vanno giù pesante con alcol e droga?»

Domandò Alice, senza sprecarsi troppo.

«Si suicidano.»

Concluse soddisfatta la vipera con lo sguardo di un'innocente teen-ager. 

Alice invece rimase a fissarla, domandandosi se fosse lei la stupida che non ci arrivava o Jasmine che era già entrata nella parte dell'assassina psicopatica.

«Corrado era il mio ragazzo, ci sono stata insieme quasi due anni. Due anni... 

Poi arriva questa Camelia che lo 'costringe a ripensare alla nostra relazione', e una notte, ti dico che in quel momento ero felicissima perché presto sarebbe stato il nostro terzo anniversario... 

Mi arriva un messaggio. Guardo il telefono... E lui mi dice che fra noi è finita...»

Jasmine si coprì il viso, aveva il presagio di scoppiare a piangere in breve, come aveva fatto per qualche mese dopo che il Capopalestra di Sinnoh l'aveva lasciata. 

Aveva sperato a lungo di avere una vendetta tanto dolorosa quanto ironica nei confronti della bellezza che le aveva rubato il fidanzato.

Sapere che Corrado non era più interessato a Camelia l'aveva fatta gioire, quasi come se  la nuova fidanzata di lui avesse avuto il prezzo di una sigaretta e lei quello di un diamante, e l'idea di farle assaggiare la sua stessa medicina l'aveva resa euforica.

La notte in cui la modella era stata scaricata e tradita per la seconda dolorosissima volta, Jasmine sentiva l'amore del suo ex rinascere, come se in un bosco completamente distrutto da un incendio potessero sbocciare ancora fiori da sotto la cenere.

«Che storia triste, - Alice snobbò altamente tutta quella commiserazione forzata - ho letto manga anche più deprimenti.

Comunque, tanto per cambiare discorso...

Ma lo sapevi che ora la tua cara arcinemica e la rossa sono diventate amiche? 

Fanno di quei discorsi da far cariare i denti; mi dico, possiamo smettere di spiarle in tutto e per tutto? Mi fanno troppo schifo.»

E verso la fine Alice abbozzò un sorriso, tanto per distrarsi dal fallimento del suo piano e dalla ingente perdita di denaro che aveva subito.

«Vero! - asserì la brunetta - quelle cinque dovrebbero odiarsi a morte, non è difficile, sono una più insopportabile dell'altra, e invece ho sentito che due di loro si sono fatte perfino il bagno insieme... Nude.

Ti prego, dimmi se le ragazze a Unima sono tutte Allenatrici o spogliarelliste...»

«Non ho parole, solo insulti!»

Le due ex-Capopalestra, ora membri scelti del Neo Team Plasma risero insieme, dimenticando un attimo di fingere di odiarsi a vicenda.

Improvvisamente, il suono delle sirene e delle auto della polizia si era stabilizzato di fronte al museo, mentre le reclute del Team correvano in tutte le direzioni, tenendo saldamente tutti i tesori che avevano sgraffignato, non curandosi più dei loro compagni.

Le reclute rimaste indietro sarebbero state catturate dalle forze dell'ordine, ma poco importava: la regola imponeva ai membri dell'organizzazione il silenzio assoluto, anche sotto interrogatorio da parte di autorità. 

Chi osava trasgredire diventava un traditore, e solo chi avrebbe mai osato tradire il clan avrebbe saputo cosa gli sarebbe spettato.

Nel Neo Team Plasma non sembrava più esserci rimasta traccia di pietà.

Né nei confronti dei compagni, né tanto meno dei nemici.

«Vedrai... Sarà divertente come andrà avanti questa storia...» Concluse Jasmine.

«Quella del Neo Team Plasma?» Domandò confusa Alice, come non riuscisse mai a capire dove la compagna volesse andare a parare.

«No, la storia tra la rossa e la modella.»

 

Contando tutti i minuti, le ore e i giorni di quell'estate, contando tutte le lotte, gli affanni, le risate e i sogni che erano emersi fra allenamenti durissimi e momenti di assoluto svago, un'equazione composta da numerosi addendi infinitesimali chiamata "giovinezza" riusciva a risolversi con un risultato semplice e netto: cinque.

Come le dita di una mano, come le cinque regioni, le cinque statistiche di un Pokémon.

Il mese di giugno aveva velocemente consumato i suoi giorni, ed ora le cinque ragazze stavano cenando a casa del Campione, come avevano già fatto per trenta serate circa.

Ma dalla prima alla trentunesima l'atmosfera era cambiata, si era scaldata e raddolcita notevolmente: era il momento giusto per Iris per conferire alle sue quattro compagne quei regali che rappresentavano i premi per averle concesso la loro amicizia.

Effettivamente tutte se lo meritavano.

«Ragazze, potreste ascoltarmi un secondo, per favore?»

Le altre ragazze stavano parlando fra loro, con una certa disinvoltura.

«Sono l'unica che ha notato che oggi Camelia è senza trucco?» Anemone se ne uscì.

«Ho deciso di smettere di farmi il make-up finché sono qui, ogni volta mi finisce colato per ragioni "incognite"... Fra cui un'imbecille che insegna mosse altrettanto imbecilli come Pioggiadanza ai suoi Pokémon.»

Rispose la diretta interessata, come se non fosse una cosa di cui meravigliarsi. 

Pensò a quanti trucchi costosi aveva sprecato fra pianti e pioggia.

«Stai molto bene al naturale, hai un bel viso e la pelle pulitissima, non capisco a cosa ti serva mettere così tanto illuminante...» Si aggiunse Camilla.

«Camilla, l'illuminante si mette solo sotto gli occhi, non su tutto viso, quello è il fondotinta.»

La modella restò un po' scandalizzata, come quando Iris aveva osato ammettere di non aver mai sentito parlare di lei.

«Beh, devi fare comunque attenzione che non sia troppo scuro, è proprio difficile da mettere...»

Ribatté la Campionessa di Sinnoh, imbarazzata.

«Quello è il bronzer...» La corresse ancora Camelia, assai innervosita. 

Iris si domandò se scherzasse: in effetti Camilla non necessitava di make-up per essere sempre bellissima e radiosa, le era sufficiente sorridere.

«Dai, lasciatemi parlare un secondo... » Supplicò la ragazzina.

Ma non fu ascoltata. Odiava che Camelia fosse sempre al centro dell'attenzione, neanche fosse già lei la Campionessa: con un po' di maschilismo Iris preferiva lei e tutte le modelle in generale quando stavano zitte e sorridevano come bambole di plastica. 

Camilla intanto continuava il discorso.

«Bisogna dire che i canoni di bellezza qui ad Unima sono piuttosto restrittivi.»

«O semplicemente vogliono preservare l'umanità da catastrofi estetiche.» Continuò la mora.

«Per esempio?»

«Ah, ne so qualcosa. Le tette ricostruite, le plastiche facciali, i tatuaggi permanenti, i piercing dove non dovrebbero starci, le occhiaie di Catlina...»

La biondina sollevò leggermente confusa i suoi vitrei occhi verdi al sentir pronunciare il suo nome: era rimasta in silenzio fino a quel momento, come se stesse consumando la cena in una dimensione tutta sua. 

In realtà aveva seguito tutto il discorso, aspettando il momento perfetto per vendicarsi della modella che da un mese continuava a farsi beffe di lei, non rispettando la sua "autorità" di "seconda-più-vecchia-del-gruppo": la Yamaguchi era una ragazza abbastanza aristocratica che pretendeva serietà anche nei suoi scherzi.

«E qual è il migliore esempio di bellezza naturale - iniziò a bassa voce, pacatamente - se non i tuoi capelli che tre mesi fa erano biondi e invece ora svuotano bottiglie su bottiglie di tinta nera?»

Seguì un silenzio imbarazzante.

«Dimmi Catlina, che Pokémon selvatici abitano nella tua folta chioma indistinta?»

Il sarcasmo della mora era preciso e distruttivo come un cecchino esperto.

Iris fu lì per lì per afferrare l'occasione di parlare, ma le voci delle sue quattro compagne si sovrapposero l'una all'altra nel dibattito meno ortodosso esistente, dove vinceva chi avrebbe alzato di più il volume della voce. 

Dopo aver sospirato la ragazza cercò di ragionare.

«Ragazze. Ho intenzione di ritirarmi dalla competizione.» Disse in tono serio e profondo.

Anemone, Catlina, Anemone e Camilla la fissarono impietrite, ammutolite di colpo.

Ci furono altri due o forse meno secondi di silenzio tombale.

«Scherzavo. - disse poi in modo sciolto - Ora, smettete di fare discorsi in cui io non posso intervenire e ascoltate. Ho delle cose per voi.»

Dopo aver fatto un monologo abbastanza improvvisato ma comunque abbastanza edulcorato da far salire il diabete, sul fatto che in un mese erano diventate un gruppo unito e fuori dal normale, di aver passato giorni devastanti tutte sempre unite ed essersi complimentata con Catlina per aver zittito la bisbetica che stava rovinando l'autostima anche a lei, Iris mostrò un sorriso entusiasta e sfavillante.

La fatica impiegata nel sacrificare il suo unico giorno di vacanza alle sue compagne, per poi cercare un regalo adatto a loro ed infine farsi convincere da quella Korishima Georgia a rubare il suddetto regalo e mandare al diavolo la sua etica morale si era fatta ripagare da un sacco di baci, abbracci, coccole e perfino un "forse non sei proprio così inutile".

Si ricordò che forse avrebbero potuto approfittare dei Bijou del vario Tipo per inferire un colpo di grazia proprio contro di lei o i suoi Pokémon... 

Ma per un attimo Iris subordinò il diventare Campionessa all'amicizia sofferta.

Il resto della serata la vide quasi protagonista, non le sembrò nemmeno di avere il tempo per i suoi pensieri da quanto le quattro la coinvolgevano nelle loro risate, conversazioni e scherzi.

Per festeggiare al meglio il primo di luglio (solo in quell'anno e solo a casa del Campione fu considerato una festività a tutti gli effetti) Nardo in persona servì alle ragazze in dei bicchieri minuscoli una bevanda calda e incolore, dal sapore dolce-amaro impossibile da deglutire senza prendere aria prima di ogni sorso. 

Era piuttosto allettante però, pensò Iris.

«È sake, grappa tipica ottenuta dalla fermentazione del riso.» Spiegò l'uomo.

«Nardo, le ragazze sono per la maggior parte minorenni. Dimmi il tasso alcolico di questa roba.»

«Solo se prima ne berrai almeno tre bicchieri, cara Camilla.»

«Ah, è una sfida? Ora ti faccio vedere io come la Lega Pokémon di Sinnoh e sopratutto la sua Campionessa non valgono nulla di meno della vostra.»

Dopo tre bicchieri la giovane Campionessa si ritrovò inconsapevolmente a raccontare a tutto il gruppo di essere rimasta ancora vergine a vent'anni, ma di morire all'idea di farlo.

Non era davvero ubriaca, si sentiva solo libera ed indipendente dall'utilizzo della ragione.

Anche la ragazzina dai capelli viola ne bevve un bicchiere, e si sentì euforica al massimo: immaginò suo nonno Aristide a scoprire che quell'estate la sua cara ed in apparenza innocente nipotina aveva bevuto sake. E rise del fatto che non lo avrebbe mai saputo.

Se prima tutte si erano mostrate riluttanti nel ingurgitare quella sostanza calda e lattiginosa, dopo qualche bicchiere grande quanto metà di un pugno tre su cinque si ritrovarono a berla come acqua: era impossibile tenere una conversazione sensata (o pulita), dato che ogni parola pronunciata era un pretesto per scoppiare a ridere, perdendo la cognizione di tutto.

«Anemone, - Camilla aveva attirato l'attenzione della rossa, ridacchiando ad ogni sillaba - ci devi assolutamente dire con chi e sopratutto come vorresti farlo, la tua prima volta.»

La giovane Campionessa aveva enfatizzato il "chi" e il "come" quasi fosse una questione di vita o di morte.

L'argomento così sporco, interessante e intimo attirò l'attenzione di tutte, facendo rabbrividire Anemone: si sentì sciocca a non aver considerato che il passare l'estate circondata da ragazze comportava il continuo e ossessivo parlare di maschi.

Quella domanda la innervosì parecchio.

«Fare che cosa?» Domandò falsamente, rigirandosi una ciocca scarlatta fra le dita.

«Oddio, - la interruppe Iris - l'ho capito pure io, Anemone! Dai... Non essere stupida... Prima o poi dovremo farlo tutte... Che ragazzi ti piacciono? Ti prego, diccelo...»

Camilla e la ragazzina più giovane risero all'unisono. Tutta colpa dell'alcool. 

Stizzita per la mancanza di tatto, Anemone si inventò la farsa peggiore della sua vita: da sobrie non ci avrebbe creduto nessuna. 

Sperò solo che fossero tutte, ma proprio tutte sbronze. 
Se qualcuna l'avesse sentita... Era una cosa assai rischiosa da dire, ciò che disse.

«Non ne ho idea... Penso qualcuno come il fidanzato di Camelia, quello biondo di Sinnoh...  Sembra il ragazzo ideale... Da portare a letto... Credo...»

La rossa volle rimangiarsi subito l'intera frase, e il rimpianto di aver pronunciato queste idiozie la perseguitò tutta la serata. 

Ma continuando a ridere come tutte, lo nascose perfettamente.

Le giovani capirono che era mezzanotte passata solo quando si accorsero di non avere più forza in corpo neppure per fare l'ultima battuta probabilmente insensata o sporca.

Catlina si era già abbandonata da un po' al sonno, lasciando il dovere alle altre di portarla di peso nel suo letto. 

La biondina ebbe l'impressione di essersi sognata tutto ciò che le era successo da quando aveva accettato di partecipare alla competizione, e perfino che nei suoi lunghi e folti capelli abitassero davvero dei Pokémon selvatici.

Una volta calato il silenzio nella grande casa del Campione la notte sembrò infinita.

 

«Anemone, svegliati.»

La rossa aveva appena riaperto gli occhi, ma il buio totale che inondava la stanza le fece notare che era ancora notte. Da quanto confusa era, pretese che il sussurro percepito si facesse ancora sentire, altrimenti non doveva essere importante.

«Cambiati e vieni nell'onsen fra cinque minuti, voglio parlare di una cosa molto importante con te.»

La voce sussurrante si era avvicinata alle sue labbra, con cui percepì il dolce e leggero respiro.

Anemone prima dubitò delle sue capacità intellettive, poi si chiese se stesse "sentendo le voci", e infine realizzò di essere nel pieno della lucidità.

«Che scema, io stasera non ho bevuto» Si sgridò. 

Si spogliò nella stanza buia e uscì in silenzio, lasciandosi addosso solo il costume da bagno azzurro chiaro. 

Mentre nel buio tastava con le punte dei piedi le assi lisce del pavimento, Anemone provò a ricordasi tutto quello che aveva vissuto da quando era lì. 

Ogni giorno era divertente, una piacevole normalità si era stabilita fra lei e le altre quattro, un equilibrio di amicizia bilanciava i loro rapporti: capì però che tutto quel calore si sarebbe sciolto una volta terminata la competizione, niente di davvero permanente le legava.

Non si conoscevano abbastanza nel profondo, e tre mesi non sarebbero mai bastati a rivelare quanto una persona può essere psicologicamente contorta e piena di segreti.

La giovane si stupì del fatto che l'onsen funzionasse anche di notte; la luna si rifletteva fiera sulla superficie dell'acqua, come se con la sua luce volesse trasformarla in nettare e ambrosia.

Una ragazza era appoggiata mollemente sul bordo della vasca, la pelle bianca e diafana riluceva come fatta di vetro. Il costume nero e giallo non la conteneva in nessun modo, come se il suo corpo desiderasse far risaltare più delle stelle la bellezza delle sue curve e dei seni formosi.

Anemone sorrise e raggiunse la compagna, immergendo le gambe in acqua. 

«Se Nardo ci becca qui, stai sicura che non vedremo mai la luce dell'alba.» Scherzò.

«Qualche giorno fa ci hai fatto vedere quanto sei sboccata e anticonformista ed ora ti preoccupi di essere punita, da brava ragazzina? Cara mia, sei persa come ribelle...»

Mentre parlava, Anemone notò come Camelia fosse bellissima soprattutto senza trucco (e quasi senza vestiti): gli occhi azzurro pallido avevano contorni molto più definiti, la pelle un aspetto più uniforme e pulito, le labbra erano più asciutte e normali. 

«Infatti io non sono una ribelle, sono una persona normalissima.» Disse lei, timidamente. 

Quel simbolo di bellezza universale, la cui perfezione fisica rappresentava i desideri carnali di tutta la regione, la fissava sorridendo, dandole la stessa strana sensazione di intimità di quando l'aveva vista piangere.

Era perfetta, assolutamente desiderabile in entrambe i casi, e il fatto che fosse una modella di professione contava poco o nulla: da quello che Anemone aveva saputo da Camilla, la giovane prima di varcare passerelle e tappeti rossi era stata cresciuta nella periferia malfamata della sua città.

«E ne sono contenta. - le arrivò in risposta - Ma ora ascoltami.»

Si sedette accanto a lei. Aveva delle cosce fantastiche.

«Riguarda il mio ex.» Esordì la mora, assolutamente seria.

«C-Cosa?» Anemone si bloccò. 

«Corrado, il mio vecchio fidanzato; - Camelia riprese aria - quello che mi ha tradita, che mi ha stuprato la dignità e mi ha usata come se fossi una..»

«Ho capito, ho capito. Me lo avevi detto. 
Io però ti ho detto che capisco meglio le femmine dei maschi.»

«Ho deciso una cosa. Una cosa che forse non capirai... Ma hai detto che per me ci saresti stata, quindi non puoi abbandonarmi adesso...»

E d'improvviso la modella si interruppe.

La rossa stava per domandarle "che cosa?" ma si ritrovò gli occhi azzurrissimi della compagna piantati contro i suoi, in un espressione gelida ed accusatoria. 

La ragazza si era alzata in piedi, scuotendo improvvisamente la superficie dell'acqua.

«Anemone. - fece una pausa - Tu non ti sei mai innamorata. Vero?»

«N-No... Mi sono innamorata anche io.. .- a quel punto la rossa non seppe più che cosa rispondere, ma era comunque impaurita - Ma cosa c'entra con quello che volevi dirmi?»

«C'entra eccome. Tu, tu mi stai facendo impazzire, idiota che non sei altro.»

L'insieme di frasi che ne seguirono furono troppo sconnesse, troppo improvvise, troppo reali perché ci si potesse romanzare sopra, ciò che la sfortunata ragazza colse lo immaginò vividamente, come la concatenazione dei pezzi di un enigma.

«Hai detto che non mi serviva un uomo per essere felice, che non volevi spezzarmi il cuore, mi hai perfino chiesto di lasciar perdere l'amore e non lo puoi negare. 

Ma tuttavia sembra che tu sia anche abbastanza libera e abbastanza, come posso dire, "sincera" da essere più che disponibile a farti toccare da persone come il mio ex-fidanzato.

Poi ogni volta che Corrado mi spezzava il cuore eri sempre e dico, sempre con me, sempre con il tuo stupido sorriso per cercare di darmi consigli in materia di amore anche se tu effettivamente non se sai nulla, come vedo... per poi avere certi attacchi di rabbia in cui volevi quasi prendermi a schiaffi in faccia da quanto mi odiavi.

Mi hai dato della doppiogiochista e della lunatica chissà quante volte, quando quella che per un mese intero ha continuato a passare da sorrisi dolci ed innocenti ad attacchi di rabbia repressa e violenta sei stata tu.

Continui a tirarmi e mollarmi a tuo piacimento, come se ti dovessi stare accanto solo quando sei felice, bella e perfetta e per il resto non debba neppure guardarti. 

Non capisco cosa tu abbia. Se è così che ti dimostri verso chi ci tiene a te...»

E con un po' di amarezza, capì che probabilmente anche Camelia doveva aver bevuto un bel po'. Non si sarebbe mai aspettata da lei una confessione del genere, a meno che non fosse ubriaca o sconvolta. 

Quella ragazza aveva un orgoglio ferreo, e in quel momento nella sua testa qualcosa non funzionava bene.

L'aviatrice respirò affannosamente, terrorizzata da tutte quelle accuse repentine.

«Camelia. Perché mi dici queste cose?» Glielo sussurrò.

Ma non appena vide che la mora stava per afferrarla dal costume con un movimento drastico ed aggressivo, le venne naturale schivarla, finendo per scivolare all'indietro nell'acqua con un tonfo sordo.

In quel momento la soglia che divideva inquietudine e panico era stata superata con un balzo: tutte quelle infami calunnie fecero trasalire la parte d'animo che Anemone reprimeva d'istinto con una violenza ed irruenza mai vista ne' sentita.

«Perché accusi me senza guardarti un secondo allo specchio?
Non ti ascolti quando parli, falsa, isterica, opportunista e bipolare: ti stai praticamente descrivendo da sola!

E poi non mi sembra che ti sarebbe dispiaciuto poi così tanto se il tuo ragazzo fosse tornato a chiederti perdono in ginocchio, si vede dai messaggi del tuo cellulare quanto tieni tu alle persone che ti amano. 

 Tu, tu hai bisogno di "amanti", non di "fidanzati", se vuoi saperlo: se ti sono stata vicina in ogni tuo momento buio e non mi sono abbandonata all'odiarti come hanno fatto già le altre tre, era perché credevo potessi cambiare, credevo che potessi cancellare dalla tua vita la dipendenza da sesso e dal narcisismo che ti impedisce di piangere ogni volta come una bambina... Ma ammetto di essermi sbagliata.

Il tuo ego smisurato ti erge a padrona del tuo regno di assoluto e fantastico nulla, in cui sono gli altri a guadagnarci dalla tua stupidità e dal tuo falso altruismo.
Adesso spiegami, come fai ad amare in te stessa tutto ciò che ti fa schifo negli altri!»

Anemone glielo gridò così forte da perdere la voce con una sola frase.

Nonostante questo, la ragazza mora le si era posizionata davanti, squadrandola con un certo scherno negli occhi, come a sminuirla definitivamente.

«Anemone, sei tu la stupida che crede che "avere un fidanzato" significhi aprire le gambe e aspettare che finisca bene, basta che non ti scarichi e ti abbandoni come è successo a me. Sii onesta, non solo tu non hai mai avuto un ragazzo, ma non ti è chiaro neppure il concetto di amore fra uomo e donna, vero?»

Nonostante il tono isterico, la voce rotta e i gesti scoordinati della compagna, Anemone già all'inizio del discorso avrebbe voluto ordinarle di stare zitta, a partire da quando la mora aveva citato il deviamento psicologico nei rapporti di relazione che le rinfacciavano tutti gli insegnanti e gli psicologi da quando aveva sei anni, come se la sua fosse stata una malattia.

«Senti, se vuoi che sia onesta, io non ho nemmeno mai avuto una famiglia o un qualcuno che mi amasse a prescindere. Prova a spiegarmi tu il concetto di "amore", visto che la tua miserabile vita di narcisista figlia di una prostituta e di un alcolista ne è piena.»

Però aveva capito cosa intendesse Camelia: aveva scelto la persona sbagliata a cui mentire. La cosa che di più la spaventava era il conoscere su quali tremende verità che ormai teneva celate persino a se stessa la modella avesse fatto luce.

«Preferisco essere una narcisista che un'ipocrita che si nasconde dietro un falso sorriso per celare tutti i difetti che ti renderebbero più patetica ed odiata di quanto tu non sia ora.»

Anemone la spinse nell'acqua, per paura che la modella, ubriaca ed isterica, la volesse picchiare, e si sedette su di lei, ricevendo graffi e insulti in pieno viso; senza altra scelta per farla tacere, la rossa dovette giocare una mossa sporca, mandarla K.O. macchiandosi di impudicizia. 

Tenne ferme le mani di Camelia con gran sforzo e agguantò il laccio posteriore del reggipetto della modella, che continuava a ripetere la stessa cosa solo con parole diverse.

«Ti prego, sta' zitta! - le gridò la rossa, esasperata - Quello che ho detto prima era perché... Perché... È vero, ho mentito a te e a tutte le altre; so di essere malata, in un certo senso, ma... Camelia, io ti voglio bene, te ne voglio davvero tanto...»

Anemone fece una pausa; il tasto più dolente della sua sensibilità era stato toccato.

«...e non voglio che tu mi detesti.»

«Io ti detesto già, se vuoi saperlo. - la mora si stava dimenando per liberarsi del peso della giovane sopra di lei - Anche io ti credevo diversa, ma questa frase è troppo un cliché.

Ma tanto tu mi conosci solo come una bugiarda.

Quindi non mi conosci affatto.»

Il discorso fu fermato a metà. 

La ragazza dai profondi occhi azzurri fu talmente sconvolta che la mano con cui aveva fatto pressione sul reggiseno nero e attillato della modella tirò con forza il laccio di tessuto sottile che lo legava al collo della mora.

Non ebbe scelta: voleva che Camelia tacesse.

Le aveva mentito, lo sapeva meglio di lei: ma era ancora più consapevole di aver risparmiato alla sua unica amica la verità che nascondeva sotto un falso sorriso. 

Ci teneva a Camelia, glielo aveva già ripetuto. 

Tuttavia quell'incomprensione la stava uccidendo, e parlare a una sbronza marcia che voleva solo accusarla le parve inutile e doloroso.

«Sta' zitta, neppure tu sai tutto di me! Non è colpa mia se...»

In velocità, prima che l'altra potesse ribattere qualcos'altro, la ragazza che si sentiva ancora una volta senza l'orgoglio per cui aveva tanto combattuto afferrò la coppa destra del reggipetto della compagna, strappandoglielo letteralmente via.

Anemone aveva premeditato quel gesto solo per farla tacere, ma osservando come gli occhi di Camelia si erano dilatati in un'espressione mista fra sconforto e shock mentre si copriva i seni con le mani schiacciandoseli contro il torace, si pentì di quel gesto crudele e insensibile.

Fece di tutto per distrarsi dal suo primo seno nudo visto dal vivo, non contando il suo

«S-Scusami... Io...»

La ragazza dalla pelle ambrata non ottenne risposta. 

Non era la modella a dover parlare in quel momento, ma lei e la sua coscienza.

Gli occhi azzurri di Camelia la supplicavano di essere onesta, di dirle che cosa nascondesse a tutti. 

Si domandò se la mora si fosse mai sottomessa a qualcuno così come ora si presentava davanti a lei. Ad Anemone sembrò, per un secondo, di stare di fronte alla versione undici-dodicenne di Camelia, che dopo aver ricevuto un sonoro e umiliante ceffone in pieno viso si chiedeva perché dovesse essere lei quella in torto e non la spietata che le aveva appena tolto il reggiseno per evitare che le rinfacciasse la verità.

Provò un senso di forte ribrezzo ad essersi resa simile al donnaiolo, alcolista e violento padre che aveva descritto poco tempo prima con tono di assoluta deplorazione.

Ma per la rossa, spiegare ciò che la umiliava e rappresentava allo stesso tempo era impossibile; sentì la gola annodarsi, strozzando ogni vaga scusa e pensiero tangibile.

Sotto la luna estiva e il chiarore delle stelle riflesse nello specchio d'acqua, Anemone si gettò in ginocchio davanti alla compagna, singhiozzando con il viso fra le mani e poi piangendo copiosamente. 

L'acqua dell'onsen ondeggiava dolcemente.

Camelia continuò a fissare la ragazza in lacrime ai suoi piedi: sapeva in qualche modo la sua risposta. 

Le tornò in mente l'affettuosità che l'orfanella rossa dimostrava nei confronti di lei e di tutte le altre, di come si rivolgesse a loro come fossero sue sorelle, la sua adorabile paura dell'adolescenza, dell'essere diversa dai canoni di una diciassettenne normale, e infine del suo fantastico talento nel nascondere le occhiate che lanciava verso di lei e le altre tre... 

Non voleva che tutte quelle belle cose venissero consumate e sprecate da un uomo desideroso di carne, non voleva che quella sorte capitasse anche ad Anemone.  

«Sei bellissima.»

Le disse Camelia, sorridendole.

«N-Non sono io la top model da calendario qui.»

Anemone rise fra le lacrime.

«A volte parli proprio come un ragazzo... Mi piace.»

La guardò negli occhi.

«Camelia, io sono lesbica.»

Quella confessione costò ad Anemone un'immane fatica, era ciò che riteneva il suo più grande e scandaloso segreto. 

Si sarebbe sentita più pulita ad aver avuto come Camelia milioni di amanti piuttosto che essere ancora vergine perché non voleva arrendersi alla crudele legge della natura, che unisce in amore solo uomo e donna.

A quel punto la bellissima modella allentò la presa di mani e avambracci che aveva salda sul suo prosperoso petto, per spostare gli arti in una posizione più comoda: con le braccia conserte sembrava avere un atteggiamento volutamente superbo, quasi di sfida verso la compagna che, sconfitta, aveva confessato umilmente il suo segreto, apparendo quasi più miserabile della mora nella sua precedente scenata.

Anemone esibì una faccia alquanto delusa, presumibilmente del fatto che Camelia non scostasse le braccia e non le mostrasse la parte più bella e sensuale delle sue tette.  

«Tranquilla.»

Le due ragazze erano rimaste imbambolate a fissarsi qualche secondo, come se stessero premeditando una frase sensata per cancellare magicamente tutta quella litigata nata da una scemenza e sfociata in un segreto confessabile solo dopo un estenuante interrogatorio.

«Non ho nulla contro i gay, ma se me lo avessi detto prima non saresti costretta a inventarti di sana pianta i tuoi gusti sessuali.»

Il tono di Camelia era altamente sarcastico, ma solo per rassicurare l'amica di non preoccuparsi di incorrere in ulteriori insulti e scherno. 

La rossa sospirò.

«Nessuno reagirebbe come te.»

La ragazza aveva nascosto la bocca appoggiandosi al bordo dell'onsen con il braccio. Era la prima volta che affrontava la sua deviazione nei rapporti di relazione con il sesso opposto in prima persona.

D'un tratto sentì la mano della modella posarsi sulla spalla nuda e umida.

«Perché nessuno ti conosce come ti conosco io.» Le sussurrò all'orecchio.

Anemone si avvicinò alla compagna, e cominciò a parlarle, a spiegarle come mai non si riteneva degna di una vita amorosa normale; all'inizio era solo una leggera infatuazione per qualche eroina di manga e anime.

Poi però le toccò descrivere quanto detestasse le moine che le adolescenti facevano vedendo un ragazzo popolare, di come rimaneva indifferente agli idol e agli attori famosi come un Pokémon Volante colpito da una mossa Terra. 

Le facevano venire in mente l'umiliante punizione a cui gli istitutori del suo orfanotrofio la sottoponevano, provò a far capire alla compagna la vergogna provata nel rimanere seminuda davanti a degli stupidi bambini ignoranti che le ridevano in faccia.

Camelia le rispose che una volta cresciuti, quei ragazzini ignoranti e sessisti avrebbero pagato un occhio della loro testa marcia per guardarle la rossa spogliarsi dal vivo. Ma non se lo sarebbero mai meritato.

Le due giovani infine compresero di essere vittime di un destino affine quando scoprirono conversando casualmente di essere entrambe orfane di madre, immaginando insieme come sarebbe stato avere una donna che avesse condiviso con loro le fasi più buie e difficili del loro passato, ripetendo alle sue ipotetiche figlie di non essersi mai meritate così tanta sfortuna.

Esplicò in sintesi come si sentisse diversa, diversa nel senso di sbagliata: tratti somatici troppo singolari, carattere troppo contraddittorio, situazione economica pessima e interessi amorosi... 

La giovane dagli occhi azzurro cielo sentì di voler piangere ancora.

E si ricordò dolorosamente di come gli istitutori del suo vecchio orfanotrofio le torcessero l'orecchio per farla tacere qualora piangesse o gridasse.

«Ti capisco. E dico davvero, ho capito tutto.»

La modella seguì con il dito di una mano esente dal doverle sostenere il seno una lacrima dell'amica: questa brillava come una diamante.

«Anemone, io e te siamo più simili di quello che pensi.»

«A-Allora dovremmo conoscerci di più... Tu non hai un qualche segreto che tieni nascosto a tutti compresi tuoi fan? Io non voglio più mentirti, e penso nemmeno tu lo voglia.»

A quel punto il dialogo fra le due rimase fermo e seguì un lungo silenzio.

Le due diciassettenni si fissarono a lungo. 

Rifletterono un attimo sull'aver praticamente sviscerato il loro vero io, di essersi dette un sacco di falsità e di essersi ferite a vicenda, insultate e poi rappacificate troppe volte: e tutto solo per riconoscersi non simili, ma uguali, due gemelle opposte d'aspetto fisico e separate dal destino, riunite solo dopo una vita di ingiustizie e sofferenze, grazie all'occasione di quella notte estiva. 

Una notte di mezza estate più calda e intrigante di tutte quelle che entrambe le ragazze avevano passato nella loro gioventù in fiore.

«Anemone, che taglia porti?»

«Una coppa G. Perché?»

«Anche io. Vuoi vederle?»

«Non vedevo l'ora...»

Camelia comprese finalmente dove tutti i suoi fidanzati temporanei, le notti di tradimenti e l'accusa del suo ex di essere una falsa l'avevano portata.

Anemone le aveva fatto cenno di alzarsi e sedersi sulle sue gambe abbronzate e toniche, con la scusa del "tanto tu sei leggerissima": nessun uomo aveva mai risposto alla sua preoccupazione spasmodica di essere grassa in modo così dolce e spontaneo. 

La ragazza si sedette a gambe aperte sulle morbide cosce dell'amica.

Le due avevano la stessa età e conformazione fisica, sia la stessa altezza e peso. 

Si guardavano negli occhi, come a sigillare una promessa.

La luna e le stelle sembravano sorridere, Venere e il fato aiutano sempre gli audaci.

D'improvviso, la rossa sentì una forza smuoversi nel suo animo; la riconobbe, era la stessa ribelle incatenata che la pregava di mostrare il suo coraggio e di osare ciò che il buonismo e la misericordia reprimevano d'istinto. I capelli rossi della ragazza sembravano vere e proprie fiamme, resistenti perfino alle gocce d'acqua dell'onsen.

La giovane tenne ferma la mano della mora, chiudendola nella sua. 

Si sentì potente e dominatrice della sua vita, padrona assoluta dei suoi desideri appena 

scostò senza preavviso la mano di Camelia dal suo seno. 

Rimase incantata, quasi fulminata.

«Ritiro quello che ho detto prima... Sei una ribelle, definitivamente.»

La mora parlò come per sgridarla, enfatizzando ancora quel paradosso presente nella personalità della compagna.

«E-E tu un'esibizionista...» Si sentì rispondere, quasi balbettando.

Anemone non fu mai tanto eccitata come in quel momento: il seno prosperoso, sodo e rigonfio, colorato di un rosa candido, era di certo il particolare che distingueva Camelia fra tutte le sue colleghe modelle, quelle magrissime figure stilizzate. 

Nonostante l'abbondanza di carne che rimaneva compatta anche senza il sostegno del reggiseno, la figura della fanciulla rimaneva sempre snella e slanciata, facendo risaltare la profonda insenatura del petto prorompente. 

I capezzoli avevano lo stesso colore delle sue labbra.

Quei tesori, simboli di bellezza naturale e pura, meritavano di essere premiati con la stessa mela d'oro con cui il principe troiano Paride incoronò Elena la più bella tra le mortali. 

Così Camelia meritava forse il titolo di più bella fra le allenatrici, e conoscendola, Anemone capì che lo avrebbe accettato senza troppa modestia.

Si sentì un bacio stampato sulla guancia, mentre le braccia bianche della mora le circondavano il collo. 

Percepì i suoi polpastrelli che cercavano ansiosi la chiusura del suo reggiseno. La lasciò lavorare, più tesa che mai: era la prima volta che si spogliava, o meglio, si faceva spogliare da un'altra ragazza, e si chiese se dovesse ostentare lo stesso orgoglio della compagna o fingersi imbarazzata.

Scelse di rimanere a fissare gli occhi di Camelia, che, per una che si dichiarava profondamente eterosessuale fino a pochi momenti prima, si erano dilatati con l'espressione più compiaciuta ed estasiata che le avesse mai mostrato.

Infatti le tette della ragazza che sorreggeva la vita di Camelia con le mani trapelavano un qualcosa di esotico, di affascinante, di... diverso.

A differenza del colorito uniforme del corpo della modella, la pelle della rossa si schiariva per un buon centimetrato di pelle in cui la carnagione ambrata diventava più tenue e pura, con una breve sfumatura che le disegnava sul petto le coppe di un bikini inesistente, in cui si distinguevano i capezzoli rigidi alle estremità.

Con un certo piacere, Anemone notò che in quanto a conformazione e struttura il suo seno e quello dell'amica erano pressoché identici: la stessa elasticità, che glielo faceva vibrare quando si muoveva, la stessa perfezione delle rotondità, che sembrava quasi calcolata con una formula esclusiva della femminilità, e perfino la stessa taglia, che sinceramente non aveva mai pensato di condividere con nessuno.

Le due si sorrisero a vicenda, mescolando imbarazzo ed orgoglio nello stesso sentimento: non c'era nessuno oltre a loro in quel momento, e quindi non c'era mai stato nessuno per loro fino a quel momento: si desiderarono a vicenda, dal profondo dei loro cuori.

Mentre le mani lisce della rossa scorrevano sul suo corpo diafano immerso nell'acqua tiepida, toccandole con gentilezza le braccia e le spalle, il collo e le guance, la modella si avvicinò ancora di più a quel miracolo che solo da un mese aveva sotto gli occhi, ma a cui in un mese non aveva prestato comunque abbastanza attenzione.

Furono a tale distanza che i seni nudi di Anemone e Camelia si toccarono, comprimendosi gli uni addosso al corpo dell'altra, portando i loro occhi blu ad incontrarsi ancora. 

La rossa percepì le labbra della modella a pochi centimetri dalle sue, che tremavano, insieme al suo respiro, così dolce e pulito...

«Ma allora non sei ubriaca. Anche quando sei venuta a chiamarmi, il tuo alito non sa di alcool.» Asserì sorridendole.

«Quindi non hai sentito quando ti ho detto che io non bevo ne' fumo? Sei scandalosa, lasciatelo dire.»

Le rispose la compagna, con il suo tono di sarcasmo, che ora suonava perfino sexy.

«Me la perdoni questa?» Le mani di Camelia intanto accarezzavano i capelli fiammeggianti della ragazza che così disse.

Seguì l'ennesimo silenzio in cui le due fanciulle si guardavano non solo negli occhi, ma si osservavano il corpo, i lineamenti e l'anima. 

Nessuna delle due avrebbe mai creduto di incontrare la propria anima gemella incarnata nel proprio opposto: una giovane modella famosa e benestante, dalla lingua velenosa e dal sarcasmo pungente, con un orgoglio che vacillava fra il ricordo delle menzogne e della falsità di suo padre e la spola fra i mille fidanzati occasionali che volevano solo il suo corpo, e una aspirante pilota con ingenti problemi economici, con una bontà e una pazienza sempiterna, messa a dura prova da un passato senza una famiglia e l'impossibilità di innamorarsi e di essere riamata.

Due figure simili, simmetriche, desiderose solo di riunirsi, due gocce riflesse sullo specchio dell'acqua pura increspata da piccole onde dell'onsen in quella notte. 

Quella bellissima, unica, fatidica notte.

«Allora, hai voglia di dirmi quella cosa che hai accennato prima?»

Domandò la rossa, scostando i capelli neri della compagna per metterle ben in mostra il petto.

«Ora che sai che non sono ubriaca è inutile. - la modella guardò fiera i seni scoperti della compagna - Se una sbronza marcia ti avesse detto "ti amo" ci avresti creduto?»

«Ti sei finta ubriaca solo per potermi confessare i tuoi sentimenti? In questo caso, no.»

«In ogni caso sei stata tu a dichiararti per prima. Eri davvero troppo adorabile.»

«Finirò per diventare la tua vittima...»

«Del resto, il Tipo Volante è debole contro il Tipo Elettro.»

«Camelia, tu mi piaci veramente.»

«Anche tu, voglio provarti che anche tu mi piaci veramente.»

D'improvviso Anemone chiuse gli occhi. 

Una dolcissima sensazione di caldo soffocante la pervase nel viso, e le labbra, dopo pochi secondi di sorpresa estasiata, cominciarono a seguire il ritmo di quelle della modella: questa le mostrò le capacità seduttrici della sua bocca, partendo da un semplice stampo sulle labbra proseguendo con una sequenza più serrata e soffocante, mettendoci sempre più grinta e passione.

Non era di certo il primo bacio della mora, ma di sicuro il primo dato ad una ragazza; ed il primo di una ragazza che le aveva concesso di essere la prima ad abbandonarsi alle sue sempre più bagnate labbra. 

Le due diciassettenni continuarono a baciarsi appassionatamente, stringendosi in un abbraccio che sembrava mirare al fondere i loro corpi insieme, in una cosa sola.

Camelia, più esperta in fatto di pratica, mantenne solo una mano a sostenersi sul corpo ondeggiante dell'amica, e seguendo l'istinto cominciò a saggiare quel corpo ambrato quasi totalmente scoperto, toccando tutti i muscoli tesi e la pelle sudata dell'altra.

La rossa, nuova in quel misterioso universo, desiderò ancora una volta provare a sé stessa di non essere la sottomessa della coppia, e con coraggio provò a massaggiare il seno destro della mora, palpandone la celestiale morbidezza e sensibilità: fu tanto brava che presto la compagna la invitò a fare lo stesso con l'altra mano, impegnando la rossa a massaggiarle vigorosamente le tette, sovrapponendo le mani sopra i suoi seni per invitarla ad intensificare il gesto, una rotazione che la rilassava ed eccitava allo stesso tempo.

Camelia fece lo stesso, chiedendosi come mai non avesse mai provato attrazione per la bellezza femminile ed essersi dedicata ad un fare sesso meccanico e pragmatico, che spesso terminava con lei e il suo amante momentaneo che si fissavano come estranei.

Si ripromise che una volta finito avrebbe ringraziato Anemone e magari pregata di rifarlo altre cinquecento volte, finché il petto non le dolesse dai troppi massaggi erotici.

Quei baci che ogni secondo diventavano prima dieci, poi cento, poi mille si spostarono in diverse zone del corpo, finché entrambe le giovani non sperimentarono in prima persona il scambiarsi la saliva con veri e propri amplessi delle loro lingue assetate d'amore.

Le due innamorate si staccarono dal loro eterno bacio, gustando fino all'ultimo il sapore dolce e pungente della saliva e della pelle sudata. Anemone riprese fiato appoggiandosi al collo dell'amante, che la guardava divertita. 

«Che cosa adorabile, è già esausta.» Pensò l'altra.

Entrambe rimasero a fissare un poco il cielo stellato, una distesa di zaffiri, dimora di dei grandi amatori e ninfe voluttuose che brindavano in simposio al loro amore neonato, proibito e segreto, al piacere del corpo e della mente, ora svaga da ogni cattivo pensiero.

Se esistesse un dio dell'amore, sarebbe stato leggermente turbato di assistere ad una scena di effusioni così spudorate da parte di due giovani dello stesso sesso. 

Ma la realtà è ben diversa dai romanzi e dai manga, perché nessuna censura può nascondere il più puro degli amori nella sua forma più inusuale e spesso malgiudicata. 

Quel dio infine avrebbe riso e dedicato perfino una poesia in onore di tutte le coppie come Anemone e Camelia.

«Come faccio a dire a mio nonno che sono, anzi, sono sempre stata lesbica... 
Per te non deve essere un problema... Ma penso che spiegare ai tuoi fan che ora sei fidanzata con... Una come me non sarà facile. 
Ci criticheranno tutti, ci odieranno a morte. E pensa farlo scoprire ad Iris, Camilla e Catlina...»

Anemone era appoggiata alla spalla di quella che adesso voleva chiamare 'tesoro'.

I pregiudizi la spaventavano a morte, ricordandole come il mondo esterno fosse composto da un codice binario di assoluta e noiosa normalità: ogni numero al di fuori dell'uno e dello zero è considerato eretico, meritevole di biasimo nel cosmo dell'ordinario moderno. 

Nel Medioevo, se ricordava bene, gli omosessuali li bruciavano direttamente al rogo.

Sapeva inconsciamente che Camelia condivideva la sua stessa paura, ma la stringeva comunque per infonderle coraggio.

I loro corpi nudi sembravano fondersi l'uno con l'altro, uno spettacolo magnifico alla vista.

«Pensiamoci domani a queste cose, cara. 
L'unica cosa che voglio fare finché non arriva l'alba è guardare e già che ci siamo anche toccare un po' il tuo sedere. Perdona il maschilismo.»

Entrambe scoppiarono a ridere. 

Camelia però le fece notare di avere davvero un bel sedere, sodo e tonico. 

Anemone la rassicurò, girandosi di pancia e mostrando alla ragazza i suoi formosi glutei, mentre l'altra aveva già iniziato ad accarezzarla e a sussurrarle la sua ammirazione. 

Le piaceva la sua voce sussurrante della mora, era seducente e penetrante.

Entrambe si confessarono vicendevolmente di sentire un dolore piuttosto piacevole al basso ventre, poi convennero insieme sul fatto di star cominciando a sentirsi donne.

«Camelia, tesoro... Sono felicissima... ti amo. Non lo ho mai detto a nessuno, è strano per la prima volta...»

«Anch'io, ti amo davvero cara. Non sto scherzando.»

L'amore proibito delle due Capopalestra pregò il cielo di estendersi ben oltre quella fantastica notte, ben oltre quell'anno, oltre ogni giorno della loro vita.

Magari anche oltre quell'estate.


 

 

«Camelia, amore, prima che questa notte finisca e domani scoppi un casino micidiale voglio che tu mi risponda con tutta la sincerità che hai a questa domanda.»
 
«Credo di non avere scelta, se la metti così.»
 
«Credo che sia una questione di grandissima importanza, è un dubbio esistenziale che ho da un po' di tempo. Riguarda un paio di strategie... Ma non so se tu possa aiutarmi.»
 
«Anemone, siamo entrambe Capopalestra. Non ci può sorprendere più nulla.»
 
«Allora vado... 
Secondo te sono meglio le tette piccole o grandi?»
 
«P-Perché mi fai questa domanda, che cosa c'entra con le strategie?»
 
«C'entra eccome, è come con i Pokémon: immagina di avere un esemplare raro e potente e di non riuscire a controllarlo e perdendo così una lotta... 
Riusciresti a immaginarti delle coppe oltre la lettera F su una ragazza?!
Potrebbero creare disastri, mi dico, e si affloscerebbero e sarebbero brutte da vedere.»
 
«Beh, è vero: non sempre più grande è meglio.»
 
«E se comunque hai un seno piccolo trovare il modo di valorizzarlo è difficile, solo gli Allenatori esperti sanno sfruttare il potenziale dei Pokémon più innocui...
C'è sempre l'evoluzione, dopotutto, e molti strumenti utili per farle sembrare più gonfie e sode, e se non basta puoi usare degli aiuti come l'imbottitura, ma io mi chiedo...
Esiste un tipo di seno che possa piacere a tutti, universalmente?»
 
«Credo che la tua filosofica domanda si risolva: come nelle lotte esistono diverse strategie vincenti, così diversi tipologie di seno possono vincere il cuore delle persone.»
 
«Wow, Camelia, mi piaci sempre di più sapendo che sei così intelligente!»
 
«Però io non ho mai visto un Pokémon sopravvivere ad un attacco come Dragobolide.»
 
«E-E quale sarebbe la versione pettorale femminile di Dragobolide?»
 
«La coppa G. Questa mossa mi manda K.O. in un colpo.»
 
«Ah, neppure io resisterei ad un attacco del genere... È così sexy...»
 
«Certo che per essere una novellina stai imparando in fretta.»
 
«Tutto merito tuo, dei manga per i maggiori dei diciotto e delle fanfiction.»

 

Behind the Summery Scenery #12

1. Credeteci o no, neppure io so molto bene quale sarà il piano del Neo Team Plasma per annientare le nostre eroine. Nonostante i miei evidenti ritardi nella sceneggiatura, le scene in cui appaiono le cinque antagoniste sono molto easy da scrivere, non mi è mai capitato di doverci lavorare troppo a lungo. Sarà la mia parte oscura che emerge o il mio essere stufa di parlare delle solite cinque allegre scemotte.

2. Quando Camilla dice "le ragazze sono minorenni" intende secondo la legislazione giapponese, in cui la maggiore età si raggiunge a 20 anni. Questo fa della leader l'unica maggiorenne del gruppo dunque. Ma hey, qui siamo in 'Murica e Abe non ha potere qui.

3. Il dialogo fra Camelia ed Anemone è stato difficile da far uscir fuori: volevo che sembrasse un litigio realistico, ma mi trovavo ogni volta a cancellarlo e riscriverlo perché le due monologavano come in una tragedia tirando fuori argomentazioni assurde e divagando alla grande. Forse le battute sono un po' lunghe per essere dette nel bel mezzo di una sfuriata, ma provate ad immaginarle come il succo di ciò che l'ascoltatrice coglie dalle frasi sconnesse e brutali di quella che la sta accusando.
Dopotutto, noi nel parlare sentiamo ciò che gli altri ci dicono o ciò che noi vorremmo dire e non diciamo? Bella domanda.

4. Come avete trovato la scena lemon? Io volevo che fosse al contempo sexy e romantica.
Questo è il concept di questo capitolo: piacevole per gli occhi, piacevole per il cuore. Non avrei mai scelto di rappresentare una scena da rating rosso, perché sapevo che non servisse. Inoltre, buttarsi sul sesso senza sentimento andrebbe contro uno dei tre grandi capisaldi della storia (ripassiamoli prima dell'esame ancora una volta): tette, yuri e... sentimentalismi.

5. E sì, lo so che le due amanti infelici non sono completamente nude, ma in senso filosofico lo sono, aprendo il loro cuore l'una all'altra e rivelando i loro veri sentimenti... La prima volta nessuno va mai così oltre, dai, amo realistici.

6. Per la scena del bacio ho trovato ottimi spunti dal poeta latino Ovidio, nei suoi Amores e nell'Ars Amatoria. 
  
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