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Autore: Vago    19/04/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Una volta raggiunta la base di quella torre vivente, il maestoso alberò apparve ancora più alto. I suoi rami si perdevano tra la volta di foglie verdeggianti e il cielo coperto dalle nubi.
- Ora cosa facciamo?- chiese Seila guardando il tronco che si stendeva a destra e sinistra per svariati metri.
- Lo scaliamo. Cos’altro vuoi fare? A meno che non ci sia una scala da qualche parte, quello è l’unico modo per salire lassù. – le rispose malamente Nirghe, aggiungendo poi, con un tono più dolce – Mea, saresti in grado di creare una corda?-
- In che senso una corda?-
- Io, Jasno e il Lupetto possiamo salire lassù. Almeno fino ai primi rami. Se tu riuscissi a creare una corda abbastanza lunga, noi potremmo portarla su con noi, per poi farvi salire in corda doppia.-
Hile tentò inutilmente di controbattere, ma il Corvo riprese subito a parlare.
- Si, posso farlo. Ma sei sicuro che riuscirete ad arrivare lassù? Posso aggiustare le ossa rotte, ma sui cadaveri non posso fare nulla.-
- Non ti preoccupare. Non cadremo. Lupetto, Jasno, andiamo?-
- Micino, io ti aspetto in cima.- gli rispose Hile.
- Io no.- disse Jasno sistemando il cappuccio.
- Come io no?-
- Io non posso. Per due motivi: non so arrampicare e, se anche imparassi ora, con la mia sensibilità al sole non riuscirei a proseguire.-
- Vengo io.- si fece avanti Keria.
- No. Stai qui. – Le disse Hile sistemandosi i guanti – Bastiamo io e il gattino. Non è necessario essere in tre.-
- Non hai capito. Vengo anch’io. Nella setta del Drago c’è una regola, o meglio, una specie di cerimonia. Noi la chiamiamo la Schiusa dell’Uovo, è una prova che ognuno di noi affronta quando si sente pronto. Appena entri nella setta vieni affidato a un assassino che ha superato la prova e rimani sotto il suo controllo finché non la superi a tua volta. La Schiusa dell’Uovo consiste nello scalare il muro di cinta della setta e colpire con una freccia la faretra dell’assassino a cui si è affidati. Io l’ho superata due anni fa, non credo che una pianta sia un problema.-
Ad Hile si accapponò la pelle, ripensando al muro scuro che lo aveva separato dal mondo per troppi anni.
- Va bene. Keria, sei dei nostri. Lupetto, sei pronto?- chiese Nirghe pronto a partire.
- Si. Ci sono.-
I tre si legarono il capo della corda di Mea alla vita e cominciarono la lenta salita.

Sarà meglio che li segua… Sta arrivando persino un temporale, com’è possibile che non sentano l’umidità nell’aria? Tra poco più di quattro ore questo posto diventerà una pozza di fango.

Drago, Lupo e Gatto scalavano la parete di corteccia studiando attentamente ogni nodo o spacco sulla superficie del tronco. Di tanto in tanto ricorrevano alle spade, ai coltelli o alle frecce per costruire un appiglio là dove non c’era.
L’ambiente si fece sempre più cupo, andando di pari passo all’avvicinarsi del rimbombo dei tuoni e all’allontanarsi del terreno.
- Sta per piovere.- disse Hile fermandosi un attimo a guardare gli squarci di nubi nere tra le fronde.
- Cosa te lo fa pensare, Lupetto?-
- Dai Nirghe. Non essere pesante, ha fatto ridere la prima volta. Ora basta. Tornando alla pioggia, dobbiamo trovare un appoggio sicuro.- disse seccata Keria.
- Facile a dirsi. Finora non abbiamo incontrato un singolo ramo in grado di reggere il peso di uno di noi.-  le rispose il Lupo.
- Abbiamo si e no venti minuti prima che inizi a piovere. Cerchiamo di salire il più possibile, magari troveremo qualcosa di decente, più in alto.- proseguì l'arceiere.
I tre continuarono la salita il più in fretta possibile, concentrandosi unicamente sulla corteccia che scorreva di fronte ai loro occhi.
Cominciarono a scendere le prime gocce dalle nubi nere.

Maledizione…
Non so cosa fare. Mi sembra un po’ eccessivo assumere le sembianze di un uccello o uno scoiattolo gigante per portarli più in alto.
Vediamo come si evolve la situazione… magari riescono a salvarsi la pellaccia da soli.

- Trovatevi degli appigli decenti e rimanete lì! Possiamo solo aspettare che smetta di piovere! Se continuassimo a salire rischiamo solo di scivolare!- urlò Hile, piantando quattro coltelli nella corteccia e appoggiandoci sopra mani e piedi.

L’acquazzone si cominciò a riversare nella foresta. Cascate d’acqua si formarono dai rami più alti e scrosciando cadevano verso il terreno.
Il tempo scorreva lento sotto l’incessante battere della pioggia.
- Io non ce la faccio più!- urlò disperata Keria stringendo la presa sull’asta della freccia.
Le sue dita cominciarono a scivolare sulla superficie bagnata e alcune lacrime si unirono alle gocce di pioggia nella loro caduta.
- Resisti ancora un po’! Sta finendo di piovere, non vedi che scende meno acqua?- le gridò in risposta il Lupo.
- Scusate… non ce la faccio più.- disse piangendo l’arciere.
Pochi secondi dopo le dita sottili del Drago persero la presa sulla freccia e il suo corpo rimase a penzoloni, sostenuto dalla corda avvolta intorno alla vita. La situazione peggiorò ancora, la sicurezza prese a scivolare, lasciando la ragazza a testa in giù mentre il node si spostava verso i piedi. Poi non ci fu più nulla da fare e Keria a cadere verso terra.
- Maledizione!- urlò il Lupo.

Maledizione!
Esisterà un uccello abbastanza grande da poter sollevare una persona? Ora per lo meno uno ce n’è ed è nero.
Devo raggiungere quella ragazzina prima del suolo.

- Hile, resta qui! Vado io!- urlò il Gatto estraendo le due spade dalla corteccia e sfilandosi dalla vita la corda. Cominciò la sua discesa toccando appena l’albero con la punta dei piedi per portarsi esattamente sopra la compagna di viaggio.
Si portò in posizione verticale, con la fronte diretta verso il terreno e le spade strette in pugno.
Un uccello nero, enorme, scese in picchiata con gli artigli pronti ad afferrare l’arciere, ma una lama si fece largo nel suo ventre, costringendolo a virare lontano.
- Schifoso animale.- sibilò lo spadaccino.
Due secondi e svariati metri dopo la sua mano riuscì ad afferrare la faretra di Keria, mentre l’altra tentava di non perdere la presa sull’elsa la cui lama vibrante era di nuovo saldamente piantata nel tronco.
I due corpi rimasero a penzoloni, ricoperti da un velo d’acqua che dalla punta dei piedi andava a cadere nel vuoto.
Un’ombra gigantesca oscurò completamente il cielo cupo.

Dannato ragazzino. E io che volevo salvare la tua compagna. Sai quanta energia mi costerà guarire questa ferita?
Questo scherzo non me lo dimenticherò, stai tranquillo. Tu prova a rischiare la vita, cosa succederà mai se io ferissi chi sta per soccorrerti?
Ora che ho perso quota tanto vale andare a controllare cosa stanno facendo quelli rimasti a terra.

Hile strinse la presa sui coltelli piantati nella corteccia e scrutò nell’oscurità bagnata in cerca delle sagome dei suoi compagni.
Non riuscì a vedere nulla. Nonostante fosse ancora pomeriggio non un solo raggio di sole riusciva a farsi strada fino al terreno.

Ma che?
Com’è possibile?
Questo è uno scherzo veramente di cattivo gusto! Ma quale imbecille se ne va in giro, quando tre persone sono sospese a decine di metri d’altezza?
Non importa. Di loro me ne occuperò dopo. Torniamo in mezzo agli scoiattoli.

Il Lupo urlò con quanto fiato aveva nei polmoni, ma non riuscì a percepire nessuna risposta.
Si girò troppo tardi per poter evitare di essere rinchiuso in qualcosa di umido. L’ultima cosa che riuscì a distinguere fu una gabbia di sbarre bianche chiudersi contro la corteccia, strappandone buona parte al proprietario.

Oh! Meraviglioso! Fantastico! Non poteva andare meglio!
Mai una volta che le cose filino per il verso giusto.
Fato, ti prego. Dimmi che non mi toccherà intervenire, ti prego!

Hile riusciva a malapena a muoversi, stretto in una sacca umida che continuava a stringersi intorno al suo corpo.
Tentò di rompere quello strano materiale con i coltelli, ma le lame scivolavano sulla sostanza viscosa che ricopriva ogni cosa.
Con la coda dell’occhio il ragazzo vide qualcosa che poteva essere l’ombra, la sua compagna di disavventure, ma non ne fu certo.
Poi la sacca si strinse ulteriormente, inclinandosi paurosamente verso l’alto.
Il Lupo tentò invano di muoversi, mentre quel liquido gli permeava i vestiti e i capelli.
La sacca tutt’a un tratto smise di muoversi, per poi piegarsi a favore della gravità.
Lentamente Hile cominciò a scivolare verso il basso, verso l’apertura di quella cosa che lo teneva imprigionato.

Forza! Ancora poco e sei fuori!
Fammi questo favore ed esci di lì da solo!

Il lanciatore di coltelli cadde pesantemente su un suolo duro e liscio. Assi di legno, constatò aprendo gli occhi.
Qualcosa di enorme lo osservava dall’alto.
Hile si alzò in piedi a fatica, cercando di togliersi quella maledetta sostanza viscida dagli occhi per poter vedere chiaramente ciò che lo circondava.
I suoi compagni stavano bene, almeno così sembrava. Erano tutti sulla difensiva, sufficientemente lontani dalla creatura che troneggiava su quel pavimento.
Il Lupo si mosse piano, allontanandosi da quella gola che lo aveva appena risputato.
Un drago enorme, molto più grande di Réalta o di quelli descritti nei libri, lo osservava immobile.

Hile per un attimo si ricordò una delle nozioni apprese nella setta e provò a identificare il ramo di appartenenza di quell’esemplare, per poter prevedere i suoi comportamenti.
Un passo indietro.
La coda è lunga quanto il corpo.
Un passo indietro.
Il muso è appuntito.
Un altro passo indietro.
Ora la cosa più importante, la tonalità delle squame.
Un passo più vicino ai suoi compagni.
Bianco sporco, come la ghiaia.
Forse le descrizioni che i suoi istruttori gli avevano dato non erano precisissime riguardo l’aspetto e le proporzioni, ma le squame non potevano mentire circa la natura del drago.
“I draghi bianchi sono creature generalmente riflessive e poco impulsive, solitamente i più veloci in volo grazie alla forma snella e alla lunga coda, catturano la preda in una singola picchiata.” Si ripeté mentalmente.
Forse non gli sarebbe saltato addosso. Forse.

Ma insomma! Ti ha risputato, non ti attaccherà adesso.
E, quantomeno, non potresti toglierti quella bava dalla giacca? Più che un lupo, adesso sembri un lumacone.

- Mi spiace per l’inconveniente, non avesse cominciato a diluviare vi sarei venuto a prendere personalmente…-

Finalmente qualcosa ha cominciato a muoversi. Odio i tempi morti.

I sei ragazzi si voltarono contemporaneamente verso la voce.
Da quella che sembrava una grotta nel tronco dell’albero uscì un anziano dai capelli bianchissimi.
Il bastone sul lato destro produceva un tonfo ogni volta che batteva sulle assi di quella che doveva essere la terrazza.
- Dicevo… sono desolato. Permettetemi di presentarmi il mio nome è Eldèro, probabilmente sono l’ultimo Cavaliere dei Draghi.- 

   
 
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