Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.876 (Fidipù)
Note: Bonsoir a tout le monde! Eccomi qua con un nuovo capitolo,
allora...Vediamo cosa c'è da dire? Beh, Vooxi ormai penso si sia capito
che è un Potterhead nell'animo e, quando mi è passato davanti quel
trailer, non potevo mettere una scena con lui...Scusa Lila, ti ho dato una
bella volpe da pelare. A parte ciò: mh. Vediamo un po'...eh. Mi sa che sto
lasciando troppi indizi su Coeur Noir ma va bene così e, a quanto sembra,
la nostra cattiva amante del vino e sicuramente imparentata con i
Lannister ha un nuovo giocattolino fra le mani.
Detto tutto questo, come ben sapete, ci sono i soliti ringraziamenti di
rito: grazie a chi legge, commenta, inserisce questa storia nelle sue
liste. Un grazie ai lettori che mi seguono sempre e a quelli nuovi, al
gruppo di FB.
Lo so che lo ripeto ogni volta, ma ci tengo tantissimo a
ringraziarvi a ogni nuovo capitolo e...
Beh, semplicemente grazie!
Chat Noir balzò su un tetto,
osservando il suo obiettivo: aveva iniziato a pedinare Rafael da quando
era uscito di casa, poche ore prima, e all’attivo aveva un ristorante e
due locali: «Come accidenti fa a venire a scuola?» bofonchiò Chat,
mettendo mano al bastone e usando la fotocamera, in modo da osservarlo
meglio.
«Non potevi venire con Ladybug?» gli domandò l’eroe in verde, saltando sul
tetto e guadagnandosi un’occhiata dal felino: «Diciamo che non sono molto
bravo con queste cose.»
«Più che altro: verde. Scudo. Armadio ambulante. Amico, sei davvero un
pessimo elemento per i pedinamenti.»
«Esatto! Non poteva venire Ladybug?»
«Ladybug è più per: “se non ti dicono chi sono, avranno i loro perché”.»
dichiarò Chat, scimmiottando la voce della ragazza: «Quando eravamo più
piccoli, è stata per molto tempo senza dirmi chi era in realtà: io ero
innamorato perso di lei, però non sapevo chi fosse nella realtà…»
«Me l’avevi già detto. Non dev’essere stato facile…»
«Per niente, amico gusciato.» dichiarò Chat, scuotendo il capo e
sorridendo: «L’hai capita? Gusciato!»
«Continuiamo a pendinarlo.»
«Pedinarlo, Torty. Pedinarlo.»
«Pedinarlo.» ripeté Tortoise, sillabando la parola: «Pedinarlo.»
«Oh. Un’altra.» commentò Chat, allargando lo zoom nello schermo del
bastone e osservando Rafael uscire a braccetto con una procace moretta:
«Questa è la numero…?»
«Sette? Sei?» domandò Tortoise, osservando anche lui lo schermo: «Questa
non è male.»
«Marinette è meglio.»
«L’hai detto di tutte le conquiste del tuo amico.»
«Non è mio amico.»
«E allora perché speri che sia Peacock?»
Chat si alzò in piedi, sorridendo all’altro e assicurandosi l’arma sulla
schiena: «Veramente io spero che non lo sia.» dichiarò, l’eroe nero
scoccando un’occhiataccia alla loro preda: «Mi va bene chiunque, tranne
lui.» dichiarò, fissando il ragazzo e trovandolo comodamente appoggiato a
un muro dell’edificio di fronte, con lo sguardo rivolto verso loro.
«Siamo stati scoperchiati.»
«Scoperti.»
Ingollò il liquido cremisi, gustandone il sapore e osservando poi il
bicchiere vuoto: tanto tempo prima, ogni volta che lui provava a farla
bere, negava gentilmente e allontanava da sé il calice che le offriva; poi
qualcosa era cambiato, il giorno in cui aveva accettato il demone dentro
di sé – il giorno in cui aveva perso lui – e quella bevanda era l’unica
cosa che glielo ricordava.
Che glielo ricordava in modo felice.
Tutto il resto era immerso nella tristezza e nel dolore.
Essere votati al bene non sarà sempre facile: ci sarà fatica, ci sarà
dolore. L’importante è ricordarsi per che cosa combattiamo.
Coeur Noir sospirò, ricordando le parole del Maestro e si riempì
nuovamente il calice.
Un altro bicchiere per ricordarlo ancora.
Ci stiamo perdendo nei ricordi?
«Vattene.»
E’ dura ricordarsi di chi eri una
volta, vero?
Soprattutto se lo paragoni a ciò che sei ora.
«Ti ho detto di andartene.»
La grande eroina…
«Vattene.»
Che adesso è solo un fantoccio nelle
mie mani.
Coeur si voltò verso lo specchio, alzando la mano con cui teneva la
bottiglia e pronta a scagliarla contro la superficie riflettente: certo,
per cosa? Per vedere la cameriera guardarsi intorno stranita il giorno
successivo? Per trovare una nuova scusa al suo ennesimo scatto d’ira?
Il suo riflesso sorrise, mentre lei posava l’oggetto che aveva in mano e
afferrava il bicchiere di vino, buttandolo giù in un sorso.
Sei solo una mia pedina, ricordatelo.
«Ti posso dire una cosa?» domandò, voltandosi verso lo specchio e alzando
il calice vuoto: «Ricordati anche tu contro chi combattiamo.» dichiarò,
sorridendo alla smorfia che venne sul suo profilo.
Se la ricordava bene, a quanto pareva, la forza di Ladybug.
Lila sbuffò, chiudendo i libri e stirando le braccia verso l’alto: bene,
compiti fatti.
Adesso doveva solo trasformarsi e andare a controllare che Parigi fosse al
sicuro.
«Vooxi!» chiamò ad alta voce, ricevendo in cambio solo il mormorio
indistinto del pc dall’altra stanza: cosa stava combinando quel kwami?
Con un sospiro si alzò e uscì dalla sua camera, andando a vedere cosa
stesse facendo lo spirito volpino: seduto davanti il pc, con una
scatoletta di carne fra le zampine posteriori, la forchetta ferma a
mezz’aria, Vooxi stava osservando a bocca aperta un filmato.
«Cosa stai…?» iniziò la ragazza, avvicinandosi e guardando un pezzo di
filmato anche lei.
Oh no.
Oh no.
Vooxi si girò, lo sguardo illuminato dalla felicità: «Lila! Dobbiamo
andare a vederlo!»
«Nei tuoi sogni!»
«Ma è Animali Fantastici!»
La ragazza sbuffò, alzando il pendente a forma di coda di volpe e
puntandolo verso il kwami: «Vooxi! Trasformami!» sentenziò, avvertendo la
magia che avvolgeva il suo corpo e, poco dopo, i suoi vestiti vennero
cambiati nella tenuta di Volpina: «Fra tutti i kwami…» sbuffò la ragazza,
stringendo le mani guantate: «Proprio quello fissato dove capitarmi!»
Con un nuovo sospiro, saltò fuori dalla finestra della stanza e raggiunse
il tetto opposto, mettendo mano al ciondolo che teneva al collo: «LB!»
esclamò, non appena riuscì a chiamare l’eroina coccinella: «Che combini?»
«Secondo te?»
«Se continuate a questo ritmo, nascerà a breve un Cocci-gatto!» sbuffò
Volpina, camminando tranquilla per il tetto dell’edificio e fermandosi
quando ebbe raggiunto la parte opposta: «Seriamente, posso capire che è in
calore perenne, il micetto, ma…»
«Veramente sono sola.»
«Cosa? Come? Micetto ti ha lasciata sola?»
«Ha detto che aveva qualcosa da fare. Qualcosa di urgente.»
«Ti tradisce?»
«Volpina!»
«Sì, vero. E’ impossibile questo.» dichiarò la ragazza, volando fino al
tetto opposto: «E poi è troppo scemo: non saprebbe come fare.»
«Perché mi hai chiamata?»
«Dunque, se hai risposto, immagino tu sia trasformata e, dato che sei
sola, che ne dici di fare un po’ di ronda assieme? Robetta semplice:
controlliamo che Parigi sia al sicuro, facciamo un po’ di chiacchiere tra
ragazze…»
«Ci troviamo al Trocadero?»
«Perfetto, LB!»
Stava male.
Tanto male.
Appoggiò le mani alla ceramica bianca del water, mentre il corpo era
scosso dai conati di vomito.
Accidenti!
Era arrivato in Francia da una manciata di ore e stava malissimo!
A quanto pare la nouvelle cousine non faceva per lui.
Rimise tutto ciò che aveva mangiato per cena, abbandonandosi poi nei
pressi di quello che aveva ribattezzato il suo nuovo migliore amico e
sospirò, sentendo le spire dell’oblio catturarlo.
Rafael osservò i due eroi balzare a terra, proprio davanti a lui, e
sorrise: «Buonasera.» li salutò, rimanendo immobile al suo posto: sorriso
sfrontato, mani in tasca, posa rilassata…
Ricorda di sembrare il padrone del
mondo, Rafael.
Chat Noir incrociò le braccia, fissandolo a sua volta: proprio come si era
aspettato. Non voleva dargli nessun vantaggio e ciò avrebbe portato a una
sfida su chi avrebbe abbassato prima lo sguardo; mentre Tortoise…Beh, lo
conosceva veramente poco, ma era certo che in quel momento – mentre lui
non cedeva allo sguardo verde – stava fissando alternativamente l’eroe e
il civile.
«Posso sapere cosa volete da me?»
Il felino sorrise, quasi come se si aspettava quella domanda: «Sai, un
uccellino mi ha detto qualcosa.» iniziò, rimanendo nella stessa posizione:
«Anzi, che tu hai visto qualcosa.»
«Vedo tante cose.»
«Qualcosa che potresti aver visto solo se eri trasformato in Peacock.»
Ahia.
Nega, Rafael.
Nega sempre.
Sorrise, scuotendo il capo: «Stai dicendo che io sono Peacock?» domandò,
fingendosi incredulo: sguardo attonito, mano sul cuore, posa tranquilla.
Poteva farcela. Era solo un sospetto il loro.
Non sanno che sei tu.
Chat Noir l’osservò, negando con la testa e sospirando: «Purtroppo per te,
ti sei smascherato con la tua stessa linguaccia.» dichiarò, portando le
mani ai fianchi e fissandolo serio: quello sguardo così minaccioso…
Rafael ricordava di averlo già visto.
Uno sguardo verde, freddo e tagliente…
«Sai cosa si dice dei pennuti che starnazzano troppo?»
«Che cantano bene?»
«Che parlano troppo.» dichiarò l’eroe in nero, fissandolo serio: «E dato
che parlare troppo sembra sia una tua abitudine, fallo ora. Sei Peacock?»
«Ti sembra che io possa essere un eroe di Parigi?»
«Un eroe di Parigi che non sa per cosa combattere.» mormorò Tortoise,
sospirando e parlando per la prima volta.
«A quanto sembra non ci sono più gli eroi di una volta, eh?»
«Scoprirò chi sei.» dichiarò Chat, fissandolo serio: «Ho fatto parecchio
allenamento con la mia lady, scoprire chi è un pennuto che parla troppo
non sarà un problema. Sei avvisato, Rafael Fabre.»
«L’eroe di Parigi mi sta minacciando?»
«Fidati. Se volessi minacciarti, m’impegnerei di più.»
«Il tuo kwami è fissato con Harry Potter?» domandò Ladybug, osservando
l’amica e scuotendo il capo: «Che cosa carina!»
Volpina sbuffò, rimanendo poggiata contro uno dei tralicci di metallo e
alzando gli occhi al cielo: «Carina. Certo, finché non ti chiede di andare
a Londra per vedere se esiste veramente il binario 9 e ¾ o, come oggi, mi
chiede di portarlo al cinema.»
«Mi piacerebbe incontrarlo…» mormorò la coccinella, tirando le ginocchia
contro il petto: «Non l’abbiamo mai visto il tuo kwami, Chat ed io.»
«Ah. Questo è perché…»
«Perché…?»
Volpina sospirò, sedendosi anche lei e osservando l’altra: «A quanto pare
Vooxi ha scommesso qualcosa con Plagg – quando erano con i loro portatori
precedenti – e…» si fermò, poggiando la nuca contro il metallo: «…beh,
sembra che adesso non possa pagare la scommessa.»
«Quindi è per questo che non si fa vedere?»
«Esatto!»
«Conoscendo Plagg, sicuramente riguarda il formaggio. Non è che gli ha
chiesto chissà quale forma di Camembert?»
«Il kwami del micetto mangia camembert?»
«Esatto! La mia invece biscotti al cioccolato…»
«Ed io che mi lamentavo di Vooxi e della sua ossessione per la carne in
scatola! Il micetto sta peggio di me!»
«Volpina…»
«Come fai con la puzza?»
Ladybug ridacchiò, voltandosi verso la città illuminata e scuotendo il
capo: «Dopo un po’ ci fai l’abitudine.» dichiarò, notando qualcosa nel
cielo notturno che si avvicinava velocemente: «Abbiamo compagnia!»
dichiarò, osservando Bee dirigersi verso di loro: l’eroina in giallo si
fermò a mezz’aria, tenendo le braccia spalancate e, poi, usufruendo delle
correnti d’aria scese fino a toccare il metallo della torre.
«Buonasera!» esclamò, osservando prima Ladybug e poi Volpina: «Che fate?»
«Beh. Per riassumere: abbiamo fatto un po’ di ronda, poi ci siamo messe
qua a parlare delle abitudini culinarie dei nostri kwami.» riassunse
Volpina, facendo l’occhiolino alla nuova arrivata: «Il tuo cosa mangia,
Bee?»
«Miele!» dichiarò prontamente la ragazza, avvicinandosi a Volpina e
poggiandosi contro il traliccio: «E’ capace di farsi fuori un barattolo
intero!»
«Il micetto ha sempre il kwami con i gusti peggiori.»
«Perché? Cosa mangia quello di Chat?»
«Camembert.»
«Poveraccio! Non oso pensare alla puzza…» dichiarò Bee, agitando una mano
davanti al naso: «I vostri formaggi puzzano sempre così tanto?»
«Alcuni.»
Bee annuì, sorridendo: «Comunque come fate a sapere che il kwami di Chat
mangia camembert?» chiese, fissando prima Volpina e poi Ladybug: «Lo
conoscete anche senza maschera? Perché l’altra volta non è che abbia
capito molto dal discorso di Chat…»
«Dai discorsi di Chat non si capisce mai molto.» sospirò Ladybug,
scuotendo il capo e sorridendo all’altra: «Comunque sì, lo conosco anche
senza maschera.»
«Ah. Non lo sai?» le domandò Volpina, guardandola dal basso: «Ladybug e
Chat stanno insieme. Sono una coppia. Una coppia con la C maiuscola.»
«Ah.»
«Ed io li conosco da qualche anno. In verità, all’inizio non ero una
portatrice di Miraculous, ma una persona akumatizzata da Papillon.»
«Quindi vi conoscete tutti?»
«Solo noi tre. E Papillon. E Tortoise.» rispose prontamente Volpina,
sorridendo: «Ma solo perché è venuto da noi per presentarsi; mentre non
sappiamo niente di te e di Peacock.»
«Mi dispiace, ma…»
«Tranquilla, Bee.» la fermò Ladybug, alzando la mano guantata di rosso e
sorridendole dolcemente: «Immagino che hai i tuoi motivi per tenere
nascosta la tua identità e non ti forzeremo a rivelarla. Se mai vorrai
dircela, saremo felici di sapere chi sei, altrimenti…»
«Altrimenti ci incontriamo quassù la sera e facciamo un po’ di chiacchiere
tra donne.» concluse Volpina, alzando lo sguardo verso l’eroina in giallo,
in piedi al suo fianco, e facendole l’occhiolino.
Marinette era tornata da poco in camera sua, quando un rumore nel terrazzo
la fece sorridere; afferrò una felpa e aprì la botola sopra il suo letto,
osservando Adrien e Plagg entrare nella sua camera: «Non dovresti andare a
riposarti?» gli domandò, richiudendo lo sportello dietro ai due.
«Ho fame! Voglio il camembert!»
Adrien sbuffò, abbandonandosi sul materasso e osservando Marinette che
scendeva al piano inferiore della casa, recuperando il camembert di scorta
che teneva: «Per te, Plagg.» dichiarò la ragazza, tornando e dando la
scatola al kwami nero, osservandolo poi mentre fluttuava di sotto e si
sedeva vicino a Tikki: «Com’è andata?» domandò poi, voltandosi verso il
biondo che la fissava dal basso.
Adrien si spostò, invitandola a distendersi accanto a lui e, una volta,
che l’ebbe accontentato, le circondò la vita con un braccio: «Lo abbiamo
seguito per un po’. Beh, almeno finché non ci ha scoperti…»
«Come vi ha scoperti?»
«Se non è Peacock, è veramente in gamba. E se lo è…»
«Hai parlato con lui?»
«Sì. Diciamo di sì.»
Marinette si appoggiò su un gomito, osservando il ragazzo che la fissava
con un sorriso innocente e lo sguardo puro: «Adrien…»
«Abbiamo solo parlato. Davvero. L’ho solo minacciato che scoprirò chi è.»
«Perché sei così ossessionato dal sapere chi sono?» domandò Marinette,
allungando una mano e portando indietro alcune ciocche bionde: «Anche
quando non sapevamo chi eravamo, abbiamo lavorato bene insieme.»
«Sì, però…»
«Però?» domandò la ragazza, stendendosi di nuovo al suo fianco e
continuando a carezzargli il volto: rimase in silenzio, osservando lo
sguardo verde che vagava sul suo volto ed era quasi sicura di vedere la
mente di Adrien lavorare per darle una risposta.
«Alle volte mi chiedo come sarebbe stato.» commentò il ragazzo,
sorridendole: «Sapere chi eravamo dietro quelle maschere. Forse sarebbe
stato diverso: mi sono sempre fidato ciecamente di te, ma forse avremmo
potuto darci una mano a vicenda anche nella vita di tutti i giorni,
aiutarci con le scuse, darci una mano a vicenda quando dovevamo sparire…»
si fermò, portandosi una mano di lei alle labbra e baciandole i
polpastrelli: «Cose così, insomma. Forse sarebbe stato più facile o forse
no, magari qualcuno non avrebbe fatto altro che balbettare per tutto il
tempo…»
«Ah. Ah. Divertente.»
«E vederti arrendere così facilmente al mio corteggiamento…»
«Adrien, ti ripeto che chiamare una ragazza insettina
non è corteggiare.»
«Te lo sei proprio legata al dito?»
«Sì!»
«Antipatica!»
«Fuori dal mio letto, gattaccio!»
«Come?» esclamò il ragazzo, strusciandosi contro di lei e ridacchiando:
«Vuoi mandare un povero micetto al freddo e al gelo? Sono senza casa, lo
sai.»
«Veramente ce l’hai una casa!»
«Dettagli.» dichiarò Adrien, scivolando sopra di lei e sorridendo
divertito: «E poi preferisco dove è la mia bellissima, meravigliosa,
stupenda lady.»
«Non mi dimenticherò insettina,
sappilo.»
Un sorriso malizioso piegò le labbra del biondo, mentre si chinava sopra
di lei e avvicinava la bocca all’orecchio della ragazza: «Scommetto che
conosco un modo per fartelo dimenticare?»
Coeur si portò una mano al petto e sentendo uno strano senso di
irrequietezza dominarle il corpo: cosa stava succedendo? Perché si sentiva
così?
Alzò lo sguardo, osservando lo specchio e trovandolo stranamente
silenzioso.
Cosa stava succedendo?
La porta della sua stanza si aprì e lei si voltò, osservando il guerriero
in armatura nera che era fermo sulla porta: «Tu…» mormorò, alzandosi e
osservandolo: «Perché sei qui?» domandò, mentre questi avanzava nella
stanza e si inchinava di fronte a lei.
Il seme che aveva lasciato dietro di lei era giunto fin lì.
Puoi usarlo…
E’ venuto fin qui per te.
Con questo puoi sconfiggere i tuoi nemici e poi potrai…
Già, avrebbe potuto usarlo.
Marinette sospirò soddisfatta, sistemandosi meglio nell’abbraccio del
biondo e sentendo le loro pelli nude l’una contro l’altra; allungò le mani
attorno alla vita del ragazzo, carezzandogli i muscoli della schiena e
risalendo verso l’alto: «Mi stai palpando, lo sai?» mugugnò la voce
assonnata di Adrien, aprendo pigramente un occhio e sorridendo alle guance
imporporate della ragazza.
«St-stavo solo notando una cosa.»
«Cosa?»
«Non posso dirtela.»
Adrien sorrise, strofinando il naso contro il collo e sorridendo quando la
sentì sospirare: «Dimmelo, Marinette.» mormorò, mentre con le dita
risaliva lungo la schiena e la sentiva arcuarsi fra le sue braccia.
«S-sei pa-pa-pa…»
«Sono pa…»
«Oh! Dammi tregua!»
«Come la mia signora comanda.»
Marinette ispirò a fondo, socchiudendo gli occhi: «Stavo notando che sei
parecchio muscoloso. Cioè, lo sapevo già ma non so perché ci ho fatto
caso, forse perché è bello toccarli…»
«Sei una maniaca dei muscoli, per caso?» domandò il biondo, spostandole
una ciocca mora dalla fronte: «Perché se è così, dovrebbe piacerti di più
il nostro nuovo amico Wei.»
«Wei è tanto. Troppo tanto per i miei gusti.» dichiarò Marinette,
storcendo la bocca: «Poi preferisco i tuoi di muscoli.»
«Felice di saperlo.» scherzò il ragazzo, stringendola di più a sé:
«Comunque sai che faccio scherma, no? Quindi sono così grazie a quella e
al fatto che fare l’eroe di Parigi è una faticaccia.»
«Grazie Parigi per essere sempre in pericolo, così mi permette di essere
stretta da queste meraviglie di bicipiti!»
«Mi stai prendendo in giro?»
«Secondo te?»
Plagg si alzò dal cuscino dove dormiva con Tikki e volò fra i due: «Qua
c’è gente che vuole dormire!» sentenziò il kwami, subito raggiunto
dall’esserino rosso, che si sistemò vicino al volto della sua partner
umana; il kwami nero sbuffò, infilandosi sotto le coperte e riapparendo
subito, guardando schifato il suo umano: «Sei nudo! Che schifo!»
«Ehi, io mica mi lamento di te che giri così.»
«Vorrei anche vedere.»