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Autore: ElaineAnneMarley    21/04/2016    1 recensioni
È il primo giorno d’estate e Agata viene avvicinata da un ragazzo dall’aria smarrita. È la prima volta che incontra qualcuno di Levante, il continente al di là delle montagne. Lui ha i tratti tipici dei levantini: la pelle olivastra e gli occhi a mandorla. Gli occhi. Occhi di un colore simile non esistono, neanche a Levante. Sono di un blu intenso con scaglie ambrate e sembrano racchiudere la storia del mondo.
«Ti ho trovata» e il ragazzo lascia andare un sospiro di sollievo «appena in tempo.»
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 20

PONENTE, 5 ANNI E 358 GIORNI FA – Il deserto polveroso


La prima cosa che fece Tseren appena sceso dalla diligenza fu togliersi le lenti colorate. Era un'oasi di periferia e non c’erano occhi indiscreti. I due scienziati della FSI erano smontati poco prima, in un centro trafficato, ma Agata aveva chiesto al conducente di lasciarli più avanti. I due ragazzi si guardarono attorno, erano nella piazza principale del paese, uno spiazzo contornato da casette di pietra. Si separarono perché Tseren voleva sgranchirsi le gambe e Agata capire come proseguire il tragitto. Il ragazzo Drago era contento che avessero interrotto il viaggio in diligenza; indossare costantemente gli occhiali colorati, trascorrere lunghe ore in un cubicolo e il chiacchiericcio in ponentese della scienziata lo avevano portato al limite dell’esasperazione. Agata lo vide sparire tra gli alberi e iniziò a gironzolare per il villaggio. Non c’era nessuno in giro e così si appoggiò a una parete per ripararsi dal sole.
“Su con la vita… cos’è quello sguardo serio?” disse una voce da vecchio.
Agata si voltò a guardare l’uomo che aveva parlato. Era un signore distinto, di un’anzianità robusta, gli occhi acquosi e abiti puliti. Aveva l’accento della zona desertica di Ponente, era la prima volta che la ragazza lo sentiva perché le persone che vivevano in quella regione erano pochissime e viaggiavano raramente.
“Sei una ragazza così giovane, cos’è che ti preoccupa?” la incalzò l’uomo.
Ci sono quei momenti nella vita in cui si sente il bisogno di aprirsi con un’altra persona e il fatto che sia uno sconosciuto rende tutto più facile. Le giornate chiusa nella diligenza, a rimuginare sul fatto che aveva rinunciato alla vita che conosceva da sempre, avevano gettato Agata in un circolo vizioso di pensieri negativi.
“Le è mai successo di prendere impulsivamente una decisione importantissima?” chiese la ragazza a bruciapelo. Il vecchio la guardò soppesando le risposte possibili.
“Alcune volte quella che ci sembra impulsività è il risultato di considerazioni maturate a lungo a livello inconscio...” esordì il vecchio. “Alcune volte siamo in grado di prendere rapidamente delle decisioni, non tanto perché stiamo agendo impulsivamente… ma perché facciamo affidamento sull’esperienza accumulata nel corso della vita… senti di aver fatto una scelta sbagliata?”
La ragazza scosse il capo.
“No… razionalmente so che è la decisione giusta e che se avessi scelto diversamente mi sentirei peggio… ma forse avrei dovuto essere meno frettolosa… non ho avuto neanche il tempo di salutare per bene le persone importanti della mia vita…” la ragazza sentì gli occhi inumidirsi e cercò di trattenere le lacrime, non voleva piangere di fronte a un estraneo.
“Probabilmente hai agito così di fretta perché avevi paura di perdere la motivazione? O forse c’è un’altra ragione? Da come parli mi sembri una ragazza riflessiva… magari non sai fino in fondo cosa ha mosso le tue azioni, ma sono sicuro che c’è una spiegazione…” disse lui con fare comprensivo.
Agata sorrise riconoscente, pensò che l’uomo sarebbe stato un ottimo psicologo se fosse vissuto in una grande città invece che in una delle zone più sperdute del continente. Aveva proprio bisogno di qualche parola di conforto e il ponentino aveva un tono rassicurante che le trasmise un senso di pace.
Si sedette a terra, il caldo cominciava a farle girare la testa. Il vecchio aveva ragione, uno dei motivi che l’aveva spinta a partire nel giro di poco più di un giorno, era la paura di cambiare idea, temeva che stare insieme ai fratellini o ascoltare le lamentele di Holly Dee l’avrebbe fatta vacillare. Un altro motivo era legato al fatto che la storia di Tseren l’aveva resa inquieta, per quanto improbabile c’era il rischio che le accadesse qualcosa e voleva il Drago il più lontano possibile dalle persone che amava, anche se questo significava separarsi da loro in quattro e quattr’otto. Appoggiò il capo sulle ginocchia piegate e per la prima volta da quando era partita esplose in singhiozzi.
 
Tseren vagabondò tra gli alberi, che presto si fecero radi aprendosi su una distesa di rocce e polvere. E così questo era il deserto polveroso di Ponente, Agata gli aveva mostrato la sua estensione sulla mappa. Raccolse qualche bacca e si arrampicò su una delle cime più alte, in tutte le direzioni una nuvola di polvere nascondeva l’orizzonte; faceva eccezione il mucchio di case che popolava l’oasi. Rifletté su come era stato diverso il viaggio d’andata, la corsa contro il tempo, l’impossibilità di comunicare con le persone, solo ora si rendeva conto dell’impresa che aveva compiuto. Agata aveva accettato di seguirlo dall’altra parte delle montagne ed era sicuro che avrebbero trovato presto un equilibrio, sapeva dai racconti di sua madre che il rapporto tra un Drago e il proprio Ascendente ha un modo speciale di evolversi e che tutto sarebbe avvenuto in modo naturale. Già si sentiva più a proprio agio rispetto al mese prima, non amava non poter partecipare alle decisioni, ma al tempo stesso riconosceva che Agata aveva le idee chiare in merito a molte cose. E dopo giorni e giorni di scelte azzardate e salti nel vuoto era felice di potersi finalmente rilassare, lasciando che qualcun altro si occupasse di organizzare il viaggio di ritorno. Agata si sarebbe adattata benissimo a Levante, doveva solo aiutarla a inserirsi nella comunità del villaggio ai piedi del monte Ariun, sapeva che per gli uomini era di fondamentale importanza far parte di un gruppo. Dopo essersi goduto per un po’ la vista dall’alto decise di tornare dalla sua Ascendente, la trovò con facilità, seduta a terra che scribacchiava sul suolo con un bastoncino.
Si era appena incamminato nella sua direzione che fu fermato da una voce calda. Una donna di mezza età lo guardava sorridente, disse qualcosa in ponentese. Il ragazzo scosse il capo alzando le spalle, sperava che la donna capisse che non avevano modo di comunicare. Lei gli fece cenno di entrare in una delle case e lui accettò piegando il capo per attraversare la soglia. Era una stanza buia, ma i suoi occhi di Drago non ebbero difficoltà a vedere cosa succedeva all’interno. Una bimbetta giocava seduta su un tappeto, i capelli impolverati e la voce trillante. Tseren non riusciva a capire se fossero frasi di senso compiuto o suoni senza senso, ma la risata cristallina era talmente contagiosa che si ritrovò a sorridere. Una montagna di panni era adagiata sul tavolo e la donna che lo aveva invitato a entrare sparì lì dietro. Poco dopo riemerse stringendo in mano due grossi bicchieri colmi di un liquido rosato e li allungò nella sua direzione. Il ragazzo si era abituato a ricevere viveri dagli sconosciuti, era successo molto spesso nel corso del suo viaggio da Levante a Ponente e così non si sorprese di quel gesto ospitale.
La donna fece cenno col capo alla finestra aperta e Tseren vide che Agata era esattamente sulla visuale che si aveva dalla stanza. Probabilmente la ponentina aveva notato che la ragazza era rimasta seduta lì davanti a lungo e voleva mandarle una bibita rinfrescante. Tseren ringraziò in ponentese, ‘grazie’ era una delle poche parole che conosceva, e uscì all’aperto.
 
Agata fu felice di mandare giù qualcosa di fresco. Andò subito a ringraziare la donna che abitava lì di fronte e l’altra le strinse affettuosamente la mano, in quel momento la ragazza ebbe la certezza che l’avesse vista piangere. Chiese qualche provvista in cambio dei pochi soldi che le rimanevano, ma la ponentina non volle accettare il denaro. Spiegò loro che esisteva una via che congiungeva il villaggio con un’oasi più grande, dove era facile trovare lavoro.
“Come facciamo a orientarci?” chiese la ragazza.
“Basta seguire il letto del fiume a partire da laggiù, nonostante in questa stagione è solo un filo d'acqua è abbastanza visibile e facile da seguire…” spiegò l’altra. “Sono necessarie circa un paio d’ore per raggiungere l’altra oasi…”.
I due ragazzi ringraziarono ancora e si incamminarono nel deserto, un panno bagnato sulla bocca per evitare di respirare il pulviscolo.


   
 
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