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Autore: ilcielopiangequalchevolta    25/04/2016    1 recensioni
A volte, per ricominciare da capo e ammettere i propri sbagli, è necessario scappare per poi tornare indietro.
Sabrina Vacciello è una ragazza timida, abituata a contare esclusivamente sulle proprie forze e con un grande segreto sulle spalle. Ha una sublime conoscenza delle lingue e tanta voglia di viaggiare; comunque partire e abbandonare tutto è difficile, così si ritrova bloccata in Italia fino ai vent'anni. Un giorno una domanda la sprona ad allontanarsi dal suo paese per riscoprire sé stessa.
Proprio Sabrina si scontra con James Harrison, un ricco imprenditore dall'animo saccente. Quando l'amore si interpone prepotentemente sulla sua strada, egli deve solo farsi trasportare dalla magia di questo sentimento.
James vuole avvicinarsi a Sabrina, l’unica donna che riesce a fargli battere il cuore, però lei non è ancora pronta a lasciarsi il passato alle spalle e a gettarsi in quel turbine di emozioni quale è l’amore. O forse si?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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8)      I WANTED TO GET AWAY FROM MYSELF

JAMES’POV
Candidi fiocchi di neve si posavano leggeri sul vetro della mia auto oppure sui cappotti mezzi aperti che conferivano alla gente un aspetto trasandato. I semafori delle strade trafficate di New York sembravano volersi rivoltare alla mia macchina e schizzavano in pochi secondi al rosso proprio prima che io li sorpassassi. Mi girai un attimo solamente per osservare, attraverso il finestrino chiuso, i comportamenti delle persone della città che mi aveva visto venire alla luce, crescere, trasformarmi da bambino a ragazzo e, infine, uomo: alcune di loro correvano veloci con un viso trafelato, altre passeggiavano tranquille con un  bicchiere dello Starbucks in mano, altre ancora camminavano svelte nella mia stessa situazione con valigette oscillanti. Finalmente il verde scattò all’ennesimo stop e mi affrettai a schiacciare l’acceleratore.

Controllai l’orario non appena un mio piede sorpassò la soglia dell’azienda: le 7:58. Dovevo essere a lavoro per le otto in punto e, nonostante avessi rischiato di arrivare in ritardo, spiattellarmi sull’asfalto o prendere una multa per eccesso di velocità, ero riuscito a varcare la porta in tempo.

Il sorriso malizioso di Nicole mi accolse, quando svoltai l’angolo e compresi immediatamente le sue intenzioni. Inizialmente, quella mattina, avevo pensato di impiegare il mio tempo a prepararmi per una riunione con dei rappresentanti messicani, invece mi ricredetti osservando il corpo della mia segretaria fasciato in un tailleur troppo stretto ed eccessivamente corto. Mandai all’aria l’incontro, percependo la sua pelle setosa, luminosa e splendente sotto i palmi delle mie mani. La mia bocca famelica si insediò sapiente sul suo collo, mentre gli occhi smaniavano per osservare il seno della ragazza difronte a me compresso in un completino di pizzo trasparente. Quasi strappai la sua gonna per scoprire se indossasse delle mutandine coordinate. Le sue labbra mi torturarono e arrossarono in vari punti e mi ammaliarono esperte quando oltrepassarono l’elastico dei miei boxer e lambirono la mia virilità. Persi il lume della ragione dentro di lei in uno degli sgabuzzini. Sapevo di star facendo tardi, pensando esclusivamente ai miei bisogni animaleschi, eppure in quel momento non ci badai.

 L’importante progetto con il Messico, del quale mi ero preoccupato tutta la settimana e che avevo pianificato nei minimi dettagli, si rivelò un buco nell’acqua. Gli imprenditori fuggirono adirati non trovando da nessuna parte né me né la mia assistente direzionale. Cercai di chiamarli ed organizzare un’ulteriore assemblea, tuttavia fu tutto inutile.

Mi maledissi per il mio carattere eccessivamente egoistico e mi diressi a passo spedito nel mio ufficio, urtando con la spalla un povero uomo che passava da quelle parti. Il malcapitato portava un bicchierino di caffè e aveva lo sguardo perso sul suo cellulare, quindi non si accorse neanche della mia presenza. Almeno non prima che la bevanda che teneva tra le dita gli macchiò il costoso completo che indossava. Mi inveì contro per poi scusarsi immediatamente, pietrificandosi non appena si accorse della mia identità. Lo lasciai in mezzo al corridoio a blaterare giustificazioni.

Quando, sbuffando, abbandonai tutto il peso del mio corpo sulla poltrona della mia scrivania, si materializzò d’improvviso il volto di Sabrina nella mia mente. Mi disgustai di me stesso per il modo in cui l’avevo trattata. Fui percorso da mille brividi di ribrezzo e puntai lo sguardo assente sul tavolo. Massaggiai le tempie con movimenti lenti e circolari per alleviare la tensione e schiarirmi le idee.

Quella cameriera aveva acquistato inconsapevolmente troppa importanza per me e non riuscivo a spiegarmi il motivo per cui mi ossessionasse tanto. Avvertivo una strana sensazione per nulla piacevole alla base dello stomaco, un groppo pesante in gola e una morsa opprimente al cuore. Ad ogni battito sentivo il mio malumore aumentare. Col senno di poi, saggiate tutte quelle orribili sensazioni, avrei evitato di agire di impulso se avessi potuto riavvolgere il nastro e tornare indietro. Ero confuso ed avevo solo una certezza: volevo assumere Sabrina, una collaboratrice che mi aiutasse veramente a svolgere le mie faccende, anche per diminuire lo stress. La situazione era notevolmente peggiorata dal nostro appuntamento: non facevo altro che pensare alle sue gambe perfette, al suono dolce della sua voce, ai suoi occhi e, per finire, mi isolavo completamente  dal mondo circostante immaginando quella magnifica bocca che avrei baciato, avrei morso fino allo sfinimento. Chiamai Andrew e Kevin, così ci organizzammo per andare al “Ryan’s New York” quel pomeriggio e, eventualmente, anche quella stessa sera.
 
Tra le battute idiote del mio migliore amico e le risposte altrettanto stupide di mio fratello entrammo nel locale e, intanto che i due cercavano con lo sguardo un posto dove sederci, io mi affidai ai miei cinque sensi per trovare Sabrina. La vidi china sulla superficie di un tavolo intenta a pulirlo e mi sorrise non appena posò le sue pupille su di me. Non potei distogliere l’attenzione dal suo corpo, avvolto in una mini-gonna nera con calze color carne, in una maglietta larga bianca che le arrivava giusto sotto il seno e lasciava scoperta una spalla, poiché una manica scendeva sul braccio. In prossimità del petto, c’era scritto “twerk it”. Il mio cervello realizzò dei pensieri veramente poco casti.

- Ciao, dolcezza.- la salutai dopo essermi avvicinato a lei, mentre le mie labbra si scontravano fugacemente con la sua guancia. Sicuramente indugiai troppo in quel contatto innaturale, tuttavia non riuscii a separarmi per una manciata di secondi e rimasi immobile. Inspirai a fondo il suo profumo, sapeva sempre di fragole e vaniglia, un abbinamento eccellente che le si addiceva perfettamente. Le fragole erano dolci e rosse, ciò nonostante se si beccava quella sbagliata lasciava un brutto sapore aspro e agre, proprio come lei: tenera alle volte e scontrosa alle altre, ma era anche l’unica che riusciva a farmi gioire senza un motivo preciso. Quando arrossiva, poi,  le sue gote assumevano la sfumatura tipica di questi frutti. Una volta avevo addirittura letto che la vaniglia aveva proprietà benefiche per la sfera sessuale.
 -Ciao, James. - rispose lei, abbandonando lo straccio lì vicino e poggiandosi con un fianco ad una sedia.
-Quando hai un attimo libero?- le chiesi, incrociando le braccia al petto.
-Hmm…porto un ordinazione e arrivo!- concluse, guardando il suo taccuino e scappando immediatamente prima ancora di terminare la frase.
-Ok, ti aspetto qui.- sussurrai ormai al vuoto.

Improvvisamente venni investito da scariche di agitazione e violenti spasmi di irrequietudine: le mani iniziarono a tremare e sudare oltremodo, il cuore incominciò a battere all’impazzata, il palato si prosciugò di ogni liquido e divenne secco e ario. Dovevo necessariamente calmarmi! Non era la prima volta che abbordavo una ragazza…

Dopo due minuti scarsi, Sabrina ritornò di fronte a me con un’espressione allegra e si fermò rasente al mio corpo, tanto che potevo avvertire il suono lieve del suo fiato caldo.
-Eccomi, allora cosa devi dirmi?-
-Hmm…volevo sapere se puoi prenderti una serata libera questa settimana…- domandai esitante, dondolandomi sui talloni  e forzando un sorriso che le fece increspare le sopracciglia.
-Penso di si….ma perché?- mi interrogò dubbiosa,  toccandomi leggermente una spalla. Mi rilassai impercettibilmente, incontrando i suoi profondo occhi da cerbiatta.
-Beh...pensavo che… insomma…che potevamo…uscire come ieri sera! Aspetta non è un…obbligo, se ti va!- balbettai, grattandomi la fronte e ondeggiando concitatamente. Lei trattenne le risate ed evitò di scoppiarmi a ridere in faccia. Normalmente mi sarei stizzito non poco, però la trovai eccessivamente carina con le labbra strette che, tuttavia, a volte lasciavano intravedere qualche dente.
-Oh, certo James, volentieri….- accettò , quietandosi ed annuendo con la nuca –Ora torno a lavoro. Ciao!- strepitò, regalandomi un dolce bacio sullo zigomo. Il contatto tra le nostre pelli mi destabilizzò e il suo respiro bollente si scontrò con la mia mascella. Troppo presto le sue dita ripercorsero a ritroso il loro viaggio e scivolarono via dalle mie braccia. Troppo presto il suo viso si allontanò dal mio. E troppo presto lei fuggì da me, lasciandomi impalato nel mezzo della sala.
 
 Mi diressi barcollando da Kevin ed Andrew e li trovai a sorseggiare due caffè avendo, già ordinato e non essendosi preoccupati di aspettarmi. Il primo fissò imbambolato Alexis, mentre l’altro pigiò velocemente i tasti del suo telefono. Probabilmente, stava parlando con il suo fidanzato, Gabriel. Tra quei due c’era aria di tempesta e litigavano ogni due per tre. Lui era molto geloso del fatto che Andrew avesse avuto anche relazioni con il gentil sesso.
-Ciao, ragazzi!- sospirai pesantemente, buttandomi sulla sedia libera e poggiando immediatamente i gomiti sulla superficie di legno scuro.
-James, come va?- mi accolse Drew, dandomi un leggero buffetto sulla clavicola. Notai che mio fratello non si scompose molto, anzi mi rivolse un cenno del capo appena accennato e si accigliò con le sopracciglia aggrottate guardandomi. Stranito voltai il capo e vidi Lexy proprio dietro di me. Spostai  lievemente il mio sgabello, lasciandogli libera la visuale e lo rimproverai. Lui scacciò la questione con un gesto noncurante e si puntellò sul tavolo, osservando la sua conquista.
-Bene, voi?- ammisi, girandomi verso il mio migliore amico. 
-Stiamo bene, ma racconta cosa vi siete detti tu e la cameriera sexy.- esclamò Andrew, abbandonando il suo amato cellulare nella tasca dei jeans.
-Le ho chiesto un altro appuntamento. Torniamo qui anche sta sera?-
-Ovvio!- urlò, forse eccessivamente entusiasta, Kevin indietreggiando per il contraccolpo, dato l’improvviso impeto.
-Kev, sta calmo. Abbiamo  capito che l’amica della nuova fiamma di James ti attizza!- affermò l’altro, spintonandolo scherzosamente su una spalla. Scoppiammo tutti e tre in una fragorosa risata. -Comunque io non posso sta sera: esco con Gabriel!-.
-Ok, allora veniamo noi due, Kev. Possiamo invitare anche Amber…- dissi sbrigativo, per poi venir distratto dalla televisione inchiodata al muro che stava trasmettendo una partita di football americano.
 
SABRINA’POV
Mi aveva chiesto un’altra uscita! Fantastico! Ero al settimo cielo: questo significava che avevo almeno una speranza, che un po’ gli interessavo. Esplose in me una gioia inaudita alla completa intuizione dei miei pensieri e mi ritrovai a esultare come un’ebete davanti allo specchio del camerino, preparandomi per lo spettacolo. Era ormai trascorso tutto il pomeriggio ed avevo vagato come una trottola da una cioccolata calda per un  bambino ad un caffè per una signora, dalla frittelle ad una birra, dalla sala alla cucina ed anche all’ufficio del capo; tutto pur di non ritrovarmi a rimuginare su quelle spalle possenti che la giacca elegante metteva in mostra ancor di più, su quei pantaloni che fasciavano le sue gambe muscolose e slanciate, sui muscoli di James che guizzavano ad ogni suo movimento e che ebbi la possibilità di ammirare con maggiore attenzione quando tolse il cappotto. Con lui mi sentivo libera, contenta; vedevo una speranza per buttarmi alle spalle definitivamente il mio passato con i suoi demoni e concentrarmi sulla mia nuova vita. Tutto questo non poteva essere un male e il battito accelerato del  mio cuore lo confermava.

 Alle nove precise, udii il boato provocato dal tacco delle mie scarpe scontrarsi con il parquet del palco e la folla applaudire, avanzando sicura al centro di esso. Mi bastò spostare l’attenzione sul mio abbigliamento per essere invasa da una sensazione di ripugnanza verso me stessa. I due terzi dei clienti che sembravano elettrizzati alla mia vista erano uomini, alcuni accompagnati persino da donne, che fossero mogli oppure semplici avventure di una notte, e nonostante questo guardavano me come un succulento boccone in cui affondare i polpastrelli il prima possibile. Le mie cosce nude, proprio come la mia schiena e parte dell’addome, mi invogliarono a scappare il più lontano possibile, tuttavia compresi che sarebbe stato tutto inutile, perché volevo fuggire da me stessa. Era solo colpa mia se mi trovavo in quella situazione rivoltante. Avvertii le note iniziali della canzone “Counting Stars” dei One Republic e svuotai la mente.
 
Repentinamente venni schiaffeggiata da una scena che, contro tutte le mie aspettative, mi fece male. I fratelli Harrison si accomodarono in prima fila e vennero subito raggiunti da Alexis. James aveva un braccio mollemente appoggiato sulle spalle di una ragazza e i due ridevano felici. Lei  aveva con una chioma di cappelli castani ondulati  e liberi sulla schiena, che pizzicavano il collo del suo accompagnatore. Anche se eravamo abbastanza distanti, non potei non scorgere le sue gemme azzurre rubate al cielo che non stonavo assolutamente con tanta bellezza. Era una vecchia fiamma di James? O peggio: una sua eventuale fidanzata? Se era veramente così, come avrei potuto competere con una donna tanto…perfetta? Mi innervosì e cantai con rabbia e rancore. Non potevo vantare dei diritti su di lui e il mio malumore era originato proprio da questa macabra constatazione.
 
Nella pausa, raggiunsi velocemente Lexy, spintonando per la fretta qualcuno e non curandomi neppure di chiedere scusa.
-Tesoro, dammi un mojito, per favore!- ordinai, quanto più dolcemente potevo in quel momento.
-Un secondo, Brina.- rispose lei triste e mogia.  
-Lexy, cos’hai?- proruppi, dimenticandomi il mio malumore e avvicinandomi a lei.
-Faccio schifo!- dichiarò con le lacrime agli occhi. Notai un broncio serio stagliarsi sul suo viso, proprio un attimo prima che affondò il naso sulla mia spalla. Boccheggiai  per alcuni secondi colta totalmente alla sprovvista e la strinsi leggermente per rassicurarla.
-Cosa? Ma che dici?- le domandai, cullandola delicatamente e cercando di comprendere il movente di tutta quella malinconia brusca e illogica.
-Guarda Kevin e James, sono abituati a ragazze bellissime come te o Amber. Io faccio schifo!-.
-Alexis, chi è Amber?- sbottai smarrita. Avevo già sentito quel nome da qualcuno, ma non ricordavo da quale voce fosse stato pronunciato.
- La sorella di James e Kevin! La tipa seduta al tavolo con loro adesso!- piagnucolò innervosita  a causa della mia lentezza mentale. Mi ritornarono in mente le parole dell’imprenditore e mi sembro di avvertire il  suo odore forte avvolgermi e la sua bocca a pochi centimetri dal mio orecchio, sussurrare la nostra conversazione passata. Mi spaventai per la credibilità di quel momento assurdo e, anche se riconoscevo l’impossibilità della mia idea, voltai un poco la nuca a destra e sinistra per controllare di non averlo davvero a pochi passi da me. La voglia di prendere la rincorsa e schiantarmi contro il primo muro che avrei trovato era tanta, data la sensazione di stoltezza che provai quando capii che, ovviamente, quello era uno strano scherzo del mio cervello.  Volli sprofondare, realizzando che l’irritazione, l’istinto omicida e l’orribile nodo allo stomaco che avevo provato fossero tutti sintomi della peggior malattia sulla terra: la gelosia!  
-Ah si, è vero…me l’aveva accennato!- esclamai stridulamente, scuotendo la testa.– Comunque, Lexy, perché dici di essere brutta? Non è assolutamente vero. Non farti queste seghe mentali.- confessai, concentrandomi sulla ragazza stretta a me, che mi stava stritolando con i suoi esili bicipiti.
- Kevin si stancherà presto di me e troverà una compagna migliore, non che ci voglia poi molto!- continuò imperterrita, roteando gli occhi al cielo o, nelle nostre condizioni, meglio dire al soffitto.
-Alexis Richmond, vedi di non farmi arrabbiare! Kevin non si stancherà di te così facilmente come pensi! – conclusi e la incitai a riprendere a lavorare.

Era insolito per Alexis che, non si poneva mai tali problemi, venir sopraffatta da un simile attacco di panico.  Afferrai carta e penna e scrissi un messaggio per Kevin, che gli feci arrivare tramite Allyson:
“Ho appena parlato con Alexis. Per qualche strana ragione, crede che molto presto ti stancherai di lei.  Per favore, cerca di far capire a Lexy quanto è bella e speciale e spero che non le sbavi dietro solo per portartela  a letto, perché se la farai soffrire ti taglierò le palle. Sabrina.”  
 
JAMES’POV
-È lei la ragazza?- mi chiese Amber una volta rimasti soli, visto che nostro fratello era corso da Alexis, dicendo che era una questione importante. Mia sorella indicò con un cenno del capo Sabrina e la vidi sorridere angelicamente. Mi preoccupai  e avvertii i peli del mio corpo aizzarsi verso l’alto: quando lei tentava di risultare serafica, c’erano solo guai in vista.
-Eh? Chi ragazza?-
-La ragazza per cui hai una cotta! Me l’ha detto Kevin…- dichiarò indifferente. Tirai alcuni capelli tra le dita e immaginai centinai di torture a cui sottoporre quel coglione di Kevin.
-Amber non ho una cotta per nessuno, solo una leggera infatuazione, comunque non è lei!- annunciai sbrigativo, alzandomi e sollecitando l’arrivo delle nostre portate.
 
Erano, ormai, le due di notte e Amber mi spinse letteralmente alla cassa per pagare. Io sarei potuto rimanere anche fino all’alba, però lei era molto stanca e dovetti assecondarla.
-Così sei tu la ragazza per la quale mio fratello ha una cotta, eh?!- trillò la sua voce squillante e fastidiosa, incontrando di sfuggita Sabrina, che fu colpita da un violento rossore. Lei si sorresse al bancone e le rivolse un occhiolino ammiccante. Io mi strozzai quasi con la mia stessa saliva e tossii, piegandomi su me stesso.
-Amber sta zitta! Aspettami in macchina!- digrignai fra i denti e la spinsi verso l’uscita. Posi fine a quel quadretto familiare, nel quale stavo perdendo la mia dignità.  Lei riuscii a liberarsi dalla mia ferrea presa e tornò indietro, saltellando dinanzi a Sabrina e porgendole una mano:
-Comunque mio fratello ha veramente buon gusto. Piacere, io sono Amber, tu?- 
-Ehm…Mi chiamo Sabrina!- affermò timidamente, pietrificandosi appena l’altra ignorò le sue dita e la abbracciò contenta come una Pasqua.
-Okay,  Amber taci e fila in macchina.- intimai stizzito e perentorio, staccando quella piovra dalla povera cameriera. Lei mi pestò un piede e si allontanò, mormorando quanto fossi scorbutico.
-Scusa, ha una fervida immaginazione e mi rende la vita impossibile.- svelai a Sabrina, costringendo i muscoli della mia faccia a disegnare un’espressione serena.
-Tranquillo…-.

NOTE DELL’AUTRICE:
Come vi avevo detto sono riuscita ad aggiornare veramente presto, tuttavia non sono per niente sicura di questo capitolo! Qui spero davvero di aver descritto al meglio il carattere e i comportamenti di James e i suoi gesti fanno ribollire di rabbia persino me! Finalmente, però, conosciamo anche Amber e con il suo personaggio abbiamo conosciuto tutti i protagonisti. Lei è interpretata da Miranda Kerr! Il carattere di Amber emergerà con l’avanzare della storia, ma sarà davvero una ragazza speciale. D’altronde già il siparietto creato da lei a fine capitolo ne è una prova. Non vedo l’ora di riuscire a postare il capitolo successivo perché ci sarà un gran bel colpo di scena che porterà… guai. Non voglio anticiparvi nulla, ma è uno dei capitoli fondamentali nell’intera storia. Non so quando riuscirò ad aggiornare e non credo neppure troppo presto, tuttavia che razza di scrittrice sarei se non vi lasciassi un po’ sulle spine? Alla prossima spero, ciao SS. 
   
 
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