2. Le serate al manicomio sono sempre sovraffollate
All’interno
uno di Corso Tre Novembre numero trentatré, piano interrato,
seconda porta a sinistra, era tutto molto silenzioso. Non che fosse
strano per quel piccolo appartamento. Infatti, preciso come un orologio
svizzero, o, meglio, come Jack Davies alla consegna di un compito,
Nicola Ferrari, dottorando all’Università di
Matematica di Trento, era concentratissimo nel guardare
l’ultimo episodio di
Agent of Shield,
uscito la sera prima negli Stati Uniti. Aveva aspettato quella puntata
per ben due settimane, in quanto, per ragioni a lui sconosciute, la
settimana prima la serie aveva fatto una pausa, quindi niente e nessuno
doveva distrarlo da essa! Ma proprio niente; per nessuna ragione si
doveva distrar-
TOC
TOC TOC TOC
Il
ragazzo fece un balzo sulla sedia e si perse la scena
fondamentale su cui verteva tutta la puntata.
“Abbiamo
preso il film, manchi quasi solo tu!” Sentendo la voce di
Mike provenire dal corridoio del piano si alzò di scatto,
tutto preso da una furia omicida. Interruppe il telefilm: lo avrebbe
riguardato tutto quella notte, una volta andato a letto. In due passi
raggiunse la porta e la spalancò di scatto.
“QUANTE
VOLTE TI HO DETTO DI NON BUSSARE QUATTRO VOLTE!”,
esordì. Mike riuscì a contenersi a stento dal
ridacchiare: ancora non aveva capito cosa avesse contro il numero
quattro, ma il fatto che lo innervosisse così tanto era per
lui troppo divertente.
“... Sei fortunato che oggi non ne ho voglia, ma la prossima
volta giuro che ti concio per le feste! Tanto che quando
avrò finito non ricorderai neanche il tuo nome. Ti rendi
conto che mi hai interrotto nel punto più bello? A volte mi
chiedo se non hai installato da qualche parte una telecamera nascosta
per spiarmi e scegliere il momento meno opportuno per
disturbarmi…” Man mano che lo sproloquio
continuava, la vena omicida svaniva, tanto che nel momento in cui li
raggiunse Jack, che si era fermato ad avvertire Rosa, che abitava al
piano terra, i toni erano così calmi che non c'era bisogno
che intervenisse. Non che ci fosse mai la necessità di
farlo: Nick era così magro che anche colpendo più
forte che poteva non avrebbe mosso Mike di un millimetro. Il ragazzo di
colore, infatti, era robusto e molto atletico, complici i mille
allenamenti di basket a cui prendeva parte fin da quando era piccolo.
“Allora
ti va di venire a fare cena più film?” chiese Jack
una volta che il ragazzo più grande ebbe finito.
“Basta che lui”, indicò con la testa
Mike. “Mi stia lontano”. Il ragazzo lo
guardò sorridendo innocentemente, come per dire:
ma se non faccio mai niente di male?
“Sarò un agnellino, parola di scout”,
rispose alzando il dito indice e medio nel segno della pace.
“Dai
andiamo, scout”, lo rimbeccò Jack incominciando a
salire le scale lì vicine.
Al
piano di sopra Megan e Margaret avevano appena incominciato a cucinare
quando la porta dell’appartamento si spalancò
facendo entrare Rosa, la ragazza spagnola in Erasmus che abitava al
piano seminterrato. Come a suo solito la giovane teneva tra le mani
Mima, il suo amato ukulele. La strimpellata velocissima tipica delle
musiche spagnole fece capire anche alle due cuoche
l’identità della nuova venuta.
“Ciao
ragazze! Como
estais?”.
Come al solito la sua entrata piena di vita non poté non
strappare un sorriso alle due ragazze.
“Molto
bene Rosa”, rispose Megan, mentre Margaret riprendeva il suo
ruolo di sbucciatrice di patate. “Vuoi aiutarci a
cucinare?”. La faccia che fece la ragazza in riposta
portò Megan, che ben prima di porre la domanda di rito era a
conoscenza del profondo odio che lei nutriva verso la sacra arte della
cucina, a scoppiare a ridere.
“Piuttosto preparo la
mesa”,
disse la Spagnola avviandosi verso i cassetti che ormai conosceva a
memoria. Proprio per questo suo odio la ragazza accettava ben
volentieri tutti gli inviti a cena dell’appartamento otto, e,
odiando non poter dare una mano ai fornelli, aiutava sempre ad
apparecchiare e sparecchiare, cosa che salvava sempre Mike, che di
solito era l’addetto al compito.
“Enrico
arriva stasera?”. Margaret lanciò
un’occhiata alla coinquilina: la divertiva il fatto che la
Spagnola fosse l’unica a chiamarlo con il suo nome, tranne
ovviamente sua madre. In più appena avrebbero detto al
ragazzo che Rosa aveva chiesto di lui, l’aspirante medico
avrebbe acquistato quel colore rosso scuro che alle due amiche piaceva
troppo.
“Sì,
anzi dovrebbe essere qui tra poco: il treno deve essere arrivato in
stazione da un po’ ormai”. Enrico, detto Henry,
Lagrande era probabilmente l’unico pazzo che avesse deciso di
prendere un appartamento a Trento pur frequentando
l’Università di medicina a Verona, per cui, tutte
le volte che aveva lezione, prendeva il treno o la sua inseparabile
Panda azzurra e scendeva, per poi tornare la sera. Aveva dato molte
motivazioni, sia ai suoi amici che ai suoi genitori, in merito a questa
scelta, ma nessuna aveva convinto del tutto nessuno: dopo tre anni,
però, sia gli uni che gli altri avevano rinunciato a
chiedere, facendosi ognuno la propria idea su quella scelta bizzarra.
Margaret non fece quasi tempo a finire la frase che la porta si
aprì di nuovo, lasciando entrare questa volta tutti e
quattro i ragazzi, che si erano incrociati subito prima della porta,
chi salendo dalle scale e chi, troppo pigro per farle, con
l’ascensore.
“È
mai possibile che non prendi mai le scale? Sei pigro da far paura Mr.
Medicus!”. Le ragazze sorrisero immaginando la scena senza
aver bisogno di vederla.
“Non
è vero! A volte le faccio!”, protestò
il biondo sistemandosi una ciocca che gli era arrivata davanti agli
occhi.
“Persino
Nick è meno pigro di te”, continuò
imperterrito l’altro come se non avesse sentito le parole
dell’amico.
“Rango,
zitto che tu ti lamenti per quel mezzo piano di scale a Povo che
dobbiamo fare di corsa perché
tu
non riesci ad essere puntuale la mattina”, si intromise Jack
ben sapendo che l’unico modo per interrompere il fiume di
prese in giro dell’amico era dargli pan per focaccia. Infatti
con un’ultima sghignazzata Mike la smise.
“Ciao ragazze, che preparate di buono?”. Nick
intanto aveva preceduto i tre litiganti in cucina e stava ispezionando
le padelle da cui usciva un ottimo profumino. Se non avesse sempre
avuto da recuperare qualche serie TV o da leggere qualche fumetto
probabilmente gli sarebbe anche piaciuto cucinare, invece che mangiare
sempre quei piatti pronti da riscaldare al microonde o una pasta con un
sugo già pronto.
“Megan mi ha insegnato a fare gli spätzle e come
contorno preparo un po’ di patate... Non è
tantissimo, ma per il film abbiamo comprato talmente tanti pop-corn che
ci basteranno per i prossimi dieci anni”, rispose Margaret
ridendo mentre continuava a fare il suo lavoro, cioè far
andare avanti e indietro lo strano strumento per fare gli
spätzle… Si trattava di una specie di grattugia,
che per quanto ne sapeva non aveva un nome.
“Ciao
Enrico”, salutò intanto Rosa vedendo Henry, il
quale arrossì subito.
“C-Ciao
Rosy, come va?”. Megan e Margaret non si perdevano una
parola, come fosse una delle loro
ship
dei telefilm. Purtroppo Jack e Mike non erano così
interessanti su quel fronte… Mike ogni tanto si trovava una
ragazza ma non durava mai molto, e soprattutto non riceveva mai
l’ok delle due coinquiline. Jack invece era il più
noioso: era carino come ragazzo, ma non sembrava interessato a trovarsi
una morosa; anzi quando loro provavano a chiedergli qualcosa in
proposto aveva la sfrontatezza di ribaltare la domanda!
Con suo disappunto Margaret scoprì che nel perdersi nei suoi
pensieri si era persa il piccolissimo scambio di battute di
quelli che lei definiva i “piccioncini” e, cosa
più importante, un’esclamazione di Jack, entrato
in quel momento, la portò a rendersi conto che se non avesse
raccolto i vari spätzle che incominciavano a riemergere
sarebbero rimasti con solo un po’ di patate e dei pop-corn
per cena.
Salvata quest’ultima pian piano arrivarono tutti per mettersi
a tavola. Sapevano di essere un appartamento un po’
particolare: non era da tutti cenare sempre tutti insieme e addirittura
invitare i propri vicini di casa, ma l’amicizia che si era
creata andava al di là di tutte le loro differenze e
così sembrava loro naturale farlo.
Mike
ripensò per un attimo all'anno prima, quando conviveva
solamente con Jack ed Enrico: cenavano assieme, ma preparavano
raramente qualcosa da mangiare tutti insieme. Senza contare che
vivevano a Povo, in un edificio abitato per lo più da
anziani e famiglie e, di conseguenza, non potevano festeggiare ed
invitavano raramente degli amici. Era stata una fortuna incontrare
Margaret, che era stanca delle sue coinquiline, e conoscere Megan, che
aveva trovato difficoltoso essere pendolare, nonostante vivesse in una
valle poco distante da Trento, a causa della sua sedia a rotelle. Si
erano trasferiti in uno stabile davvero fantastico e si erano resi
conto che senza la presenza delle donne negli anni precedenti era
mancato qualcosa alla convivenza.
Quella
sera Mike, come suo solito, fu il primo a finire, e così ne
approfittò per sistemare la stanza delle ragazze per il
film. Quella era la più grande dell’appartamento,
per cui si erano accordati per utilizzarla come cinema. Henry aveva
trovato a casa sua un proiettore che i suoi non usavano più
da anni, era vecchiotto ma serviva allo scopo: non avevano la TV, ma
quando volevano vedersi un film tutti insieme lo facevano in grande
stile.
Poco
dopo arrivò ad aiutarlo Nick, che non si fidava mai di quel
che faceva l’amico quando doveva armeggiare con
ciò che era nel suo campo di conoscenza.
Intanto nell’altra stanza le chiacchiere continuavano:
“Come
vi è sembrato ricominciare le lezioni?”, stava
chiedendo Margaret mangiandosi l’ultimo pezzetto di mela di
Jack, che in tutta riposta la guardò male.
“Mi
sono reso conto di aver già visto il professore di fisica
subnucleare, ma non riesco bene a capire dove”, disse alzando
le spalle. “E Mike mi ha fatto fare la brutta figura di
entrare in ritardo proprio con lui”, aggiunse facendo
sorridere gli altri alla vista della sua faccia rassegnata.
“Io e Margaret alla fine iniziamo domani”. Megan
incominciò a sbloccare le ruote della sua sedia avendo visto
Mike in corridoio: probabilmente avevano ultimato i preparativi.
“L’unico prof. che dovevamo avere oggi
non c’era per qualche ragione”.
“Così
ci siamo date allo shopping sfrenato”, intervenne Margaret.
“O almeno volevamo, ma essendo povere universitarie ci siamo
limitate a sbavare davanti alle vetrine”. Le ragazze risero
mentre Jack e Henry si guardavano perplessi. Fu Mike a salvarli:
infatti, come aveva pensato Megan, tutto era pronto per iniziare; alla
fine della serata anche Margaret sarebbe diventata cosciente di essere
una babbana.