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Autore: QWERTYUIOP00    26/04/2016    2 recensioni
Dopo la caduta di Bravil, Titus Mede è finalmente pronto per iniziare la rivolta che lo porterà sul trono imperiale, ma la sua ascesa sarà duramente ostacolata dal monarca al potere Thules, immerso nei giochi di potere della Città Imperiale.
Terza storia della serie "Downfall"
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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I rami degli alberi si muovevano dolcemente sopra di lui, cullati dal vento proveniente da nord, da Skyrim.
S’Virr rabbrividì stringendosi nella sua tunica.
Odiava il freddo, in tutte le sue forme; gli ricordava di quando viveva a Morrowind.
In più, lui era un Khajiit; il suo corpo era fatto per vivere in calde distese di sabbia, o in rigogliose foreste pluviali.
Imprecò.
“Io non sono più un Khajiit” pensò mentre con la mano si andava a tastare la superficie dove un tempo era attaccata la sua coda.
La sua faccia si contrasse in una smorfia nel ripensare agli eventi di Leyawiin.
Al conte Marius Caro, ad Albert Nelles, alla contessa Alessia, al giovane Lucien, il cui cadavere galleggiante doveva ormai avere raggiunto la Baia di Topal.
E a Tsavi, ovviamente.
Scagliò il bastone che usava per camminare meglio per via della sua gamba ferita contro il tronco di una robusta quercia, per poi rimanere fermo, fissando la verga, ansimando per la fatica.
S’Virr cadde in ginocchio, rannicchiandosi sull’umida terra.
“Io l’ho uccisa” si disse “l’ho uccisa. Adesso dormirà per l’eternità… non potrà vedere suo figlio crescere, non vedrà più sua madre, le sue ricchezze verranno consegnate a qualcun altro, e lei sarà soltanto ricordata per l’infamia che ha macchiato quei maledetti saloni del castello di Leyawiin. Adesso è un corpo senza vita, sepolto sotto terra…”
Rialzò la testa, fissando il tronco di quercia davanti a sé che sembrava fissarlo curioso.
“Almeno lei ha una sepoltura” disse una voce acuta nella sua testa “Il suo cadavere non vaga nel mare al largo della coste di Elsweyr, o Black Marsh, o addirittura in rotta per Aldmeris”
Imprecò di nuovo mentre, alzandosi, pensava che avrebbe dovuto buttare anche il cadavere della contessa nel fiume.
“Insieme a quello dl suo caro figlio” si disse.
Un ghigno sinistro comparve sulla sua faccia a causa del gioco di parole.
A passi lenti, si avvicinò all’albero prima colpito, per raccogliere il bastone, poi si rimise in marcia.
Da quel che aveva sentito, la contessa Arriana Valga aveva lasciato Forte Variela qualche giorno prima per congiungersi col resto dell’esercito di Titus Mede che, a quanto pare, era anch’egli in rivolta.
Sembrava, però, che la guerra non fosse cominciata bene; la stessa notte della morte della morte della contessa Caro il conte di Kvatch aveva attaccato la Legione Imperiale, permettendo inconsapevolmente una facile fuga a S’Virr, ma si era dovuto ritirare dopo poche ore di battaglia.
Un pellegrino gli aveva detto che in quel momento Mede stava vagando per la Colovia, ma il giorno dopo il Khajiit aveva scoperto che gli eserciti di Hammerfell e High Rock si erano uniti alla causa del nobile coloviano.
Altre voci riferivano di un’entrata in guerra di Re Geimund di Skyrim contro Mede, ma non erano del tutto certe.
Ciò che era certo era che la contessa Valga era al nord.
E che S’Virr stava arrivando.
“Presto la prenderò” pensò “presto potrò farle fare la stessa fine di quella sua figlia degenere; presto pagherà per la lettera che ha scritto; pagherà per la morte di Tsavi. Tutti i colpevoli pagheranno”
“E poi?” disse quella voce acuta.
Il Khajiit agitò davanti a sé la mano destra, come per scacciare un insetto fastidioso.
“Adesso devo pensare alla contessa di Chorrol” si disse per rassicurarsi.
Chiuse gli occhi, nella speranza che quel volto sorridente di Tsavi ricomparisse, rimanendo, però, deluso.
Imprecò un’altra volta.
 
 
 
Dopo un’ora di marcia raggiunse una locanda, una piccola costruzione in legno col basamento di pietra e il tetto di paglia delimitato da un muricciolo in pietra al cui esterno si trovavano le stalle, vuote.
Il Khajiit, guardando il cielo che si stava annuvolando, e controllando che gli rimanessero in tasca ancora dei septim, decise di entrare.
Lo spoglio interno era composto da alcuni tavoli rotondi sul lato dell’ingresso, mentre in fondo alla locanda vi era uno spesso bancone ad u dietro il quale una Khajiit sorridente puliva alcuni boccali.
Oltre a lei, vi erano tre clienti seduti ad uno dei tavolini all’ingresso che stavano bevendo dell’idromele.
-Salute straniero- disse la locandiera con una voce gracchiante –posso aiutarti in quale modo? Desideri un pasto, o magari un letto? Devi solo dirmelo-
“Non devono passare molti clienti in questi tempi di guerra” pensò S’Virr, dirigendosi al tavolino più lontano da quello degli altri clienti.
-Una bottiglia di idromele per me, grazie- rispose sedendosi.
Capendo che il nuovo arrivato non era uno che voleva fare conversazione, la Khajiit gli portò ciò che aveva chiesto, prese i suoi septim, e tornò al proprio posto a pulire i boccali.
S’Virr bevve dalla bottiglia, per poi aggrottare la fronte pelosa in un’espressione disgustata.
“C’è più acqua che idromele qua dentro” pensò, continuando però a bere.
Dopo una decina di minuti un nuovo avventore arrivò alla locanda.
Un piccolo ma robusto uomo, avvolto in una leggera tunica marrone.  Era calvo, con una rada e ispida barba bianca che gli copriva il mento e le guance; il lato destro della faccia era solcato da una profonda cicatrice che deturpava il duro viso.
Nonostante l’avanzata età che dimostrava, l’uomo percorse senza fatica la distanza che intercorreva tra l’uscio e il bancone, per poi chiedere con voce roca alla locandiera: -Avete del vino per un primate che si allontana dalla guerra?-
La Khajiit, dopo qualche attimo di esitazione durante il quale scrutò con occhio vigile il cliente come per avere la conferma che fosse veramente un sacerdote, tirò fuori una piccola bottiglia contenente un liquido scuro.
-Temo si debba accontentare- disse in tono freddo.
-Andrà più che bene- rispose l’altro prendendo la bottiglia e voltandosi verso i tavoli.
-Da dove vieni, sacerdote?- fece uno dei  clienti, un Redguard che doveva avere una cinquantina d’anni.
-Bravil- rispose secco l’interpellato.
-Ne devi avere passate tante!- esclamò il Redguard –Ho sentito che la cappella di Mara sia crollata durante l’attacco della Legione-
Le pupille del primate si strinsero; a giudicare dalla sua faccia pareva che il solo rivisitare quei momenti fosse doloroso come una pugnalata nel petto.
-Infatti- si limitò a dire dirigendosi verso i tavoli.
-Non se la devono passare bene giù a Bravil…- continuò il Reguard –ma che possiamo farci, se non brindare alla loro salute?- chiese alzando il boccale –A ciò che resta di Bravil! E all’inverno, che oggi è cominciato! Che ci porti meno morti del solito; a quello ci ha già pensato la guerra…-
Il compagno di bevute del Redguard gli sussurrò di smetterla, aggiungendo che era ubriaco.
Il sacerdote guardò torvo il cliente brillo per poi andarsi a sedere nel tavolo di fianco a S’Virr, che fino a quel momento era rimasto ad osservare in disparte la scena.
-Disturbo se mi siedo qui?- chiese il vecchio, indicando la sedia sulla quale si era già accomodato.
Il Khajiit scosse la testa, aggiungendo: -Tanto sto per andarmene-
-Abbiamo fretta, qui?- commentò l’altro –E dove deve andare, un tipo come te?-
-Non sono affari che ti riguardano, sacerdote- ribatté S’Virr –vado al nord, ti basti-
Gli occhi duri del primate lo squadrarono per qualche istante, poi la sua secca bocca si aprì e disse: -Curioso-
-Cosa?- domandò il Khajiit aggrottando la fronte.
“Sarà meglio che mi tolga questo prete di torno” pensò “prima che mi porti guai“
-Il fatto che non ci siano molti Khajiit senza coda che vadano di fretta al nord- sussurrò il sacerdote –ho sentito parlare di uno che sta scappando per non essere preso dalle guardie di Leyawiin…-
Le sopracciglia di S’virr si alzarono; il suo cuore cominciò a battere freneticamente.
Velocemente, i suoi occhi scrutarono tutta la stanza e i presenti, mentre il suo cervello valutava quanto sarebbe stato difficile scappare dopo aver ucciso il primate.
-Non ti preoccupare- lo rassicurò quello, serio –non è mia intenzione riportarlo alle autorità o a qualsiasi altra persona. L’unico motivo per cui ti ho avvicinato è perché volevo sapere il motivo di un tale gesto. Non mi sembri un sicario, né un assassino della Confraternita Oscura. Non credo tu abbia agito per un contratto. Ma quindi… perché? Se tu vuoi spegnere una vita donata dagli dei, dovresti almeno dichiarare loro il motivo-
-Gli dei non centrano nulla con questa storia- sibilò S’Virr –e non c’entreranno mai. Loro stessi non vogliono essere immischiati-
Il sacerdote sospirò, poi rispose pacatamente: -Gli dei vegliano sempre su di noi. Sempre-
-Ah sì?- domandò furioso il Khajiit, protendendosi in avanti –E dov’erano allora gli dei quando le navi nella Baia di Niben venivano affondate? Quando Caro e Terentius avevano deciso di ribellarsi? Dov’erano quando noi cittadini di Leyawiin venivamo massacrati a casa nostra durante il tradimento della contessa? Quando Tsavi…-
Si fermò improvvisamente, poi vuotò tutto d’un fiato il suo idromele, si alzò ed uscì dalla locanda, portando con sé il bastone.
Una volta fuori, chiuse gli occhi, assaporando la gelida aria notturna.
Scosse la testa.
“No. Gli dei non c’entrano; io sono solo” si disse “ed ora devo andare ad uccidere Arriana Valga”
Fece qualche passo verso la strada, per poi fermarsi al sentire la familiare voce.
“E poi?”
La porta dietro di lui si aprì, S’virr sentì dei leggeri passi sul selciato davanti all’uscio venire verso di lui.
-Tsavi…- disse la voce del primate –è anche lei una Khajiit?-
L’altro annuì silenzioso, senza voltarsi.
-E tu… l’amavi?- continuò il sacerdote, avvicinandosi.
S’Virr non si mosse.
Due freddi rigagnoli scorrevano sulle sue pelose guance.
-E per te la vendetta ha cambiato qualche cosa, in questa vicenda?- domandò incalzante il primate.
-Adesso non la vedo più…- sussurrò il Khajiit; ma per il prete dalla sua bocca fuoriuscì soltanto vapore, che poco dopo si disperse nella fredda notte.
-Che cosa hai intenzione di fare, adesso?- chiese il sacerdote.
S’Virr si voltò e scrutò la dura faccia del suo interlocutore, che sembrava trasparire un senso di pena in quel momento.
“Non lo dirà a nessuno” pensò “e comunque, ormai, è troppo tardi”
-Devo uccidere la contessa Valga- rispose con voce spenta.
Le lacrime, raggiunto il suo mento, cominciarono a cadere sul terreno del selciato.
I muscoli facciali del sacerdote non si mossero di un millimetro.
-E poi?- chiese.
Eccola.
La domanda che aveva cominciato ad infiltrarsi nella mente del Khajiit, che cominciava a minare la sua forza di volontà.
Il primate attendeva fermo, sicuro, una risposta.
S’Virr guardò il nero cielo sopra di sé, per non dover sopportare lo sguardo incessante del prete.
La miriade di stelle, sparsa per tutta la volta celeste, osservava imperscrutabile, lontana, ma sempre presente, la scena.
“E poi la raggiungerò” si disse.
-Sono un sacerdote da molto, molto tempo- disse l’altro –e prima ho partecipato a tante guerre. So riconoscere quando qualcuno si è perso… e ha bisogno di qualcuno che lo riconduca alla luce… io mi chiamo Tersitus, e non ce la faccio a sentire storie del genere e rimanere in disparte, a lasciare che gli eventi facciano il loro corso; semplicemente non è nella mia natura. Permettimi di aiutarti, ti prego-
Il Khajiit abbassò lo sguardo e lo fissò per qualche secondo.
-E come avresti intenzione di “riportarmi alla luce”?- domandò, sperando sinceramente che il primate avesse una risposta.
-Per prima cosa- rispose il prete –devi abbandonare questo tuo folle progetto. Lo so io, lo sai tu. Questa è una pazzia, e non permetterò che altre vite vengano sprecate per questa storia-
-Ha dato lei l’ordine alla figlia- ribatté rabbioso S’Virr.
-E qualcuno lo avrà dato a lei- rispose Tersitus –hai intenzione di massacrare tutta Cyrodiil finché non rimarrai solo tu, accompagnato dai tuoi rimpianti e i tuoi sensi di colpa?-
Il Khajiit si asciugò le lacrime.
-Io devo andare a nord- dichiarò, per poi mettersi in cammino.
Il sacerdote lo seguì.
-La strada per Chorrol è ancora lunga- disse-e c’è ancora del tempo perché tu possa recuperare la ragione… e la tua vita. E io sarò affianco a te in questo viaggio-
S’Virr voleva dire di no, scacciarlo, minacciarlo se necessario; ma non ce la fece.
L’unica cosa che riuscì a fare fu di annuire e continuare a camminare.
 
 
 
Raggiunsero sul far del giorno il Lago Rumare.
Il sentiero seguiva parallelo le frastagliate sponde del lago, interrotto a volte da piccoli rigagnoli che si insinuavano nell’entroterra, i quali venivano superati tramite robusti ponticelli in pietra.
-Pare ci sia stata una battaglia la settimana scorsa nella capitale- disse S’Virr.
-Diverse battaglie, da quel che ho sentito- ribatté Tersitus –e adesso sembra che Re Geimund scenderà in guerra dalla parte del Potentato per sconfiggere una volta per tutte Mede-
-Ce la faranno, secondo te?- chiese il Khajiit.
Il primate aggrottò la fronte.
-Non lo so- rispose –per me l’unica cosa importante è che la guerra finisca al più presto. E chiamare in campo un altro esercito come quello dei Nord non credo sarà tanto utile in tal senso-
-Chi credi che debba vincere?- domandò curioso il S’Virr, fermandosi per la stanchezza.
Il sacerdote lo fissò, dicendo: -Non interessarti ai giochi dei nobili e dei signori della guerra. Quello non è il tuo spazio, né il mio; è soltanto uno spettacolino col quale i potenti giocano con le vite dei deboli. Preoccupati piuttosto di te, e degli altri come te; preoccupati dei deboli, pensa a loro. Tu non sei perduto come credi di essere: ogni uomo ha il diritto di cambiare, di avere una possibilità di perdono-
Il Khajiit scosse la testa, rispondendo: -Le persone non dimenticano; nulla è perdonato-
-Sei tu stesso il primo a non volerti perdonare- ribatté Tersitus –Hai subito delle cose orribili; hai compiuto atti orribili, ma non è tutto perduto. Ma, ovviamente, devi essere  tu a voler cambiare-
-Io lo vorrei. Tanto- disse S’Virr, chinando poi la testa in silenzio.
“Ma come potrei perdonarmi per aver lasciato che Tsavi venisse uccisa?” pensò “Come potrei perdonarmi per non averla vendicata?”
-Non credo- ribatté il primate scuotendo la testa –ritieni che la contessa non stia già soffrendo? Anziana, vedova, ha appena perso l’unica figlia e il nipote-
-Non… abbastanza- rispose il Khajiit dopo qualche attimo di esitazione.
-E tu cosa ne sai del dolore che prova?- domandò il sacerdote, intento a sfruttare al massimo la breccia che cominciava ad aprirsi nella ferrea volontà dell’altro –Ti ritieni un giudice, che possa stabilire le pene per coloro che sbagliano? Pensi di essere l’unico a soffrire? L’unica vittima di ciò che è successo a Leyawiin? Beh, non lo sei. Hai sofferto, ma perché continuare a soffrire in questo modo, quando la cura è a portata di mano?-
-Ma la è veramente a portata di mano?- chiese S’Virr, fissando il suo interlocutore.
-Ti basterà solo allungare il braccio- rispose Tersitus.
S’Virr rimase in silenzio, confuso.
Il primate rimaneva lì, a fissarlo.
“Che ci sia veramente una possibilità? È davvero possibile che tutto questo possa passare?” pensò.
E, in un attimo, un breve impercettibile momento, gli parve di rivederla.
Era di nuovo lì, davanti a lui.
Sorridente.
Tsavi.
   
 
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