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Autore: Blueeyedgirl    26/04/2016    1 recensioni
Qualche parola su Bellatrix, ispirandomi a un personaggio shakespeariano, Lady Macbeth.
Dal testo: "Aveva aspettato, ribollendo come una falda sotterranea, l'occasione di sfogare l'energia che aveva dentro.
E quell'occasione era arrivata quando il suo Signore, fissandola negli occhi come a volerle scavare dentro (quando i suoi occhi erano ancora neri, privi del rosso sangue che li riempiva ora) le aveva inciso sul braccio il marchio con il teschio e il serpente."
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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"O spiriti
che v'associate ai pensieri di morte,
venite, snaturate in me il mio sesso,
e colmatemi fino a traboccare,
dalla più disumana crudeltà.
Fatemi denso il sangue;
sbarratemi ogni accesso alla pietà."
(William Shakespeare, Macbeth, atto I, scena V)

Quando combatteva per il suo Signore, Bellatrix si sentiva priva di sesso. Non si era mai identificata nello stereotipo di nobile donna Purosangue che sua madre aveva propinato a tutte e tre le sue figlie sin dalla prima infanzia: Narcissa era sempre stata la perfetta padrona di casa, il viso di bambola dalle maniere impeccabili, non lei. Lei era Bellatrix; perfino il suo nome marcava la differenza fondamentale che la separava da sua sorella. Narcissa era un fiore delicato, un fiore crudele, nato dalla tragedia del povero Narciso innamorato di se stesso, ma pur sempre un fiore; lei era Bellatrix, la guerriera, l'amazzone che cavalca a petto nudo. Se avesse dato sfogo alla vena di follia bellicosa che si sentiva dentro sin da bambina, le sue azioni sarebbero state giudicate disdicevoli, inadatte alla sua condizione. Sua madre avrebbe storto il naso, sarebbe diventata la ribelle della famiglia, come Andromeda o come suo cugino Sirius. Aveva aspettato, ribollendo come una falda sotterranea, l'occasione di sfogare l'energia che aveva dentro. 
E quell'occasione era arrivata quando il suo Signore, fissandola negli occhi come a volerle scavare dentro (quando i suoi occhi erano ancora neri, privi del rosso sangue che li riempiva ora) le aveva inciso sul braccio il marchio con il teschio e il serpente. Bellatrix non aveva nemmeno sentito il dolore, o il sangue che le scorreva giù per il braccio e lungo il polso, come un braccialetto di rubini, tanta era l'euforia e la gioia che le scorreva nelle vene. "Ora sei una di noi, Bellatrix." aveva dichiarato il Signore Oscuro. Era stata una delle prime donne ad unirsi ai Mangiamorte; amava pensare che fosse stata l'unica abbastanza temeraria da uscire allo scoperto. Lei non era come la pallida, delicata Narcissa e tutte le altre donne Purosangue, mogli ineccepibili, certo, curate nell'aspetto e impeccabili nei modi, ma niente di piu'.
Aveva smesso di sentirsi una donna, Bellatrix. Quando il guaritore le aveva comunicato che probabilmente non avrebbe potuto avere figli, la notizia l'aveva lasciata completamente indifferente. I suoi figli sarebbero stati i cadaveri che si sarebbe lasciata alle spalle in nome del suo Signore, si era detta. Dopo ogni battaglia, li osservava compiaciuta, orgogliosa, quei sudici corpi di Babbani e Sanguesporco e traditori del loro sangue che avevano osato mettersi sul suo cammino, proprio come farebbe una madre davanti ai figli che giocano. 
Aveva smesso di essere una donna, Bellatrix, per diventare uno strumento di morte. Quando combatteva, rapida, veloce, esaltata eppure precisa come un affilato strumento scientifico, si sentiva una bacchetta in mano al suo Signore, un pugnale, un veleno; e ciò la inorgogliva, la faceva sentire inarrestabile, inesorabile, come il Tristo Mietitore della favola dei tre fratelli. 
Se fosse stata ancora una donna, forse non avrebbe sottovalutato Molly Weasley. In fondo, che cosa può una donna, una madre, contro il Tristo Mietitore? Una donna, forse, lo avrebbe saputo. E Bellatrix Lestrange, la guerriera, lo strumento, che donna non era più, giaceva sul pavimento della Sala Grande, il sadico sorriso congelato per sempre. 
  
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