NOTA DELL’AUTORE
Non odiatemi, mie care lettrici, se ultimamente posiziono le
mie note qui, e magari vi infastidisco prima della lettura. Lo faccio perché
non posso fare a meno di illustrarvi per un attimo l’opera che vi state
approssimando a leggere, in modo che non vi troviate all’improvviso di fronte
ad un testo lungo e astruso.
Avevo già detto che avrei pubblicato altri ‘’esperimenti’’,
chiamiamoli così. Visto il gradimento ottenuto dalla scorsa pubblicazione, ho
scelto di sottoporre al vostro giudizio questo lungo componimento. Si tratta di
una poesia complessa, introspettiva, profonda. Spero che possa piacervi, poiché
è parecchio differente dalla precedente, soprattutto nella tematica trattata.
Buona lettura! Non vedo l’ora di leggere il vostro parere.
Questa volta ammetto che sono meno sicuro della scorsa, poiché il testo è più
complesso, ma spero che possa donarvi una gradevole lettura.
Grazie di cuore per tutto J a giovedì prossimo J
EPOPEA DEL DESTINO
Ora che i tuoi progetti infantili
si sono sciolti nella dolce acqua
del bicchiere del destino,
non piangere addosso a me.
Non chiedermi l’aiuto
che non potrò darti,
non credere che io
possa restituirti ciò che hai
perduto.
Giochi col fuoco e col ghiaccio,
insensibile, eppure
quando fuoco e gelo ti divorano
cerchi un abbraccio.
E io, il tuo più umile zerbino,
sfiorato solo nel momento
del più impellente bisogno,
non posso ricreare il tuo perduto
sogno.
Arde la rabbia
nelle profondità del tuo cuore!
Come un cane dormiente che ora
abbaia,
sei passata dalla pura serenità al
cupo furore.
Lascia che le nubi nere come la pece
diventino misera sabbia,
che esse si riversino sull’animo tuo,
inabissandolo e nascondendolo.
Lascia che il sole esploda,
lascia anche che la luna a mezza
falce
muoia, immersa in questo cielo spento
che pare quasi che nel tramonto
imploda.
E io, tuo inutile oggetto,
posso essere solo un pretesto
per far più male al tuo animo
straziato,
che mai moneta ha coniato.
Ciò che hai mentalmente creato
ti ha solo ingannato,
sul ciglio del precipizio
ti ha deriso e ti ha per sempre
lasciato.
Non parlare ora, che pure
le speranze ti hanno abbandonato.
Non ridere amaramente,
saresti solo una persona che mente.
E io, tuo umile servo,
non posso far altro che cullare
il tuo triste e amaro furore,
anche se in cuor mio fervo.
Fervo e ribollo,
ma in fondo sono come te,
brucio e gelo
sotto una patina di velato dolore.
Posso solo strisciare
e ridere della tua vita,
perché se avresti saputo usar le dita
avresti potuto pur sempre contare.
Contare i giorni prima
della grande caduta,
come le foglie di una primula
che dopo dieci giorni di sole
appassisce.
E io, tuo umile occhio
un tempo ridente,
cosa potrei fare
per far rinsavire la tua mente?
Posso farti rimembrare
un verde prato, verde come un tempo
dove la gioia non era delusione e furore,
dove il sorriso non si era tramutato
in rabbia.
Se esiste un destino,
come un’epopea di svolge,
come il sole esso sorge
sopra di noi, per dominarci.
Eppure, sopra di te
vedo solo il mai perduto rancore,
nato da una notte d’amore
in cui la tua purezza perdetti, per
renderla livore.