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Autore: neverenough    02/05/2016    2 recensioni
A sconvolgere un’intera esistenza basta poco. Almeno quanto poco basta per stravolgere ogni credenza e ogni percezione della normalità.
Shizuo lo scopre a proprie spese, mentre l’odore della decadenza sembra perseguitarlo, in una lenta e agonizzante litania che ha il solo scopo di portarlo alla follia. Niente sarà più come prima.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Nuovo personaggio, Shizuo Heiwajima, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 9


Una goccia cadde inesorabile, infrangendosi sul pavimento. La sentiva, ne avvertiva anche l’odore di fresco per un qualche assurdo motivo. Che poi tanto assurdo non era, poiché in quell’ambiente stonava con gli odori cui si era abituato. Fuori diluviava da giorni: sentiva la pioggia battere contro il tetto e la grandine colpire violentemente la finestra sbarrata. Forse sarebbe stata in grado di dare a lui un aiuto e tirarlo fuori da quel luogo. Magari avrebbe urlato a qualcuno di cercarlo, perché la sua assenza doveva essere stata notata da molti. Ma perché nessuno era ancora accorso? Perché nessuno lo aveva salvato? Qualcuno lo avrebbe salvato? Qualcuno...?
Un’altra goccia cadde, nello stesso punto, colpendo il piccolo laghetto che la sua compagna aveva lasciato. Si erano fusi, diventando un insieme abbastanza grande da poter creare un lago per delle formiche. Ci avrebbero messo ancora molto per creare un lago abbastanza grande in cui poter soffocare anche un misero essere umano? Non lo sapeva e non ne era sicuro.
Ancora un’altra goccia. Che bella era quella cantilena. Sembrava intonare una storia solitaria, di una persona che si era rivoltata contro il mondo, e questo lo aveva risarcito con gli interessi. Non è buffa la vita?
Ancora e ancora e ancora un’altra goccia. Avranno un termine? Saranno infinite? Potranno fermarsi quando lo decidono loro?
Izaya sorrise, al buio in quella camera. Non era nemmeno sicuro di avere gli occhi aperti. Il corpo era gelato e ne aveva perso la sensibilità di una buona parte, mentre l’altra parte, quella che aveva subito ferite, sprigionava abbastanza calore da regalargli il torpore non del tutto piacevole, poiché gli indicava che era ancora vivo. Ma desiderava essere morto. Perché sorrideva?
Ha importanza? Quelle gocce che battevano nello stesso punto avevano l’esatto suono del suo cuore provato. La loro storia non era diversa: anche se avrebbe voluto, Izaya non era in grado di fermare il muscolo della vita.

Shizuo è in panico, e sta sudando. Anche troppo, costatando che siamo a fine inverno. Non ha idea di come comunicare la notizia alle gemelle e desidera Celty al suo fianco, come supporto. Tuttavia non può tirarsi indietro.
Le ha portate in un maid-caffè che si trova nelle vicinanze della scuola, e ha offerto una cioccolata calda a entrambe, prendendo per sé un bicchiere di latte caldo. Stanno sorseggiando tutti le loro bevande, e Mairu non fa altro che lanciare frecciatine dalla sua parte. – È successo qualcosa a Iza-nii, vero? – chiede, facendo irrigidire il biondo, che poggia il bicchiere sul tavolo e molla la presa. Meglio non rischiare di romperlo.
– Izaya è in coma di stadio avanzato – risponde evitando lo sguardo di entrambe.
Le sente trattenere un respiro e Kururi poggia la tazza sul tavolo. – Quanto... tempo...
– Sono passate all’incirca due settimane da quando l’ho trovato a casa di un cliente. Era in condizioni disastrose, e ha subito diverse torture per... i due o tre mesi in cui è scomparso... – dice tutto in un fiato, poi sospira. – Potrebbe esserci la possibilità che non si risvegli più. Anche se un giorno riapre gli occhi... avrà molti problemi. Se esce dal coma... è già un miracolo.
Shizuo non alza ancora lo sguardo. Il coraggio gli manca e il cuore batte forte. Non ha mai comunicato brutte notizie a qualcuno, non a questo livello. Inizia a pensare che forse Shinra aveva ragione: Mairu e Kururi sono ancora troppo giovani perché siano in grado di maneggiare una cosa del genere. Tuttavia non riesce a pentirsi di questa scelta: se loro sono le persone che Izaya voleva proteggere, è giusto che sappiano quello che gli è successo. Se dovesse veramente morire, le due non avranno rimpianti o risentimenti, e potranno prepararsi all’eventuale dolore che la sua morte comporterebbe.
Ma adesso, in questo pressante silenzio, Shizuo si sente fuori luogo e prova una paura viscerale. Lui vorrebbe assumere l’incarico di sostenere le due in un periodo che sarà orribile (già lo sa), tuttavia... nonostante i buoni propositi, non sa come svolgere esattamente quell’incarico. Ricorda vagamente qualcosa che ha sentito dire una volta a un convegno organizzato dalla scuola, nella quale si parlava per gli studenti prossimi al diploma la possibilità di scegliere il ramo economico all’università. Shizuo, non essendo minimamente interessato all’università, aveva passato buona parte del tempo a sonnecchiare a occhi aperti, ma qualcosa dell’inizio del convegno lo ricorda: il tizio parlava del fatto che lo scopo finale dell’impresa non è il profitto. Quello ovviamente è necessario, poiché altrimenti l’impresa non potrebbe sopravvivere in un luogo tanto ostile qual è il mercato. Tuttavia, l’impresa deve avere ben presenti gli obiettivi che intende raggiungere, e il come raggiungerli viene in una fase successiva. Ma sempre prima di iniziare l’attuazione...
In verità non ricorda se è questo ciò che disse il professore che tenne il convegno, e non ha nemmeno la più pallida idea del motivo per cui questa cosa gli sia venuta in mente in un momento tanto delicato. Ci mette del tempo per accorgersi che il suo cervello sta accelerando, in qualche assurdo modo che probabilmente è solo una sua impressione. Sta pensando a qualsiasi cosa che non tratti le gemelle o Izaya, e allo stesso tempo la sua mente è vuota. Diventerà pazzo probabilmente.
Nabe, vorrebbe mangiare del nabe... o forse è il momento buono per rivolgersi a uno strizzacervelli...
– Dove si trova adesso? – interrompe il flusso di pensieri (non pensieri) Mairu, che ha gli occhi inespressivi puntati sul biondo. Quella freddezza però non sembra andare d’accordo con la vitalità che solitamente caratterizza la ragazza. – Vogliamo vederlo.
Questo è il motivo per cui Shizuo resta impalato sulla sedia, senza fiato ancora una volta. Ci mette qualche secondo prima di annuire e acconsentire a quella richiesta.

Quando le due ragazze entrano nella stanza dove giace il loro fratellone, Shizuo le vede tremare. Kururi è la prima che si avvicina al letto, osservando il fratello. – Dorme – sussurra e, in un certo senso, sembra proprio così adesso che Shinra gli ha tolto la mascherina collegata al respiratore.
Mairu prende coraggio e si avvicina, stringendo poi la mano della sorella per avere un sostegno. Anche lei passa qualche secondo di contemplazione, poi sussurra: – Uhm... sembra che stia solo dormendo. Tra un momento o l’altro aprirà gli occhi e dirà che sarà tutto uno scherzo e che è riuscito a coinvolgere anche Shizuo-san per la buona riuscita. – Shinra, fermo accanto a Shizuo, abbassa la testa, stringendo i pugni. – Deve essere così – continua Mairu, prima che dei singhiozzi la percuotano. La stanza si riempie di due pianti, e Shizuo si sente incapace. Incapace di capire le loro emozioni, incapace di capire le loro lacrime, incapace di fermarle. Ha deciso di assumere un ruolo che non gli appartiene e non sa come assolverlo. O più semplicemente non può assolverlo.
I pianti durano a lungo, e nessuno interviene: né Shizuo, né Shinra. Semplicemente capiscono che devono lasciarle sfogare. Anche le condizioni mediche possono aspettare per il momento.
Poi Mairu si volta verso i due, guardando Shizuo con gli occhi pieni di lacrime. – Lo hai ridotto tu così? – chiede alzando la voce. – Sei stato tu!?
Il biondo arretra di fronte a quell’affermazione, ma si ritrova il muro alle spalle. Si appoggia contro di esso, senza staccare gli occhi da quelle due pozze color caramello. – No – risponde esitante. – La persona che l’ha ridotto così è... un certo Kuromo...
– Perché!? – urla ancora. – Perché non sei stato tu!? Perché non tu!? – Poi Mairu cade in ginocchio, lasciando la mano di Kururi e accasciandosi su se stessa, scossa dai tremiti di pianto. – Avrei... – sussurra – Avrei potuto perdonarti se fosse stato... Shizuo-san a... a ridurti così. Stupido Iza-nii!
Shizuo resta sconvolto da tale reazione e, senza parole, vede Kururi abbassarsi sulla sorella e piangere a sua volta, mostrando più emozioni di quanto probabilmente abbia mai fatto in vita sua.
Perché quelle parole? Che cosa sarebbe cambiato se fosse stato Shizuo a ridurlo in quello stato? Il risultato non sarebbe stato lo stesso?
Il biondo è confuso e disorientato, e ci mette qualche secondo in più prima di notare la mano di Shinra poggiata sul braccio. Guarda l’amico, e questo gli fa’ cenno di seguirlo fuori, di lasciare sole le gemelle per qualche minuto. In silenzio, obbedisce.
Si siede sul divano in salotto, tenendo d’occhio la stanza in cui i tre giovani Orihara sono radunati. Le parole di Mairu ancora gli rimbombano in testa, non riuscendo ad arrivarne accapo. Perché se fosse stato lui a ridurlo in questo stato avrebbe potuto perdonarlo? Che senso ha?
Shinra lo riscuote, poggiandogli sulla guancia un bicchiere di latte freddo. – Rilassati, Shizuo-kun – gli dice, mentre si siede accanto a lui.
– Perché Mairu ha...
– Perché lei ha un legame molto profondo con Izaya – lo blocca l’amico. – Nonostante lui abbia rinnegato più volte le sue sorelle, non vuol dire che tra di loro non ci sia un profondo legame. Credo che non possa perdonarlo perché è stato un semplice essere umano a portarlo in quello stato. – Shinra sospira, passandosi una mano tra i capelli, evidentemente a disagio. – Sai bene anche tu che Izaya adorava mettersi al di sopra delle persone comuni, e in un certo senso ha passato questa sua mania alle sue sorelle. Perché, nonostante i suoi atteggiamenti, nonostante la sua affermata superiorità, è stato ridotto in fin di vita da un uomo qualsiasi?
– Capisco... ma perché se...
– Perché tu vai oltre la normalità. Anche se sei un essere umano, il fatto di avere una forza e una resistenza sovrumana giustificherebbe il motivo per cui Izaya è finito in coma. Lui è uno stratega, e nessun stratega si fa’ mai cogliere alla sprovvista – spiega con calma Shinra, mostrando poi un lieve sorriso consolatorio. – Loro non ce l’hanno con te, ma con il loro fratellone. Non prendere male le loro parole. Vuol dire che hanno una grande considerazione di te.

Qualche ora dopo, Shinra entra nella stanza per cambiare qualche flebo a Izaya, e Shizuo lo segue. Le gemelle sono ancora accanto al letto, ognuna seduta su una sedia propria. Non ci mette molto a notare che Kururi si è appisolata in una posizione scomoda, con le lacrime ancora agli angoli degli occhi. Mairu invece è ancora sveglia e vigile, e i suoi occhi sono gonfi per lacrime che non ha cercato di contenere. – Potete adagiarla su un letto? – chiede, indicando la sorella. – Gli verrà mal di schiena se continua a dormire così.
Shizuo annuisce, e la solleva mettendogli una mano dietro la schiena e una sotto le ginocchia. Su indicazione di Shinra, la porta in una delle camere degli ospiti. Mairu lo segue, aiutando ad adagiare la sorella sotto delle coperte, per poi tornare nella stanza dove giace Izaya, riprendendo il proprio posto sulla sedia. Shizuo resta per un secondo fermo, a contemplare come stringe la mano del fratello. La vede tracciare delle circonferenze sul polso, nel preciso posto dove il biondo ha notato delle strane cicatrici. Mairu le sfiora con le dita, e trattiene a stento un singhiozzo. Sembra conoscere perfettamente ogni linea, dando anche un’impressione nostalgica mentre le accarezza.
Shinra termina il suo lavoro; si avvicina a Shizuo, poggiandogli una mano sulla spalla e sussurrando – Resta un po’ con lei – prima di uscire dalla stanza.
Il biondo sospira e, prendendo in parola l’amico, si siede sulla sedia che occupava Kururi. Non sa bene cosa fare o dire, così sceglie la via del silenzio, intuendo che probabilmente la ragazza ha bisogno di sfogarsi, ma che potrebbe non essere ancora il momento giusto.
– Sembra che stia dormendo – sussurra dopo un po’ la ragazza. Shizuo si sporge un po’, così da poter inquadrare il viso di Izaya. Gli occhi chiusi, le labbra socchiuse, un respiro leggero e regolare come il battito d’ali di una farfalla. Il biondo non risponde direttamente, ma emette un verso di assenso. Mairu, poco dopo, continua a parlare: – Un tempo... ero sua complice.
Shizuo sposta lo sguardo su di lei. – Sua complice?
– Hai notato queste cicatrici, non è vero? Iza-nii era un masochista quando aveva la mia età. Forse non ha mai smesso di esserlo...
Segue un breve silenzio. – Racconta.
– Fu per una fortuita casualità. Iza-nii era solito litigare con i nostri genitori e con la nonna. Per un qualche motivo, un giorno si rinchiuse in camera dopo un litigio, e non uscì nemmeno per pranzo e cena. Così aspettai che andasse in bagno per nascondermi sotto il letto. Lui non se ne accorse... e fu allora che lo beccai, con un coltello in mano a farsi del male. – Mairu sorrise. – Ero poco più di una bambina. Non capivo cosa stesse facendo, ma quando mi fece una proposta, non potei rifiutare. Disse: “Vuoi essere mia complice?” e io non ci vidi più dalla felicità. Facevo da vedetta quando si tagliava o si fumava una sigaretta; lo informavo se i nostri genitori erano in casa o erano usciti; curavo persino le sue ferite. Ero così felice: Iza-nii mi stava dando tutte le attenzioni che si rifiutava di darmi. Io... credevo davvero di essere sua complice. Che stupida bambina che ero... – Trattiene ancora per un secondo le lacrime, ma comunque non riesce a trattenere alcuni singhiozzi, che gli scuotono il corpo.
Shizuo stringe le labbra, azzardando un’altra domanda: – Perché litigava sempre con i vostri genitori?
– Ero piccola e non ne capivo molto. Spesso sentivo dire frasi che non avevano senso. Tutte le volte, Iza-nii era anche al centro dei litigi tra mamma e papà. Crescendo, la nonna mi raccontò tutto: qualcuno, dopo che Iza-nii nacque, mise una pulce nell’orecchio della nonna. Disse che Iza-nii non era figlio di suo padre... che mia madre ha incastrato mio padre per i soldi e per avere una vita agiata. Mio padre decise di non credere alle parole che nonna gli riferì, e ciò la indispettì. Nonna Natsu odia non avere le cose sotto controllo, e quando suo figlio, cioè mio padre, non le diede corda, andò su tutte le furie. Non so esattamente come si sono evoluti i fatti... Con il tempo, il rapporto tra i miei genitori è andato peggiorando, e a farne le spese era lui. Poi siamo nate io e Kururi, e le cose per un po’ sembravano aver preso una piega migliore, ma i comportamenti ostili verso Iza-nii non terminarono. Alla fine, mamma e papà decisero di fare il test del DNA. Iza-nii era prossimo a finire le medie, e stranamente accettò.
Seguì una breve pausa, in cui Shizuo rimase fermo e in silenzio, pieno di attesa. Non sa davvero niente sul passato della pulce, e non si è mai interessato. Forse ha sbagliato, perché così avrebbe potuto capire in parte il comportamento del suo peggior nemico (o miglior nemico, come a molti piace dire).
– Tuttavia – riprese Mairu – i risultati scomparvero. Erano stati ritirati da qualcuno, che poi aveva cancellato sia il risultato dei test sia il proprio nome dai database della clinica per nascondersi. Mia nonna incolpò mia madre, e così anche mio padre, che però cercava in parte di difendere sua moglie. Mia madre a sua volta incolpò mio padre, dicendo che non voleva crederle perché desiderava il divorzio... le cose degenerarono e si protrassero per molto tempo. I risultati vennero trovati due anni e mezzo dopo, ma solo perché la persona che li aveva nascosti voleva che venissero alla luce. Fu in quel momento che avvenne il crack definitivo in Iza-nii.

Izaya rientrò in casa. La pioggia imperversava da quando erano iniziate le lezioni a scuola e per fortuna aveva portato il proprio ombrello. Tuttavia, parte della borsa e del pantalone si erano bagnati. Si tolse le scarpe e si diresse verso il soggiorno, per salire poi le scale che lo avrebbero condotto nella propria camera.
I suoi progetti furono distrutti quando ritrovò nel soggiorno sua madre e suo padre, seduti l’uno accanto all’altro sul divano con un pezzo di carta in mano. Sapeva già di cosa trattava, ma finse di esserne all’oscuro e, dopo aver salutato per cortesia, si accinse a salire le scale. La voce di suo padre lo bloccò: – Izaya, dobbiamo parlare.
L’interpellato si voltò verso l’uomo, guardandolo negli occhi. – Devo studiare, e non sono in vena di litigare – disse svogliatamente.
– Siediti – ordinò freddamente l’uomo. Izaya obbedì, prendendo posto di fronte ai genitori, sulla poltrona.
La madre aveva lo sguardo mortificato e il foglio ancora stretto tra le mani. – Perché ce l’hai nascosto? – chiese senza il coraggio di guardare il figlio.
– Perché non avrei dovuto? – rispose Izaya.
– Perché le cose sarebbero...
– Potute andare diversamente? – la interruppe. – Come sarebbero potute andare diversamente? Illuminatemi.
– Izaya... – proruppe incerto il padre e, quando lo sguardo di Izaya saettò nervosamente su di lui, tacque.
– Cosa? Avremo potuto finalmente giocare alla famiglia felice? Avreste potuto nuovamente considerarmi e trattarmi come vostro figlio? Un pezzo di carta vale più di me? – Strinse i pugni. – Un pezzo di carta non potrà mai restituire tutti gli anni in cui sono stato trattato come la merda.
– Dovevamo fare il test quando eri bambino – sussurrò la donna.
Izaya esplose in una risata isterica. – Davvero, per voi è solo una questione di un test del DNA? Per voi essere dei genitori conta solo se quei cazzo di risultati sono positivi? Questo è quanto valgo?
– Non è così... – riprovò il padre.
– E invece sì. Tu sei l’uomo che mi ha stretto per primo in braccio non appena nato. Tu sei l’uomo che mi ha insegnato ad andare in bici, l’uomo a cui ho detto la mia prima parola... Ma tutto questo non conta, non è vero? Perché ascoltare le dicerie di persone invidiose è più facile che credere alla persona che si ama, non è vero?
– Io...
– Ti sei fatto influenzare. Ecco tutto ciò che hai fatto. E tu, mamma, sei troppo debole per dire una singola parola a quella megera di tua suocera, sbaglio? – disse. Aveva troppe cose da dire: il momento era giunto. – Sei bella come una margherita, ma una folata di vento potrebbe spazzarti via. Che senso ha proteggere il proprio onore e quello di tuo figlio?
– Izaya... – provò la madre, che era sul punto di piangere.
– Il risultato del test è positivo. Io sono un purosangue Orihara. Non il figlio di un bastardo qualsiasi come avete sempre pensato. Contenti? Adesso potete anche non divorziare – disse, poi batte tre volte le mani, applaudendo alle sue stesse parole, sorridendo e alzandosi dalla poltrona. – Avete vinto un terno al lotto, i miei complimenti. Ma io resterò sempre la pecora nera di questa famiglia, lo sapete già.
Non un'altra parola fu detta. Izaya si allontanò dai propri genitori, sentendo sua madre scoppiare in feroci singhiozzi. Non si voltò e non esitò: semplicemente uscì dalla casa e sotto la pioggia si allontanò, lasciando che l’acqua caduta dal cielo celasse le sue lacrime e abbandonando per sempre tutto ciò che i sentimenti umani dovevano essere.

– Dopo quel giorno, Iza-nii non si fece vedere per una settimana. Quando tornò, fu solo per annunciare che si sarebbe trasferito in un appartamento che era momentaneamente intestato a mio padre. Al compimento di venti anni, pagò tutto il mutuo, diventandone il legittimo proprietario. – Mairu abbassò gli occhi per un momento. – Quando mia nonna venne a sapere i risultati del test e tutto ciò che Iza-nii aveva rinfacciato ai miei genitori, cercò di mettersi in contatto con lui, ma non ci riuscì. Non si sono più parlati e mia nonna ancora si pente di quello che ha fatto. Un pentimento molto simile ha portato i nostri genitori al punto di rottura... ma sono riusciti a venirne accapo... in un modo o nell’altro.
Shizuo ascolta in silenzio e osserva il corpo della ragazza mentre inizia a rilassarsi, nonostante gli intermittenti singhiozzi che ancora la scuotono. Non sa cosa dire, e si rende conto di essere entrato in particolari molto personali, che riguardano Izaya, ma anche Mairu e Kururi.
Beh, non può di certo pentirsene. Adesso capisce in parte cosa ha portato la pulce a... essere quello che era. Sebbene non ne abbia capito appieno il motivo.
– Nonostante tutto, Izaya voleva comunque bene a voi due, non è vero? – chiede riluttante.
Mairu si volta verso di lui, gli occhi ancora pieni di lacrime. – Non... non...p-parlate di l-lui al passato... – sussurra, prima di scoppiare in un forte pianto e saltare al collo di Shizuo.
Lui, riluttante, l’abbraccia e le passa una mano tra i capelli. – Hai ragione, scusami – dice mentre guarda il volto di Izaya. Per la prima volta, si ritrova a pensare che il suo peggior nemico debba svegliarsi, e non per il pensiero egoistico di avere la coscienza pulita. Izaya deve svegliarsi perché... qui c’è qualcuno che ha bisogno del suo fratellone.


Angolino nonsense

Autrice: Buonasera!
Izaya: Sei in ritardo.
Autrice: Eeeeeh mi dispiace. È pronta la cena?
Shizuo: Cena? C’è anche la cena?
Izaya: *facepalm* Shizu-chan, hai appena svuotato il frigorifero e vuoi ancora la cena? Quella era la tua cena!
Shizuo: Oh... ho ancora fame.
Izaya: Chi sei, Murasakibara?
Autrice: No, un momento. Volete dire che non c’è niente per cena?
Izaya: Un altro capitan ovvio.
Autrice: E adesso che mangio?
Izaya: La prossima volta ti presenti a un orario decente.
Autrice: M-ma io... *occhioni dolci*
Izaya: *sospira* Va bene. Ti porto a cena fuori.
Shizuo: Vengo anche io. È da un po’ che non ceno fuori.
Izaya: Ma chi me l’ha fatto fare...
Autrice: Izaaaa sei il migliore **
Izaya: Parla colei che mi ha messo in coma dopo essere stato torturato.
Autrice: Ehm…
Izaya: La prossima volta non perdonatela. Lasciate una recensione, magari stasera non finiranno con lo svuotare tutto il mio portafoglio...

   
 
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