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Autore: ChrisAndreini    08/05/2016    1 recensioni
Ci sono tante cose terribili che accadono quando un incendio brucia tutti i tuoi averi: perdi la posizione di prestigio cadendo in rovina, perdi il rifugio sicuro dalle intemperie, perdi la sicurezza di cibo e acqua.
Ma Dipper, un tredicenne sveglio e nobile, perse molto di più.
E quando la sua famiglia cadde nel baratro, e lui fu costretto a lavorare insieme al prozio nella magione della più prestigiosa e importante famiglia della cittadina medievale di Gravity Ville, solo una cosa, una persona, gli mancava.
E desiderava così tanto riaverla indietro, che lei tornò da lui.
Dal testo: 
“-Mabel- sussurrò il ragazzo, mentre le lacrime iniziavano ad uscire senza che lui potesse controllarle -Sei proprio tu, sei proprio…- iniziò a singhiozzare, incapace di trattenersi, mentre la sorella gli metteva una mano sulla spalla, trapassandolo.
-Oh- ritirò la mano di scatto, diventando leggermente violetta, e abbassò lo sguardo.”
 
5° classificata al contest "AU Contest- Wherever we are" di EmmaStarr
Genere: Malinconico, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dipper Pines, Mabel Pines, Stanley Pines, Un po' tutti, Wendy Corduroy
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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La prima stella cadente

 

Caro diario,

Mi ha abbandonato ormai da un po’, mi ha lasciato solo, e mi manca davvero tantissimo. Ogni volta che mi addormento spero al mattino di risvegliarmi a casa mia, con la sua figura accanto e la sua risata di chi mi ha appena battuto sul tempo nello svegliarsi.

Era quasi una gara, ed io perdevo sempre.

Mi manca tantissimo giocarci insieme, parlarci o anche solo guardare le stelle in sua compagnia. Ci mettevamo sempre sul tetto e cercavamo di contarle. Certo, io ne contavo sempre di meno, ma solo perché ogni volta venivo distratto da qualcosa, come un gufo in lontananza o una stella cadente e quindi perdevo il conto. Ogni volta che ne vedevamo una diceva che le stelle cadenti sono anime del cielo che tornano sulla terra per vegliare sui loro cari.

Mi manca così tanto, e ora il nome della famiglia è macchiato, e so per certo che i nostri genitori avrebbero voluto che fossi morto io al suo posto.

Avrebbe risollevato la famiglia, invece io non sono nessuno, e non conto proprio nulla.

E non sono gli unici a pensarlo, avrei decisamente preferito essere io quello a morire.

Vorrei tanto che fosse ancora qui con me, soprattutto in questo periodo difficile.

 

Niente andò meglio, questo era certo.

Dopo la distruzione della casa di famiglia e la rottura dei rapporti con i Gleeful che si lamentavano del mancato matrimonio, i Pines caddero nel baratro.

Mentre il capofamiglia e la moglie erano stati costretti a cambiare città per cercare fortuna altrove utilizzando alcuni contatti che avevano con paesi vicini, Dipper rimase lì, ed iniziò ad essere un servo presso la famiglia più potente del villaggio: i Northwest.

Erano i fondatori di Gravity Ville, e avevano un castello nel punto più alto della città, come fossero il re e la regina e dovessero controllare tutti i loro sudditi.

Certo, Preston Northwest avrebbe preferito usare il termine “vegliare”, ma era chiaro che utilizzava il suo immenso potere solo per scopi personali, e la sua corruzione si vide anche dall’assunzione di Dipper.

Infatti non lo prese per i suoi requisiti o per le sue abilità, ma perché aveva contatti, dato che il posto fu raccomandato dal capo della servitù, Stanley Pines, prozio del ragazzo.

Il suo ramo della famiglia si era spezzato tempo addietro, e i genitori di Dipper si erano sempre tenuti alla larga da lui e non facevano che parlarne male, anche se nella miseria era comunque riuscito ad ottenere una posizione d’élite per i poveri.

Naturalmente, ora che erano diventati poveri anche loro, le lusinghe erano volate come come farfalle in primavera, e anche se Dipper non approvava, non faceva commenti.

Dopo la morte della sorella sentiva dentro di sé un vuoto incolmabile, e si sentiva ogni giorno in colpa per non aver passato più tempo con lei. Avrebbe potuto assecondarla quando gli chiedeva in tono supplicante di farla salire a cavallo. Dopotutto, anche se era una ragazza, era corretto farla almeno provare, e non avrebbe dovuto badare troppo al giudizio e ai probabili richiami dei genitori.

Forse se avesse insistito per stare nella stessa camera con lei anche dopo superati gli otto anni, come Mabel spesso aveva chiesto, si sarebbero salvati entrambi.

E se non avesse proposto, sotto richiesta di Mabel, di spostare le nozze di un paio di mesi per avere un periodo migliore, adesso la sorella sarebbe viva, sposata infelicemente, ma viva.

Ogni giorno della sua vita si sentiva in colpa, infelice e senza scopo.

Non riusciva a dormire bene, mangiava davvero poco e parlava ancora meno, infatti erano passati alcuni mesi e ancora non aveva stretto amicizie, e a stento conosceva il nome dei colleghi con cui lavorava più spesso.

Anche se, oltre al prozio che essendo il suo capo e suo protettore doveva conoscere per forza, aveva parlato più volte con il tuttofare del palazzo, un tale spagnolo di nome Jesus che, per il nome considerato parecchio blasfemo, veniva chiamato da tutti Soos.

Era privo di ogni diritto ed era considerato uno schiavo, più che un servo, dato che era stato catturato dagli inglesi durante un attacco spagnolo.

Non era un soldato, ma semplicemente il figlio molto piccolo di un uomo ucciso dai cannoni inglesi, perciò, per mostrare clemenza, e, motivo principale, per avere uno schiavo da poter mostrare come un’attrazione turistica ai nobili degli altri paesi, i Northwest lo avevano preso a lavorare con loro, ed aveva imparato molto in fretta il lavoro.

I Northwest erano convinti di essere per lui dei benefattori, dei modelli, quasi delle figure paterne, ma non ci era voluto molto a Dipper per capire che l’unica figura paterna della vita di Soos era Stan, che infatti gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva.

Settantatré giorni dopo la morte della sorella, Dipper era con gli altri domestici a fare colazione, di mattina presto, visto che dovevano iniziare tutte le faccende all’alba, e, come al solito, era in un angolo, sperando di non essere chiamato in causa.

-Allora, oggi voi due vi occupate della sala dei ricevimenti. Tu, tu e tu pensate a servire la colazione. Voi tre vi occuperete poi di rifare le camere da letto e poi vi dirigerete nel salone per preparare l’arrivo dei Gleeful, che verranno questo pomeriggio per una riunione strategica…- Stan iniziò ad assegnare i vari incarichi della mattinata ai domestici riuniti al tavolo, e Dipper per poco non si strozzò con il latte che stava bevendo sentendo quel cognome.

-Soos…- chiamava intanto il prozio.

-Si, signor Pines- si mise immediatamente sull’attenti il tuttofare, appena arrivato trafelato.

-…devi riparare una porta nelle stalle, chiedi a Wendell quale- continuò Stan, senza neanche guardarlo, concentrato sul foglio dei vari incarichi.

Poi sembrò ripensarci, e sollevò lo sguardo, puntandolo verso Dipper.

-Porta il ragazzo con te- aggiunse infatti, indicandolo appena, prima di tornare agli altri.

Dipper annuì distrattamente, e Soos, prendendo la sua colazione, si sedette accanto a lui.

-Che bello, mi sa che ci toccherà lavorare insieme, amico- affermò, contento. Dipper annuì lentamente, concentrato sul suo pasto.

-Tu hai già conosciuto Wendell?- chiese poi Soos, allegro.

Dipper scosse la testa, senza alzare lo sguardo.

-Allora devi assolutamente conoscerlo, è un tipo proprio in gamba. È lo stalliere reale, ma si sveglia più tardi di noi, quindi magari potremmo lavare i piatti noi due finché non si sveglia- propose Soos, tirandogli una pacca amichevole sul braccio.

Dipper alzò le spalle, ma Stan, dopo aver finito il suo giro, si rivolse nuovamente al pronipote.

-Dipper, va subito nelle stalle, sei incaricato anche di pulirle da cima a fondo prima e dopo aver aiutato Soos a ripararle- gli impose, indicandogli la porta, burbero.

Dipper posò il piatto quasi del tutto pieno sul tavolo e si alzò per eseguire gli ordini, senza dire una parola.

-Aspetta, vengo anche io- Soos mangiò velocemente e si alzò a sua volta per aiutarlo, ma Stan lo bloccò.

-Tu resta qui a lavare i piatti. Fa fare al ragazzo il suo lavoro- gli ordinò, secco.

Soos sembrava dispiaciuto, ma poi annuì.

-Certo, signor Pines- prese il suo piatto e quello del ragazzo appena uscito e li portò alla tinozza d’acqua per lavarli.

-L’altra tinozza, Soos, quella è dell’acqua da bere- lo rimproverò Stan senza neanche guardarlo, ormai abituato agli sbagli frequenti del tuttofare.

-Oh, certo, mi scusi- Soos si corresse subito, e mangiò anche gli scarti di Dipper per non far sprecare nulla.

Stan accennò un sorriso esasperato, alzando gli occhi al cielo, poi piegò il foglio con gli incarichi e se lo mise in tasca.

La capacità di scrivere e leggere erano le uniche cose che gli erano rimaste del suo passato da nobile, per il resto era un uomo ormai solo ed esclusivamente di servitù, come dimostravano anche i modi un po’ bruschi e il comportamento secco e abituato a dare ordini.

Per anni aveva ricercato il successo e la fama, ma ormai si era arreso all’idea che non l’avrebbe mai avuta.

Però, in fondo al cuore, sapeva più o meno cosa stesse passando, almeno in parte, il nipote, e sapeva anche che, in quei momenti, era molto meglio stare da soli, anche se una persona come Soos era un’ottima compagnia per dimenticare ed andare avanti. 

Ma, chiaramente, Dipper non era ancora arrivato a quel punto.

 

Il ragazzo in questione aveva raggiunto, non senza una certa difficoltà, le stalle, un luogo dove ancora non era stato, anche se sapeva perfettamente come metterci mano.

Infatti, nella sua vecchia casa, aveva avuto alcuni begli esemplari purosangue e Mabel adorava prendersi cura di loro al posto dei domestici per stringere amicizia e toccarli in qualche modo, visto che nessuno le premetteva di imparare a cavalcare.

Prese il necessario per pulire e si avviò all’interno, per cominciare da lì e mano a mano spingersi fuori.

I cavalli sembravano nervosi al suo passaggio, ma Dipper non ci badò, e li ignorò.

Dopo aver fatto il suo lavoro per un’oretta circa, decise di uscire un attimo per prendere un po’ d’acqua al pozzo, e, mentre ci si dirigeva a sguardo basso e con le mani nelle tasche dei pantaloni, vide un’ombra abbattersi su di lui, e per poco non ebbe un colpo al cuore, mentre alzava gli occhi per posarli su un cavallo imbizzarrito che gli stava venendo addosso.

Non ebbe il tempo neanche di urlare. Cadde a terra portandosi le mani alla testa e strizzando gli occhi spaventato, ma stranamente nessuno zoccolo si abbatté contro di lui.

-Hey, amico, tutto bene?- chiese il cavallo.

Dipper spalancò gli occhi, ma per fortuna non era impazzito, non era stato il cavallo a parlare, ma il ragazzo che lo montava.

Inizialmente Dipper non vide che la sua immagine controluce, e quindi dovette sbattere gli occhi un paio di volte per mettere a fuoco la figura che stava scendendo e stava cercando di calmare il cavallo.

Dipper non capì minimamente perché, ma appena vide il ragazzo gli si strinse lo stomaco.

Era un sedicenne, forse diciassettenne, non si capiva molto bene, ed aveva capelli rossi coperti da un cappello, e un accenno di baffi e barba che, a dire la verità sembravano un po’ strani.

Il fisico era snello ma muscoloso, ma anche se era magro per l’ideale di bellezza del tempo, Dipper, non capiva perché e non voleva capirlo, lo considerava molto carino.

Cercò di non interrogarsi né soffermarsi su quel pensiero.

Lo stalliere gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi, e Dipper la prese senza guardarlo negli occhi verdi e magnetici.

-Sei quello nuovo, vero? Io sono Wendell, piacere di conoscerti. Perdona Gompers, diventa nervoso in compagnia di persone negative- dopo avergli stretto la mano accarezzò delicatamente il muso del cavallo, che mano a mano si calmò, pur continuando a squadrare Dipper con un po’ di sospetto.

Il ragazzo non disse nulla, e continuò a guardare lo stalliere e il cavallo senza sapere bene cosa fare.

Wendell si rivolse a lui, aggrottando le sopracciglia.

-Sicuro di stare bene?- gli chiese, guardandolo con attenzione e prendendogli il volto per scrutarlo meglio.

Dipper annuì, si scansò e decise di continuare per la sua strada fino al pozzo.

Ma una frase tranquilla di Wendell lo bloccò sul posto.

-Mio padre e i miei fratelli erano lì, sai?- disse infatti, incrociando le braccia.

-Cosa?- chiese Dipper, con voce roca. Era la prima parola che proferiva in tutta la giornata.

-La mia famiglia sono i Corduroy, e lavorano da sempre con i Pines. Hanno rischiato molto anche loro. So che si prova- spiegò lui, avvicinandosi, e mettendogli una mano sulla spalla.

Dipper si arrabbiò, e tolse la mano.

-Non è vero- sussurrò a denti stretti -Tu non ne hai idea- e poi si avviò al pozzo, senza più voltarsi indietro.

 

Una volta tornato alle stalle, Soos era arrivato ed aveva già iniziato a riparare una delle porte.

Chiacchierava amabilmente con Wendell, che nel frattempo stava dando da mangiare ai cavalli.

-Ciao Dipper!- salutò il nuovo venuto, che gli fece un cenno e si affrettò ad aiutarlo.

-Quindi è Dipper il tuo nome? Eri così occupato a voltarmi le spalle che non ti eri presentato- scherzò lo stalliere, accennando al loro incontro di poco prima.

-Quindi vi siete conosciuti?- chiese Soos, guardandoli sorridente.

Dipper annuì.

-Cosa ti serve, Soos?- chiese poi al tuttofare, cercando di cambiare argomento e di ignorare lo, stranamente attraente, stalliere.

-Devi solo passarmi gli strumenti che ti indico. Adesso mi servirebbe il martelletto. Io e Wendell stavamo parlando dei Gleeful e della riunione di questo pomeriggio- disse il tuttofare con semplicità, prendendo l’attrezzo che Dipper gli porse.

-Soos, vorrei ricordarti che la sorella del ragazzo doveva sposarlo- disse sottovoce il rosso all’ispanico, che rimase in silenzio, preoccupato di aver detto qualcosa di troppo.

-Io odio i Gleeful- confidò a sorpresa il tredicenne, a bassa voce.

-Sai, credo che il signor Pines ti abbia assegnato il turno delle stalle proprio per non farteli incontrare- osservò Soos, incerto -Mi potresti passare un altro chiodo per favore?- chiese poi, indicando la scatola dei chiodi nella cassetta degli attrezzi.

Dipper gliene porse uno.

-Rispetto molto quell’uomo- commentò Wendell, uscendo per andare a prendere dell’acqua al pozzo per abbeverare i cavalli.

-Non credo di interessargli a tal punto- affermò invece Dipper, che non aveva avuto una bella impressione del prozio, che considerava corrotto, brusco ed incredibilmente ingiusto.

-Il signor Pines è davvero una bravissima persona, e sono sicuro che ti vuole bene. Lui vuole bene a tutti noi, ci protegge come fossimo una grande famiglia. E ne fai parte anche tu, amico- Soos gli sorrise, incoraggiante, ma Dipper non voleva essere felice, accettato e andare avanti. L’unica famiglia che voleva era sua sorella, e lei non c’era più, e non ci sarebbe mai più stata.

Abbassò lo sguardo, e non disse nulla.

Il sorriso di Soos scomparve, e il tuttofare allungò una mano, per chiedere l’attrezzo successivo -Mi passeresti il martello più grande, per favore?-

Dipper glielo passò, senza dire una parola.

Soos ci mise qualche ora per finire il lavoro, e Wendell non era ancora tornato quando decise di tornare all’interno del castello e vedere se a Stan servisse qualcosa.

Dipper perciò rimase per un po’ solo nella stalla, cercando di finire il lavoro il prima possibile.

Tutti quei cavalli gli ricordavano parecchio sua sorella, e gli facevano sentire ulteriormente la sua mancanza.

-Quanto vorrei che tu fossi qui- sussurrò, stringendo forte la catenella della sorella che teneva sotto i vestiti.

Neanche il tempo di finire di parlare che, stranamente, una balla di fieno da un enorme mucchio cadde in un frastuono, allertando i cavalli, e facendo prendere un colpo a Dipper, che si avvicinò per controllare.

-Allora, finito di riparare? Dovrei rimettere dentro Waddles, l’ho dovuto tenere fuori tutta la notte, questo birbante- l’arrivo repentino di Wendell, che teneva una grande catenella d’acqua in una mano e nell’altra guidava per le redini un bellissimo cavallo marrone chiaro con delle macchie più scure sull’occhio e sul posteriore, interruppe le investigazioni del tredicenne, che si girò verso di lui.

-Si, Soos ha finito poco fa. Ho quasi finito anche io- disse il ragazzo, lasciando perdere lo strano segnale e affrettandosi a finire di pulire la stalla.

-Mi sarebbe piaciuto salutarlo, ma Waddles stava correndo in giro e ho dovuto riacchiapparlo, senza contare che la signorina Northwest…- si bloccò, e scosse la testa -Diciamo che non nutro molta simpatia per lei ed è reciproco- si giustificò semplicemente, alzando le spalle.

Dipper annuì, continuando con il suo compito.

Era stanco e sudato, per niente abituato a fare quel tipo di lavori, ma non si lamentava e non dava segni della sua fatica.

Wendell però era abbastanza intuitivo.

-Stai lavorando da un bel po’. Ti va di fare una pausa? Ti prendo il pranzo e possiamo mangiare al lago. E’ un bel posto ed è difficile che ci trovino in fretta, quindi possiamo battere un po’ la fiacca- propose infatti, piegandosi all’altezza del ragazzino per guardarlo negli occhi, con un sorriso incoraggiante.

Dipper sentì una morsa al petto che non riuscì a spiegarsi. Quel ragazzo lo convinceva sempre meno e non capiva il perché. Distolse lo sguardo prima ancora di incrociarlo, senza dire nulla.

-Capisco, scusami per qualsiasi cosa ti abbia fatto. Probabilmente non sarei dovuto essere così invadente, non ho la più pallida idea di cosa tu abbia passato- Wendell si alzò, e fece per uscire.

-Cosa?- chiese Dipper, alzando lo sguardo senza capire.

-Mi sono scusato, stupidotto. Mi sembrava il minimo che potessi fare. Mi rendo conto di essere risultato un po’ rude- gli sorrise, appoggiandosi vicino alla porta a braccia incrociate.

Dipper piegò la testa.

Wendell indicò l’esterno delle stalle.

-Allora, vuoi la pappa d’avena o la farinata d’avena? Credo debbano essere la stessa cosa ma Susan ama sempre mettere ingredienti extra nella sua parte- gli chiese, con un occhiolino.

-Non dovevi scusarti. Anzi, sei stato davvero molto gentile- Dipper scosse la testa, rigirandosi il ciondolo della catenella tra le dita -È che… per me è molto difficile- ammise, con le lacrime agli occhi.

-Capisco che ora hai bisogno dei tuoi spazi e questa situazione è difficile per te, ma sappi che per qualsiasi cosa potrai sempre contare su di noi, siamo una grande famiglia allargata. Pappa d’avena sia, comunque, torno tra poco- e dopo un cenno di saluto si avviò verso il castello per prendere il pranzo.

Dipper sorrise tra sé, arrossendo leggermente e stupendosi di ciò.

Che gli stava succedendo?

 

Passò un bel pomeriggio con Wendell, che gli presentò tutti i cavalli e gli fece pure fare un giro su Waddles, quello che lo aveva fatto dannare tutta la mattina scappando.

Dipper finì di lavorare che ormai stava calando la sera, ma era felice di avere poche possibilità di incontrare quello che sarebbe dovuto diventare il suo futuro cognato.

Purtroppo più si allontanava da Wendell più quei momenti di gioia che aveva passato con lui si fecero un ricordo sofferente, un momento singolo in mezzo a un mare di dolore che non appena raggiunse la sala dove si era tenuto il banchetto per svuotare il camino dalla cenere lo colpì dritto nello stomaco.

-Dipper Pines, quanto tempo- gli disse con rabbia a mo’ di saluto un dodicenne dai capelli biondo platino e lo sguardo falsamente angelico che sembrava aspettarlo seduto su un divanetto alla fine della stanza.

Dipper rimase un attimo fermo immobile, mentre osservava il famoso e potente Gideon Gleeful, quello che in un’altra vita sarebbe stato il marito della sorella che gli mancava da morire.

Vedere la possibilità che avrebbe potuto farla sopravvivere gli fece molto più male di quanto avrebbe mai voluto ammettere, ed abbassò lo sguardo, cercando di comportarsi da servo, cosa che ormai era.

-Mi scusi signor Gleeful, non credevo che qui ci fosse qualcuno. Tornerò più tardi- Dipper fece per uscire, ma Gideon lo trattenne.

-No, pulisci, servetto- gli ordinò, indicando il camino, e mettendosi comodo ad osservarlo mentre si spaccava la schiena per raccogliere tutta la cenere -Sto solo aspettando che i miei genitori finiscano di parlare con i Northwest. Sarà questione di poco, prima che decidano di darmi in sposa la signorina Pacifica- aggiunse poi con amarezza, e guardò il castano come se fosse colpa sua.

Dipper non parlò.

-Mabel doveva essere mia, e per colpa tua non lo sarà mai!- esclamò il biondo, tirando un pugno contro il muro, a pochi centimetri da Dipper, che sobbalzò, e lentamente si girò a guardarlo.

Gli lanciò una profonda occhiata d’avvertimento, poi tornò al suo lavoro.

Sotto i vestiti iniziava a sentire la catenella riscaldarsi, ma suppose fosse solo una sua impressione.

Gideon iniziò a camminare avanti e indietro, a braccia incrociate.

-Se non avessi spostato la data delle nozze ora lei sarebbe mia, solo mia. La mia preziosa sposa, e nessuno me l’avrebbe portata via. Ma tu…- si fermò e puntò un dito contro il ragazzo, che cercò di mantenere la calma -…Tu hai deciso di cambiare la data delle nozze. Per colpa tua e solo tua ora lei non c’è più e non potrà più essere…- cominciò il biondo, furioso.

-Non dirlo, Gideon- sussurrò Dipper a voce così bassa che non si sentì neanche lui.

-…MIA- concluse il ragazzino con fare possessivo, a pochi centimetri dal volto del servo, che si voltò e lo spinse a terra, cogliendolo del tutto impreparato.

-Lei non sarebbe mai stata tua, lei era solo sua, ti odiava, ti aveva sempre odiato e non ha mai voluto sposarti- gli urlò in faccia, finalmente dando libero sfogo a tutto quello che aveva sempre pensato del ricco spasimante di sua sorella, e con le lacrime che stavano sfuggendo dai suoi occhi.

Cercò di asciugarle, mentre Gideon si alzava, ancora più furioso.

-Ti farò impiccare per questo, aspetta solo che io ne parli con i miei genitori, bugiardo che non sei altro. Mabel mi amava!- esclamò con convinzione, minaccioso per quanto potesse essere minaccioso un bambino di dodici anni più basso di Dipper di venti centimetri buoni.

Il ragazzo però non poteva ribattere, era in una posizione sociale parecchio inferiore rispetto al nobile davanti a lui, ma dopotutto che senso aveva una vita così, ora che non aveva più nessuno.

La catenella si fece bollente sotto i vestiti, e prima che il ragazzo potesse decidersi a rispondere a tono o chinare umilmente la testa, fu costretto a cacciarla fuori, attirando subito l’attenzione di Gideon.

-Ma quella… è della mia Mabel- osservò, mentre Dipper se la sfilava dal collo scottato per metterla in una tasca.

Tese la meno per prenderla, ma Dipper la strinse a se, senza badare al fatto che era davvero doloroso.

-Non ti avvicinare- gli intimò, indietreggiando vicino ad una finestra che mostrava il cielo stellato.

-Dammela subito e valuterò l’idea di non farti giustiziare per la tua impudenza- gli ordinò Gideon, avvicinandosi, e alzando una mano come a volerlo picchiare.

Dipper vide solo di sfuggita la luce di una stella cadente che sferzava il cielo notturno prima di chiudere gli occhi aspettandosi uno schiaffo che però non venne.

Invece Gideon indietreggiò ed emise un’esclamazione sorpresa, prendendosi i volto tra le mani.

Dipper aprì lentamente gli occhi, per notare che tutta la cenere del camino si era sparsa su Gideon, o almeno così vide attraverso una figura evanescente e rossa davanti a sé.

Alzò lo sguardo cercando di carpiarne i contorni, ma era molto sfocata.

La catenella nella sua mano pulsava come un cuore umano.

-Te la farò pagare, Pines!- esclamò Gideon strofinandosi gli occhi, dove la cenere lo aveva colpito.

Per tutta risposta la figura rossa fece un movimento con la mano e un soprammobile cadde da sopra il camino, frantumandosi ai piedi del nobile e facendolo cadere a terra.

-C_come fai?- chiese Gideon, terrorizzato, guardando Dipper come se fosse lui il responsabile.

Il ragazzo non sapeva che rispondergli.

La figura parlò per lui.

-Sta lontano da mio fratello, viscido nanetto!- intimò verso il nobile.

-Mabel?- chiese Dipper incredulo, Gideon lo guardò confuso, ma Dipper non poteva sbagliarsi, aveva sentito sua sorella usare quel soprannome un milione di volte.

Il nobile si alzò in fretta, togliendosi la cenere dai vestiti.

-Niente di tutto questo è successo!- esclamò con voce insolitamente acuta, prima di scappare via dalla stanza, spaventato a morte e borbottando qualcosa su case infestate.

La figura rossa incrociò le braccia e fece la linguaccia al ragazzo appena uscito, per poi girarsi verso il castano, che la guardava incredula.

I contorni del suo volto e della sua corporatura si fecero più nitidi, e il colore cambiò lentamente dal rosso al bianco, mentre si apriva in un grande sorriso verso il ragazzo davanti a se.

-Dipper, mi sei mancato tanto- disse, avvicinandosi commossa.

-Mabel- sussurrò il ragazzo, mentre le lacrime iniziavano ad uscire senza che lui potesse controllarle -Sei proprio tu, sei proprio…- iniziò a singhiozzare, incapace di trattenersi, mentre la sorella gli metteva una mano sulla spalla, trapassandolo.

-Oh- ritirò la mano di scatto, diventando leggermente violetta, e abbassò lo sguardo.

Dipper si rimise la catenella, poi guardò la sorella ancora incredulo, e per la prima volta da quando era caduto in disgrazia sorrise, sorrise davvero, con pura e autentica felicità che non aveva provato neanche durante quello stesso pomeriggio con Wendell.

-Mi sei mancata infinitamente anche tu- sussurrò alla sorella, con voce rotta.

-Non me ne andrò più via, te lo prometto- la sorella gli fluttuò accanto e accennò un abbraccio pur sapendo che non si sarebbe sentito.

Dipper ridacchiò e ricambiò, sentendosi una piccola nuvola svolazzante i cui pesi erano stati tutti tolti dal petto.

Ma si sa, le nuvole preannunciano tempesta.

   
 
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