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Autore: Emmastory    10/05/2016    1 recensioni
La bianca lupa Runa, ora protetta dal suo branco e da un amore che non cesserà mai di esistere, continua il suo viaggio alla ricerca delle sue radici. Ne è completamente all'oscuro, ma gli umani, odiati dal suo intero branco, potranno un giorno rivelarsi la chiave del mistero che tenta di risolvere. Lei ha fiducia in loro, e muovendosi controcorrente, ignora i pregiudizi che circondano tali creature. (Seguito di Luna d'argento: Primordio notturno)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luna d'argento'
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Capitolo XIX

Vendetta

Nella nera e buia notte, il silenzio è rotto come vetro solo dal frinire dei grilli, animali notturni e intenti a cantare fino al mattino. Il tempo scorre, ed io sono palesemente e profondamente addormentata. Improvvisamente, vengo colta da un’orribile sensazione di freddo, e voltandomi, avverto l’assenza di qualcosa, o meglio, qualcuno. L’istinto mi porta ad aprire gli occhi, e guardandomi intorno, vedo ciò che non avrei mai voluto vedere. Astral è ancora preda del sonno proprio come mia nonna, ma uno dei cuccioli sembra scomparso nel nulla. Nova. La più grande e matura dei tre, è ormai sparita dalla vista mia e di sua madre. “Astral, svegliati subito.” La esorto, scuotendola al solo scopo di accelerare il processo. “Runa, è notte fonda, cosa vuoi?” chiede, sbadigliando e faticando a rimanere sveglia. “Si tratta dei cuccioli, Nova è sparita!” rispondo, alterandomi di colpo e sentendo la paura annidarsi fra le crepe e le fessure del mio gentile animo. “Che cos’è, uno dei tuoi sogni?” indaga, sarcastica. “Se non mi credi controlla tu stessa!” continuo, visibilmente irosa. Alle mie parole, Astral non risponde, limitandosi a rimettersi in piedi e fissarmi, sbalordita. Non poteva né voleva crederci, ma avevo ragione. Sua figlia era sparita, e come sue uniche tracce, dei ciuffi di pelo uniti ad alcune macchie di sangue. “Dobbiamo trovarla, ora!” gridò, rompendo il silenzio mantenuto fino a quel momento. In completo e perfetto silenzio, non feci che annuire, e svegliandosi, nostra nonna scelse di accompagnarci. La nostra corsa ebbe quindi inizio, e la nostra strenua ricerca andò avanti per quasi tutta la notte. Le ore passavano, e noi non facevamo che andare alla ricerca della piccola Nova gridando il suo nome. Improvvisamente, un odore raggiunse il mio naso, e fermandomi di colpo, lo riconobbi. In quel preciso istante, le tenebre della mia mente parvero scomparire. “Seguitemi.” Dichiarai, per poi ululare alla luna e iniziare una corsa a perdifiato verso il nostro unico obiettivo. La povera Nova era scomparsa, e aveva assolutamente bisogno del nostro aiuto. In fondo non era che una cucciola, e data la sua giovane età, sapevamo che non sarebbe certo riuscita a sopravvivere a lungo nella buia e pericolosa foresta. Disperate, continuavamo a chiamare il suo nome, e in lontananza, un grido d’aiuto. Tendendo le orecchie, Astral sentì la voce della sua amata figlia, e guardandomi, si esibì in un poderoso scatto in avanti. Appena un attimo dopo, una sorta di fruscio unito al fischio del vento, e proprio dinanzi a noi, il nemico. Scar. Il più scaltro e malvagio che abbia mai avuto la sfortuna di conoscere. Una malevola sorte vuole che non sia solo, e che al suo fianco ci sia la povera Nova. Il dolore sembrava pervaderla, e una grave ferita al collo le sporcava di sangue il pelo. Preoccupata, Astral lasciò che il suo istinto materno la governasse, e avvicinandosi, tentò in tutti i modi di difendere l’amata figlia dal nostro ormai conosciuto antagonista. Un ringhio potente e colmo d’ira abbandonò la sua gola, e con un balzo gli fu addosso. Fallì nel misero tentativo di atterrarlo, riuscendo comunque a ferirlo al muso. Una zampa cedette a causa delle ferite riportate, e Scar rimase inchiodato a terra, non avendo scelta dissimile dal lamentarsi per il dolore. Alcuni preziosi secondi svanirono, e guardandolo fisso negli occhi, mia sorella cadde in quella che era la sua trappola. Scar era ferito, certo, ma non mortalmente. Difatti, poteva ancora muoversi, e con una semplice zampata rese Astral impotente. Chiamando il suo nome, mi lanciai all’attacco, e mordendo con quanta forza avessi, vidi il suo sporco sangue uscire a fiotti da due fresche ferite aperte dalla pressione esercitata dai miei aguzzi denti sulla sua tenera carne. Ad ogni modo, qualsiasi sforzo appariva inutile. Ridendo compiaciuto di fronte alla mia stanchezza, riusciva ad alzarsi ogni volta, contrattaccando con forza sempre maggiore. “Siete patetici.” Disse, riferendosi a me e al resto dei miei congiunti. Di fronte alla nostra lotta, la piccola Nova lanciò un urlo agghiacciante e pieno di paura, e il nemico scomparve, sparendo nel buio. Con la sua scomparsa, il sorgere del sole. Faticando a respirare, fissavo il punto verso il quale Scar sembrava essersi diretto, lasciando che il mio sguardo cadesse sulla verde erba ora macchiata di rosso. Tesa come una corda di violino, continuavo a guardarmi intorno, andando con il solo sguardo in cerca di mia nipote Nova, ora sana e salva grazie al nostro intervento. Nel tentativo di confortarla, mi avvicinai, e per pura sfortuna, non riuscii a convincerla a seguirmi. A quanto sembrava, qualcosa la bloccava, e guardandola, non udii che una sola parola. “Mamma…” chiamava, voltandosi verso colei che le aveva offerto il dono della vita. Avvicinandosi, le sfiorò un fianco con la zampa, ma da parte sua nessuna reazione. Quel che vedevo non era che il suo corpo immobile e privo di forza vitale abbandonato fra l’erba, gli occhi spenti e vacui della loro solita lucentezza. Per lei era finita. Era appena stata uccisa di fronte alla sua stessa figlia, che mugolando, sperava invano in un suo risveglio. Per lei nulla da fare. La nuda e cruda realtà prendeva forma davanti agli occhi di una cucciola, e perfino mia nonna rimase interdetta e incerta sul da farsi. Vecchia, saggia e affidabile. Questi i tre aggettivi che userei per descriverla, ed eroica il quarto di cui mi avvalgo vedendola compiere un gesto a dir poco nobile. Avvicinandosi con lentezza e pazienza alla piccola, la afferra delicatamente per il collo, avendo cura di non peggiorare la ferita già presente. Siamo stanche, non riusciamo a camminare, e l’unica cosa da fare è tornare alla tana. Mi muovo lentamente, accompagnata dalla fiducia in me stessa, e silenziosamente, si fa largo in me un giusto e forse folle desiderio di vendetta.
   
 
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