Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: SaintPotter    10/05/2016    3 recensioni
““ Articolo uno. I ragazzi e le ragazze residenti al Palazzo di Forbia hanno il dovere di eseguire tutti i compiti ad essi assegnati. La sveglia è alle sei. La giornata lavorativa inizia alle sette del mattino e si conclude alle ore dodici, quando il sole è allo zenit. Il lavoro riprende alle tre del pomeriggio e si conclude alle sette di sera. I pasti sono tre e fissati rispettivamente per le sei e mezzo, le dodici e mezzo del mattino e le sette e mezzo di sera. […] I due sessi opposti non hanno il permesso di avvicinarsi più del dovuto (minimo trenta centimetri di distanza) se non durante i pasti o a partire dall’orario del riposo (ore ventidue e trenta). […] È severamente vietato uscire dalle proprie stanze durante il coprifuoco ed è altrettanto severamente vietato uscire dall’edificio in qualsiasi momento. Ai residenti del Palazzo di Forbia è negato l’accesso al giardino, all’attico del Direttore ed alle cucine, se non in queste ultime per dei lavori. […] Ogni infrazione delle regole prevede, in base alla sua gravità, una punizione di diverso genere.””
─── Storia Originale; fantasy, romantico, generale. ( SaintPotter )
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Ignis et Glaciem.

 


 



 

 
3.

L’asociale non ha più nessuno tra le chiappe.

 
Se penso che in fila mi trovavo dietro Elias, rabbrividisco. Se penso che lui poteva darmi un calcio nel sedere per tutte quelle volte in cui gli ho pestato i piedi, mi pietrifico. E letteralmente mi sarei potuta pietrificare, conoscendo ora il potere di quel biondino troppo alto per la sua età. O meglio, lui avrebbe potuto pietrificare me. Anzi, ghiacciare.
Non appena ha posato la mano sulla maniglia, il ghiaccio l’ha circondata, poi ha coperto la porta intera. E dopo alcuni secondi di bestemmie da parte di Caesar, che bestemmie non sono perché lui non crede in Dio, il ghiaccio sta ancora lì, a bloccare l’entrata ed a farci battere i denti per il freddo che pian piano aumenta. Elias compie tre passi indietro per allontanarsi dalla porta ed automaticamente il gruppo di ragazzi, me compresa, ne compie tre per allontanarsi da lui. Soltanto il signor Socker resta fermo dov’è e se la ride, buttando lì un divertito: «oh oh! – e qui assomiglia troppo a quello che mi hanno detto chiamarsi Babbo Natale – abbiamo trovato il primo potere!»
L’uomo è l’unico sorridente tra noi, ancora spaventati. Lui continua: «Abbiamo il nostro principino di ghiaccio!»
Principino di ghiaccio. Sono sicura che questo nome infastidisca Elias alquanto. Perfetto! Lo userò quando lui mi starà sul cavolo!
Dopo aver sbattuto le ciglia un paio di volte, sono più tranquilla. Sarà che la voce dell’uomo è parecchio calda e rassicurante. Tutto il contrario di Elias ed il suo potere glaciale.
Lui, poverino, sembra sconvolto e persino spaventato da se stesso. Cavolo, hai scoperto il tuo potere: festeggia, idiota! Anche se, certo, poteva anche evitare di ghiacciare la porta e bloccarci l’entrata.
Lo vedo insicuro, mentre il nostro tutor gli si avvicina e gli mette una mano sulla spalla e gli dice di star tranquillo, poiché l’entrata bloccata non è questo gran problema. Non credo che a preoccupare Elias sia proprio questo, ma be’, l’uomo non deve avere questa grande empatia! Due pacche sulla schiena ed un fischio dopo, il tutor esclama che sarebbe stato molto utile avere il signor Raffle con noi. Raffle? Gideon, Gideon Raffle, il mio amico? E lui cosa c’entra? Sa sciogliere il ghiaccio o cosa?
«Giuro che non l’ho fatto di proposito!» tiene a precisare Elias notando che il nostro capo sta pensando a come farci passare oltre la porta. Si vede che ha un enorme senso di colpa.
«Ci credo!» arriva la risposta. «Nessuno di voi ha ancora imparato a controllare il proprio potere! Spetta a me insegnarvelo.»
L’idea geniale che viene in mente a Grant Socker è quella di allenarsi, per oggi, insieme ad un altro gruppo. Per questo, ci fa entrare nella prima stanza, quella in cui si trova il gruppo della bionda di cui non ho ancora capito il nome.
 
Superata l’entrata e chiusosi Romeo (che è l’ultimo) la porta alle sue spalle, buio totale.
«Manipolazione dell’oscurità e delle ombre» sento dire al nostro tutor, affascinato, immaginandomi sul suo viso un sorriso soddisfatto e sentendolo persino battere una volta le mani. Dev’essere vicino a me: la sua voce, sebbene bassa, arriva chiara e forte alle mie orecchie. L’applauso mi fa sussultare e la persona alla mia destra se ne accorge, perché mi posa delicatamente una mano sul braccio per rassicurarmi. Solo per qualche istante, poi l’allontana. Non so di chi si tratti, ma spero che Natasha non voglia di nuovo appiccicarsi a me. La mano, comunque, è troppo grande e mascolina per essere di quella piccola cozza.
 
La tutor bionda dà alcuni ordini al sedicenne, maschio o femmina che sia, che ci impedisce di vedere intorno a noi e solo dopo un paio di minuti dice che è arrivato il momento di far pian piano tornare la luce. Il ragazzo o la ragazza con questo potere non è ancora capace di manipolare bene l’oscurità e per questo, anziché far avvenire il tutto gradualmente, fa improvvisamente sparire il buio e la luce mi acceca.
Assalita dalla curiosità, mi volto in fretta a destra e vedo che ci sono Romeo ed Elias. Non posso sapere a chi, fra i due, appartenesse la mano. Almeno non è di Natasha, che mi accorgo essere dietro di me nel momento in cui, entusiasta, se ne esce con un sussurrato “assurdo!
Prego che si allontani da me, invece si avvinghia al mio braccio e mi domanda se l’abbia trovato assurdo anch’io. Ho deciso: lei è assolutamente detestabile. Le do una gomitata e compio un passo in avanti, così è costretta, lei, a lasciarmi il braccio.
Mentre io combatto la mia lotta contro la gente che mi tocca quando non dovrebbe farlo, la donna a capo del primo gruppo inizia a parlare duramente ed afferma il seguente: «va bene, signorina, ma hai fallito miseramente al termine della prova. Per tua fortuna, siamo solo all’inizio. La prossima volta mi aspetto un lavoro migliore!»
Un momento: questa tipa (dev’essere Eileen, perché è nella sua direzione che il boss sta guardando) ha fatto questo ottimo lavoro (insomma, è la sua prima volta!), scovando ed iniziando a manipolare il suo potere, e le viene pure detto che poteva e dovrà fare meglio? E a me cosa deve essere detto, che non so ancora cosa so fare?
Penso sia fantastico avere Grant Socker come tutor e non la donna. L’uomo è forse centomila volte meglio. Più umano, diciamo. È l’unico adulto, al Palazzo, che per ora mi ha fatto una decente impressione.
Noto accanto ad una parete il Direttore, che, con una smorfia di disprezzo e delusione sul volto, scuote la testa. Mi domando cosa si aspettino da noi il primo giorno; a me questo sembra un buon inizio. Spero che con me non siano così duri, non amo quando mi mettono addosso tanta pressione.
«Daphne, è un problema per te se per oggi uniamo i due gruppi? La nostra stanza è inaccessibile» afferma Socker, vicino alla donna. Lei inarca un sopracciglio, prima di chiedere spiegazioni, così in pochi secondi viene raccontato l’incidente della porta ghiacciata. Il Direttore è nuovamente deluso e chiede chi sia questo ragazzo capace di far ghiacciare gli oggetti, così gli viene indicato Elias. L’uomo dai grigi capelli ha uno sguardo attento, vuole assolutamente ricordare il volto del ragazzo. Non perché gli importi di lui, pare, ma forse perché sente che di questo non può importargli e deve ricordarsi chi ha già messo nella lista nera. Sì, lo so, devo star facendomi un mare di film mentali. Chissà come mi vengono in mente certe cose! Non posso sicuramente sapere con esattezza a cosa stia pensando il Direttore.
«E sia, per oggi uniamo i gruppi!»
Fantastico! Dovrò passare del tempo con questa donna senza cuore!
 
Caesar sta sussurrando qualcosa all’orecchio di Ruth. Lei ha uno sguardo del tutto perso. Non so se l’avesse già prima, a dire il vero non mi ero soffermata a guardare il suo volto. Noto che ha degli occhi verdi enormi, ma è un verde strano, un verde quasi opaco, un verde che tutto mostra meno che speranza. Un verde poco vitale. Lei annuisce, quando Caesar termina di parlare. Lo ringrazia, ma non lo guarda in faccia. Guarda davanti a sé, come se, a parer di lei, egli si trovasse lì e non al suo fianco. Come se non potesse vederlo. Se ne sta immobile al suo posto, come se non potesse muoversi senza fare un passo falso. Per un momento penso che non sappia dove si trovi, che non veda. Mentre rifletto, la mia fronte è corrugata. Sento lo sguardo di Romeo, sempre poco gentile, addosso, quindi mi volto verso di lui e trovo la conferma. Che caspita! Perché mi guarda sempre male?
Mi ritrovo a sbuffare, poi lui mi dice che Ruth è cieca dalla nascita e le mie labbra vanno a schiudersi. Non sapevo che lei non potesse vedere, non me ne ero accorta nei minuti precedenti passati con lei, né in tutti gli anni passati a dormire nel suo stesso dormitorio (c’è da dire, però, che si tratta di una sala enorme e con tantissime ragazze, inoltre il letto di Ruth è lontanissimo dal mio). Stupida, stupida, stupida Galene! Se sono così sciocca, tanto vale non trascorrere il mio tempo a riflettere, ma a guardarmi intorno e basta. Però, i miei pensieri sono come un fiume, o mille fiumi, e, per esempio, uno di questi è che forse Caesar stava avvisando Ruth di cosa stesse accadendo, dato che lei non ha visto il buio né altro. Sì, giusto!
Mi ritrovo a fissarla e un po’, ammetto, mi dispiace per lei. Tra tutti i sensi, la vista è sicuramente quello che più mi rassicura. Preferirei essere sorda, oppure muta, piuttosto che cieca.
Noto Romeo passarsi la mano sull’altro avambraccio, dove sta la scritta incomprensibile. Stavolta non perdo tempo a farmi domande.
 
«Avvicinatevi!» ci ordina Daphne (e la chiamo così giusto perché non so il suo cognome), lasciando perdere il suo gruppo, che ci fa spazio in mezzo alla stanza avvicinandosi ad una parete. «Chi di voi ha già scoperto cos’è che lo rende speciale?»
Silenzio totale.
«Il principino di ghiaccio a parte» aggiunge, lanciando un’occhiata ad Elias. L’ha chiamato nello stesso modo in cui l’ha chiamato Grant Socker, ironico.
Ad Elias, sentendosi preso in causa, viene da tossire. Io, al posto suo, abbasserei lo sguardo ed arrossirei tutta. Non amo stare al centro dell’attenzione quando mi trovo con gente come quella donna insopportabile dagli unti e biondi capelli.
Nessuno, ancora, fiata. È Socker che interviene dicendo che nessuno sa niente dei propri poteri, oltre il signor Manuels. Dopotutto, non ne abbiamo avuto il tempo. Come avremmo potuto scoprire qualcosa?
Noto un luccichio negli occhi di Daphne, sicuramente fiera di sé perché ha già dato una prima lezione a Eileen per il suo potere della manipolazione dell’oscurità e delle ombre. Però, finge di non essere soddisfatta, anzi vuole sembrare ancora più dura e mostrare disprezzo e superiorità nei confronti del nostro tutor. Competitiva, la tipa! Dice che già due sue allieve hanno scoperto cosa sono in grado di fare e chiede alla prima, Céline, di mostrarci la sua capacità di Volo, dato che la seconda ha già dato.
Certo, così non vale! Eileen è una che apprende in fretta e comunque non sa bene come controllare il suo potere, mentre volare non è una cosa tanto difficile, se puoi farlo! Non è, intendo, un potere che devi controllare chissà quanto; un po’ come la super forza: o ce l’hai, o non ce l’hai. Quindi, non può pensare di aver fatto un lavoro migliore del nostro tutor! Se non si fosse notato, faccio il tifo per Socker.
Céline si alza da terra di una ventina di centimetri in un volo un po’ goffo, poi cade sul pavimento. Ritiro ciò che ho pensato: forse volare non è tanto semplice come sembra. Però, deve essere più semplice della lettura della mente. Suppongo ci voglia molta più concentrazione (e molto più chissà che altro) per sapere cosa gli altri stiano pensando. Non basta certo schioccare le dita, no?
 
«Solitamente i poteri si mostrano da soli – continua la donna – tuttavia qui potete trovare oggetti che possono aiutarvi.»
Guardandomi intorno, vedo che nella stanza ci sono numerosi oggetti. Oggetti di ogni tipo, da sedie a coltelli, da scarpe a chiavi inglesi, da insetticidi a lattine piene di thè al limone (che fra l’altro non ho mai assaggiato, perché a mensa non lo servono). Ci sono anche alcune gabbiette con conigli e altri piccoli animali, tutti molto docili a vedersi. Il criceto bianco con la macchia marrone sull’occhio destro mi piace un sacco!
Forse ho davvero grossi problemi alla vista, se in questi minuti non ho notato nulla di tutto ciò. Oppure, i problemi sono semplicemente collegati alla mia concentrazione.
«Possiamo sottoporvi a dei test, possiamo mettere a dura prova i vostri limiti per scovare il prima possibile il vostro potere. Una volta trovato, bisogna solo allenarvi perché lo utilizziate nel migliore dei modi.»
Sì, be’, questo l’avevo già capito!
Un ragazzo alza la mano. Mi pare che il suo nome sia Bryan, ma potrei sbagliarmi. Gli viene chiesto di parlare e lui pone la sua domanda, ossia se possa provare ad alzare la pesante automobile che sta in un angolo della stanza.
«È che… sarebbe fantastico avere la super forza» ammette timidamente.
Dopo questa affermazione Daphne può anche sputargli in un occhio, dico io. Però è troppo carino perché gli venga fatto un torto simile!


 
( … )
 
 
Sono circa venti minuti che maneggiamo oggetti vari e cerchiamo di concentrarci su alcuni poteri che ci vengono in mente, ma ancora nessuno è riuscito a scoprire niente. Fino ad ora, solo Elias, Eileen e Céline conoscono i loro poteri. L’ultima sta esercitandosi con la signora Daphne, mentre Elias sta giocando con Eileen. Giocando, dico io, perché il loro allenamento mi sembra una perdita di tempo: lei dovrebbe creare piccole ombre dove sono alcuni oggetti e lui riuscire a ghiacciare solo l’oggetto prescelto. Invece, lei mette in ombra metà stanza e lui infila le mani nelle tasche finché non è sicuro se ci sia o meno qualche essere umano sia nelle vicinanze. E ridono, ridono di gusto. Ma che cavolo si ridono!
Io me ne sto nella metà della stanza sempre illuminata a fissare gli altri. Non intendo avvicinarmi ad Eileen, non voglio rischiare di diventare un’ombra vivente. E non voglio più nemmeno esercitarmi per scoprire cosa sono in grado di fare, perché mi sto rompendo ad accendere e spegnere accendini, a fare i grattini ad un micio ed a fare improvvisi scatti per vedere se sono più veloce degli altri. Preferisco imitare Romeo, che si è arreso e seduto a terra, con la schiena poggiata ad una parete, a guardare male il mondo intero. Così, mi butto giù. Appropriatami di meno di un metro quadrato di pavimento, vedo che Natasha sta aiutando una ragazza del primo gruppo col suo potere, che crede essere la forza sovrumana. Non lo è, dato che con la collaborazione dell’altra non riesce a tirare su neanche un lingotto d’oro. Caesar osserva alcuni oggetti, probabilmente pensando a quale ora possa utilizzare; se ho visto bene, li ha usati praticamente tutti. Jordan, del primo gruppo, muove le mani in modo strano; non voglio neanche immaginare cosa intenda fare. Ruth è da sola in mezzo alla stanza, le braccia intorno al proprio stomaco, con gli occhi socchiusi. Sinceramente, mi fa pena. Per questo, non posso fare a meno di avvicinarmi a lei. Mentre cammino verso la ragazza cieca, sento tre ragazzi parlare del potere di Eileen. Uno, che non è del mio gruppo, dice di non aver visto il buio ed un altro insinua che possa trattarsi di visione notturna, un potere molto figo, a detta sua. L’amico dice che è sicuramente così, che questo è il suo potere. Credo che menta e lui lo sappia, deve trattarsi del solito sbruffone che vuole far vedere a tutti di essere il migliore e quindi, in questo caso, di sapere di avere un potere speciale, a differenza di noi altri.
«Stai zitto, Ivan! Tu non hai la visione notturna!» sento Cheryl rimproverarlo. Lui smette all’istante di gonfiare il petto ed abbassa gli occhi, vergognandosi di essere stato ripreso da una delle ragazze più carine del Palazzo. Sbuffo, mentre li lascio perdere e raggiungo Ruth. Cautamente, pongo la mia mano sulla sua spalla e l’informo sulla mia identità. La vedo rassicurarsi nel sentire il mio nome, mentre il tocco l’aveva fatta sussultare. Anche io, mi vien da pensare, avrei avuto paura se a toccarmi fosse stata Daphne. O Natasha.
«Hai bisogno di aiuto?» le domando.
«No, ti ringrazio.» La sua voce è dolce come il miele, ma da essa traspare una leggera tristezza. Mi sorride e persino in questo sorriso colgo questa tristezza. Il mio sorriso, che lei non può vedere, risulta uguale al suo. A quanto pare non sono l’unica a non saper sorridere.
«Hai deciso di arrenderti, eh?» continuo. «Anche io. Ormai spero che il mio potere venga fuori da solo.»
«Le hai provate tutte?» mi domanda, e sono sicura che non lo faccia per curiosità, ma giusto per continuare la conversazione. Ci penso su: no, non le ho provate tutte. Ormai, però, parecchio tempo è passato e ancora sembro una ragazza normale. Non ho la velocità supersonica né niente. Sono come tutti gli altri. Ancora.
«Ne ho provate abbastanza» ammetto, non in totale sincerità. Avrei potuto fare di più. «Più che altro…»
«Puoi portarmi vicino alla parete?» mi interrompe, senza più alcun sorriso forzato sul volto. Resto a bocca aperta per questa domanda e un misero “oh” esce dalle mie labbra e devono passare parecchi secondi prima che mi decida a rispondere con un educato “certamente”. Lei continua dicendo che preferisce starsene in un angolo, in disparte. Timidamente e tristemente, aggiunge a voce bassa di non sapere dove siano i muri.
Non credo in Dio, ma… cavolo, perché le hai fatto questo?
La afferro delicatamente per un braccio e le faccio strada verso una parete, dove si trova Romeo. Ci sediamo al suo fianco, Ruth tra me e lui, ma ad una distanza di sicurezza. Romeo deve accorgersi di noi, ma non osa guardarci. Invece, le ginocchia circondate dalle sue braccia, fissa male Daphne che avvisa Eileen che è arrivata l’ora di esercitarsi col signor Masmal, tutor di un altro gruppo. L’idea è buona, dato che l’Uomo Stella può creare la luce e lei spegnerla. Eh, signor Socker, però potevi fartela venire in mente tu, questa cosa! Io tifavo per te!
Adesso Elias dovrà esercitarsi da solo. Vedo Eileen annuire e dirigersi verso la porta per raggiungere l’altro gruppo. La maledico perché è avanti rispetto a me e mi domando perché lei sia riuscita a scoprire il suo potere (e soprattutto come) ed invece io no. Allora, ecco l’illuminazione: basta chiedere, no?
Dico a Ruth che torno subito e corro da Eileen, la fermo prima che se ne vada.
«Sì?»
«Vai dall’Uomo Stella?» le domando, anche se conosco la risposta. «Cioè, il signor Masmal» mi correggo. Lei annuisce e mi dice che glielo ha ordinato la signora Shark. Ecco qual è il suo cognome!
«Come hai fatto? Come sei riuscita a scoprire ed a maneggiare…»
«Il mio potere?» mi chiede, interrompendomi. Ride piano, poi si guarda intorno. Non mi sembra che mi guardi con aria di sufficienza, che mi parli come se si sentisse superiore. «In realtà, l’avevo già scoperto un paio di settimane fa. Durante i lavori. Stavo pulendo l’Ufficio del signor Doyve, quando per errore ho fatto cadere sul pavimento il suo adorato portapenne di ceramica. Si è frantumato in centinaia di pezzi e in quel momento sono andata nel panico. Ho pensato di spazzare via i pezzi, sperando che lui non si sarebbe poi accorto dell’assenza dell’oggetto. Però all’improvviso la porta si è aperta e lui è entrato.» Pausa, deve schiarirsi la gola. «A dirla tutta, pensavo mi avrebbe uccisa. Ed è diventato tutto buio.»
«All’improvviso?» chiedo, corrugando la fronte. Lei annuisce.
«Il Direttore ha chiesto cosa fosse successo e subito è uscito dall’Ufficio dicendo che sarebbe andato a chiamare qualcuno. Allora, tornata la luce, ho raccolto i pezzi del portapenne e li ho buttati. Quando è tornato non si è accorto che questo non ci fosse più!» termina, tutta soddisfatta.
«Sì, ma…» intervengo io. «… il potere? Tutto qui? Poi che è successo?»
«Be’…» riprende. Il suo sorriso si spegne e mi accorgo che ha incontrato lo sguardo di Daphne Shark. Lei le ha intimato di muoversi a raggiungere l’altra stanza. Quando torna a parlare, con una leggera ansia, la sua lingua si muove più in fretta. «In dormitorio ho cominciato a farmi delle domande e ho capito di essere stata io. Un giorno sono riuscita a spegnere una candela con un movimento della mano e da quel momento ho iniziato ad esercitarmi.»
Non so altro di questa storia, perché Eileen si blocca alla vista di una scena preoccupante e guarda con aria spaventata oltre di me. Con un sopracciglio alzato, mi giro per vedere cosa sia successo. Elias, durante il suo allenamento, ha per errore colpito Romeo, che adesso ha il viso pieno di brina.
Ops” sento il biondino boccheggiare. Romeo ha lo sguardo di un assassino. Più del solito. Ruth, che pure non vede, non impiega molto a capire cosa sia accaduto ed a trovare il braccio del ragazzo, quindi poggia su questo una mano. Per la precisione, tocca la scritta incomprensibile dell’avambraccio. (Un giorno la leggerò, oh sì!) Sussulta, notando la presenza di inchiostro sulla sua pelle. Il gesto di lei non ferma Romeo, che si alza in piedi e raggiunge in breve tempo Elias. Quest’ultimo tenta di scusarsi, ma l’altro non lo ascolta. Si getta su di lui, un pugno fa sanguinare il naso del biondo. Lo immaginavo più pacifico, invece (spero per difendersi) Elias risponde con un gancio destro. Si prendono a pugni e, mentre i presenti si allontanano il più possibile dai combattenti, Shark e Socker, da lontano, gridano di smetterla immediatamente. Li puniranno, ne sono sicura. La signora Shark urla una seconda volta vedendo che i due non la ascoltano. Le guance di Romeo sono arrossate, quelle di Elias messe peggio. Il naso di questo continua a sanguinare. L’altro si ritrova quasi sopra il biondo, che pure continua a difendersi ed attaccare. Una terza volta, le grida della donna. Ad urlare, poi, è Elias, mentre diventa sempre più viola in volto. Inizia a contorcersi sotto il corpo di Romeo, mentre questo tiene le mani sul suo collo e lo stringono.
«Qualcuno faccia qualcosa!» grida qualcuno. «Lo sta ammazzando!»
«Che gli sta facendo?»
«Vuole farlo soffocare?»
«No! Le sue mani! È il tocco della sua pelle!»
«Diventa tutto viola!»
Effettivamente, la pelle di Elias sta assumendo uno strano colorito. Sono terrorizzata da questa scena. Sento il mio stomaco bruciare.
«Signor Numphy! Si tolga subito di mezzo!» rimprovera aspramente la signora Shark, mentre raggiunge i due ragazzi. Il cognome deve averlo semplicemente indovinato. Prende Elias da parte ed ordina a Socker di portarlo nell’infermeria. Il Direttore non è ancora intervenuto. La donna ha uno sguardo durissimo. «Nessuno lo tocchi!» ci dice, riferendosi a Romeo. «Questo essere può uccidervi tutti!»
Non riesco a comprendere le emozioni di lui, ma il termine “essere” non deve averlo gradito. Non osa ribattere, però.
«Tu – continua la donna – hai il veleno nel corpo! Ecco il tuo potere!»
Romeo la guarda con delusione. Per se stesso? Per cosa? Anche con disprezzo, forse. La mia bocca è spalancata. Elias, per colpa sua, ha il corpo pieno di veleno. Sono ancora spaventata. Non so a che pensare. Lui si volta verso di me. Mi guarda tanto intensamente che sembra mi stia toccando ed iniziando a strozzare. Tanto intensamente che sembra mi stia facendo male, come ha fatto ad Elias. Ci avvolge il silenzio, ad un tratto mi domando se vivo ancora. Sento il cuore di Natasha battere, improvvisamente al mio fianco.
«Nessuno gli si avvicini!» ripete la tutor. Vedo Romeo arricciare le labbra in un sorriso pieno di amarezza. Sembra dire “bene, tanto non volevo nessuno. Adesso, finalmente, nessuno potrà più rompermi. Sarò ancora più solo”.
Vorrei abbracciarlo, ma anche scappare da lui il più lontano possibile. Romeo potrebbe ucciderci tutti.

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: SaintPotter