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Autore: Memi J    09/04/2009    5 recensioni
Aggiornata con la Part Seven.
«Oh oh. Sei appena arrivato e hai già localizzato il tuo bersaglio?».
Ichigo parve recepire solo qualche parola rivoltagli dal rosso.
«Renji. Chi è quella ragazza?» domandò ambiguo, indicandogli l'obiettivo con un cenno del viso.
«Come sarebbe a dire “chi è”? Mi prendi in giro?!». Abarai lo guardò sconcertato, con occhi puramente sbigottiti, ma lo stupore di Ichigo non era da meno.
«Quella è Rukia, Rukia Kuchiki! Non puoi non conoscerla!».
«Scusatemi tanto se sono un forestiero che non ha mai messo piede in questa contea nell'arco della sua intera vita, nobile conte Renji Abarai» disse, con una notevole punta di sarcasmo.
«Ora mi vorreste dare delle spiegazioni, per cortesia?». La percettibile ironia aveva raggiunto i suoi estremi.
«Rukia Kuchiki... – proruppe Ishida – è la contessa di Karakura, nonché sorella minore del barone Byakuya Kuchiki, tutt'ora sovrano della contea».

Una AU ambientata all'epoca di conti, principi e scene settecentesche.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Byakuya Kuchiki, Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Turn back the earldom, Part Five.
Resentful Ultimatum.


Il 23 Maggio 1709 era un giorno di pioggia, a Karakura. In Villa Kuchiki troneggiava un silenzio quasi inquietante, forse perché insolito: probabilmente l'animo dei nobili era triste per via del temporale, iniziato quella notte ma che non accennava a cessare. Fuori, nelle strade sterrate, le pozzanghere infangavano le poche e piccole depressioni, e venivano spesso squarciate dal passaggio delle grandi ruote delle carrozze piuttosto che calpestate dagli zoccoli dei cavalli o da qualche passante maldestro. Erano ore che le gocce di pioggia si schiantavano al suolo, ormai. L'unica a godere di tutta quell'acqua era probabilmente la rigogliosa vegetazione del giardino della villa, il cui prato desiderava prendersi una pausa dal venir calpestato di continuo.
Nonostante fosse albeggiato da poco, Byakuya Kuchiki si era già sistemato alla sua scrivania, accomodato sulla sua poltrona personale che, in tutti quegli anni, aveva assistito a chissà quanti e quali affari. Malgrado il tempo trascorso dalla sua forgiatura, quella poltrona non era per nulla usurata: anzi, il suo colore era ben lontano dal sembrare opaco e consunto.
Il barone era impegnato ormai da minuti a firmare qualche solito documento, mentre sorseggiava una tazza di tè fumante. Ogni tanto si ritrovava a specchiarsi nel ritratto di sua moglie Hisana, che se ne stava lì, appeso alla parete di fronte alla scrivania, grande quanto la finestra che costituiva l'unica apertura di quella stanza verso l'esterno della villa. Ogni volta posasse gli occhi su quel dipinto, notando la fortissima e tangibile somiglianza fisica che legava sua moglie a Rukia, pensava alla sorella, e quindi ai ricordi della sera precedente. Allora si ritrovava a riflettere sul come la contessa di Karakura potesse provare qualcosa verso un semplice cavaliere: poi si sfregava la fronte, e pensava che in fondo, un ballo non significasse nulla di non superfluo. Eppure, in un certo senso, riscontrava in sé una strana insicurezza; e se quel cavaliere stesse solo avvicinando Rukia per poi trarre vantaggio dal matrimonio con una nobile? Se fosse interessato solo ai profitti che potrebbe ricavarne? Anche se Renji aveva cercato di rassicurarlo, Byakuya era fermamente convinto che tutto ciò fosse inaccettabile.
«Cara Hisana...». Si sollevò dalla sedia, avvicinandosi al ritratto.
«Rukia sta crescendo... ormai è una donna stimabile, sai. Eppure... c'è qualcosa in lei che mi turba, e che mi rende insicuro. E poi... poi c'è quel Ichigo Kurosaki». Sfiorò il quadro con la punta delle dita in corrispondenza del viso, sentendo l'olio della pittura inumidirgli la pelle.
«Hisana... cosa devo fare? Non voglio che mi portino via anche lei...».
L'espressione lieta e sorridente di Hisana Kuchiki seppe strappare un sorriso anche al freddo barone, che si sentiva rassicurato ogni volta ammirasse quei lineamenti tanto amati.
«Ho deciso» asserì infine. «Ichigo Kurosaki, io... farò in modo che sparisca».

***

La flebile luce del sole sorgente sollecitò le sue palpebre ad aprirsi; quando Rukia realizzò che fosse già mattina, avvertì un leggero disagio nel riconoscere che ormai una notte l'avesse separata da quel banchetto, durante il quale aveva ballato con Ichigo: ancora distesa sul letto, abbracciò il lembo della coperta e la strinse forte al suo petto, cercando di ricordare le sensazioni che aveva provato. Ma immediatamente capì che no, le sarebbe stato impossibile esprimere a parole quei sentimenti, che sentiva ancora vicini e che sperava trepidamente non l'abbandonassero mai. Sapeva solo, con certezza, di essere stata bene, lì, piacevolmente immersa nel calore che il corpo di Ichigo, così vicino, le trasmetteva. Forse non si era mai sentita così serena; e doveva tutto a Kyone. Era stata quest'ultima, infatti, ad organizzare la serata: il banchetto, la messa in scena, i suoi abiti ed il suo trucco. Era stata lei a renderla perfetta agli occhi del bel cavaliere che, secondo il suo racconto entusiasta, doveva essere davvero cotto, per quanto si ostinasse a nasconderlo. Anche se Rukia, di questo, non era per nulla convinta.
Scese dal letto in punta di piedi, dirigendosi verso la porta della stanza. Non aveva alcuna voglia di vestirsi ed indossare quei soliti abiti che lei stessa reputava scomodi e poco elastici. Percorse un largo corridoio, prima di cominciare a scendere gli alti gradini di una scalinata che portava al piano sottostante, dove incrociò Kyone.
«Oh, contessa Rukia, buongiorno!».
«Buongiorno a te, Kyone».
La nobile si sentì squadrare da capo ai piedi.
«Ma cosa ci fai ancora in camicia da notte?» brontolò la serva.
Fine della fuga di libertà senza vestiti imprigionanti.
Rukia si sentì afferrare il polso, e venne trascinata via nel suo punto di partenza, dal quale si era furtivamente mossa con tanta cautela.
«Vieni, vieni! Il barone Kuchiki vuole parlarti, non puoi presentarti nel suo ufficio conciata così!».
La Kuchiki deglutì. «Mio fratello vuole parlarmi?».

Statica davanti alla porta dell'ufficio, Rukia sapeva già tutto: sapeva di cosa suo fratello l'avrebbe rimproverata, conosceva il motivo della sua convocazione. Sapeva cosa l'avrebbe aspettata, sapeva le conseguenze delle sue azioni; lo sapeva sin dall'inizio. Ciò che non sapeva era cosa avrebbe dovuto dire, cosa avrebbe dovuto fare. A quel punto si chiese solo se sarebbe stata capace di reggere le parole di Byakuya.
Abbassò la maniglia della porta, senza prestare troppa attenzione al tremolio delle sue mani e al palpitare del cuore. Nel peggiore dei casi sarebbe stata ripudiata, ma immediatamente ricacciò indietro quel pensiero: per quanto acido potesse essere, sapeva che suo fratello non sarebbe stato capace di fare una cosa del genere.
Spinse, ansimante, quindi entrò.
«Buongiorno, nobile fratello. Desideravate parlare con me?».
L'espressione di Byakuya non si alterò minimamente, né mutò il suo sguardo quasi insensibile.
«Sì. Prego, siediti pure».
Brutto segno. Quando Byakuya invitava qualcuno a sedersi, stava a significare per certo che si trattasse di una cosa irrisolvibile in pochi minuti. Nonostante ne fosse a conoscenza, Rukia accolse questa sua esortazione e si accomodò su una sedia di fronte alla scrivania. Byakuya sospirò profondamente, iniziando il suo discorso soltanto qualche secondo dopo, tempo durante il quale il silenzio era rotto solo dai loro respiri.
«Rukia... posso farti una domanda?» chiese, con un tono inaspettatamente modesto e gentile.
«Certamente, fratello».
«Ieri sera...» proseguì, in tono piatto. «Con chi stavi ballando, ieri sera?».
Eccola, la tanto fatidica domanda che Rukia si aspettava, alla quale però non avrebbe saputo rispondere. Non aveva scuse, no, non ne aveva. Dopotutto era stata una sua decisione ballare con Ichigo. Perché lei aveva desiderato farlo. E allora? Dov'era il problema? Chi non è nobile non è un animale. Cosa contava, la classe sociale di appartenenza? Cosa, comparata ai sentimenti? Nulla. Semplicemente non contava niente, poiché se due persone vogliono stare insieme, stanno insieme, al diavolo le classi sociali. Questo pensava Rukia, ed era forse l'unica cosa della quale era fermamente convinta. Avrebbe volentieri rinunciato alla sua posizione, se questo avrebbe voluto dire inseguire i propri ideali. Per questo, non ebbe paura di rispondere; inoltre, era certa che suo fratello fosse già risalito all'identità del misterioso cavaliere: impossibile che non avesse già provveduto a rovistare tra i meandri della sua vita privata, per indagare su ogni suo singolo movimento. Nonostante sapesse che Byakuya Kuchiki, in fondo, le volesse bene, vivere accanto a lui era una prigionia.
«Ichigo Kurosaki, un cavaliere del re. Ma dubito che voi non lo sapeste già».
Rukia deglutì, nel vedere gli occhi del nobile fissarsi nei suoi. Tentennò un istante.
«Da dove viene questa tua convinzione? Cosa ti fa pensare che io lo sapessi già? Se l'avessi saputo, non te lo avrei chiesto. Non ti sembra?». Stranamente – molto stranamente – il suo timbro di voce si era addolcito.
«È il vostro modo di fare, fratello. Sono certa che voi sapete già tutto. Mi sbaglio, forse?».
Rukia assottigliò gli occhi cristallini, in uno sguardo che Byakuya interpretò come un gesto di sfida.
Sapeva che la sorella non era abile nel desistere, e che non avrebbe rinunciato a credere nelle sue sicurezze; probabilmente non avrebbe ceduto alle sue menzogne. Il barone sospirò, sconfitto, attorcigliando le dita tra loro.
«E va bene. Lo sapevo». La contessa scosse la testa e sorrise, acidamente ironica. Sapeva che la loro conversazione si sarebbe trasformata in una discussione, per poi sfociare in un litigio. Sarebbe stato scontato.
«Ci avrei scommesso», affermò con una punta di ostilità.
«Rukia... non pensare che io mi stia facendo gli affari tuoi».
«Ah, non dovrei?». Si alzò in piedi, scostando la poltroncina dietro di sé spingendola via con le gambe.
«Io mi sto preoccupando per te... Sto cercando di proteggerti». Il volume della voce iniziava progressivamente ad alzarsi, e quest'ultima frase fuoriuscita dalle labbra di Byakuya bastò per fare esplodere Rukia.
«Proteggermi?! È questo il tuo modo di proteggermi?». Mantenere un linguaggio educato e formale era già stato cancellato dalla “lista delle cose più importanti da fare in presenza di Byakuya Kuchiki” della contessa.
«Spiandomi ed indagando su tutto ciò che faccio? Sarebbe questo, il tuo modo di prenderti cura di me?!».
Byakuya, ascoltandola, cercava di giustificarsi, ma l'irascibilità della sorella permetteva lui solo di sollevare le mani e gesticolare, tentando di re-instaurare la calma.
«Rukia... Rukia, lasciami spiegare...».
«Non c'è nulla da spiegare! Ne ho abbastanza della tua prigionia, ho diciannove anni, so badare a me stessa!».
Byakuya si levò in piedi, troneggiando sulla sorella, che però malgrado le sue aspettative non accennò ad abbassarsi, mutando il suo linguaggio e comportamento.
«Talmente bene da incollarti ad un cavaliere!» la rimproverò il barone, acre e pungente. Lei ridusse gli occhi a due fessure. «Già, perché per te chi non è nobile è spazzatura». Ci mise tutto il veleno di cui era capace, tanto che le lacrime iniziarono ad accumularlesi agli angoli degli occhi, dove rimasero paralizzate.
Byakuya frenò l'istinto di schiaffeggiarla per la sua mancanza di rispetto, poiché infondo, riflettendo, le parole della sorella non erano state poi così assurde e false. Ma, sebbene si sforzasse, non riusciva a tollerare l'immagine della sua cara Rukia accanto ad Ichigo Kurosaki. Sospirò profondamente.
«Ora basta. Se vuoi continuare a vederlo, quella è la porta».
Rukia accolse volentieri quell'ultimatum, rivolgendogli un ultimo sguardo torvo e astioso. Non sopportava più quella situazione, né quella perenne sensazione di disagio che l'aveva stritolata per tutta l'intera durata della conversazione. Aveva perforato l'orgoglio di suo fratello, ma, nonostante in quel momento lo odiasse, non riuscì a trarre sollievo e conforto da quel suo gesto; anzi, il fatto di aver offeso Byakuya le procurò una certa sofferenza.
Si morse la lingua e, distolto lo sguardo dal viso supplichevole del nobile, si diresse con foga verso la porta, che fu aperta e velocemente richiusa con veemenza, lasciando quella stanza affogare nel silenzio. Il barone si risedette, appoggiò i gomiti sulla superficie lucida della scrivania e si afferrò la testa tra le mani, stringendola con forza.
«Non volevo finisse così...» mormorò, ma Rukia era già lontana.

La contessa scese le scale con ardore, senza badare alle serve che le chiedevano cosa fosse successo; un ciuffo di capelli le nascondeva il viso, ormai rigato da quelle lacrime che fino a poco prima non avevano trovato il coraggio – la forza – di solcarle le guance. Avanzava veloce sostenendo la gonna dell'abito per evitare di inciampare sui suoi passi, sentendo distintamente le gocce di pioggia inumidirle i capelli e impregnarle i vestiti. Sapeva dove stava dirigendosi. Sapeva che, come suo solito, lo avrebbe trovato lì. Da solo, lui, lui e nessun altro.

Come d'abitudine, Ichigo Kurosaki si accingeva a prendersi cura del suo bellissimo cavallo, pensando immancabilmente all'insieme di sensazioni provate la sera prima, quando aveva accompagnato la danza della contessa di Karakura sulle note di un valzer. Pensò a quanto tutto, nel giro di non molto tempo, era sfumato, diventando solo un ricordo. Un ricordo che andava scemando, ma che riusciva a rimanere nitido e vivo nella sua mente. Non sapeva neppure lui cosa, di preciso, avesse provato; ricordava perfettamente che, quando Rukia gli si era poggiata al petto, il suo stomaco si era raggomitolato in una morsa tale da impedirgli di respirare per un attimo, e la situazione creatasi era poco diversa da quella che lui si era esageratamente creato. Fortunatamente, non si era trasformato in pietra, il suo unico neurone attivo era rimasto dov'era senza andare in giro a prendersi un drink abbandonandolo al suo destino, la sua cassa toracica era ancora intatta e la sua sanità mentale, malgrado il rischio corso, ne era uscita illesa. In quel groviglio dei ricordi, si chiese se Rukia Kuchiki si stesse prendendo gioco di lui: l'invito alla festa, il ballo, l'annullamento delle formalità, i fuggenti sguardi maliziosi. Una favola al centro della quale giocano il proprio ruolo i due protagonisti: una rispettabile contessa ed un cavaliere idiota di infimo livello. Una favola, appunto. Prima o poi quel gioco sarebbe terminato, lasciandolo in preda alle sue dannate illusioni che lo avevano tradito.
Non mi sembra una persona tanto stronza...” pensò, accarezzando il crine ispido del cavallo. Un rumore sordo lo distrasse, e si rese vagamente conto che qualcuno doveva aver bussato; scosse la testa nel tentativo di scrollarsi tutte quelle riflessioni di dosso, e si avvicinò velocemente al portone grigio. Quando lo aprì, il tintinnio delle catene riecheggiò rimbalzando tra le pareti della scuderia; prima che potesse rendersene conto, però, gli si catapultò sul petto un esile peso, che riconobbe all'istante.
«Cont...» si irrigidì, ricordandosi dell'ordine datogli. «Rukia...?».
La sentì singhiozzare, e vide le sue spalle sollevarsi ritmicamente. Le strinse le braccia, allontanando il suo corpo minuto di una distanza tale da poter intravedere il suo volto. Si intirizzì, sgranando gli occhi: stava piangendo.
Tentò, impacciato, di asciugarle le lacrime, sfiorandole il viso con il pollice della mano, cercando di essere delicato; in quel momento Rukia gli sembrava così fragile da potersi incrinare da un momento all'altro.
«Rukia... cos'è successo?».
Lei non rispose, limitandosi ad aggrapparsi sempre di più al corpo di Ichigo, come se quel contatto non le bastasse mai. «Fammi restare qui, ti prego...».
Il cavaliere non seppe chiederle altro. Sentendosi stringere con energia, le cinse le spalle con ambedue le braccia, ricambiando, lievemente imbarazzato, quella sorta di abbraccio, nel tentativo di farla sentire al sicuro.
Sentì improvvisamente un suono leggero, che Rukia, nel suo rimanere così tranquilla, non doveva aver sentito: fu certo si trattasse dei passi di qualcuno che si stava allontanando. Prese a fissare lo spicchio di prato visibile dalla fessura lasciata dalla porta semi aperta, notando dei movimenti. Qualcuno, forse, li stava spiando.

***

«Allora? Dov'è andata?».
«Avevate ragione, nobile barone Kuchiki. Ho visto vostra sorella abbracciata a quel tale Ichigo Kurosaki» ammise un soldato, composto e serio dinnanzi a Byakuya; quest'ultimo raccolse dalla sua scrivania una lettera, e la porse all'uomo, insieme a del denaro.
«Questo è quel che ti meriti. Ora porta questa lettera al duca Aizen» ordinò, mentre l'altro scrutava all'interno di quel sacchettino di velluto, valutando il totale delle monete preziose che vi trovò.
«È molto importante, perciò cerca di impiegare poco tempo. Si tratta di un affare urgente».
Byakuya si voltò verso la finestra, ammirando il panorama all'esterno della villa.
«Certo. Grazie infinite, Maestà».

«Ora va'» gli impose il barone, gli occhi socchiusi, sentendo un leggerissimo fruscio di abiti determinato dall'inchino del cavaliere, il quale uscì dall'ufficio con passo svelto. Quando percepì la porta chiudersi, Byakuya sospirò. «Spero tu accetterai la mia proposta, Aizen».



















YaH <3.
Salve a tuttiH. Non penso di essere in ritardo, stavolta, dai ù__ù.
Cooomunque, ormai è chiaro che il nostro Byakuya si stia muovendo.
Quale sarà, il contenuto della lettera? Lo scopriremo nella prossima puntata ù___ù.
XDDDD Scherzi a parte, mi è piaciuto il loro litigio. Una discussione abbastanza 
accesa, direi. Ma ci voleva, finalmente Rukia si è sfogata. Ci vorrà un bel
po' prima che i due si riappacifichino. Ma questo lo vedrete in seguito <3.
La data l'ho messa a casaccio, a parte l'anno XD.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio moltissimo coloro che

leggono e che recensiscono, come al solito <3.
Arrivederci alla Part Six! Kyù <3.


   
 
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