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Autore: Dea Elisa    15/05/2016    1 recensioni
Eccoci di nuovo qua, ad applicare la stessa tecnica ad un'altra coppia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io Ricomincerei – Nek

 

Note. Ennesima licenza out-of-challenge, perché è eternamente lunga.

 

Tecnicamente Cristiana avrebbe dovuto interpretare con arte magistrale la donna soddisfatta della propria vita sentimentale, a maggior ragione se supportata da un giovane e vivace specializzando, in ritardo e distratto sul lavoro, ma mai quando si trattava di accompagnarla per locali e passare fuori gran parte della notte.

Ed era proprio questo piccolo particolare che a Riccardo non sfuggiva mai, ogni mattina, neanche con tutta la volontà del mondo per trattenersi dal farglielo notare – sinceramente, di quale volontà stiamo parlando? Lo stesso stava per ripetersi quella mattina, con occhiate (o sarebbe stato meglio parlare di occhiaie?), parole e gesti sovrapponibili a quelli di tutte le altre mattine.

 

Eccoli a salutarsi, e lui a fissarla con l’espressione dubbiosa.

«Non dire niente, già lo so» l’ammonì Cristiana, senza nemmeno prendersi il cruccio di guardarlo, ma solo scuotendo per aria una mano come ad allontanare da sé lui e quell’argomento.

Stava infatti litigando con il lucchetto del proprio armadietto, e non aveva tempo da perdere ad occupare la mente in funzioni cognitive superiori. Almeno non prima di rifornirsi della seconda dose di caffeina.

Ci pensò Riccardo, a strapparle d’in mano chiave e lucchetto, e a risolvere il problema.

«Non riesco a pensarti a suturare un fegato sanguinante» considerò Riccardo.

«E io a farti gli affari tuoi.»

Era stanca abbastanza dal non mettere in conto che chiunque, Malosti o non Malosti, sarebbe stato in grado di farglielo notare.

«I miei sono consigli dal punto di vista professionale.»

«Non ti sei mai preoccupato di fornirmeli precedentemente al suo arrivo. È come se… oh, che sciocchezza.»

«Rendimi partecipe. Me la dimenticherò tra esattamente 120 secondi, perciò non temere, il tuo segreto sarà protetto da Teresa.»

Cristiana rispose senza pensarci troppo. Perché, se ci avesse pensato, sarebbe uscita da quella stanza troncando la discussione. Che forse sarebbe stato meglio. «Da quando sto con Daniele è come se sbandierassi un cartello con su scritto ‘Esisto anche io’.» Sagomò per aria un rettangolo all’altezza della sua testa. «Prima di tutto questo non eri affatto interessato alla mia vita sentimentale, a come passavo le mie serate, a quanti caffè avrei dovuto prendere per ristabilire un contatto con il mondo, alla mia performance in sala operatoria. Ero io e basta, una collega come tante.» Sospirò, pronta a dire qualcosa di cui si pentì subito dopo. «Se non ti conoscessi direi che sei geloso, solo perché sto con un altro.»

Infatti Riccardo rise. E lei scosse la testa, rassegnata al suo comportamento infantile, una delle tante cose che non sarebbero mai cambiate di lui.

«Aspetta, ho capito. Sapevo foste complicate, voi donne, ma mi stai mettendo alla prova più che mai» l’ultima osservazione la fece in un borbottio, non mancando di alterare ulteriormente il già pessimo umore di Cristiana. «Mi stai dicendo che sto usando il tuo ragazzino come pretesto per ammettere di avere qualche interesse nei tuoi confronti».

Lei non rispose. Detto così, senza giri di parole, non sapeva più se fosse la sintesi più giusta da estrapolare da quel discorso. Non gli diede una conferma, tanto non sarebbe servita a cambiare le sue idee.

«Spiegami perché il pretesto non possa essere invece il tuo.» Malosti che si impegnava a strutturare un dialogo formativo con lei non era da tutti i giorni. Forse davvero gli interessava venirne a capo. No, probabilmente stava gettando le basi per confutare la tesi di Cristiana e perciò liberarsi dalle accuse di ‘interesse sentimentale nei confronti di una collega’. «Escludiamo un attimo la mia ingombrante presenza dalla vostra idilliaca coppia, e parliamo di te.» Si appoggiò al tavolo in mezzo alla stanza. Sarebbe stata una cosa lunga? Cristiana rimase comunque in piedi, accanto all’armadietto aperto. «Qual è l’obiettivo che ti sei prefissata stando insieme a lui? Sposarti, farti una famiglia, dare un fratellino ad Elena?»

Cristiana chiuse gli occhi deglutendo a fatica, ma si costrinse ad ascoltare quelle parole, le stesse che quando tornava a casa alle 3 di notte la sua testa le martellava nelle orecchie. Solo che, ascoltate a voce alta, avevano un impatto ben più violento.

«Non lo possiamo forse chiamare ‘solo un gioco’?» continuò Riccardo. «E allora torniamo a prima: tu credi che sia io, l’uomo dei pretesti, quando il pretesto l’hai scelto tu, forse perché non puoi avere chi davvero vuoi.»

«No» ribatté automaticamente, a voce più alta e roca. «No, non c’è nessuno che voglio più di lui. È quello che ho adesso, ed entrambi sappiamo che questa relazione si limita qui, al presente. Nessuno dei due vuole guardare un po’ più in là.»

«Vorrei solo avere uno specchio per mostrare anche a te l’espressione con cui mi stai deliziando in questo istante.»

Poco credibile, sicuramente. In un film di ultima categoria avrebbero saputo interpretarla meglio.

«Cristiana, lui vuole qualcosa di più serio di quanto tu gli voglia offrire.»

«E se anche ammettessi che è così, e se anche ci lasciassimo, cosa importerebbe a te?»

Riccardo sorrise. Quanto poteva essere legata a lui, se da quell’unico dialogo la sua mente stava già rincorrendo l’idea di separarsi da lui?

«Almeno sul lavoro non saresti più così distratta, lui gira sempre attaccato alle tue gonne. Sono io il suo tutor.»

«Passiamo dall’essere geloso di me all’essere geloso di un tuo studente. Tanto sei tu che gli firmi le ore, sei tu che gli dici quello che deve fare. E se quello che deve fare è leggere cartelle cliniche di 3 anni fa in archivio per farsi una cultura, non è la strategia ideale per invogliarlo a continuare la sua specializzazione.»

«Tanto ci pensi tu ad invogliarlo. A fare cosa non è dato atto di saperlo.»

«Sei sgradevole, antipatico, odioso. Quando parliamo di lui o di me, si va sempre a finire lì. Ti dà fastidio? Non pensarci, trovati una donna, così smetterai di essere così acido.»

«Acido? Sono le donne ad essere acide.»

«E gli uomini che si chiamano Riccardo Malosti e che una donna non ce l’hanno.»

«Sono una specie protetta.»

«E perché non sei in gabbia?»

«Oh-oh, Gandini, bel tentativo. Non siamo allo zoo. Devo potermi muovere, ho bisogno di spazio, altrimenti ne soffro.»

«E fai soffrire anche noi.»

«Adesso c’è un voi? Do ut des, ma senza troppa simmetria. Non sei forse il ritratto della felicità? E per compenso, chi dovrebbe risentirne di più tra me e te?»

«Non c’è una quantità fissata di gioia nel mondo, da ripartire tra tutti gli esseri umani.»

«Sono convinto del contrario.» “Almeno tra noi due”. «Perciò, visto che non sono io il disagiato, in tutto questo, e dunque stamattina mi sono alzato con la mia dose ottimale di felicità, forse sotto questa tua maschera nascondi giusto un po’ di turbamento e insoddisfazione. E non parlo dello strato di fondotinta con cui hai esagerato stamattina per coprire la ristrettezza di sonno. Il sonno profondo ne risente, se vai a letto alle 4 e ti alzi alle 6.»

«C’ero anch’io alle lezioni di neurofisiologia.»

«Qui di fisiologico non c’è niente, mi pare. E di neuro forse meno ancora.»

«E questo ti disturba.»

«Curo i miei pazienti apposta. Dalla patologia alla fisiologia, dalla patologia alla fisiologia.»

«Non sono una tua paziente.»

«Il medico è prima di tutto un analizzatore della psiche altrui. Lo sai percentualmente quanta gente soffre di disturbi psichici prima di quelli fisici?»

«Qui dentro il 50%.»

«Sono d’accordo.» Rise.

Cristiana venne sopraffatta dal desiderio di tirargli un pugno. Ma non era mai stata tanto forte, non gli avrebbe fatto tutto il male che voleva. Così decise di concludere con una smorfia, che voleva mostrare risentimento, rabbia, fastidio, irritazione, antipatia. Ma che semplicemente esitò in un tentativo poco riuscito di copertura di una risata.

«Ah!» le puntò un dito accusatore. «Ho ragione.»

«Nel tuo mondo ce l’hai sempre, nel mio un po’ meno.»

Si zittirono entrambi, a guardarsi, a chiedersi se ci fosse altro da dirsi, e dove fosse nascosta la verità in tutte le parole pronunciate che vagavano ora per la stanza.

 

Riccardo si avvicinò a lei, che, già pronta a indietreggiare, si trovò bloccata dalla fila di armadietti. «Io ricomincerei daccapo, che dici?»

«Forse» farfugliò Cristiana, scossa da un brivido.

«Allora» riprese lui, sempre più vicino, e sempre più sorridente. «Io ti piaccio?»

   
 
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