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Autore: Tetide    10/04/2009    4 recensioni
E' la mia seconda fanfic su "Rosa Alpina", questa volta ambientata al giorno d'oggi. Jeudi ha una vita in apparenza perfetta, ma che in realtà nasconde dubbi e... qualcos'altro! Dunque, cosa succede quando un evento inaspettato scompagina il castello di carte dell'apparente perfezione? Leggete e lo scoprirete!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Perché? CAPITOLO 7
PERCHE’?
Lui era seduto davanti alla televisione. Jeudi gli si sedette accanto.
“Cosa guardi?” gli chiese.
“Van Damme. A veder lui, sembra che tutto, nella vita, si possa risolvere a suon di pugni. Fosse così semplice…”.
Jeudi sospirò, quindi attaccò a parlare “Ascolta, Lundi… “ disse;
“So cosa vuoi dirmi” fece Lundi “ti sei stancata delle mie bugie e vuoi la separazione! Vero?”, adesso si era voltato e la fissava.
“Sei in errore, marito mio”, Jeudi sorrise con un’espressione di pazienza infinita, “In realtà, volevo dirti il contrario”.
Stupito, Lundi lasciò andare il telecomando che teneva in mano, rizzandosi a sedere sul divano. Era rimasto a bocca aperta. Jeudi riprese a parlare.
“Quello che hai fatto non ha giustificazioni valide. Nessuna. E’ una ferita che porterò dentro sempre” . Abbassò gli occhi, mentre un moto di dolore e rabbia improvviso le saliva alla gola come un’onda. “Purtuttavia, desidero passarvi sopra, per il bene della nostra famiglia”.
Lundi si girò verso di lei “Lo fai per Pierre, vero?”,
“Sì, anche. Ma lo faccio anche per noi: non voglio, né posso, dimenticare quello che c’è stato fra noi, e cancellarlo in un attimo per uno… sbaglio”,
“Oh, Jeudi!”, proruppe Lundi “Io… io… grazie, grazie, amore! Non credevo… non speravo nel tuo perdono… non credevo di meritarlo! Grazie, Jeudi!”. E l’abbracciò.
Lei corrispose al suo abbraccio, ma non con lo stesso trasporto; con una mano gli toccò la spalla; sorrise amaramente.
“Però sia chiaro: “ proseguì “tra noi, mai più segreti, né menzogne!”.
Lui si staccò dall’abbraccio per guardarla in viso “E’ una promessa, amore!”.


Quella notte, Jeudi rifletté. Ciò che aveva fatto era stato necessario, in fondo; ma ciò non toglieva che la sua dignità di donna era stata gravemente mortificata, ed il suo senso di fiducia verso il marito messo a dura prova: per giorni, aveva sentito il suo animo bruciare, a causa di questo. Averlo perdonato aveva significato anche tacitare le sue ferite. In un certo senso, era come se, avendo fatto la pace, lei per prima avesse superato, o tentato di superare, il suo dolore, anche a costo di fare violenza al suo orgoglio ferito.
Sì, era per questo che l’aveva fatto: per “cancellare” quanto era successo. Per questo? SOLO per questo???
Si rizzò a sedere sul letto, con le orecchie che le fischiavano. L’ultima parte del suo ragionamento le era proprio sfuggita di mano: che cos’è che la sua mente aveva detto?
Che lei aveva perdonato il tradimento di suo marito SOLO per cancellarlo? E perché mai avrebbe dovuto fare una cosa simile, se questo calpestava la sua dignità? La risposta più ovvia sarebbe stata “per amore”; ma chissà perché quella risposta non le calzava per nulla: in qualche modo, sentiva che l’amore non c’entrava niente con tutto ciò.
“L’ho fatto per Pierre”, si disse a voce alta; ma anche questa spiegazione non la convinceva affatto.
Si prese il viso tra le mani, cercando di calmare i battiti del suo cuore impazzito. Ma se non l’aveva fatto per amore, allora per cosa? Tutto quello non aveva senso, pensò.
Le balenò in mente un pensiero: PER TRANQUILLITA’.
Che stupidaggine! Tranquillità! Chi o cosa avrebbe potuto portarle via la tranquillità?
Che razza di risposta le era venuta in mente?
Eppure, lei capiva benissimo, anche razionalmente, che era davvero così: la ragione del suo agire verso il marito fedifrago era la tranquillità.
“Ma la tranquillità, a prezzo della dignità, la cerca solo chi vuole sfuggire a qualcos’altro!”, si disse sottovoce “A cosa dovrei voler sfuggire io?”.
Guardò la schiena del marito, beatamente addormentato: meno male, pensò, non si è svegliato con tutto questo tumulto. Tumulto? Il tumulto c’era, sì, ma dentro di lei, non fuori. Come avrebbe potuto sentirlo Lundi?
“Basta, basta Jeudi! Tu lo hai fatto per amore, per quello che c’è stato e c’è ancora tra voi!” si disse.
Ma non avevi assodato che l’amore non c’entra nulla?, le rispose la sua coscienza.
Cosa? Non provo amore verso mio marito, il padre di mio figlio?, pensò di nuovo.
E verso chi dovrei provarlo, di grazia?
La risposta della sua coscienza, questa volta, fu come una frustata: “Tu lo sai benissimo!”.
Jeudi non resse. “Oh, no! No!”, e si alzò di scatto dal letto, svegliando Lundi.
“Jeudi! Ma che succede?”,
“Niente, niente. Ho solo bisogno di andare in bagno”. Così dicendo, uscì dalla stanza.
Nel buio del corridoio, Jeudi cercò di riorganizzare le idee: stava sfuggendo da qualcosa, e chi amava non era Lundi; razionalmente, il filo logico era un filo diretto, anche se ammetterlo le pesava troppo. Chi aveva amato follemente per anni, e poi all’improvviso abbandonato, seppure per giustificate ragioni? Verso chi aveva, per questa ragione, provato un terribile senso di colpa, per sedare il quale si era gettata tra le braccia di Lundi? La risposta era fin troppo ovvia: LEONHARD.
Ed era lui, l’oggetto del suo amore: lui, non Lundi.
“Ma Lundi e Pierre sono la mia famiglia!”, disse di nuovo; sì, questo è certo, le rispose di rimando la sua coscienza: ed è per questo che hai dovuto ricostruire la tua tranquillità, anche pagandola con la tua dignità. Pierre è tuo figlio, ed ha bisogno di una famiglia: ma non mentire più a te stessa!
“Amo Leonhard… io amo Leonhard… ho continuato ad amarlo per tutti questi anni… mi vergognavo troppo di averlo abbandonato… temevo il suo rifiuto, ed ho cercato altrove! E’ stato il mio senso di colpa verso Leòn a decidere per me!”.
Si può convivere con un senso di colpa?, si chiese.


Nei giorni successivi, la ragazza aveva ritrovato un po’ di stabilità al lavoro; già la  mattina successiva, infatti, aveva realizzato che sarebbe stato meglio non rivedere mai più Leonhard, e considerarlo solo come un vecchio amico e nulla più. Tanto, a che avrebbe portato un comportamento differente? Lui la considerava un’amica, lo aveva visto bene dal modo in cui si era comportato con lei, e lei certamente non avrebbe potuto distruggere la sua famiglia e la serenità di suo figlio per andare a beccarsi un altro rifiuto: non avrebbe avuto alcun senso. E poi, Lundi le aveva giurato che d’ora in poi avrebbe meritata la sua fiducia: e non poteva certo essere lei, ora, a commettere lo stesso sbaglio contro di lui!
A ben vedere, l’unica spina nel fianco rimaneva l’orgoglio ferito; ma volle credere alle promesse di suo marito.



Fu verso la fine del mese, una sera, che mentre tornava a casa incontrò Ophelie, una sua amica medico; dopo aver parlato un pò, decisero di andare a fare shopping insieme.
Dappertutto, vi era un’aria di leggerezza: quell’estate 2008 aveva visto arrivare molti turisti, ed ora questi si sparpagliavano per i negozi, con la loro aria allegra e spensierata.
Non presero nulla, ma trascorsero assieme ore piacevoli; poi, si salutarono, e Jeudi ritornò alla sua macchina.
Salì ed accese il motore; ma mentre stava per partire, notò, sedute su di una panchina al lungolago, le figure di due persone che si baciavano; da quel che poteva vedere era un bacio piuttosto appassionato. Per un istante, le sembrò di vedere sé stessa e Leonhard, ma scacciò quell’immagine: si era riproposta di non pensarci più, e così doveva fare. Suo marito era Lundi, e solo lui. Ma… un momento! Guardandoli bene… l’uomo somigliava molto a suo marito…
Scese dalla macchina e si avvicinò; ma, fatti tre passi, le caddero dalle mani le chiavi della macchina: quello era Lundi! E quella donna… era Matilda Troncan! Adesso si spiegava ogni cosa!
Ecco dunque chi era l’amante misteriosa! Altro che avventura da bar! Altro che promesse di fedeltà eterna! Il suo caro marito voleva tenere il piede in due scarpe: e lei aveva sopportato una ferita mortale alla sua dignità per essere ingannata ancora! E con chi, poi? Con quella vipera di una sfaticata!?! No, questo era troppo. Era davvero troppo.
A quel paese la tranquillità familiare, se era basata sulla menzogna! Non era vera tranquillità! Ed in quanto a Pierre, una madre frustrata non avrebbe di certo giovato alla sua serena crescita. Un padre fedifrago incallito, poi…
NO! LA DIGNITA’ INNANZI TUTTO! Meglio fare a meno della serenità matrimoniale, se questa poggiava su di un eterno tradimento. Meglio fare emergere il senso di colpa verso Leonhard, avrebbe fatto meno male.
Raccolse le chiavi e si diresse verso di loro con passo fermo. Quando giunse davanti ai due, si fermò.
“I buoni propositi li hai già dimenticati, a quanto vedo!”. Lundi alzò la testa di scatto “Jeudi! Ti posso spiegare…”,
“Tienti le tue spiegazioni, io non ne ho bisogno. Quello che vedo mi basta e mi avanza!”,
“Jeudi…”,
“Questa sera vieni a prendere la tua roba e poi sparisci per sempre!”.
Matilda era rimasta per tutto il tempo con un’espressione di scherno sulla faccia “Ma come ti scaldi!”, fece,
“Tu stai zitta, svergognata! Non ti basta di essere una nullità, vuoi anche prenderti gli uomini delle altre! Lo sai che cosa ti dico? Prendilo pure, io ho di meglio!!”.
Ritornò alla sua macchina, tra due ali di gente che si era fermata ad assistere alla scena. Salì e partì.
Mentre guidava, fu assalita dalle lacrime e dai singhiozzi “Perché? Perché?” continuava a dire.
Ed in fondo al suo cuore, quando aveva detto di avere di meglio, aveva visto chiara l’immagine di Leòn.
Arrivata a casa, chiamò Martha, affinché venisse a prendere Pierre per portarlo a casa sua per un po’; e poi, voleva qualcuno con cui sfogarsi.
Si asciugò le lacrime, fu presa da un moto di stizza “Disgraziato!”, disse a voce bassa perché Pierre non sentisse.
Poi, un pensiero le attraversò la mente, facendola calmare.
Sollevò la cornetta, compose il numero ed attese. All’altro capo qualcuno rispose.
“Pronto, Leòn? Dì pure al tuo amico conte che accetto il suo invito!”.

  
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