Film > Captain America
Segui la storia  |       
Autore: Amphitrite    16/05/2016    2 recensioni
“Ho portato un curriculum allo Smithsonian.”
“Cercano donne delle pulizie?”
[...]
“No, stronzo. Guide per la nuova ala.”

Fanfiction post The Winter Soldier, ispirata alla scena dopo i titoli di coda :D
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
7.
 
Passano due settimane, e una sera Claude torna a casa con uno scatolone dall’aria molto polverosa e molto, molto noiosa.
“Tieni!” Esclama, garrulo e felice all’indirizzo della sua coinquilina.
Charlotte non smette un istante di ingozzarsi di pop corn davanti alla tv, tanto che quando lo nota farfuglia un “cos’è?” accompagnato da una miriade di bricioline sfarfallanti nell’aria.
Claude sospira con aria stanca e si butta sul divano accanto a lei, lo scatolone sul tavolino davanti a loro. “Per te. Tra qualche settimana inaugureranno la nuova ala, devi studiare il nuovo materiale.”
Lottie fa un verso da animale ferito e si acciambella attorno alla ciotola che tiene gelosamente in grembo. “Non voglio.”
“Ma devi.” Le ricorda il ragazzo con tono tanto dolce da essere vistosamente finto. Compiaciuto, quasi. “Ti stanno ricoprendo d’oro per la mano, se non vuoi che chiudano i rubinetti devi tenertelo, il lavoro.”
Charlotte sbuffa, ma non lo contraddice. Le cure mediche sono state totalmente coperte dal museo, così come stanno provvedendo a tenerla ben imbottita di antidolorifici. E sa già che avrà diritto alla fisioterapia riabilitativa una volta tolto il gesso. Tutto, pur di evitare una denuncia per il – evidentemente – pessimo servizio di sicurezza che hanno. “Va bene.” Concede con un sospiro che sa di sconfitta. “Da’ qua.”
“Domani ti porto il resto.”
“C’è un resto?” Guaisce la ragazza.
“Charles…” la richiama con tono esilarato il bastardo, “ci sono altri sei scatoloni di resto.”
 
***
 
Golf. Rapporto.
La radio manda scariche elettriche e, nel silenzio, il nervoso è quasi palpabile.
“Stiamo monitorando il perimetro.”
Sviluppi?
“Ancora niente.” Ci pensa e sospira, e al diavolo. Sono settimane che fissano i soliti barboni senza alcun risultato, la situazione inizia a farsi ridicola. “Se solo potessimo…”
Profilo basso, Golf.
“Roger.”
Chiudo.”
 
***
 
Il primo contatto avviene al telefono.
(Cosa di cui Charlotte non può che essere grata: ha perso il conto dei rompiscatole che le si sono attaccati al citofono. Questa almeno ha il buon gusto di telefonarle.)
 
Il cellulare squilla a un’ora infame della mattina – circa le otto e mezzo, a giudicare dalla radiosveglia – e Charlotte già vorrebbe rispondere con una bestemmia. Ma il numero è sconosciuto, e se fosse il lavoro…
“Pronto?” Biascica quindi, incastrando il telefono tra l’orecchio e  il cuscino e stropicciandosi la faccia con la mano sana. Tutto perché ha voluto fare nottata su quei documenti, ovvio.
(Tutto perché i ‘documenti’ sono prevalentemente foto di Steve Rogers e degli altri Avengers, ovvio.)
“Charlotte? Parlo con Charlotte Fry?” Si informa educatamente la voce dall’altro capo. Calda, amichevole, rassicurante.
Charlotte già la odia.
Nessuna brava persona è sveglia e in grado di funzionare così bene a quell’ora della mattina, è risaputo. “Sì, sono io.” Conferma alla fine di uno sbadiglio che potrebbe chiamare a raccolta numerosi ippopotami.
“La chiamo in merito a quell’aggressione… l’incidente dello Smithsonian, se lo vogliamo chiamare così.” Conclude con una risata preconfezionata, di pura convenienza.
A fregarsene ampiamente di come chiamare quella giornata sono evidentemente in due, realizza Charles.
“Capisco.” Biascica la ragazza, tutt’altro che impressionata. “Con chi parlo?”
“Se volesse essere così gentile da rispondere a qualche domanda…” prosegue imperterrita la donna dall’altro capo del telefono.
Charlotte si schiarisce la voce più rumorosamente del normale. “Sì, ma io con chi parlo?”
Nel silenzio, le sembra di sentire quasi fisicamente la sua interlocutrice roteare gli occhi. “Anastasia Fleming, scrivo per il Post, vorremo intervistarla per sapere…”
“Ma che gliene frega al Post della mia mano?”
Se ci sono sviluppi, signorina Fry.” La corregge in un ringhio la donna. Charlotte non capisce perché, ma si sente fisicamente minacciata da quel semplice cambio di tono e la cosa la terrorizza.
“No. Non- nessuno sviluppo.” Si affretta quindi a bofonchiare.
La donna sospira e sforza un tono più conciliante. “Sì, se potessimo incontrarci per-”
“Nessuno sviluppo. Arrivederci.”
Charlotte riattacca senza pensarci su un secondo di più.
 
Dall’altro capo della città, Steve osserva Natasha senza capire.
“Allora?” Chiede.
La donna gli scocca un’occhiata assassina. “Allora niente. Ha riattaccato.”
Capitan America prende posto al fianco della Vedova Nera e le rivolge un’occhiata di pura apprensione. “Dici che ha capito?”
“No.” Scuote la testa. “No. È da escludersi.”
“Allora?”
Natasha sospira. “Dovrò andare a farci due chiacchiere da donna a donna.”
 
***
 
I volontari tornano dieci giorni dopo, quando il sole splende e Marge è impegnatissima a mettere in ordine la cuccia matrimoniale in cui alloggia con Bob.
(E Bob apparentemente è impegnatissimo a bofonchiare lamentele che tutta quella ventata di ordine e pulizie comporta per lui, costretto ad aspettare lontano dalle coperte, seduto mestamente in un angolo.)
Greg le sorride con condiscendenza quando si sente chiedere un abat-jour, ma non aggiunge altro. A giudicare dall’occhiata che si scambia con Valery non crede valga nemmeno la pena spiegare alla donna che oltre a una lampada da camera dovrebbero anche portarle una presa elettrica.
“Potrebbe venire al nostro centro, signora.” Le propone invece la ragazza. “Ogni settimana viene anche un parrucchiere che potrebbe tagliarle i capelli.” prova a ricordarle. Marge fa una pernacchietta e scuote la testa.
“No tesoro, grazie.” Chioccia, la cadenza italiana sempre ben udibile. “Preferisco qua.” La osservano perplessi in due, le razioni di zuppa in mano e un implicito invito a spiegare. “Non me la cavo bene, in posti del genere.” Racconta allegramente la donna. Dà un’ultima sprimacciata alla coperta ancora soffice, ancora calda che le hanno regalato Claude e Charlotte, e guarda in alto con un sospiro. “Non si vedono le stelle, da là.”
Greg e Valery si guardano negli occhi e, ulteriormente convinti della follia della donna, riprendono a distribuire il pranzo.
“Non c’era anche un altro?” Si informa dopo qualche istante la ragazza, guardandosi attorno con aria perplessa.
Bob scuote la testa in cenno negativo. “Kevin,” spiega, “ma sai meglio di me cosa gli è successo.” Bofonchia l’uomo.
Valery serra la mascella e annuisce. “Giusto.” Mormora, ancora visibilmente turbata. “Beh- abbiamo portato una porzione in più. Volete?” Propone con un sorriso nervoso, incerta più che mai.
Margherita la guarda da sotto in su e si copre gli occhi con una mano per schermarsi dai raggi del sole. “No grazie, stella. Noi qua stiamo bene, portala a chi ne ha più bisogno.” Chioccia con tono dolce dolce.
Greg la osserva con uno sguardo indecifrabile, e Marge sostiene il suo sguardo con aria allegra. No, quel ragazzo non le piace per nulla.
 
***
 
Charlotte non sogna spesso.
Se l’è sempre spiegato dicendosi che, conducendo un’esistenza in uno stato di costante privazione di sonno, quando finalmente le capita di dormire il suo cervello non ha forze da bruciare in cose inutili come i sogni, figurarsi in incubi.
(Quello, di solito, è Claude.)
Quando si sveglia di soprassalto con la fronte imperlata di sudore e il fiato corto, quindi, ci mette più del necessario per capire. Ricorda la morsa di terrore che le costringeva lo stomaco e il petto, impedendole di respirare bene, e poi il rumore di qualcosa di apparentemente innocuo – come degli ingranaggi ben oliati che si mettevano in movimento – e una scarica di adrenalina tanto violenta da farla sobbalzare sul materasso.
Claude si affaccia in camera sua con i capelli sparati in ogni direzione e l’aria più perplessa che preoccupata. “Charles?” La chiama con tono interrogativo, la torcia del cellulare puntata sul soffitto per poter controllare che sia tutto ok.
“Un incubo.” Sussurra la ragazza, sentendo la t-shirt del pigiama aderirle alla schiena sudata.
“Tu non hai mai incubi.”
Charlotte annuisce e si alza a sedere a fatica. “Credo fosse un incubo.”
“Hai urlato.” Mormora. La guarda con aria incerta e si siede ai piedi del letto con cautela. “Cos’era?” Tutto, nei suoi movimenti, è un tentativo di non agitarla ulteriormente. Lottie gliene è grata, ma non capisce nemmeno lei perché lo faccia. Tanto più che non ricorda nessun particolare.
“Non ne sono sicura.” Sussurra.
Claude le prende la mano sana nelle proprie e sforza un sorriso incoraggiante. “Cosa ricordi?”
Charlotte, di nuovo, si stringe nelle spalle. “Credo mi abbiano fatto male tutti quei file sull’Hydra.” Spiega con una risata zoppa. “Sai,” esordisce ora con tono più squillante, “pare avessero un agente… uno- uno tipo Capitan America. Non credo che a quelli dello Smithsonian gliene freghi nulla, erano degli articoli di qualche teorico del complotto e nulla di più. Ma era terrificante.” Rimangono a fissarsi in silenzio, la voce di Charlotte spettrale e distante malgrado il tentativo di farla suonare più allegra, meno spaventata.
Claude si umetta le labbra e si guarda attorno con un sospiro, incerto su cosa dire o fare.
(Non è lui, quello che sa consolare gli altri dopo un brutto sogno.
Quella, di solito, è Charlotte.)
“Vuoi che ti porti un po’ d’acqua?”
La ragazza scuote la testa. “No,” sorride, “non c’è bisogno.”
Claude se ne va dopo pochi istanti e Lottie, ben accucciata sotto le coperte, è contenta che non abbia insistito per sapere cosa ricordava.
(Si sarebbe sentita tanto, troppo stupida nell’ammettere che l’unico ricordo che ha è di qualcosa di incredibilmente celeste che le brillava davanti agli occhi.)
 
Non torna a dormire.
 
Sbuffa e si alza a fatica, le gambe che ancora tremano senza alcun motivo logico, e a tentoni ritrova la cartella che stava sfogliando prima di arrendersi alla stanchezza e decidere di riposare.
Quando accende la luce, la prima immagine che si trova davanti è una foto di Capitan America – prima di essere Capitan America, prima del siero, prima di tutto – che, sorridente come non mai, viene tenuto da un altro ragazzo in una posa da lotta greco romana. Charlotte aggrotta la fronte e sbuffa una risata: il più grosso dei due tiene il futuro miglior uomo della nazione con un braccio attorno al collo, piegato in avanti per raggiungere Steve in altezza e già che c’è imporgli una posizione ancora più scomoda, e con l’altra mano accenna a sfregargli il pugno sulla chioma biondissima.
(E tuttavia tutto, nella loro postura, rende evidente che si sono messi in posa. Steve potrebbe in ogni momento liberarsi, l’altro sconosciuto è pronto a lasciare la presa da un istante all’altro.)
Charlotte sorride e gira l’immagine per leggere la storia dietro a quel teatrino: ‘Steve Rogers e James Barnes, 1942 ca.
Torna a guardare la foto e ridacchia, nel vedere tanta gioia e spensieratezza. Si alza in piedi per tornare a letto con, tra le braccia, la scatola nella quale ha iniziato a frugare quella sera: è piena di documenti e foto della seconda guerra mondiale e in generale della vita di Steve Rogers prima del siero e, in cima a tutto, Lottie nota una foto di un soldato in uniforme.
Rimane ferma a fissarla con aria assorta, i colori così vividi da sembrare incredibile sia un’immagine così vecchia, e di nuovo la gira per cercare una spiegazione.
Sergente James Buchanan Barnes, 1943 ca.’, e poco più sotto un’altra nota, ‘Immagine modificata digitalmente per ripristinarne i colori originali.’
Charlotte torna a fissare l’immagine, ormai a un passo dal letto, e non capisce cosa le stoni in quella foto così semplice: Bucky Barnes – di cui ha imparato a memoria la storia a furia di ripeterla durante le visite guidate – era il miglior amico di Capitan America, è morto in guerra e tanto basta. E – oh! – faceva parte degli Howling Commandos, giusto.
(E aveva una faccia da schiaffi il sorriso strafottente e allegro e lo sguardo che bruciava di vita e.)
E lei sa di aver già visto quegli occhi celesti, ma non ricorda dove.
 
 
Note dell’autrice:
Eccoci qua! Dopo altri tremila anni!
Scusate ç_ç
In compenso il capitolo è più lungo del solito, anche se ancora meno utile :///D
Chiamiamolo di transizione, via. Prometto che dal prossimo inizieranno ad accadere cose. Tante cose!
(E potrebbero anche arrivare nell'arco di qualche giorno, vedere CW mi ha fatto ricominciare a scrivere e ho qualcosa come quindici pagine di appunti da risistemare!)
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Amphitrite