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Autore: DARKOS    23/05/2016    1 recensioni
Roxas era ormai al terzo anno della Twilight Town University, l’accademia di prestigio della regione. Ormai un “veterano”, era anche la celebrità del campus: la storia di come avesse trionfato sul Consiglio Studentesco e sull’utopia di Xemnas neanche due anni addietro era ormai leggenda e tramandata a tutte le matricole. E come ogni leggenda, anche paurosamente gonfiata: lo stesso Roxas aveva addirittura sentito una versione secondo la quale lui aveva affrontato da solo tutti i tirapiedi di Xemnas in dieci diverse prove di abilità, per poi battere il capo stesso con eleganti mosse di judo. Non poté trattenersi dal ridere, primo perché lui non conosceva nemmeno il judo, secondo perché di sicuro non aveva fatto tutto da solo: era solo grazie ai suoi amici che se l’erano cavata.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Quattordicesimo Capitolo

Roxas si presentò alla segreteria e percorse da solo l’ormai familiare corridoio. Aveva imparato a memoria gli orari in cui Xemnas era reperibile e era di turno l’infermiera “complice” che lo lasciava entrare senza chiedere nulla. Bussò brevemente alla porta ed entrò.
Xemnas stava leggendo una sorta di opuscolo, come quelli che venivano consegnati agli studenti che cercavano un’università. Appena lo vide mise il dépliant da parte.
“Bentornato, Roxas.”
“Buon pomeriggio.” Anche dopo quegli ultimi giorni, gli sembrava strano conversare amichevolmente con Xemnas, come dimostravano le frequenti pause nei loro discorsi. “Come… come va?”
“Non mi lamento. Mio padre sembra più sereno di questi tempi, ed è meglio così.”
“E Xion?”
“Non viene più molto spesso. Credo stia finendo gli ultimi esami. Vuole recuperare in fretta l’umiliazione subita ai Campionati.” Xemnas aveva la strana qualità di introdurre aneddoti anche imbarazzanti o crudeli con la massima calma. Roxas doveva ancora capire se era un pregio o un difetto. “E la squadra come va?”
Bene, il biondino non si poteva lamentare. I ragazzi del Departure imparavano con la rapidità che ci si aspettava da studenti scelti per i Campionati. L’unica sua preoccupazione era che seguivano le istruzioni alla lettera senza prendere mai iniziative, ed era un po’ un problema per il loro tipo di lavoro: ci sarebbe voluto più del semplice cervello per battere Ephemera. Ma in ogni cosa ci mettevano l’anima, quindi tutto sommato procedevano spediti.
“Ce la caviamo. Sono venuto perché è scaduta la settimana ed è ora di sapere a cosa andiamo incontro.”
“Roxas, per quello che ho in mente non vi è margine di errore. Non possiamo fallire, e di certo non mi rassicura sapere che ‘ve la cavate’. Se ti serve più tempo-“
“Proprio perché c’è in ballo così tanto che voglio procedere ora. Se davvero la posta in gioco è così alta da richiedere abilità simili, effettuare i preparativi nella metà del tempo dovrebbe essere procedura standard. Non abbiamo vinto contro di te giocando al ribasso, Xemnas.”
Il giovane lo guardò, con la sua espressione indecifrabile. Roxas si chiese se non avesse osato troppo.
“Hai ragione. Chiama gli altri.”

In breve tempo la stanzetta fu di nuovo piena di gente che prendeva posto sulle sedie. Appena Roxas scelse un sedile, Vanitas si sedette il più lontano possibile da lui come al solito. Sapeva che la fiducia non sempre si guadagnava in qualche giorno, ma sperava davvero di risolvere la faccenda il più in fretta possibile. La situazione prometteva di essere complicata senza aggiungervi tensioni interne.  Accanto a lui prese silenziosamente posto Aqua, Terra dall’altro lato. Almeno loro sembravano più maturi.
Xemnas aspettò che tutti si mettessero comodi e tirò fuori l’opuscolo che stava leggendo prima.
“Questo è il nostro obiettivo. C’è qualcuno all’interno che bisogna assolutamente contattare.” I ragazzi si sporsero sul tavolo al centro e lessero: “Centro Sociale Dandelions per Giovani Menti”.
“E questo cos’è? Dobbiamo andare in una specie di scuola per bimbi speciali?” Vanitas fu il primo a dare voce alle sue perplessità.
“Sembra uno di quei centri dove ti portano i genitori durante l’estate,” ammise Terra.
“Sembra, ma ovviamente non è così semplice. Non viene espressamente detto, ma documentandovi un po’ di più capireste che il pedigree necessario per frequentare il complesso è ai più alti livelli. Non è propriamente sbagliato dire che funge da centro estivo, mia sorella ci è andata una volta per un paio di mesi. È tornata distrutta, ma da quel momento i normali corsi accademici le sono sembrati una passeggiata. Questo è il posto che ci interessa.”
Chirithy si aggiustò gli occhiali. “Hai detto dobbiamo incontrare qualcuno dentro, giusto? Chi è?”
“Un frequentante a tempo pieno. A volte bambini DAVVERO speciali ricevono mecenatismo per vivere tutto l’anno nella struttura e specializzarsi in qualcosa. Di solito le compagnie di ricerca li reclutano nel momento in cui escono.”
Ventus ascoltava, pensieroso. “Non ho mai sentito parlare di un posto simile, né a casa né qui. Ho ragione di credere sia lontano?”
“Sì, è nella regione di Traverse, fra le colline. Ci si può arrivare col treno, anche se ci vuole un po’.” Stavolta fu Roxas a rispondere. Aveva preso quasi subito il dépliant e l’aveva letto tutto. “C’è una lista d’attesa troppo lunga per anche solo pensare di fare domanda, ma d’estate accettano ragazzi con precedenti per svolgere lavori socialmente utili. Non ci metteranno certo in una classe, ma è anche meglio così: avremo più libertà di movimento.”
Xemnas annuì, compiaciuto. Terra sembrò preoccupato. “Ma noi non siamo quel tipo di ragazzi pregiudicati!”
“No? Prova a chiedere in giro la definizione di uno studente invischiato nel recente scandalo dei Campionati che ha improvvisamente abbandonato la sua accademia. Anche se ovviamente non useremo le nostre vere identità.”
Il ragazzone ammutolì. Aqua guardava il biondino. “Roxas, sembri comunque preoccupato. Mi sembra che abbiamo fatto progressi, no?”
“Non è quello, è che…” Roxas aveva letto TUTTO il dépliant. E questo includeva le ultime due righe a piè di pagina: ‘Essendo un’organizzazione gestita dalle Tre Sorelle, l’accesso al Centro Sociale è riservato al solo pubblico femminile. Niente eccezioni.’
“…non posso credere che dovrò farlo di nuovo.”

Discussero di altri piccoli particolari, ma Xemnas non poteva riservargli così tanto tempo senza destare sospetti: promise che avrebbe inviato loro ulteriori informazioni durante il tragitto.
Si congedarono e andarono a sbrigare qualche commissione in preparazione alla partenza. Roxas finì le sue in fretta e raggiunse l’appartamento. Era rimasto scioccato quando Xemnas gli aveva detto di traslocare dal suo vecchio monolocale e recarsi al nuovo indirizzo. Non tanto per ragioni affettive (anzi, stava iniziando a non potersi più permettere l’affitto) quanto per lo stupore di venire a conoscenza che il giovane aveva pronto un piccolo stabile già pagato, a disposizione sua e dei ragazzi del Departure. Alla domanda su come se lo fosse permesso senza chiedere soldi a nessuno, Xemnas gli aveva risposto: “Ah, Xigbar mi ha fatto conoscere posti sorprendenti. Ci crederesti esiste un’arena dove ottieni del denaro se il cane che hai indicato vince una corsa?”
Roxas non aveva capito se era una battuta e non aveva voluto indagare oltre. Salì la rampa di scale e aprì la porta, stranamente non chiusa a chiave. Il posto non era male, tutto considerato: appena entrati si passava per una piccola stanzetta comune, poi si imboccava un corridoio per una delle due stanze da letto o i due bagni. La camera dei ragazzi aveva due letti a castello (Roxas e Ventus ne occupavano uno, Terra e Vanitas l’altro), mentre quella delle ragazze… Roxas non c’era mai entrato, in realtà. Quando non si esercitavano all’aperto erano o nella sala principale o nella camera dei ragazzi, leggermente più spaziosa.
Il ragazzo posò le buste sul tavolo e si diresse in camera sua: voleva approfittare dell’essere il primo ad arrivare per usare il bagno grande e farsi una doccia. Si spogliò, prese accappatoio e bagnoschiuma e si chiuse a chiave la porta del bagno alle spalle, per risparmiare eventuali disagi agli altri. Aprì il getto d’acqua della doccia che rimbalzò rumorosamente sul pavimento, coprendo il rumore di una chiave che girava nella serratura della porta che si schiudeva lentamente.
Il ragazzo si mise sotto il getto d’acqua e si insaponò la testa, sovrappensiero. Quasi si perse il lieve scorrimento della barriera della doccia che si apriva dietro di lui: provò a girarsi, ma fu troppo lento. Due braccia gli circondarono il collo, e dietro di lui sentì l’inconfondibile contatto umano. Si spaventò: lo stavano aggredendo? Non aveva mai fatto arrabbiare qualcuno fino a quel punto, non gente che sapeva dove abitava almeno. In preda alla tensione scivolò sul sapone presente sul pavimento e rovinò assieme al suo aggressore.
“Ahia!”
Quell’esclamazione gli gelò il sangue nelle vene più di qualunque altra cosa. Conosceva quella voce. Roxas alzò gli occhi e confermò i suoi sospetti osservando Aqua distesa sul pavimento che ricambiava il suo sguardo. Fortunatamente aveva un asciugamano attorno al corpo o la situazione sarebbe risultata molto più incresciosa, specie perché la posa che aveva assunto cadendo non era delle più sicure.
“Aqua…?”
“Eh, eheheheh… non è andata proprio come speravo. Oh, beh. Penso che ora andrò. Buonanotte!”
Disse tutto questo mentre si alzava e usciva in fretta e furia. Nemmeno dieci secondi e si sentì il suono della porta della sua camera che veniva chiusa a chiave.
Roxas rimase lì impalato, non sapendo bene cosa fare o come sentirsi. Pensava Vanitas sarebbe stato il più grande problema, ma sembrava che ci fosse tutto un altro tipo di tensione interna che non aveva previsto.

La mattina seguente erano tutti alla Stazione, per prendere il treno che li avrebbe portati nei paraggi del Centro Dandelions.
“Ok, avete preso tutto? Ricordate che i bagagli viaggeranno su un altro vagone, se dovete prendere qualcosa prendetela ora! Cercate di non spendere troppo in cibo sul treno, abbiamo i panini!”
“Signora maestra, non trovo il mio compagno.”
“Molto spiritoso Van. Abbiamo qualcosa come sei ore di viaggio in treno, quindi scusami se voglio accertarmi che tutto fili liscio!”
Aqua sembrava la stessa di sempre. Per tutta la serata non si era fatta vedere ed era rimasta in camera, dove solo Chirithy poteva sapere come aveva passato la notte. La cosa non aveva destato sospetti, specie perché il gruppo non cenava assieme e ognuno viveva un po’ per conto suo. E per via dei preparativi Roxas non aveva avuto modo di parlarle a quattr’occhi.
Fu una partenza sbrigativa. Xemnas chiaramente non poteva vederli partire, e nessun altro era lì per augurargli buon viaggio. I ragazzi non se ne curarono perché erano stranieri lì, ma Roxas provò un po’ una fitta al cuore pensando ai suoi vecchi amici. Gli ultimi giorni passati assieme ad altri gli avevano portato alla mente dolorosi ricordi verso i quali si era distaccato nel suo isolamento volontario.
Mentre guardava dal finestrino, riusciva quasi a vedere i Nobodies sulla banchina: Demyx e Larxene che facevano a gara per chi salutava più rumorosamente attirandosi le occhiate generali, Zexion che gli mimava le ultime precauzioni, Lexaeus che salutava con contegno sollevando una delle sue gigantesche mani, Luxord che esibiva una carta presa a caso dal suo mazzo, Axel che annuiva, fidandosi delle sue scelte, e Xion che lo guardava col desiderio di venire con lui. Purtroppo era un capitolo ormai chiuso della sua vita, e -era meglio che venisse a patti con ciò- forse per sempre. Era sul futuro che doveva concentrarsi.
Terra gli diede una leggera pacca sulla spalla. “Ehi! Che ti prende? Vedi i fantasmi?”
“Come in quel film. Ora scopriremo che siamo anche noi non-morti, invisibili a tutti. Ecco perché quelle ragazze ci hanno ignorato l’altra sera.”
“Sì, continua a raccontartelo, Ven!”
Roxas si sforzò di tornare nel gruppo. Non che gli costasse fatica: si trovava molto bene. Ventus era simpatico, anche se con un umorismo tutto suo; Terra l’aveva preso subito in simpatia, superata una sua lieve mancanza di tatto era una compagnia assai gradevole; Chirithy era riservata ma il biondino aveva scoperto condividevano vari interessi. Persino Vanitas, nonostante il trattamento ostile, aveva le sue qualità: non gli si potevano negare il sarcasmo innato e il coraggio da vendere. Un gruppo migliore di quello non si poteva chiedere, specie viste le circostanze, e Roxas sapeva che a rendere ai suoi occhi i suoi vecchi amici migliori era solo il lungo tempo passato con loro. Lo sapeva, ma non gli rendeva più facili le cose.
‘Già una volta ho permesso alle prime impressioni di rovinare tutto, non accadrà di nuovo.”

Erano passate due ore, e il treno sfrecciava attraverso la campagna facendo solo qualche sosta alle sparute costruzioni isolate di volta in volta. C’erano solo fattorie e fabbriche nei paraggi, e il panorama sarebbe rimasto invariato per molti chilometri.
Terra sonnecchiava, Ventus finiva una partita sulla sua console portatile, Chirithy leggeva un librone (stando a quanto sosteneva lei non soffriva la nausea perché era sempre lievemente nauseata, perfino da ferma; tutti lo trovavano assai strano, ma lei ne era convintissima e nessuno le diceva niente) e Vanitas era andato a fare quattro passi sostenendo che il treno era semivuoto e non dava fastidio a nessuno. Ventus e Terra informarono Roxas che a quanto pare coltivava l’hobby per i treni d’epoca.
Questi pensò di sgranchirsi le gambe, evitando di dare fastidio al compagno: non voleva dargli nuove occasioni per non fidarsi di lui. Scelse quindi la direzione opposta alla quale pensava Vanitas si fosse diretto, ovvero vicino alla sala macchine.
Scoprì però di essere finito in fondo al treno stesso: alla fine del corridoio di un vagone vuoto c’era solo la porta del bagno. Fece per voltarsi… e si ritrovò serrato in un bacio appassionato.
Breve tanto quanto intensa l’esperienza finì e Aqua si staccò, un’espressione soddisfatta sul volto. Invece Roxas era senza parole.
“Aqua! Si può sapere che succede? Che ti prende?”
“Che brutto modo di porla. Parli come se fosse stata un’esperienza orribile. …non bacio così male, vero?”
“No, affatto- non è quello il problema! Perché così di punto in bianco?”
“Non è mai stato di punto in bianco. Anzi, sono parecchi mesi ormai.” La ragazza si avvalse della sua statura e bloccò il corridoio con le braccia. “Avevo persino dei dubbi su tutto questo piano, finché Terra non mi ha detto che Xemnas aveva richiesto anche la tua partecipazione.”
Roxas temette di essersi rovinato l’udito dopo aver provato ad ascoltare quel gruppo metal di Vanitas. “Stai dicendo che tu provi attrazione per me? Che ti piaccio?”
“Il problema ammette soluzione! E la tua è quella corretta. Non sono una ragazzina e non dirò che è stato un colpo di fulmine al primo sguardo, ma mi sono accorta di te ben presto. Ah, e avevo sentito le storie sul tuo conto prima, certo. Mia cugina era una delle groupies di Larxene, ma non credo lei si ricordi.”
“Ma io pensavo che Terra, cioè…”
“Terra? Oh no. Per carità, lo conosco da una vita e gli voglio bene, ma ho superato quella fase. E lui preferisce donne meno… intellettuali, se capisci cosa intendo. No, anch’io voglio qualcuno di diverso. Da dove vengo io sono tutti sicuri di sé, tronfi e superbi. Tu sei diverso. Timido, ma pronto a rischiare tutto quando serve, e anche intelligente, davvero. Sei il mio tipo.”
“Mi sa ti sei fatta un’opinione troppo alta di me. Non sono l’eroe che credi.”
“So quello che hai fatto, Roxas. Quello che ti hanno fatto fare.” Ora Aqua appariva un po’ a disagio, e esitava. Roxas non sapeva se sperare che arrivasse qualcuno a interromperli o no. “Non l’ho detto nemmeno agli altri, ma… Ephemera ha provato ad avvicinarmi. A rendermi complice. E per farlo mi ha rivelato un po’ di cose più nel dettaglio. Tranquillo, niente di cruciale che ho tenuto nascosto o che ormai non si sappia già. Ma all’epoca mi disse anche di te e dei progetti per manipolarti… ero così in pena, che nemmeno mi sono resa conto di prendere parte alla mia gara.”
Roxas si ricordò di come Larxene avesse notato il turbamento di Aqua durante la loro sfida e l’avesse ricondotto alla sparizione di Terra. Ma a quanto pare si era sbagliata, e le abilità recitative di Aqua superavano davvero le sue.
“Aqua, sono lusingato. Davvero. Ma non so se posso. La mia situazione è un po’ particolare, sai.”
“La tua moretta, immagino. Xion, giusto?” Aqua non voleva suonare offensiva, ma il termine da lei scelto non era nemmeno lusinghiero. “Roxas, sono una ragazza onesta e non sparlerò della gente, nemmeno della mia rivale. Ma davvero merita tutta questa fedeltà? Si capisce è il tuo primo amore. Ma non deve essere l’unico.”
“Lo dico anche per te. Io potrei pensare ancora a lei…”
“E lei pensa ancora a te?”
La sua domanda lo punse sul vivo. Poteva Xion pensare ancora a Roxas? Forse sì, magari si chiedeva dove fosse. Ma non dovevano essere pensieri felici, men che mai romantici. Aqua troncò una sua possibile risposta e lo baciò di nuovo. Il ragazzo pensò a Xion, ai suoi capelli neri, le sue proporzioni da bambola di pezza, le sue labbra carnose… no, Xion non aveva le labbra carnose. Di punto in bianco i suoi capelli diventarono blu mare, le sue proporzioni quelle da donna matura e Roxas si ritrovò a ricambiare il bacio di Aqua con trasporto.
   
 
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