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Autore: Calya_16    24/05/2016    5 recensioni
Cosa succederebbe se Carol perdesse la memoria? Cosa farebbe Daryl? Ambientata durante la seconda parte della quinta stagione
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sophia le stava sorridendo, allungando le sue piccole mani in alto per esser presa in braccio.
Carol la prese su dal lettino e la coccolò, cantandole una ninna nanna e dandole dolci baci sulla testa. Da quando Sophia era nata la sua vita era totalmente cambiata e mai era stata più felice. Ed non la toccava da quando era tornata a casa dall’ospedale e sperava che questa volta tutto sarebbe cambiato per sempre, forse aveva capito che aveva sbagliato a ubriacarsi e picchiarla, magari l’amore per sua figlia lo aveva cambiato davvero.
Carol vide la sua vita diversa, piena di gioie: avrebbe portato Sophia ovunque, le avrebbe insegnato tutto quello sapeva e anche di più e sarebbe diventata una donna forte e bella, con un uomo che la meritava davvero al suo fianco.
Chiuse gli occhi e stringendola al petto inspirò il suo profumo di neonata, di latte e di buono, mentre sua figlia si addormentava serena.
 
          °°°°°°°°°°
 
C’era freddo e umido e la testa le pulsava. Il terreno sotto di lei era duro e uno strano odore aleggiava nell’aria.
Carol provò ad aprire gli occhi, ma appena la luce filtrò oltre le palpebre li richiuse subito, emettendo un lamento.
“Carol sei sveglia?” sentì qualcuno chiederle, accanto a lei.
Voltò la faccia verso la voce e aprì di poco un occhio: la vista era un po’ sfocata inizialmente, ma poi riuscì a distinguere i tratti di un ragazzino magro con in testa un cappello troppo grande per lui.
“Tu…” provò a parlare, ma il ragazzo non la stava ascoltando, ora in piedi.
“Papà si è svegliata!”
Carol sentì dei passi avvicinarsi veloci.
“Carol, oddio. Ci eravamo spaventati così tanto!”
Lei si voltò e riuscendo ad aprire anche l’altro occhio guardò l’uomo che le stava davanti.
“Chi siete?”
Rick a quella domanda si fermò con il braccio teso, già pronto ad abbassarsi per abbracciare l’amica.
“Carol, sono Rick” le rispose titubante.
‘Rick, Rick. Sì, mi ricordo qualcosa di lui, ma non bene. Perché è tutto sfocato?’ si chiese Carol, chiudendo gli occhi e stringendosi la base del naso tra le dita, pensando. ‘Atlanta: siamo scappati e poi è arrivato quest’uomo nel nostro gruppo e ci ha guidati, mi sembra. Ma perché eravamo scappati?’ stralci di memoria le affioravano davanti agli occhi.
Rick si chinò sulle ginocchia e la fissò preoccupato.
“Ti ricordi di me? Come ti senti?”
“Sì, scusa. Ho avuto un momento di..buio” Carol cercò di tranquillizzarlo il più possibile, avvertendo un po’ di tensione lasciare il suo corpo e la sua mente pulsante.
Rick annuì, senza smettere di guardarla.
“Ti ricordi cosa ti è successo?”
Carol si mise a sedere con fatica, le braccia tese dietro la schiena. Sentiva i palmi delle mani bruciarle leggermente, questo era un indizio forse.
“Non molto bene” era dispiaciuta e anche un po’ imbarazzata: cosa ci faceva lei lì, in quelle condizioni? Cosa le era successo? Sapeva di essere al sicuro, ogni secondo che passava a guardare il volto dell’uomo le tornavano dei ricordi, anche se pochi e sfocati.
Solo non riusciva a mettere insieme i pezzi, e quel pulsare alla testa non la stava aiutando.
“Sei caduta, scivolata e hai sbattuto la testa. Ti abbiamo pulito la ferita e penso che dopo mangiato proveremmo a cambiarti la fasciatura. Per sicurezza, così che non si infetti” cercò di sorriderle lo sceriffo, anche se era molto preoccupato dalla reazione della donna.
“Hai bisogno di riposare, ti sveglieremo quando sarà pronto da mangiare” le disse Rick, posandole cauto una mano sulla spalla. Sperò che fosse un estraniamento momentaneo, a volte poteva capitare.
Carol lo guardò alzarsi e tornare da dove era venuto. Si sdraiò di nuovo, toccandosi la fasciatura di cui non si era inizialmente accorta, solo per notare il ragazzino che la fissava dall’alto.
“Se hai bisogno sono in quell’angolo lì” le disse, indicandole un punto poco distante.
Carol lo fermò prima che se ne andasse.
“Sono l’unica ferita?”
Stava ricordando anche il ragazzo, ma il suo nome era immerso nel fumo, non riusciva a riportarlo a galla.
“Sì, ma non sei mai un peso se è questo che pensi. Poteva succedere a chiunque” le sorrise, per poi andare a sedersi sul piccolo giaciglio nell’angolo.
‘Carl’ il nome le arrivò alla mente all’improvviso, mentre cercava una posizione comoda per riposarsi un altro po’. Ne sentiva il bisogno.
‘E’ amico di Sophia’ questo fu l’ultimo pensiero prima di addormentarsi.
 
          °°°°°°°°°°
 
“Mamma! Il mio ginocchio!”
Sophia mise in mostra il ginocchio con le mani e le lacrime agli occhi. Carol le corse incontro, buttandosi a terra davanti a lei, subito preoccupata.
“Cosa ti è successo?”
“Sono caduta dalla bicicletta” le lacrime non si fermavano, il volto di Sophia era completamente bagnato.
Carol tirò un sospiro di sollievo, andando a stringere sua figlia. Aveva avuto paura che suo padre l’avesse toccata, facendola cadere come quella volta dal seggiolone, o come un anno prima, quando le aveva spezzato un braccio perché era andata a toccare le sue cose.
Quella bambina era forte, a quattro anni aveva già affrontato e visto molte cose.
Carol era davvero orgogliosa della sua bambina, ma voleva proteggerla da tutto. Si lasciò sfuggire un risolino di sollievo al pensiero che si era fatta male con una semplice caduta dalla bicicletta come tutti i bambini.
“Vieni, andiamo a disinfettarci”
Carol prese per mano sua figlia e la guidò in bagno, dove le pulì la ferita.
“Ti voglio bene, lo sai?” le disse Carol una volta finito.
“Lo so mamma. Te ne voglio anch’io”
 
          °°°°°°°°°°
 
“Carol”
Qualcuno le stava scuotendo il braccio, fino a che non si svegliò.
“E’ pronto da mangiare, Daryl è riuscito a trovare un cinghiale” Rick l’aiutò ad alzarsi, per poi tornare a parlarle.
“Aveva bisogno di sfogarsi, era molto agitato. Sarà contento di vederti sveglia e in piedi” le sorrise, andando poi dagli altri, seduti attorno al fuoco.
Carol riportò alla mente il nome di Daryl, poi il suo volto. Le vennero subito in mente i suoi occhi e si chiese se fosse tutto frutto della sua immaginazione.
Raggiunse poi Rick e si guardò attorno, chiedendosi quando si erano trasferiti in un fienile.
Tutti la salutarono felici e lei sorrise, alzando una mano in segno di saluto, benché molte facce le fossero sconosciute, solo qualche particolare alla mente.
“Carol” una mano le si posò sulla spalla e la fece voltare.
Davanti a lei vi era Daryl, il volto teso. Entrambe le sue mani erano ora sulle spalle di lei, la stringeva lievemente come a non volerla lasciare andare.
Lo riconobbe subito e non seppe come reagire, catturata dagli occhi di lui. ‘Non me gli ero immaginati’ si stupì a pensare, non sapendo neanche bene da dove le veniva quel pensiero.
“Come ti senti?”
“Bene, grazie” Carol fece un passo indietro, estranea a quel contatto con un uomo di cui aveva solo un vago ricordo: rude, silenzioso e strano, era questa l’immagine che aveva nella sua mente. Si chiese come mai le stesse così vicino, parlandole con tanta confidenza: lei era buona con tutti, eppure non si ricordava di aver mai parlato molto con quell’uomo.
Daryl spalancò gli occhi al gesto di lei, stupito e ferito, le mani ancora in aria ma vuote, abbandonate velocemente lungo i fianchi: aveva fatto qualcosa che l’aveva ferita? Si era comportato in maniera strana? Lo spaesamento era evidente sul suo volto, ma solo Carol lo notò e abbassò imbarazzata lo sguardo.
“Venite a mangiare o volete rimanere lì in piedi?”
Lì chiamò Michonne e subito il volto di Daryl tornò alla sua serietà e impassibilità.
“Arriviamo” il suo tono sembrò duro a Carol, che lo vide sorpassarla lanciandole un’ultima occhiata.
Subito lo seguì, ma si sedette vicino a Rick e Carl, le uniche persone di cui aveva più ricordi al momento. Passò lo sguardo sul resto del gruppo: ricordava il coreano, Glenn: andava sempre ad Atlanta per cercare qualcosa di utile; accanto a lui vi era una ragazza che le sembrava chiamarsi Maggie, e le faceva venire in mente prati verdi e una casa sicura, con una nota di tristezza. Accanto a loro vi era una donna di colore di cui si ricordava il volto ma non il nome.
Gli altri non le dicevano niente, la sua mente era un buco nero in cui dimoravano.
Stava mangiando il cinghiale appena cotto quando ad un certo punto iniziò a muovere il capo velocemente, agitandosi: ricordava che Ed era morto, lei ora era una donna libera. Ricordava che se ne erano andati dall’accampamento, ma poi tutto era confuso, mancava qualcosa.
“Carol cosa c’è?” Rick la fermò, preoccupato.
Tutti stavano guardando la scena cercando di non farsi notare, per non agitare ancor di più Carol. Dalla parte opposta del cerchio Daryl si fermò dal mangiare, osservandola attentamente e pronto a scattare se fosse successo qualcosa.
Carol guardò Rick con gli occhi sgranati.
“Dov’è Sophia?”







Nota dell'autrice: ho voluto fare un piccolo omaggio a Stephen King con il riferimento del braccio rotto di Sophia, come succede a Danny in Shining. Penso sia un qualcosa che sarebbe potuta succedere anche a lei, e forse è stato così, non lo sapremo mai. Non ho molto altro da dirvi, spero che il capitolo vi sia piaciuto e farò il possibile per pubblicare il prossimo al più presto (la colpa è degli esami, io vorrei tanto scrivere di più!). A presto!
 
   
 
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