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Autore: acchiappanuvole    27/05/2016    3 recensioni
Dalle gallerie asettiche percorse da gente a maree contrarie, il suono di una chitarra rimbalza sui muri scrostati, vortica nell'aria respirata mille e mille volte, si espande come un richiamo che Reira segue accompagnata sempre da quella infantile, folle, speranza che cancella le leggi divine, le riduce a incubi dai quali è possibile svegliarsi e ritrovare ciò che si credeva perduto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Reira Serizawa, Satsuki Ichinose, Shinichi Okazaki, Takumi Ichinose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando l’acqua bolle, allora si può buttare il riso, bisogna prestare attenzione per fare in modo che non si cuocia troppo né troppo poco. Quando c’è scritta una data sul cartone del latte e quella data viene superata, significa che il latte non è più buono. Quando si attraversa la strada bisogna prestare molta attenzione, mai essere sbadati e assicurarsi di attraversare sempre sulle strisce. Sua madre le ha insegnato tutte queste cose, le ha anche insegnato a non fidarsi mai degli sconosciuti, a non mangiare troppe merendine e a non bere cose gasate. Ma lei quando è con suo padre trasgredisce sempre a quella raccomandazione perché papà le fa l’occhiolino e dice “è un nostro segreto non lo diremo a mamma”. A lei non piace tenere i segreti, i segreti hanno qualcosa di cattivo, qualcosa che non sa capire ma che costringono sua madre ad avere spesso un’aria triste e malinconica, e quando lei le chiede cosa non vada sua madre sempre le risponde “è un segreto” per poi prenderla sulle ginocchia e raccontarle favole di ragazze che perdono scarpette di vetro sulle scalinate di grandi castelli con un principe che poi le cerca per poterle sposare e farle vivere sempre felici e contente.
-Ma il principe come fa a sapere se la ragazza a cui mette la scarpetta è proprio quella del ballo?- chiedeva e sua madre fingeva di rifletterci per poi esclamare –perché è una scarpetta magica e va bene solo a lei!-
Tutto questo era molto divertente ma in qualche modo suonava strano che due si dovessero sposare per una questione di scarpe…
Ad ogni modo nella sua immaginazione probabilmente anche mamma e papà si erano conosciuti allo stesso modo. Mamma doveva indossare un abito bellissimo, come quello della foto che tiene sul tavolino del salotto, e suo padre deve averla amata subito al primo sguardo. Altro che scarpe! Chi poteva scordarsi un viso così bello!?
Da quando aveva compiuto otto anni però, la storia era cambiata. Sua madre non parlava più di quella principessa, o di quell’altra che mangiava la mela e veniva svegliata con un bacio. No.
“Lo sai cosa penso, tesoro” diceva mentre riempiva la ciotola di cristallo di caramelle colorate e poi la poneva al centro della tavola “ penso che se anche il principe azzurro non fosse arrivato, Cenerentola si sarebbe stancata di pulire la casa delle sue sorellastre e Biancaneve non avrebbe dormito in eterno. Dopotutto nessuno ti dice come sia stata la vita di Cenerentola da sposata, si pensa sia stata felice e contenta solo perché il bellone di turno le ha messo una scarpa al piede e l’anello al dito. Ma poi? Dai retta a me che lo so bene come gira il mondo, meno hai a che fare con gli uomini meglio è. Realizza da sola i tuoi sogni, lo farei, vero stella mia?”
E lei annuiva senza aver ben chiaro che cosa sua madre volesse realmente dire.  Non era forse felice di stare con papà? Papà che era così bello e solare e le portava sempre dei bellissimi regali. Papà che era molto meglio dei principi azzurri della tv.
Seduta alla scrivania della sua camera ha deciso di creare una bella collana con tutte le perline colorate che papà le ha regalato. Ne farà una speciale e sa già a chi regalarla. Resta solo da decidere che tipo di pendente usare, quello a cuore o a stella? Dubbiosa si reca nella stanza della madre, c’è sempre un buon profumo, lei lo chiama “  paradiso” ed ogni tanto gliene mette qualche goccia sui polsi, appena appena, perché è roba da signorine grandi. Tutto nella stanza della mamma le piace, dai grandi cuscini con le rouge, alla scatola piena di gioie, ai rossetti che, come soldatini in fila, fanno bella mostra sotto la specchiera. Anche adesso lei se ne sta mettendo uno color ciliegia sulle labbra, risalta sulla bella carnagione, i capelli raccolti in fili ramati e tenuti fermi da un fermaglio a conchiglia. Di tanto in tanto lancia delle strane occhiate alla lettera aperta che tiene di lato, fermata proprio dalla boccetta di “Paradiso”.
-Mamma!- trova coraggio e supera la porta. Sua madre sussulta appena, e prima di voltarsi richiude la lettera velocemente.
-Dimmi tesoro- le sorride con il rossetto un po’ sbavato appena sopra il labbro superiore.
-Preferisci il pendente a cuore o a stella?- glieli mostra entrambi, scrutando con curiosità il foglio richiuso.
-A stella tesoro. A mamma le stelle sono sempre piaciute-
-Che c’è scritto lì?- indica la lettera e sua madre si fa un po’ seria prima di rispondere che non è nulla di importante.
-E’ di papà?-
Annuisce dopo un lungo istante –Sì-
-Posso leggerla?-
-La leggeremo insieme più tardi-
-Che dice? Viene a trovarci? Quando potrò vederlo?- saltella sul posto, sa che non potrà aspettare sera per leggerla.
-Presto tesoro. Ma intanto perché non finisci la collana, è un regalo immagino-
-Sì, è per Sa-chan! Poi mi aiuti a farne un pacchettino? Vorrei fosse una bella confezione, so che non posso andare al compleanno però…però vorrei che avesse ugualmente il mio regalo-
-Certo, faremo in modo di farglielo avere. Ora vai a terminare, dopodiché usciremo a fare un po’ di spesa, potremmo prendere un film a noleggio, ti piacerebbe?-
Certo che sì! Adora quando sono insieme sul divano, mamma prepara le tisane profumate e lei può accoccolarsi accanto, farsi accarezzare la testa e commentare  le immagini del film. E dopo tutto questo potranno leggere insieme della lettera di papà.
Se mentre esce dalla stanza Momo-chan si fosse accorta dell’espressione di sua madre, forse il suo entusiasmo si sarebbe smorzato, lasciando posto ad una strana angoscia che la sua giovane età ancora non saprebbe definire.
Guarda la propria immagine nello specchio, il rossetto sbavato, le occhiaie sotto gli occhi, qualche filo bianco a screziare la perfezione del ramato. Sono cose senza importanza queste, non importano più da diverso tempo, perché ora ci sono priorità maggiori e qualcosa di buono che solo ed unico nella vita le ha dato gioia. Non sa quale sia la cosa giusta da fare, non sa cosa penserà sua figlia quando, in un domani non lontano, conoscerà il suo passato e forse la biasimerà e se ne vergognerà. Asami se lo chiede ogni giorno, ne ha paura ogni giorno. Riprende in mano la lettera, segue la calligrafia un po’ pomposa, le parole d’inchiostro l’una in fila all’altra. Che sia mai stato amore? Curiosità e ripiego. Questa è la realtà che le pesa nel cuore, e la vita presenta il conto.


I bicchieri tintinnano, pieni di vino dalle bollicine perlate o di succo di frutta alla fragola, si incontrano l’uno con l’altro producendo quel suono che sa di festa, di allegria, di un istante che in quel momento è solo per lei. Tutte le persone della sua vita sono intorno a lei, le sorridono, le dicono che quel vestito blu le sta divinamente, che il tempo passa ma lei rimarrà per sempre la loro Sa-chan. Satsuki ringrazia, arrossisce ai complementi, parla a ruota libera, con gioia e a volte con imbarazzo. Adora quella ricorrenza, sua madre l’ha ideata per lei, due giorni prima dell’effettiva data perché “porta bene alla faccia del grande demone celeste!”.
“Vedi Sa-chan, due giorni prima che venissi al mondo ci siamo ritrovati nella stanza 707 ed io ho brindato con del succo di frutta alla fragola, avevo intorno l’affetto dei miei amici e sapevo che la mia bambina sarebbe stata meravigliosa!”
 Satsuki ama farsi ripetere quell’aneddoto ancora e ancora, la fa sentire un po’ speciale, un po’ unica. Piroetta e la gonna del vestito si apre ad ombrello tra gli entusiasmi di Miu e Mai che le fanno i complimenti per l’ottima scelta. Accanto alla vetrata del locale suo padre e Yasu stanno conversando, mentre dal lato opposto Nobu scatta fotografie. Sa bene che lui e suo padre finiranno con l’ignorarsi, ma stavolta ha deciso di non darvi peso e farsela andare bene. Cerca sua madre con lo sguardo e la ritrova vicino a Shin. Lei gli sta sistemando la giacca e probabilmente starà rimproverandolo per l’ennesimo pearcing che lei disapprova. Sua madre potrà pensarla come vuole ma per Satsuki  Shin è l’emblema della perfezione; quando lo guarda qualcosa di caldo le esplode nello stomaco, il viso sembra rovente tanto da chiedersi se il rossore arrivi fin alla punta delle orecchie. Lui è stato il primo a dirle che quel vestito le donava,  quanto fosse bella, due parole sufficienti per farle spiccare il volo. E allora che Nobu e papà si evitino, che mamma la ricopra di attenzioni come avesse ancora cinque anni. Tutto questo va bene se Shin le sorride. Più tardi scriverà a Ko per aggiornarla su quegli sguardi di dolcezza che il suo non-fratellino dedica solo a lei.
“Peccato che tu non sia potuta venire, dovresti vedere quanto è bello!” sa già che scriverà qualcosa di simile con mille emoticon con gli occhi a cuoricino.
Il flash di una macchina fotografica e Nobu dietro l’obbiettivo che la lusinga a posare per qualche altro scatto ricordo. –Ma sei la stessa bambina alla quale regalavo le bambole?-chiede riponendo la macchina per stringersela contro. Satsuki vuole bene a Nobu, è un caro amico di mamma ed è sempre stato gentile con lei, sebbene sia chiaro che Nobu abbia qualcosa contro Takumi e non lo apprezzi nemmeno un po’. Una circostanza che Satsuki ha sempre trovato dolorosa e non di facile gestione.
“papà ti da fastidio se voglio bene a Nobu?” Satsuki ricorda di averglielo domandato una volta e sua padre l’aveva guardata un po’ sorpreso prima di assumere un’aria comprensiva.
“Certo che non mi da fastidio, Satsuki” non aveva aggiunto altro e Satsuki l’aveva preso in parola senza mettere mai in dubbio quella concessione. Almeno fino a quel momento.

Shin annuisce mentre Hachi gli ripete per l’ennesima volta di smetterla di riempirsi di metallo, e lui ride delle premure della sua mammina.
-Ah, non so proprio che fare con te- commenta Hachi portandosi una ciocca sfuggita alle forcine dietro l’orecchio. – Verrai anche alla festa di compleanno ufficiale, vero?- chiede pur sapendo che la risposta di Shin sarà positiva.
-Porterai qualcuno con te?- indaga socchiudendo appena gli occhi nello scrutarlo.
-Per “qualcuno” intendi una ragazza?- la stuzzica con finta innocenza.
-Qualcuno è qualcuno. Giusto per sapere quanti bicchieri devo ordinare- si giustifica lei lanciando poi un’occhiata apprensiva verso Satsuki che, ne è certa, finirebbe rintanata nel bagno in lacrime se Shin si presentasse con qualcuna delle sue fiamme.
-Tranquilla ho intenzione di portare solo me stesso. Inizialmente volevo trascinare anche Misato ma abbiamo avuto qualche divergenza d’opinione- e al nome di Misato Hachi si fa improvvisamente curiosa e,forse perché quella ragazza somiglia così tanto a Nana, desiderosa di vederla.
-Che è successo? Le hai fatto qualcosa?-
Shin ne è risentito -  Perché pensi che io le abbia fatto qualcosa!? La verità è che Misato a volte è uguale a Nana e trae conclusioni senza riflettere- ma Shin si pente di quell’affermazione perché ora il viso della sua “mamma” è adombrato.
-Hachi non fare così, devi sorridere, cosa penserà Satsuki?- le pone le mani sulle spalle ed Hachiko sembra riaversi.
-Vero, devo essere felice per la mia bambina-
Lui annuisce per guardarsi poi intorno – a proposito dov’è finito Ren? Non sono riuscito a scambiarci nemmeno una parola-
Difficile per Hachi dissimulare, ma facendosi coraggio si sforza di alzare le spalle –mah,  sai che è un’anima in pena-
Shin comprende ma non commenta, si offre di cercarlo, un modo anche per non rimanere troppo nella stessa stanza con Takumi e risvegliare ricordi e domande che ogni tanto lo colgono come coltellate a tradimento.
Adiacente alla sala principale c’è una terrazza, bisogna superare una porta a vetri ed un numero non precisato di vasi e piante per raggiungerla. Sotto ad esse il quartiere di Shibuya brulica d vita e luci. Shin prende un profondo respiro, solo pochi istanti perché sa che Satsuki si accorgerà a breve della sua assenza. Si da una rapida occhiata intorno, abbastanza per cogliere nell’oscurità della sera il rossastro della nicotina bruciante; si avvicina lentamente e Ren sussulta  per essere stato sorpreso con “le mani nel sacco”.
-Oi- Shin gli si fa vicino – te lo dico per esperienza, quello è un gran brutto vizio-
Ren distoglie lo sguardo – se vuoi farmi la paternale sei la persona meno adatta- pungente e ironico Ren, Shin accenna un sorriso, si appoggia al muro accanto al ragazzo e accende a sua volta una sigaretta.
-La festa ti annoia?- chiede Ren non proprio felice di condividere con qualcun altro il suo momento di evasione.
-Una festa per Satsuki non potrebbe mai annoiarmi, mi stavo solo chiedendo dove fossi finito-
-Beh bingo mi hai trovato!- un’altra boccata di fumo e un lieve colpo di tosse –volevo rimanere un po’ da solo, sorridere a ripetizione non è il mio forte-
-Nemmeno il mio sebbene mi riesca bene, ma quando sei circondato dalle persone che ti vogliono bene sorridere dovrebbe essere una cosa spontanea- la frecciata arriva perché Ren abbassa lo sguardo con fare colpevole. Si è ripromesso di dimostrarsi entusiasta per Satsuki, di rivangare momenti passati con allegria, stare alle battute e ai brindisi. Ma è difficile. Tutti quei fantasmi sono riuniti lì, lo circondano e gli ricordano quello che Ren vorrebbe gettare dietro una porta e chiudere definitivamente.
-Allora sei felice di vivere a Londra?- e in quel momento è in qualche modo lieto che Shin cambi argomento, che gli consenta di gettarsi in superficiali discorsi sulla vita nella capitale inglese, sulle possibilità che offre nonostante quella pioggerella perenne che per settimane talvolta non ti consente di vedere il sole.
-Satsuki mi ha detto che hai una band-
Ren annuisce e finalmente sorride sincero – The Hectis. Orami suoniamo insieme da oltre un anno e devo dire che si è creato un buon affiatamento-
Shin spegne il mozzicone liberando i polmoni dall’ultimo fumo – suonare è una cosa che manca molto anche a me. Chitarra giusto?-
-Già, ma me la cavo anche con il basso. Papà me ne ha comprato uno per potermi esercitare, ma la chitarra ha un’anima diversa e la preferisco-
-Beh sei proprio un piccolo Honjo in erba, non c’è che dire!- è innocente la frase di Shin ma dal modo in cui Ren lo guarda pare che la sua uscita abbia risvegliato qualcosa di molto infelice.
-Giusto, una pietra commemorativa vivente, no!?- è sebbene il tono di Ren sia privo di particolare inflessione, quella frase gli è uscita con una profonda avversione, qualcosa che Shin ha sentito arrivare come uno schiaffo.
-Non stavo dicendo questo, Ren. Credevo che…-
-Già beh voi tutti credete un sacco di cose, vi riempite la bocca di un sacco di parole… ad ogni modo se stai girando attorno a me per sapere qualcosa di Reira , invece di alzare una fottuta cornetta del telefono, posso dirti che sta come al solito, tra cedimenti emotivi e l’eterno amore non corrisposto per mio padre. Altro? Vuoi sapere se ti pensa? Onestamente non ne ho idea! Ma infognati come siete tutti nel vostro passato può anche essere probabile!- un fiume in piena, una rabbia che Shin non avrebbe mai creduto possibile, e lo destabilizza, lo lascia muto in preda allo sconcerto, a qualcosa che gli batte fastidiosamente in petto e lo ritrova privo di difese. Ren dal canto suo ha il viso arrossato, come se tutto quello che le sue labbra non sono riuscite a trattenere gli avesse provocato un tremendo sforzo; gli occhi sono lucidi, la sigaretta giace ancora accesa ai suoi piedi, e lui la calpesta con violenza per sfogare il pentimento e impedirsi di piangere come un poppante.
-Ren ti stavo cercando-
Il ragazzo si volta, Takumi è a pochi passi, troneggia su di loro e lancia un’occhiata significativa a Shin –Satsuki si sta domandando dove siete finiti, e se non sbaglio io e te Ren abbiamo una sorpresa per lei, non te ne sei scordato, vero?-
Ren scuote la testa e si passa il braccio sugli occhi per cancellare quelle gocce fastidiose che bruciano e non devono scendere. Shin gli pone una mano sulla spalla e dice solo “ci vediamo dentro” e Ren non sa cosa leggervi in quella frase, non sa cosa leggere nel passo di Shin, nel modo in cui si sfiora la fronte come a voler cacciare qualcosa.
Quando rimangono soli, Takumi gli si mette a fianco e non dice nulla, aspetta che sia suo figlio a voler parlare, se e come avrà voglia di farlo.
-Ora arrivo papà- dice solo, ma Takumi non si scosta, ne accenna a volerlo lasciare solo.
-Ren so che questo non è il posto né tanto meno il momento, ma non puoi andare avanti così, io e te abbiamo sempre parlato e cercato insieme delle soluzioni. Perché credi che stavolta non potrei aiutarti?-
E Ren si abbandona contro di lui come se l’equilibrio venisse meno.
-Ho detto a Shin un mucchio di cose che non avrei dovuto dire. L’ho fatto anche con mamma, no? Io non voglio ferire di proposito, ma ho tanta rabbia e paura e… –
-E mi vuoi dire cosa ti fa paura?-
-No-
Takumi sospira contrariato – ah sei peggio di me! Pensi di poter risolvere tutto da solo ma finirà che diventerai cinico come il sottoscritto. E tu sei molto migliore di me, Ren.  Tutti abbiamo qualcosa che ci fa paura, qualcosa che non sappiamo spiegare. Io e tua madre vogliamo solo aiutarti-
Ren lascia che lo sguardo si perda sul pavimento scuro – Lo so-
-E allora perché fai di tutto per impedircelo?-
-Te l’ho detto ho paura-
-… ti sei innamorato di Shin per caso?-
Ren si distacca e strabuzza gli occhi credendo di aver capito male –Eh?!?-
Takumi alza le spalle – E’ un bel ragazzo, ambiguo, a me è sempre stato sulle scatole ma sono di mentalità aperta e credimi che l’unica cosa che voglio e saperti felici-
Ren è incredulo ma non può fare a meno di scoppiare a ridere e questo rasserena Takumi.
-Non ci ho azzeccato?- e Ren capisce quell’espressione canzonatoria fatta per stemperare gli animi.
-Direi di no- ribatte ancora ridendo –ma sono lieto di sapere che sei di larghe vedute-
Takumi gli scombina i capelli come faceva quando Ren era solo un bambino che portava sempre con sé una chitarra più grande di lui.
-E’ qualcosa che riguarda me a farti paura? Per questo non vuoi parlarmene?-
Ren ha un nodo in gola, può sfuggire al mondo, proteggersi dietro il mantello dell’apparenza ma, da sempre, sfuggire agli occhi di suo padre, al modo che lui solo ha di scrutarlo dentro, riesce quasi impossibile.
-Come hai detto tu questo non è il luogo né il momento. Ora voglio sorridere e tornare da Satsuki, voglio suonare per lei-
Takumi vorrebbe invece seguitare a indagare, come se perso quell’istante non fosse più possibile averne un altro. Ma Satsuki aspetta e Ren ha smesso di piangere. Tutto dovrà essere rimandato a dopo la serata.

 

Camden Town è la zona di Londra che Naoki preferisce in assoluto; passa con disinvoltura da una bancarella all’altra, da un negozio all’altro, potrebbe ormai percorrere ad occhi chiusi lo Stables Market  senza stancarsene mai. Da dietro le lenti colorate degli occhiali il mondo di Naoki si è prodigato nel glam a dispetto di tutto il resto. In una giornata di nuvole come quella, grigia e alternata da brevi momenti di pioggia, le lenti rosa rendono il tutto una composizione degna della copertina di un album di Ziggy Stardust. Perché se il mondo si consegna grigio tu puoi decidere di guardarlo attraverso un paio di ray ban pink mirror e la giornata, a parere di Naoiki, può cambiare notevolmente.
-Reira guarda che meraviglia quella borsa psichedelica!- Naoki trascina Reira per  un braccio verso una vetrina super allestita, dall’interno un giradischi anni 70 inonda l’aria con la voce di Bowie “…perché possiamo essere eroi, solo per un giorno”  e quello per l’ex batterista dei Trapnest è un segno del destino.
-Sono più di due ore che mi stai facendo girare in mezzo a tutto questo. Avevi promesso che saremmo arrivati a Regent’s Park  e avremmo fatto merenda in riva al lago- Reira sbuffa esausta dalla confusione e dall’eccessivo entusiasmo di Naoiki.
- Trovo che un posto come questo sia molto meglio che deprimersi in un parco! Avanti respira l’atmosfera di Camden!- e Reira a quell’ennesimo rifiuto di accontentarla s’imbroncia come una ragazzina – l’atmosfera di Camden è uno specchietto per le allodole! Se credi di ritrovare l’autenticità degli anni settanta sei un ingenuo, Naoki. Qui è tutto in mano alla grande distribuzione e all’abbordaggio dei turisti. Se tu vuoi rimanere qui fa pure io mi avvio verso la Pagoda- e Reira non vuol sentire ragione tanto che, a malincuore, Naoki è costretto a raggiungerla ed accompagnarla lungo le rive del canale.
-A quest’ora il brindisi in onore di Satsuki starà per finire, a Tokyo è passata la mezzanotte. E’ un peccato tu non vi abbia mai partecipato, ormai è una ricorrenza-
Reira si ferma, lo guarda e non capisce se quell’uomo che le saltella a fianco dai tempi delle medie faccia veramente finta di non comprenderla o, insospettabilmente, nasconda un lato sadico che le riversa addosso con l’aria da bambino ingenuo.
-Mi prendi in giro?- Reira si stringe nel trench color carta da zucchero, d’improvviso sembra più piccola.
-Sto solo dicendo che ti stai perdendo un sacco di cose e da diversi anni- Naoki ora è serio, solleva gli occhiali ed il mondo cambia in un lampo, grigio di nubi stagliato a far da sfondo al pallore di Reira.
-Proprio tu dici questo! Tu che conosci bene ogni cosa, tu che fai da spola tra me e Nana senza mai…oh al diavolo! Vattene da tua figlia invece di esiliarti qui per comodità!- e quell’affermazione non lo lascia indifferente, stavolta non ci saranno “scusami facciamo pace”.
-Siete tu e Takumi quelli in esilio! Anzi a ben vedere sei tu quella che ci ha costretti in questa situazione!- e se Naoki si è pentito di quanto appena detto non lo da a vedere. E’ stanco di recitare la parte del giullare che assiste al casino nella vita dei suoi amici come una figurina a margine, come qualcuno a cui non dare importanza. Naoki ha sempre fatto dell’allegria la miglior arma ai cataclismi della vita, ma pare che nessuno abbia capito che da tali cataclismi Naoki non è assolutamente immune. Anche lui è cresciuto in una famiglia che ha disapprovato le  sue scelte, anche lui ha perso un caro amico in quel maledetto incidente! Ha visto naufragare il sogno di una vita esattamente come lo hanno visto Reira e Takumi, è stato solo ingenuo a sperare che quel sogno potesse ricomporsi e nascere a nuova vita. Ma agli occhi di tutti Naoki è sempre stato l’equivalente di un bambinone, una sciupa femmine che non spezza mai il cuore perché, andiamo, è troppo carino per avercela con lui! Le ferite degli altri hanno sempre avuto più valenza delle sue.
Reira muove le labbra ma è incapace di produrre alcun suono, il senso di colpa le si rovescia addosso nuovamente come una colata di cemento, la tiene immobile e senza appigli. Da tutti si sarebbe aspettata un simile rimprovero ma non da Naoki, Naoki che è sempre stato un sorriso di conforto e una carezza sulla schiena. Se ora anche lui la lapida che cosa le resta?
-So…sono la causa di tutto…è colpa mia se…- ma non riesce a proseguire e Naoki le si avvicina, la scrolla lievemente per un braccio animato da una rabbia che non conosce.
-Oh per l’amor di Dio Reira! Finiscila di piangerti addosso!- è un rimprovero fatto con lo stesso tono che un padre userebbe nei confronti di un figlio, eppure, Naoki si sorprende a pensarlo, non ha mai usato un tono simile con Momo-chan. Si tira Reira contro, l’abbraccia, le sussurra tra i capelli di stare calma, che non è colpa di nessuno se non  degli eventi se tutti loro sono barche alla deriva impossibilitate a raggiungere un qualsiasi porto. Reira trema, affonda il viso nel petto ampio dell’uomo, stringe gli occhi perché ogni nuovo pianto equivale a un’altra distruzione. Consolazione che il cielo abbia deciso di vomitare acqua in modo sempre più intenso, le persone attorno a loro corrono, si riparano con ombrelli e giornali, fuggono lasciandoli lì, immobili ad abbracciarsi. Non è lo stesso abbraccio che Ren le diede e che Reira non dimenticherà mai, non è nemmeno come l’abbraccio di Takumi, più sicuro e al contempo distaccato. No, l’abbraccio di Naoki è gentile, lieve come un fazzoletto passato sul viso, comprensivo di una comprensione costruita.
-Ho scritto una lettera, Reira-chan, ha parole tanto stupide e piene di false speranze. Ho sbagliato tutto anch’io, e non ho riflessi colorati nei quali potermi nascondere. Non più-.


Altro aggiornamento perché, non so, mi è venuto un po’ di getto e volevo ad ogni costo inserire un personaggio che nel presente dipinto dalla Yazawa sembrava essere scomparso ma che mi ha fatto chiedere: “ che fine ha fatto Asami?” ed ho azzardato una risposta. ^^”

p.s. ho usato qualche citazione iniziale ispirandomi ad un libro della Mazzantini.

  
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