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Autore: Sharkie    28/05/2016    5 recensioni
[Clexa]
"Lexa è mutaforme anche durante il giorno, fuori dalle immagini che proietta la mia testa.. "
Niente, è un esperimento: una roba abbastanza onirica sui sogni di Clarke e su come sia cambiata la sua percezione di Lexa col passare del tempo.
Il racconto inizia dopo l'esecuzione di Finn e prosegue fino alla stagione 3...maaa sappiate che ad un certo punto cambierò il corso degli eventi (insomma, capiamoci...il finale della 3x07 non si può proprio tollerare). Spero vi possa piacere!
PS: ho segnato anche la coppia Het perchè per i primi capitoli c'è qualche riferimento alla relazione tra Clarke e Finn. (Tuttavia la storia è decisamente Clexa..)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Finn Collins, Lexa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finn, non puoi biasimarmi per averti dimenticato e per averle donato il mio cuore.
Si, perché da quando avevo fatto il sogno del fango mi ero finalmente confessata con me stessa, senza più tentare di mentirmi ed io.. beh si, la amavo.

Ma avevo ancora intenzione di non farle capire nulla. Perché..?
Perché forse aveva ragione, l’amore rende deboli e per quanto mi fossi sforzata in passato di contraddirla su questo punto mi rendevo conto che, in effetti, era una sorta di verità.

Chi decide di innamorarsi, in questo mondo, non lo fa in maniera leggera come sarebbe potuto accadere in qualsiasi altra epoca o contesto.
Qui l’amore vuol dire il più delle volte
perdita. Vuol dire vivere costantemente con una lama puntata alla gola o in bilico sopra uno sgabello traballante, con un nodo scorsoio che ti circonda la testa.

Tu lo sai più di me.

Perciò non le volevo dare questo potere, non volevo darlo a nessuno.
Ma quanto sono stata stupida, me ne sono accorta solo dopo..

Oramai il “danno” era fatto e non dirlo a lei di sicuro non mi rendeva immune da niente.

Poi.. eh, poi accadde quel che accadde, e per me non ci fu più speranza.

 

***

 

Cadaveri. Cadaveri ovunque.

L’immagine arrivò come un cazzotto in pieno petto e con lei il concetto che tutto ciò per cui avevamo lottato era appena andato in fumo.
Camminando tra i corpi sparpagliati iniziarono a salirmi brividi per tutto il corpo e più il tempo passava, più aumentava il senso di nausea.
Mi resi conto che non ero scioccata da quanto era successo, quanto più dal fatto che Bellamy, una roccia su cui -credevo- avrei potuto sempre contare, era stato uno dei colpevoli di quel massacro.

Lo avevo trovato cambiato in peggio.
Era sconvolto, arrabbiato, furioso con me.
Mi aveva incolpato di tutto, aveva cercato di tenermi con la forza ad Arkadia.
Ogni sua parola mi aveva fatto male, ma in fondo credevo di meritarmelo.

Perciò quando ritornai da Lexa avevo quasi perso del tutto le speranze di trovare un rimedio a quell’ennesimo disastro.
Se Bell non mi aveva perdonato per aver deciso di continuare l’alleanza con i Grounders nonostante il sabotaggio di Mount Weather, come poteva farlo lei?
Lei che era stata accusata tante volte da me di essere una traditrice, una voltagabbana senza senso dell’onore, da me che avevo parlato di onestà e lealtà nei confronti del mio popolo, lo stesso che aveva deciso di attaccare a tradimento una guarnigione posta da lei a sua difesa!
Nella notte! Alle spalle!

La questione era così paradossale da sembrare comica.
Come avrei potuto guardarla in faccia e convincerla a fermare quella follia? A non rispondere ad un deliberato atto di guerra? Non ero più portavoce di nulla, ormai!
Io mi sarei scoppiata a ridere in faccia da sola.

Ma lei invece mi aveva concesso un ulteriore atto di fede, scatenando astio e riluttanza tra le fila dei suoi subordinati.

Sarebbe stata la prima Heda nella storia ad aver pronunciato “sangue non deve avere altro sangue”.

E forse, proprio per questo motivo, sarebbe stata anche l’ultima.

 

***

 

Durante il ritorno a Polis non parlammo affatto. La guardavo montare a cavallo con la schiena dritta e la mascella contratta, mentre lasciava cadere lo sguardo davanti a sé con un’aria persa.
Potevo solo immaginare quello che stava pensando e, anche se mi sentivo stranamente euforica per quella pace inaspettata, non potevo non sentire il peso che la opprimeva.
Nonostante si fosse mostrata risoluta a tutti mentre aveva ordinato di non predisporre nessun attacco, non poteva di certo cancellare tutto quello in cui credeva e che adesso sentiva di stare tradendo. La sua decisione la tormentava.. e tormentava anche me vederla lambiccarsi il cervello in mille dubbi.

Io, di mio, feci finta di non accusare tutti gli sguardi di risentimento che i Grounders mi lanciavano sulla via del ritorno.

Il comandante era stato debole ed era tutta colpa mia.
Ed io mi sentivo di averla appena condannata a morte.

 

Quella notte la sognai di nuovo. Oramai occupava i miei pensieri di giorno e di notte, più di quanto avessi voluto, più di quanto avrei mai ammesso, e non solo perché ne sentivo il richiamo fisico, ma sopratutto perché non mi è mai piaciuto non capire la gente.
Una delle cose che faceva di me -anche se non lo avevo mai desiderato- un leader, era proprio la capacità di saper parlare alle persone, di inquadrarle e di convincerle della mia versione dei fatti.
Ma di Lexa amavo proprio il fatto che fosse una contraddizione vivente, del fatto che fosse.. mutaforme.

Più ci ragionavo, più mi rendevo conto di quello che mi avevano sempre voluto dire i miei sogni.
Era la persona più complicata che avessi mai conosciuto, fatta di strati su strati che cercavano di coprire la sua vera natura e che le avevano per sempre appesantito l’anima. Quella copertura asfissiante avrebbe dovuto farla affondare, avrebbe dovuto renderla cinica, un guerriero senza cuore, eppure, più le circostanze le chiedevano di rinunciare a qualcosa -alla pace, all’amore, alla felicità- più la vedevo dibattersi per tornare in superficie, per prendere aria.

Lexa stava lottando per essere sé stessa senza rinunciare al suo ruolo e questa cosa la stava consumando.

 

Io sapevo quello che provava per me, lei me lo aveva fatto capire esplicitamente.
E non potei nemmeno fare finta di non accorgermi che tutto questo cambiamento era partito da quando ci eravamo conosciute.. ma forse sarebbe solo stata questione di tempo.
Forse, anche se io non fossi inciampata nella sua vita, sarebbe stata lo stesso un comandante fuori dalle righe, disposto ad andare contro le tradizioni. Chissà.
Tutti quelli che la conoscevano erano fermamente convinti di una cosa: Lexa era speciale.
Ciò che la distingueva dagli altri Commander era sotto gli occhi di tutti anche se nessuno voleva inquadrarlo per quello che era.

Lexa era nata fragile, anche fisicamente aveva un corpo piccolo e sottile, e aveva lottato più degli altri per diventare la più forte.
Ed era la cosa che -in un modo o nell’altro- stava facendo anche adesso.

 

***

 

Iniziò nel buio della sera, dopo pochi minuti che mi ero infilata sotto le pelli di lupo, ancora piena di mille pensieri.
Un fruscio alle spalle mi fece voltare, e la trovai china su di me, con un ginocchio sul letto e il peso poggiato sulle due mani che affondavano tra le pellicce, dietro la mia schiena.
Mi guardò implorandomi. Quindi spostai le pelli per farla entrare.

Era stanca, sfinita, voleva solo arrendersi per un momento ed abbandonarsi accanto a me, senza dover nascondere niente a nessuno. Le bastava avere i suoi occhi nei miei, e tutto il resto poteva anche sparire.
Realizzai che non mi avrebbe mai toccata senza il mio permesso, che a lei stava bene così, vivere tutto ciò senza pretendere niente in cambio.
Era crudele con sé stessa e la cosa mi riempì solo di una voglia disperata di curarla.

Perciò feci l'unica cosa che mi venne in mente di fare.
Le presi il polso e gli feci scavalcare il mio corpo, posandolo vicino la testa.

Fu costretta ad alzarsi su un gomito e rimase sospesa, con il respiro trattenuto in gola, guardandomi confusa. Le feci un mezzo sorriso e mi spostai ancora un po’, per trovarmi al centro tra le sue braccia, poi iniziai a percorrere con la punta delle dita i suoi fianchi..

Quando le arrivai nell’incavo della schiena, finalmente mi baciò e fu come la prima volta, morbido, caldo, umido, salato e dolce.
In quel momento fu come se il corpo si fosse dimenticato del modo in cui aveva funzionato per tutti quegli anni.. mi sembrava che la mia unica condizione di esistenza fosse il rimanere attaccata a quelle labbra e a quella lingua.
Le presi la testa tra le mani e la tirai vicino, disperatamente.
Dio.. se solo avessimo potuto fonderci soltanto baciandoci.. fonderci in una sola persona. In quel modo io avrei curato le sue ferite e lei le mie.
Due pezzi rotti che ne fanno insieme uno buono. Sentivo tutto il corpo rabbrividire e tremare, come fanno le placche tettoniche quando si scontrano, prima di assestarsi, oramai unite in una.

Alla fine, ansimando, mi staccai da lei, già soffrendo l’attimo dopo per la distanza. Ma c'era qualcosa per cui valeva la pena patire qualche minuto..
Le presi di nuovo la stessa mano di prima, me la portai alle labbra e lasciai sul suo palmo un bacio bollente, mentre la guardavo dritta negli occhi.
Lei trattenne il respiro, realizzando quanto le avevo appena concesso.
Poi con l'altra mano, che le stava ancora sul collo, la tirai giù di nuovo baciandola affamata e mordendole le labbra..
 

Finalmente mi toccò. Prima incerta, poi attenta, iniziò a passare le mani lungo il mio collo, sul petto, sui fianchi, sulle cosce, accarezzandomi e afferrandomi, e io sapevo che questa cosa l’avrebbe curata da tutti i suoi mali.
Tra me e me dicevo che aveva bisogno del mio corpo, come di un balsamo su una ferita aperta, che la sua fosse una necessità fisica.
Ma la realtà è che Lexa voleva sentirmi presente al suo fianco anche solo per andare contro le sue decisioni.
E io.. beh, io avevo bisogno di dirle tutto.

Più la lasciavo fare più si rendeva conto che le avevo davvero dato accesso ad ogni anfratto del mio corpo, senza limitazioni.
Si staccò dalla mia bocca solo per avventarsi sul mio collo, e quando sentii la sua lingua premere sulla vena che pulsava sotto la mandibola mi strappò un gemito di piacere e strinsi gli occhi.

Fu in quel momento che li vidi. Di nuovo l’accampamento dei Grounders morti sparsi senza vita nello spiazzo. In piedi, tra i cadaveri, tutti gli Skaikru che imbracciavano i fucili in assetto da combattimento, guardando lo stesso punto all’orizzonte. Aprii gli occhi e mi ritrovai nel mio letto, Lexa che mi sovrastava nel buio della notte, stagliandosi come un’ombra ancora più nera e con gli occhi che scintillavano di eccitazione.

Sentii la sua mano risalire dall’ombelico fino ad afferrarmi il seno, mi scappò un sussulto e richiusi di nuovo gli occhi. Lì nella direzione in cui prima c'era lei, adesso c'era l'intero esercito dei Trikru che guadagnava le colline, cavalcando veloci come il vento.

Finalmente mi accorsi che anche quello doveva essere un sogno.. che nonostante tutto continuò, tormentandomi tra Lexa che mi baciava, mi mordeva, mi afferrava e i suoi guerrieri che si scagliavano contro i miei.
Così un morso diventava l’inizio della battaglia, ogni bacio era un morto e ogni sospiro era l’urlo di un ferito.

Noi facevamo l’amore e loro la guerra.

Alla fine, quando si fece strada tra le mie gambe e sentii la sua lingua entrarmi dentro, mi sembrò di morire. Iniziò a tormentarmi con la sua punta con la stessa ferocia che la animava mentre combatteva, prima crudelmente lenta e calda, facendomi tendere fino allo spasmo, subito dopo rapida e prepotente, fino a spezzarmi il fiato e a farmi esplodere dentro.

In quel momento, a occhi chiusi, vidi il mio popolo soccombere sotto le lame dei terrestri e sotto gli zoccoli affilati dei cavalli che li investirono come un’onda.

E mi svegliai. Ero sola. Terribilmente sola.






 

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Angolo dell'autrice:

 

Si lo so è passato un mese e in questo periodo è successo di tutto.
Sono successe diverse cose che mi hanno gettato in uno mood non proprio felice, spero di essere sulla via per il recupero psicologico. *suonano violini depressi*
Chiedo scusa per il ritardo, ma come ho già detto ho intenzione di finire l’opera e di non lasciarla incompiuta, fosse l’ultima cosa che faccio! (eeeehhh, che esagerazione)
Ringrazio tutti quelli che mi seguono e che mi dedicano qualche minuto del loro tempo.
Vi sarò per sempre grata.
Alla prossima :>

  
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