Tutti vorrebbero evitare di andare ai funerali.
L’imperatrice non ne era da meno.
Ma a quello proprio non poteva evitare di andarci.
La sua più cara amica era morta, in un
misterioso incidente, alcuni giorni
prima, su un pianeta del sistema solare XXX, lontano non molti anni
luce dal
pianeta ove vi era la capitale dell’impero.
Era una burocrate onesta e laboriosa, fedele
più all’imperatrice che
all’imperatore, ma comunque fedele ai principi morali che
l’imperatore voleva
che ogni buon burocrate seguisse.
Il funerale avvenne, su ordine
dell’imperatrice, nelle immediate vicinanze
della capitale e la donna fu sepolta in un cimitero privato, con tutti
gli oneri
dovuti ad un burocrate di alto rango, anche se la donna non lo era.
Il corpo, quando arrivò sul pianeta, fu
identificato personalmente
dall’imperatrice, che ne verificò personalmente lo
stato.
I suoi accompagnatori ebbero da ridire del modo di
fare dell’imperatrice,
ma lei non era tipo di ascoltare molto i pareri degli altri,
specialmente se
non richiesto.
Il corpo dell’amica non mostrava affatto
i danni provocato dall’incidente
di cui si leggeva sui verbali dei poliziotti giunti per primi sul posto.
L’imperatrice, da un po’ di
tempo, seguiva i casi di morte improvvisa dei
burocrati di basso rango, di solito morti per incidenti casuali, i cui
corpi,
se non bruciati nell’incidente dei loro autoveicoli, venivano
cremati immediatamente,
dopo un sommario riconoscimento delle identità.
La cosa l’aveva alquanto sospettata,
perché i burocrati erano tutti
passacarte, gente che seguiva pratiche non molto importanti.
Ma gli incidenti erano sempre accaduti lontano
dalla capitale, su pianeti
insignificanti, ove i burocrati erano andati a seguire cose di poco
conto.
Perché l’imperatrice se ne
interessante così tanto non era dato a sapere a
nessuno, ma la cosa aveva, invece, interessato l’imperatore.
Non vivendo molto spesso insieme,
l’imperatore e l’imperatrice parlavano solo
di quello che erano le cose normali di cui si parla in coppia: figli,
amicizie,
malattie, parenti defunti o troppo pressanti per soldi o potere che
volevano e
a cui non avevano diritto.
Una sera l’imperatore di
presentò, solo, negli appartamenti privati della
moglie, che stava, insieme alla baby sitter, curando personalmente i
due figli,
una bambino di dieci anni e una bambina di sei, avuti
dall’imperatore.
L’uomo aveva una vestaglia lunga, di seta
trapuntata, di color rosso scuro,
sopra un pigiama di color marrone.
La donna lo guardò per alcuni secondi,
preoccupata, mentre i figli
correvano incontro al padre.
Lui si abbassò ad abbracciarli e
baciarli, parlando con loro del più e del
meno, della giornata passata a scuola e poi in giro per il palazzo a
giocare.
L’uomo li accarezzò con
benevolenza, dandogli una leggera sculaccia sul
sedere e rimandandoli dalla madre.
Essi si avviarono verso di lei, che li bacio e li
lasciò alle cure della
baby sitter.
Lei e l’imperatore si allontanarono dalle
stanze dei figli, entrando nella
camera da letto dell’imperatrice.
«Un altro figlio, caro?».
Chiese lei, sedendosi sul bordo del letto.
Lui si sedette su una comoda poltrona, di fronte
alla moglie.
«No, cara. Ma mi è giunta voce
che ti stai interessando ci cose che non ti
competono!». L’imperatore, seduto su quella
poltrona in cui si sprofondava facilmente,
ma con la schiena ben dritta, guardava dritto negli occhi grigi della
moglie,
che aveva un viso lungo, con gli zigomi leggermente sporgenti, una
bocca
piccola, un nasino con la punta verso l’alto, dandogli una
espressione da
persona superficiale
«Non sono a conoscenza di ciò
he mi stati dicendo, caro!». Disse lei,
voltando il viso verso destra, evitando di guardarlo negli occhi.
L’imperatore sapeva bene che
l’imperatrice aveva, come lui, studiato il
linguaggio del corpo e della voce, del suo controllo e di come
utilizzarlo a
proprio vantaggio.
Perché l’imperatrice, allora,
si comportava così.
La donna fece uno strano movimento con il viso
verso l’alto e l’imperatore,
che stava per parlare, seguì lo sguardo di lei.
In alto, un foro nella parete, nascosta da un
riloga delle tende, dava
l’impressione che vi fosse nascosta una mini telecamera.
L’uomo capì.
I due incrociarono i loro sguardi in modo languido.
L’imperatrice inizio a fare le fusa come
una gattina e l’imperatore decise
di assecondarla.
Lei si alzò e andò verso il
bagno, facendo cadere la vestaglia di seta di
color pesca e, un attimo dopo, la lunga camicia di notte, sempre di
seta di
color bianco, mostrandosi nuda.
Era una donna alta e flessuosa e le due gravidanze,
anche con l’aiuto di un
buon allenamento in palestra e di massaggi fatti da mani esperte, non
avevano
modificato il suo meraviglioso corpo.
L’uomo segui l’esempio della
donna, lasciando cadere la sua vestaglia e
infilandosi, subito dopo di lei. Nel bagno.
Dopo aver chiuso la porta, i due tirarono un
sospiro di sollievo: lui tentò
lo stesso un approccio amoroso con la donna, che corse a mettersi
l’accappatoio
bianco appeso vicino alla doccia.
«Stavano dicendo, caro?». Disse
lei, con fare seduttivo.
Lui sbuffò e si sedette su uno sgabello,
vicino alla vasca del bagno
incassata nel pavimento.
«La mia risposta, caro»,
continuò lei «e sì, mi sto interessando
di cose
che non mi competono, dopo la morte della mia più cara
amica. Ma non è la sola
che è morta in circostanze tanto strane!»
«Lo so!», gli fece eco
l’imperatore. «So che qualcuno sta uccidendo
burocrati di basso livello. Non sono a conoscenza del
perché, ma comunque è una
cosa a cui verrò a capo in poco tempo!»
Il fare dell’imperatore era deciso, ma la
moglie scosse il capo.
«No. Non hai neanche idea di cosa stia
succedendo. Secondo te, quanti
burocrati sono morti?». Chiese la moglie.
«Non credo che siano più di
una decina». Disse deciso l’imperatore.
«Centodieci, mio caro. Il tuo conto
è impreciso e alquanto approssimativo!»
L’imperatrice era decisa e
l’imperatore ne rimase sconvolto, come se
qualcuno lo avesse tenuto all’oscuro di tutto.
«Dire che sei nei guai, mio caro,
è dir poco. Li hanno sostituiti senza
dirti niente, con ordini imperiali completi di firme false. Ho paura
che
qualcuno ti abbia preso la mano. Mi sa che il tuo prossimo compleanno,
i tuoi
prossimi quarant’anni, sarà anche
l’ultimo che festeggerai. Da uccidere dei
burocrati a uccidere un imperatore la strada è
breve!»
L’uomo si sentiva scomodo su quello
sgabello, più scomodo che sul trono.
Guardò la donna e cercò in
lei un cenno di compiacimento.
La donna, invece, lo guardo con fare superiore.
«La vita dei miei figli è
più importante della tua, mio caro. Se cerco da
sola risposte è perché temo per la loro vita. E
tu non stati facendo niente per
tappare tale falla!»
«La falla, mia cara, l’ho
voluta io! Non posso scoprire il tentativo di
colpo di stato o di uccisione dell’imperatore, se non do un
po’ di corda a coloro
che complottano contro di me.»
L’uomo si alzò e
cominciò a camminare nel bagno a lunghi passi, a testa
bassa, pensoso.
«Come posso fare, come?».
Continuò «Devi stare attenta, non posso difendere
il trono e l’impero da tutti, se anche tu ti metti in mezzo a
fare domande a destra
e a manca su tutti coloro che sono morti, che non sono tornati dai
viaggi futili
per controllare pratiche inutili! Alcuni li ho mandati io di persona,
per
verificare se la cosa era vera. La tua amica si è offerta
volontaria ed è
morta. E la cosa dispiace più a me che a te!»
La donna stava piangendo, con le mani che gli
coprivano il viso.
L’uomo se ne accorse e gli corse
incontro, ma lei lo allontanò urlandogli
contro.
«Tu, maledetto! Hai mandato Clare a
morire! Non meriti alcuna pietà da me!»
«E tu, mia cara, con il tuo amico
Alfonse, che forse è a capo di tutto ciò,
cosa fate quando lo vedi?»
«Niente. Alfonse è da
più di un mese che non lo vedo. È partito per il
suo
pianeta e non so quando tornerà!»
«Mai! Mi sa tanto che l’hanno
ucciso!»
La donna guardò l’uomo ed
esplose ad urlare, sedendosi per terra, scalciando
contro il marito.
Le urla attirarono le dame di compagnia
dell’imperatrice e alcuni
servitori, che bussarono alla porta del bagno.
L’urlo dell’imperatore sembrava
quello di un leone ferito.
«Andate via tutti! Non abbiamo bisogno di
nessuno!»
La voce, come un tuono, arrivo da dietro la porta,
coprendo per un attimo
le urla e i pianti della donna.
I servitori si allontanarono subito, mentre le
dame, preoccupate, rimasero
ancora un attimo, allontanandosi poi in silenzio.
I figli della coppia, sentite le urla, si erano
affacciati alla porta della
camera della mamma, ma la baby sitter li ricondusse nelle loro stanze.
La donna urlò e pianse fino allo
sfinimento.
Dopo più di un’ora la donna si
assopì e l’uomo la mise nel letto.