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Autore: Milla Chan    02/06/2016    1 recensioni
Rei era sempre stato affascinato dalla coordinazione che si nascondeva dietro l’efficienza di un albergo di lusso. Era un meccanismo: ogni cosa doveva funzionare in modo perfetto e armonico, ogni persona contribuiva all’andamento ben scandito di quel grande orologio vivente.
Ma un granello di polvere basta a inceppare tutto quanto.
[Reigisa] [Hotel AU]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Day 7: Prism
 
Le giornate si facevano sempre più calde, stare nella reception era sempre più faticoso, le pareti di vetro la rendevano una piccola serra e Rei ringraziava che il bancone fosse all’ombra e che esistesse l’aria condizionata. Passare tutta la giornata a fare su e giù per le scale -dal momento che l’ascensore era riservato ai clienti- era sempre più sfiancante, stare in pantaloni lunghi neri e camicia era un supplizio sempre maggiore. Quel giorno, in particolare, il calore era insopportabile e si rifletteva sull’asfalto. Il sole batteva contro i vetri della hall e il forte frinire delle cicale era l’unico rumore udibile in quel pomeriggio rovente, assieme alla lieve musica di sottofondo emessa dalle casse disseminate nell’hotel. Quasi tutti i clienti erano andati in piscina o in spiaggia (tra cui anche Nagisa e la sua famiglia), qualcuno era al bar a mangiare gelati o bere bibite fresche. Sembrava una giornata tranquilla, ma in realtà quel caldo eccessivo aveva portato con sé diversi problemi: due arie condizionate nelle camere si erano guastate, un cliente si lamentava che il minibar non era abbastanza freddo, ad un altro non andava la televisione. Idraulici ed elettricisti stavano cercando di aggiustare il tutto mentre le camere erano vuote, ma di certo il clima infernale non aiutava a velocizzare il lavoro.
Rei scese in cucina e controllò il numero dei clienti che avrebbe cenato. Strabuzzò gli occhi e diede per certo che, quella sera, avrebbe dovuto scendere in sala per aiutare i camerieri. Lasciò i menù per il giorno successivo al bancone del bar e si sedette su uno degli sgabelli alti che si trovavano lì, per riprendere fiato qualche minuto. Appoggiò i gomiti al marmo e il ragazzo che serviva al bar gli allungò una ciotolina di porcellana con del gelato e della panna montata.
Era un tipo dall’aria vagamente scontrosa, i capelli leggermente lunghi legati in un codino e i denti stranamente appuntiti. Aveva iniziato a lavorare lì da circa una settimana e all’inizio Rei aveva avuto parecchi dubbi sulla scelta di suo padre di assumere una persona del genere come barista, ma presto aveva scoperto che dietro l’apparenza aggressiva si celava una persona gentile che svolgeva al meglio il suo lavoro (senza contare che attirava parecchie ragazze che camminavano sulla stradina, non era un dettaglio da sottovalutare) e Rei poteva tranquillamente dire che, nonostante tenesse spesso il broncio, gli ispirava simpatia.
-A che tavolo devo portarlo?-
Il barista ridacchiò mentre asciugava un bicchiere con uno straccio. -È per te!-
-Ohh. Grazie mille!-
Il volto accaldato di Rei si aprì in un sorriso e affondò il cucchiaino nel gelato che già si stava sciogliendo. Nonostante tutti i piccoli litigi tra i dipendenti, per i motivi più disparati, i ritardi, le reciproche accuse di nullafacenza, alla fine erano come una grande famiglia allargata. Alcuni di loro erano persone che nella vita di Rei erano sempre state presenti, dipendenti storici  che gli davano le caramelle da quando era un bambino. Altri erano arrivati solo da qualche anno, altri ancora se n’erano andati. Dalle donne delle pulizie ai camerieri, dai tuttofare ai cuochi, Rei aveva l’impressione che tutte quelle persone contribuissero a costruire la sua seconda casa, un posto a cui era incredibilmente e profondamente legato. Tuttavia, Rei sapeva che qualcosa stava cambiando. Non intorno, ma dentro di sé.
Adorava quel lavoro, sapeva che sarebbe stata la sua strada e spendeva moltissime energie nel cercare di imparare quanto più possibile sulla gestione di un hotel, ma a volte si sentiva come se fosse legato troppo stretto, come se avesse bisogno di prendere respiri più profondi. Forse era l’età, forse la sensazione di aver scoperto un mondo completamente nuovo dopo aver conosciuto Nagisa, o forse entrambe le cose, perché dopotutto erano legate indissolubilmente l’una all’altra. Non pensava che avrebbe potuto provare quel genere di sentimenti per un ragazzo, una persona così attiva, loquace, senza peli sulla lingua, qualcuno che sembrava essere il suo opposto sotto ogni aspetto. Eppure, sembrava che Nagisa fosse arrivato a tendergli la mano nel momento giusto. Nagisa era bello, bellissimo, e il solo pensarlo lo emozionava. I lineamenti dolci, la pelle morbida, il corpo sottile ma niente affatto fragile; eppure, da piccoli gesti, da brevi inclinazioni nella voce, si poteva capire che c’era anche una bellezza segreta in Nagisa, immersa nella sua dolcezza, non isolata dal resto, ma avvolta in esso. Nagisa non era solo ciò che dava a vedere, era ben chiaro. Era anche quello, anzi, lo era per la maggior parte, ma non solo. Rei aveva vissuto brevi attimi in cui Nagisa sembrava aprirsi, schiudersi, ed erano quelli i momenti in cui era veramente limpido, cristallino. Se n’era reso conto a poco a poco, sempre di più. All’inizio era solo una sensazione strana, un’atmosfera di libertà che si sprigionava nell’aria come un profumo denso e inspiegabile. Ma poi capitava ancora, e ancora, e Rei si era reso conto che in quei secondi ogni cosa attorno a sé, lui compreso, iniziava a gravitare attorno a Nagisa, come se fosse un polo d’attrazione. Nagisa attirava tutto verso di sé e al contempo rilasciava un benessere naturale, era un prisma che incanalava la luce e irradiava colori. Rei si era accorto di averne disperatamente bisogno.

Proprio mentre pensava queste cose, quasi come se fosse servito da richiamo, la famiglia Hazuki apparve dalla stradina, di ritorno dalla giornata di mare. Li osservò salire i cinque gradini che portavano alla terrazza della sala e vide le tre sorelle salutarlo con la mano, trattenendo i risolini. Dietro di loro Nagisa, con la sua borsa da mare sotto il braccio, faceva lo stesso, ma con un’espressione totalmente diversa. Rei ricambiò i saluti e guardò l’orologio, che segnava le sei. Era quasi ora di andarsi a preparare: alcuni camerieri stavano già apparecchiando i tavoli, alle sei e mezza si sarebbero dovuti trovare tutti in cucina per la distribuzione dei tavoli e per aggiustare gli ultimi dettagli, e alle sette sarebbe iniziato il servizio.
Nagisa e gli altri componenti della sua famiglia erano, come sempre, al tavolo sette, e casualmente Rei riuscì ad ottenere il servizio di quel tavolo. La sala si stava riempiendo e il capocuoco batté le mani, come a voler dare la carica ai camerieri.
Rei guardò con la coda dell’occhio il nuovo lavapiatti che se ne stava appoggiato con un braccio ad un’enorme pentola capovolta su un ripiano d’acciaio, con le maniche arrotolate fin sopra i gomiti. Non aveva ancora avuto modo di parlare con quel ragazzo giovane dalle spalle larghe: sapeva che era stato assunto più o meno nello stesso periodo del barista che quel pomeriggio gli aveva offerto il gelato e Rei era abbastanza sicuro di averli visti insieme, quindi forse erano amici? Magari avrebbe potuto chiedere a lui di presentarglielo? Gli metteva un po’ di soggezione, a dir la verità, con quei suoi occhi chiari e l’aria seria.
Prese quattro piatti e uscì dalla cucina, dirigendosi verso il tavolo sette. Camminava impettito e attento, nelle vene sentiva ancora il terrore dell’ultima volta che aveva aiutato in sala e, nonostante in quell’occasione avesse incontrato per la prima volta Nagisa, non avrebbe mai voluto che ricapitasse una scena del genere. Tra l’altro, ci sarebbero stati molti altri modi meno imbarazzanti per conoscerlo: dargli informazioni sui templi da visitare nelle vicinanze, o sulle attrazioni turistiche, o esplicargli i benefici del nuovissimo centro benessere con sala per massaggi e sauna che avevano fatto costruire quell’inverno. Oh, quello avrebbe dovuto assolutamente farlo comunque!
Arrivato al tavolo, servì prima le signore e trattenne l’imbarazzo nel sorridere cordialmente alle tre sorelle che si stavano scambiando sguardi complici, suscitando in loro un risolino contenuto. Sentiva lo sguardo di Nagisa gravargli addosso.
-Buon appetito.- disse appoggiando l’ultimo piatto davanti a Nagisa e guardandolo negli occhi. Il ragazzo lo fissò di rimando dal basso, alzando un sopracciglio e stringendo le labbra per non sorridere troppo, anche perché la madre stava iniziando a riprenderlo per la postura scomposta. Rei prese un respiro profondo e tornò in cucina cercando di non sembrare un pinguino impettito.
Quella notte, la serietà e la preziosità di un efficiente lavoro di coordinazione ed estetica, per Rei si mescolò a quello che sembrava essere un gioco di ruolo. Trovava abbastanza difficile rivolgersi a Nagisa in quel modo serio e distaccato, cercando di comportarsi con fare elegante, come faceva con gli altri clienti. Di certo, Nagisa non lo aiutava con i suoi risolini bassi e gli sguardi ammiccanti. Quella giocosa educazione che si dimostravano l’un l’altro, l’accidentale sfiorarsi delle mani quando posava il piatto, perché proprio in quel momento Nagisa decideva di bere o di impugnare le posate: tutto ciò rendeva il servizio di quella sera più interessante di quanto non fosse mai stato.

Una volta terminata la cena, di norma una parte dei clienti si spostava dal proprio tavolo ai tavolini in ferro battuto sul limite della terrazza, in modo da passare una serata tra un liquore e l’altro, rilassandosi grazie allo scrosciare del mare, che da quel punto si vedeva benissimo e offriva uno spettacolo meraviglioso.
Rei era appoggiato alla parte esterna del bancone del bar ad osservare gli altri camerieri che si occupavano delle ordinazioni, quando sentì qualcuno afferrargli i fianchi, facendolo sobbalzare.
-Ryugazaki-san.- fece Nagisa con voce modulata, sgusciandogli davanti e appoggiando un gomito al bancone, a specchio del ragazzo che gli stava davanti. -Cos’ha da offrirmi stasera?- chiese lanciando un’occhiata ai drink che un cameriere stava portando ad un tavolo.
-Niente alcolici per i minorenni.- rispose Rei mentre si aggiustava il colletto della camicia. -Ma ho sentito parlare della sua fervente passione per le fragole, quindi potrei offrirle un’ottima coppa gelato con ingredienti di prima scelta.-
Nagisa trattenne il respiro e gli mostrò un sorriso che agli occhi di Rei sembrava far illuminare la stanza. Gli piaceva farlo sorridere in quel modo.
-Accetto volentieri la sua gentile proposta!- esclamò con un breve inchino, mentre Rei si dirigeva già dietro il bancone. -Con tanta panna, come l’altra volta!- puntualizzò tornando alla normalità e sporgendosi sul marmo per osservare il suo lavoro.
Rei gli lanciò un’occhiata mentre teneva il capo chino sulla coppa di vetro e sorrise istintivamente alla vista di quel viso impaziente e felice.
-Stai davvero bene vestito così.- sussurrò d’un tratto il biondo, cogliendolo di sorpresa.
Rei strabuzzò gli occhi e sentì gli occhiali scivolargli lungo il naso, e poco ci mancò che facesse cadere tutto.
Nagisa allungò le mani per reclamare il suo gelato, e Rei deglutì mentre glielo posava sul bancone.
-Grazie mille.- disse prendendo la ciotola con una mano e rimettendogli a posto gli occhiali con l’altra.
-G-grazie a te.- rispose confuso Rei. -Spero che sia di tuo gradimento anche il gelato.-
-Come non potrebbe!- rispose l’altro, facendogli l’occhiolino e ficcandosi il cucchiaino stracolmo in bocca.
Rei notò che non gli staccava gli occhi di dosso.
   
 
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