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Autore: Luce_Della_Sera    05/06/2016    1 recensioni
(Sequel di “L’amore è sempre amore” e di “La vera essenza delle famiglie”)
Dal terzo capitolo: "L’amore per i figli è l’amore più grande: è infinito, così infinito che ti lascia senza fiato".
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 6: La bugia di Kevin

“Ehi, tu! Ma è vero che hai due padri?”
Davide, che aveva appena finito di mangiare il suo panino nel cortile della scuola, alzò lo sguardo: davanti a lui c’erano quattro ragazzi che ad occhio e croce dovevano frequentare il quarto anno, tutti piuttosto ben piazzati.
“Sì, è vero. E allora?”.
Il quindicenne era abituato a simili domande, ma il tono minaccioso con cui uno dei quattro lo aveva apostrofato non gli piaceva per niente: nonostante ciò, aveva deciso di rispondere con aria di sfida. Era così occupato a cercare di farsi valere che a malapena si accorse che attorno a lui e agli altri si era formato un capannello di studenti, come succedeva sempre quando c’era un potenziale scontro e nessun insegnante era in vista.
“E allora, non ci piaci”, continuò un altro degli appartenenti al quartetto.
“Buon per voi, io me ne frego di quel che pensate”.
“E invece dovrebbe fregartene, frocio che non sei altro!”, esclamò il terzo. “Noi la feccia come te qui non la vogliamo. Vogliamo gente normale nella nostra scuola, non dei malati pervertiti!”.
“Perché, scusa? Vi siete comprati l’istituto, per caso? No, perché a me non risulta! Io ho diritto di venire qui, così come lo avete voi!”
“Ma sentitela, questa checca di merda”, si fece sentire l’ultimo componente del gruppetto. “Parla, parla e ancora parla, ma poi non fa niente. Scommetto che non avrebbe mai il coraggio di misurarsi con noi da uomo a uomo, perché effettivamente non è un uomo, è una donna mancata!”.
“Avete finito di sproloquiare? Siete noiosi, piantatela!”.
“Ora basta, verme, ci hai stancato!”.
“Ehi!”.
I quattro, che stavano per lanciarsi sulla loro vittima si bloccarono, sentendo la voce di un’altra persona; Kevin si era intromesso, mettendosi dalla parte di Davide.
“Ma bravi, quattro contro uno. Non vi vergognate? E meno male che secondo voi il codardo sarebbe lui!”.
“Stai difendendo questo frocetto? Bleah, che schifo, meno male che non ti ho votato. Sei frocio pure tu, per caso?”, chiese quello che per primo aveva parlato a Davide
“Questo non è affar tuo, Riccioli d’Oro. In ogni caso, io difendo chi mi pare, perché ho una certa antipatia per i razzisti di ogni genere! E non li voglio nella scuola dove studio. Quindi, invece di fare gli spavaldi con i ragazzini più piccoli, perché non ve la prendete con chi ha la vostra età?”.
“Kevin, lascia perdere”, si intromise Davide, avvertendo un cambiamento negativo nell’aria. “Non ne vale la pena!”. Cercò di spingere via l’amico, ma troppo tardi: i quattro energumeni, scambiandosi un’occhiata, avevano deciso di prendere il neo rappresentante della loro scuola alla lettera e si erano diretti su di lui: mentre uno lo teneva, gli altri tre iniziarono a dare calci e pugni a più riprese.

 
 

Davide, spaventato, correva a perdifiato per le scale: si sentiva un vero codardo, ma se si fosse messo contro quel quartetto così aggressivo non solo si sarebbe fatto molto male, ma non avrebbe aiutato l’amico! In preda al panico, era riuscito a farsi largo tra la folla, dopo aver inutilmente chiesto a tutti i presenti una mano con il solo sguardo, e si era diretto verso l’edificio scolastico: aveva chiesto aiuto ai primi bidelli che aveva incontrato, dovendo rispiegarsi parecchie volte per quanto era agitato e spaventato, e poi aveva proseguito la sua corsa: se c’era qualcuno che poteva aiutare Kevin, almeno dal punto di vista morale, quelli non erano né i professori né i bidelli, e neanche la vicepreside, che di sicuro sarebbe stata avvertita entro breve … ma Vittoria. Lei, ne era sicuro, avrebbe saputo trovare una soluzione!
 
 

Vittoria aveva sognato molte volte che Davide venisse a chiamarla durante le lezioni; ma immaginava succedesse per motivi più romantici, non per cose così gravi!
“Dove hai detto che si trova? In cortile?”.
“S…sì, esatto!”, Davide aveva una paura terribile: temeva che la ragazza, una volta passati gli effetti dell’adrenalina e della preoccupazione per il fratellastro, se la prendesse con lui per non averlo difeso. Si sentiva già abbastanza colpevole di suo, quindi voleva evitare di essere bersagliato di rimproveri anche dalla persona che amava e a cui purtroppo ancora non aveva avuto il coraggio di dichiararsi!
Quando arrivarono, la folla si era già un po’ dispersa, ma c’era comunque un capannello di gente attorno ad un unico punto: e fu lì che Vittoria e Davide si diressero, sempre più in ansia.
Kevin non sembrava avere ossa rotte, ma aveva sangue che gli usciva dal labbro e sembrava dolorante in più punti del corpo; Vittoria si guardò intorno, con i suoi occhi verdi che mandavano saette, ma non vide nessuno che sembrasse essere l’aggressore di suo fratello: molto probabilmente, i colpevoli erano già stati portati in presidenza. In compenso, vedendola così arrabbiata molti curiosi si allontanarono … e vedendoli andar via, lei sospirò.
“La scuola avrà di certo avvertito l’ambulanza, e probabilmente avrà contattato anche Jasmine … io però non posso stare con le mani in mano!”.
Si chinò quindi verso il fratello, e insieme a Davide lo aiutò ad alzarsi.
“Ma che ti è successo? Ti hanno aggredito per razzismo?”.
I due maschi si scambiarono un’occhiata, poi il più grande rispose, debolmente:
“E’ una lunga storia”.
“Va bene, ho capito … semmai, me la racconterai bene quando starai meglio, d’accordo? Ora scusami un attimo”, gli disse, mentre lo lasciava alle cure dell’amico e si spostava poco più in là. Estrasse il cellulare dalla tasca destra dei pantaloni, trovò il numero della sua mamma non biologica e stava quasi per chiamarla, quando ci ripensò: né Sara ne la sua madre naturale potevano aiutare Kevin da un punto di vista pratico. Avrebbero potuto supportare lei, ma come potevano essere utili a suo fratello, considerando che non erano sue parenti? Proprio mentre formulava quel pensiero, però, si rese conto che invece una persona che poteva aiutarlo c’era, e quella persona aveva un legame di sangue anche con lei … tornò quindi a rivolgere l’attenzione alla rubrica, e fece il numero di suo padre.

 
 

All’ospedale, Kevin dovette attendere, prima di essere visitato; anche se la sua sorellastra era maggiorenne, i medici avevano preferito aspettare che arrivasse un adulto prima di fare qualsiasi visita, e così non si era potuto muovere fino all’arrivo dei suoi genitori. La diagnosi dei medici, alla fine, parlò soltanto di una quantità imprecisata di contusioni, lividi e graffi, ed escluse fortunatamente la spaccatura del labbro, cosa che invece sia Vittoria che Davide avevano temuto; nonostante questo, al ragazzo fu assegnata una camera d’ospedale dove trascorrere la notte. Sarebbe stato indubbiamente dimesso l’indomani, ma la cosa lo disturbava comunque parecchio; non che fosse molto ansioso di tornare a scuola per le lezioni, ma aveva delle responsabilità verso gli altri studenti, e inoltre detestava gli ospedali! Ma la cosa che odiava di più in assoluto, erano certe osservazioni fatte da una certa persona …
“Allora, Kevin”, disse Dario, circa un secondo netto dopo che sua moglie ebbe lasciato la stanza per fare una telefonata ai suoi genitori che volevano sapere come stava il nipote, “Cosa è successo, esattamente?”.
“Te l’ho già spiegato, papà, e te lo ha detto anche Vittoria al telefono. Mi hanno picchiato!”.
“Sì, ma tu almeno hai reagito, oppure no? Mi auguro che tu gli abbia fatto vedere quanto vali!”.
L’adolescente alzò gli occhi al cielo.
“E ti pareva? Ci avrei scommesso: a te non frega nulla del fatto che mi hanno fatto del male! Tutto quel che ti interessa è sapere se mi sono comportato da vero uomo, non è così? Ebbene, allora puoi iniziare a sceglierti una parete da usare come muro del pianto, se vuoi, perché la risposta è no! Mi sono saltati addosso in quattro, e visto che non ho poteri sovrannaturali anche se ci ho provato ho avuto la peggio! Mi sarebbe piaciuto fare qualche piroetta e stenderli tutti a suon di calci e pugni, ma certe cose succedono solo nei fumetti”.
“D’accordo, ho capito, non ti sei difeso, o per lo meno non abbastanza. Ma nessun insegnante ha visto cosa è successo?”.
“Sono arrivati i bidelli, e poi alcuni insegnanti e la vicepreside, dopodiché i miei assalitori sono stati portati via, ma non so se verranno sospesi …”.
“Sospesi è poco, direi: dovrebbero essere proprio espulsi! E oltretutto, anche gli adulti hanno le loro colpe. Sarebbero dovuti arrivare parecchio prima! Da non credere: c’è un episodio razzista a scuola, e nessuno interviene per tempo! Appena rientra tua madre, esco e penso che andrò a fare una bella telefonata a questi signori …”.
Kevin aprì la bocca, stupefatto: suo padre lo stava difendendo! Era improbabile che telefonando riuscisse ad ottenere una qualche informazione e riuscisse a fare la scenata che aveva detto di voler fare, ma apprezzava lo sforzo. Eppure, nonostante questo gli bruciava ancora il fatto che lo considerasse un pappamolla: che fosse per questo che aveva deciso di contattare la scuola? Lo riteneva indegno di difendersi da solo, e quindi lo faceva lui al suo posto, avvalendosi del fatto che era il padre di un ragazzo mulatto e minorenne? Con questo dubbio in mente, e in preda ad un gran nervosismo, prese una decisione repentina.
“Grazie, papà. Però, prima che rientri la mamma, dovrei dirti una cosa. Una cosa che riguarda quello che mi è appena successo”.
“Cioè?”.
“Ecco, vedi, non sono stato picchiato solo per razzismo … c’è un’altra ragione”.
“Ah, sì? E sarebbe?”.
“Sono gay, papà”.
“COSA??? Stai scherzando, vero?”.
“No, affatto”.
“Com’è successo?”.
“Ci sono nato; cose che capitano!”.
“Ma …”
“Cosa succede? Kevin, mica ti senti male, vero, tesoro?”.
Jasmine era tornata, seguita a ruota da Isabel che osservava il fratello maggiore con aria alquanto attonita.
“No mamma, tutto a posto”.
“Meno male. Mi era sembrato di sentire delle urla!”.
La donna si girò istintivamente verso il marito, con espressione interrogativa; anche se le parole del figlio l’avevano rassicurata, aveva comunque intuito che c’era qualcosa che non andava!
“Jasmine, io … credo che me ne andrò fuori!” fu tutto ciò che invece riuscì a dirle Dario, prima di uscire dalla stanza con una espressione truce dipinta sul volto.

 
 

“Ma sei matto? Perché gli hai detto una cosa del genere?”.
Vittoria, che era rientrata nella stanza poco dopo che il padre e sua moglie erano usciti, fissava il fratellastro, incredula.
“Vorrei vedere te al mio posto: non ha fatto altro che dirmi che sono un debole! Adesso, almeno, potrà darsi una spiegazione logica, così impara”.
“Kevin, per l’amor del cielo, hai diciassette anni! Non sei più un bambino!”
“Intendi dire che mi sto comportando da immaturo? Sì, forse. Ma ti ricordo che lui di anni ne ha quarantacinque: dovrebbe essere in grado di amare qualcun altro oltre se stesso, no? Se avesse davvero tenuto a me, non mi avrebbe rimproverato solo perché non ho reagito essendo in minoranza. E non avrebbe riconosciuto te quando avevi solo sette anni e mezzo, e per un motivo che conosciamo entrambi!”.
“Ok, ho capito il tuo punto di vista. Sorvolando un attimo sul perché papà mi ha riconosciuta tardi e sulle motivazioni, perché gli hai detto che sei gay? Lo sei davvero?”.
“Ovvio. Sono talmente gay che sono preso da due ragazze, e ho una mezza idea di mettermi con entrambe contemporaneamente”.
“Che? Ma sei scemo? Non si fa!”.
“Il fatto è che non riesco a decidermi, sul serio!”.
“Beh, vedi di farlo, allora. Papà per un periodo è stato sia con mia madre naturale che con la tua, sai? Vedi di non fare come lui!”.
“Cosa? Davvero? Questa mi mancava. Che faccia tosta!”.
“Già. Ora devo andare, perché mi stanno chiamando”, fece la ragazza, sentendo il suo cellulare che squillava nella sua borsetta, che aveva appoggiato sulla sedia posta accanto al letto di Kevin. “Penso che sia mamma Irene che è venuta a prendermi per portarmi a casa. Ma tu vedi di deciderti tra quelle due, ok? Poi mi dirai anche chi sono, se te la senti!”.
“Va bene, te lo dirò”.
“D’accordo. E preparati, perché riparleremo anche della bugia che hai detto a papà. Ti coprirò se vuoi, ma secondo me la cosa non porterà nulla di buono!”, lo avvisò ancora Vittoria, mentre si metteva la borsa su una spalla.
“D’accordo. Consolati: questa faccenda impedirà a papà di capire bene di chi è innamorata la sua figlia primogenita … sai come si infurierà scoprendo che sei cotta persa del figlio di due uomini?”.
Senza neanche degnarsi di rispondere, Vittoria uscì, sperando che il fratello non notasse quanto era arrossita.
 

 
“E’ gay. Ti rendi conto?”.
“Dario, ti prego. Non davanti ad Isabel!”.
“Cosa è gay?” chiese la bambina, un po’ allarmata, non capendo bene cosa agitasse tanto il suo papà adottivo: entrambi gli adulti però la ignorarono.
“Scusami se non prendo la cosa alla leggera, sai!”.
“Dovresti preoccuparti del fatto che tuo figlio è all’ospedale perché è stato picchiato, non della sua sessualità!”.
“Se non fosse stato una femminuccia, si sarebbe difeso, e non sarebbe finito in ospedale. Ho sempre intenzione di chiamare la scuola per dirne quattro a tutti quanti visto che nessuno s’è degnato di porre fine alla lite, ma credo che anche lui abbia la sua responsabilità!”.
“In pratica, stai dicendo che se l’è quasi cercata? E perché non dici anche che magari l’ha meritato, già che ci sei? Andiamo, Isabel, torniamo da Kevin”, fece poi, rivolta alla bambina. “Forse papà ha bisogno di restare qui da solo a riflettere per un po’ ”.
Lanciando un vero e proprio sguardo inceneritore al marito, rientrò nell’ospedale insieme alla figlia adottiva.

 
 
“Davvero? Kevin è gay?”.
Irene fissò la figlia, mentre si fermava ad un semaforo.
“Sembra di sì, mamma”.
Vittoria non amava mentire alle sue mamme, ma doveva farlo: il fratellastro era determinato a mandar avanti la farsa, e quindi lei voleva avallare tutto.
Forse, se la cosa fosse durata abbastanza a lungo, suo padre avrebbe finalmente capito che non c’era nulla di male nell’essere omosessuali!
“Povero bambino. Non vorrei essere nei suoi panni!”esclamò l’adulta proprio in quel momento; la giovane, quindi, fu costretta a prestarle attenzione, anche se sapeva cosa sarebbe venuto dopo.
“Ossia?”.
“Lo sai. Tuo padre non è esattamente una persona gay-friendly! Non mi stupirei se lo mandasse da qualche psichiatra per farlo guarire …”.
“Ma non sarebbe legale!”.
“Non esattamente: psicologi e psichiatri che pensano che l’omosessualità non sia normale non dovrebbero esistere, e infatti per fortuna ora sono pochissimi, anche perché sarebbero passabili di denuncia. Ma tuo fratello è minorenne: e quindi, il tuo amato paparino può ancora decidere per lui!”.
“Ma Kevin ha anche una madre! E lei non mi sembra omofoba”.
“Jasmine? Hai ragione, non è omofoba. Non più, almeno … sai bene com’è andata tutta la storia. Però ecco, tende ad essere un tantino ingenua. Dario l’ha imbrogliata parecchie volte in parecchie occasioni, e non è detto che non lo rifaccia ancora!”.
“Parecchie volte in parecchie occasioni? In che senso? Cosa le ha combinato?”
“Lascia perdere, è meglio”.
Irene alzò volutamente il volume della radio, per far capire alla figlia che voleva lasciar cadere il discorso; la ragazza dal canto suo avrebbe voluto approfondire la questione, ma sapeva perfettamente che quando la madre biologica non voleva parlare di qualcosa era inutile insistere! Quindi, sospirando, si impose di ascoltare le notizie che passavano nel piccolo apparecchio elettronico presente nell’automobile; ma per quanto si sforzasse, i suoi pensieri si rivolgevano sempre e soltanto ad una persona.
 
 

“Insomma, questo è quanto. Mi sento colpevole!”
Davide alzò gli occhi dal piatto della cena, e fissò i suoi due papà.
“Non devi. Dopotutto, non è colpa tua! Se fossi intervenuto, quei quattro avrebbero infierito anche su di te, e non avresti affatto aiutato Kevin, in questo modo! Probabilmente, a quest’ora se avessi reagito sareste stati ricoverati entrambi”, gli fece notare Tommaso.
“Sì, ci ho pensato anche io. Però non posso comunque evitare di sentirmi un cretino, un codardo … se sta all’ospedale, penso che sia un po’ anche colpa mia!”
Marco scosse la testa, sentendo parlare in quel modo il figlio adottivo; capiva cosa provava, perché sapeva quanto fosse brutto avere un’ingiustizia sotto gli occhi e non poter far nulla per evitarla. Dopotutto, era proprio per la volontà di fare giustizia che qualche anno prima aveva scelto di diventare un poliziotto! Forse, però, in quel caso le rassicurazioni sue e di suo marito sarebbero servite a ben poco: probabilmente, il quindicenne doveva aver modo di riflettere sulla questione per arrivarci da solo. Perciò, scelse di intervenire rimanendo sempre in argomento, ma spostandosi lievemente dalla questione principale …
“Hai sentito Vittoria, qualche ora fa? Magari Kevin sta già meglio, adesso!”.
Il giovane sobbalzò, sentendo il nome della ragazza che amava; rendendosi conto di essersi scoperto un po’ troppo con la sua reazione, si affrettò a rispondere:
“Sì, l’ho sentita. Dice che forse lo dimetteranno domani! Però dice anche che…”.
Davide esitò per qualche secondo. Doveva dirlo? E in che misura? Vittoria gli aveva infatti raccontato della bugia di Kevin, e di come lei l’avesse fatta passare per verità prima davanti alla madre biologica, e poi anche all’altra. Lui doveva fare lo stesso? Doveva mentire ai suoi genitori, per proteggere l’amico e la ragazza di cui era innamorato? Oppure era meglio dire loro che la cosa non era vera, e che i due fratelli si erano semplicemente messi d’accordo alle spalle del padre omofobo? Loro avrebbero capito, dopotutto!
Alla fine, però, scelse la prima opzione: i suoi padri erano due adulti, e non era detto che avrebbero mantenuto il segreto: anzi, probabilmente avrebbero spifferato tutto a Sara e Irene alla prima occasione possibile, magari anche facendosi quattro risate. E lui non poteva sopportare che si ridesse di qualcosa che vedeva coinvolta anche Vittoria, seppure indirettamente!
“Dice anche che Kevin ha fatto coming out, in ospedale: prima con il padre, e poi con la madre”.
Marco e Tommaso si guardarono: non avevano dubbi sulla sessualità di Davide, avendo avuto modo di notare come si comportava quando c’era Vittoria nei paraggi. Sapevano che la loro situazione avrebbe sempre creato qualche problema al figlio, e quanto era successo quella mattina ne era una spiacevole riprova; ma riguardo a Kevin, non se lo aspettavano proprio, specie sapendo quale opinione avesse suo padre dei gay! Per il bene del ragazzo, sarebbe stato meglio che fosse stato etero; ma nessuno meglio di loro sapeva che la sessualità non è mai una scelta …

 
 
“Credi che dovremmo fare qualcosa per Kevin?”.
Irene, con la testa appoggiata ad una spalla della moglie, diede voce al primo pensiero logico che era riuscita a formulare dopo l’amore.
“Non penso che potremmo, anche volendo”, rispose Sara, facendo correre una mano su quel corpo nudo che nonostante i quindici anni di matrimonio la eccitava ancora parecchio. “Non è nostro figlio dopotutto! Possiamo solo sperare che il tuo ex non faccia l’idiota come suo solito”.
“Già. Spero che Jasmine sia abbastanza forte da contrastarlo, perché ce ne sarà di certo bisogno!”.
“E’ un po’ ingenua, ma non è stupida fino a quel punto. E’ la madre di Kevin, vorrà proteggerlo, no? Anche se questo vorrebbe dire difenderlo dal suo stesso padre”
“Poveretta. Almeno però non dovrà fare la fatica che ho fatto io per proteggere Vittoria da Dario, dieci anni fa!”.
“Tranquilla, essendo eterosessuale lei non correrà questo rischio. Al massimo, si dovrà sentir dire che è colpa sua se il ragazzo è gay, perché come ogni persona rimasta al Medioevo sa bene, ovviamente un maschio diventa gay quando la madre lo soffoca troppo!”.
“Già. Peccato che questi egregi signori non abbiano trovato una motivazione per le ragazze lesbiche! E poi, per chi è bisessuale come me e te come sarebbe la storia? Sono stati inadeguati entrambi i genitori, e quindi i bambini escono confusi?”.
“Non credo che questa gente consideri i bisessuali: a dir la verità, la nostra categoria è un po’ bistrattata persino dai gay! Anche se ad essere del tutto onesta, la maggior parte dei bifobi che mi è capitato di incontrare erano quasi tutti etero!”.
“E’ vero, vale anche per me. Ma c’è anche da dire che di bifobi maschi noi donne bisessuali ne incontriamo pochi: gli uomini etero impazziscono all’idea di due donne in intimità!”.
“Sì, e si fanno anche un sacco di film mentali in cui entrano eroicamente nel quadretto, e al colmo della loro virilità convertono le due poverette a suon di spinte. Per fortuna che non sono proprio tutti così, ed esistono anche quelli che sanno far funzionare bene il cervello!”. Sara si morse il labbro per non ridere: fino a quel momento la conversazione si era svolta a bassa voce, e non voleva rischiare di svegliare i figli, che invece già dormivano.
“A proposito di sessualità”, continuò poi, colta da un pensiero improvviso. “Secondo te, Vittoria sarà veramente etero? Non che la cosa abbia importanza, naturalmente, ma è chiaro che se si è eterosessuali si vive molto meglio: vorrei che le fosse risparmiato tutto quello che abbiamo dovuto passare e a volte ancora passiamo noi due per farci accettare!”.
“Puoi stare serena: è etero. E credo anche di sapere chi è il fortunato oggetto dei suoi desideri, almeno per ora”.
“Ah, sì? E chi sarebbe?”
“Davide”.
“Cosa? Sul serio? Ma pensa! Te lo ha detto lei?”.
Sara, interessata, smise di accarezzare sensualmente la compagna, per seguire meglio il discorso.
“No, ma l’ho capito. Dopo aver parlato di Kevin, abbiamo ascoltato per un po’ la radio, e poi lei è partita in quarta a parlare della scuola e della palestra. E, in un modo o nell’altro, Davide veniva sempre nominato! Con tanto di scintillio negli occhi, tra l’altro. Hai presente Superman? Ecco, qualcosa del genere. A sentire lei, lui è perfetto e non sbaglia mai!”.
“Wow! Allora la cosa è seria!”.
“Aspetta prima di mettere le pubblicazioni, Sara: non stanno ancora insieme, e poi non so se lui sia interessato, e fino a che punto. Sai bene quanto me, oltretutto, che le relazioni tra adolescenti non sono quasi mai per sempre! Dopotutto, la nostra Vittoria è già stata fidanzata due volte, no? Ora però basta parlare di questo: ho una cosa più importante da fare”.
“E sarebbe?”.
“Devo punirti per avermi accarezzata in quel modo tutto il tempo: mi hai fatta eccitare di nuovo, quindi ora devi pagare!”.
“Oh, sai che dispiacere!”.
Irene distese il suo corpo su quello della consorte, e dopo qualche attimo, le due donne stavano di nuovo viaggiando verso il loro mondo privato.

  
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