Anime & Manga > Lupin III
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Autore: evelyn80    06/06/2016    2 recensioni
Michelle Duval è una giovane donna che, durante la sua adolescenza, ha trascorso alcuni anni con Lupin e la sua banda, innamorandosi perdutamente di Jigen. Quando viene abbandonata nelle mani di Zenigata, giura a sé stessa di vendicarsi del pistolero.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jigen Daisuke, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Spazio autrice: consiglio di leggere la prima parte di questo capitolo (fino alla prima interruzione) ascoltando "Music of the mind" dei Jamiroquai, di cui metto il link  https://www.youtube.com/watch?v=Znuk94yD5rQ.
I tre cambi di ritmo della musica dovrebbero corrispondere agli altrettanti cambi di ritmo nella scrittura (o almeno così è nella mia testa :-) ).

 

Capitolo cinque – Finalmente vendetta





I primi raggi di sole mattutino illuminarono il volto del Cristo svettante sulla cima del Corcovado. Michelle, con i gomiti appoggiati alla balaustra della terrazza rivolta verso il Pan di Zucchero, si voltò ed alzò lo sguardo per ammirarlo dal basso. La statua era così imponente da farla sentire insignificante. Tornò a fissare il panorama di fronte a lei lasciandosi sfuggire un sospiro. Ce l’aveva fatta. Dopo dieci anni era finalmente giunto il momento della sua vendetta. Non aveva nessun dubbio sul fatto che Jigen si sarebbe presentato, ed ora aspettava con ansia il momento in cui l’avrebbe visto salire dalla lunga scalinata di accesso al belvedere.
Aveva approfittato dell’ora mattutina per presentarsi alla stazione della ferrovia a cremagliera e requisire il monumento, mostrando il suo tesserino dell’ICPO ed adducendo come scusa alcune operazioni di polizia. I gestori l’avevano guardata con sospetto, ma la pistola in bella mostra li aveva convinti ad eseguire i suoi ordini. Per ciò che aveva in mente di fare aveva assolutamente bisogno che ai piedi della statua non ci fosse nessun altro oltre a loro due, e sapeva che, per Jigen, una ferrovia chiusa non sarebbe stata certo un problema.
La lieve brezza che le scompigliava il caschetto castano le portò un suono di passi, inconfondibile alle sue orecchie. Voltandosi lentamente verso le scale che salivano dalla terrazza inferiore vide spuntare il cappello scuro, calato a celare gli occhi neri che tanto aveva amato.
Daisuke salì lentamente gli ultimi gradini, ed altrettanto lentamente la raggiunse. Poco prima che fosse al suo fianco Michelle gli voltò la schiena, appoggiandosi nuovamente con le braccia alla balaustra. Lui la imitò, mettendosi al suo fianco destro.
«Sapevo che saresti venuto» lo apostrofò, senza guardarlo.
«Non potevo certo mancare all’appuntamento» le rispose, accendendosi una sigaretta.
«Ancora spiegazzate come allora, vedo» disse Michelle, voltandosi finalmente verso di lui.
«Non ho cambiato abitudini» replicò Jigen, soffiando via il fumo della prima boccata. «Allora, cosa vuoi da me?» aggiunse subito dopo, alzando la tesa del cappello e fissandola negli occhi. Il suo sguardo, ancora così vivo e profondo, per poco non la fece vacillare.
«Non lo immagini?» gli rispose, senza nascondere l’astio nella voce.
«Vagamente.»
«Voglio vendicarmi per essere stata abbandonata!»
«Credevo che, dopo tutto questo tempo, tu ci avessi perdonato.»
«Io ti amavo, Jigen!» gridò Michelle con rabbia, «e tu mi hai solo usato!»
«Questo non è vero, e lo sai. Anch’io ti…»
«Bugiardo!» gridò di nuovo lei, interrompendolo. «Se l’avessi fatto non mi avresti lasciato nelle mani di Zenigata!»
«Era la cosa più giusta da fare. L’ho fatto per proteggerti» rispose Jigen, in tono calmo.
«Proteggermi?! Non farmi ridere, Jigen! Io voglio la mia vendetta! La voglio qui, e subito!»
«Che cosa hai intenzione di fare?»
Con un gesto fulmineo la giovane donna estrasse la Smith & Wesson da dietro la schiena, puntandogliela contro. Jigen non si mosse, come se non ne fosse stato affatto sorpreso.
«Ti sfido a duello! L’allieva contro il maestro!» sputò Michelle, rabbiosa. «Vince chi rimane vivo!»
«Non ho nessuna intenzione di ucciderti» replicò il pistolero, calando di nuovo il cappello sugli occhi.
«Lo hai già fatto, dieci anni fa! Ed ora combatti, se sei un uomo!»
Alzando il braccio Michelle sparò il primo colpo, facendogli volare via il cappello dalla testa. 
Jigen si chinò per raccoglierlo. «Se è questo che vuoi…» mormorò.
Il pistolero estrasse la sua Magnum e scartò di lato, per trovare protezione all’ombra della statua. Michelle lo seguì, correndo dietro di lui e sparando al suo indirizzo. Una volta al sicuro dietro l’enorme basamento di granito scuro, Jigen si sporse da dietro un angolo e rispose ai colpi, mantenendo una traiettoria bassa. Michelle balzò in alto per evitare i proiettili e corse nella direzione opposta, nel tentativo di prenderlo da dietro. Daisuke ritenne quella mossa prevedibile ed avventata, così invece di fuggire l’attese, ricaricando il tamburo nel frattempo. Quando non la vide sbucare da dietro l’ultimo angolo si fece lentamente avanti, ma quando sporse il viso per controllarne la posizione una pallottola gli fece saltar via la cicca dalla bocca. Si tirò indietro di scatto, perdendo l’equilibrio ed andando a sbattere col sedere per terra.
Michelle ricaricò l’arma a sua volta, dandogli il tempo di riprendersi dallo spavento. Non voleva che il gioco finisse troppo presto, voleva divertirsi, e poco importava che fosse stata lei a rimetterci la pelle. Tutto ciò che desiderava in quel momento era la vendetta.
Non appena Jigen corse via da dietro il basamento della statua, dirigendosi verso le scale, lei gli diede un certo margine di vantaggio prima di inseguirlo. Il pistolero si voltò in corsa, sparandole alcuni colpi che lei riuscì ad evitare accucciandosi dietro la balaustra. Sporgendosi tra le colonnine marmoree sparò un paio di proiettili a sua volta. Daisuke li schivò tuffandosi a terra e rotolando di lato, fino a nascondersi dietro ad una siepe. Allora Michelle si rialzò e scese a sua volta le scale per raggiungerlo, ma fu obbligata a cambiare direzione dalla sventagliata di colpi provenienti dal cespuglio. 
Acquattata dietro una panca di pietra, Michelle riuscì a sentire distintamente la voce di Jigen.
«Non ti sembra di aver giocato abbastanza?»
«No» rispose lei, con rabbia. «Non mi fermerò finché non avrò ottenuto ciò che voglio!»
Ricaricò la .38 special e sparò un paio di colpi verso il cespuglio. Da dietro le foglie, il pistolero rispose sparando a sua volta alcuni proiettili prima di lanciarsi nuovamente giù per la seconda rampa di scale. Michelle si alzò a sua volta per seguirlo, ma quando lui si voltò ancora e sparò, apparentemente a caso, una pallottola la colpì di striscio al braccio sinistro. 
Il dolore, violento ed improvviso, le strappò un grido involontario. Si strinse la parte colpita mentre il sangue cominciava a filtrarle tra le dita. All’improvviso le tornò alla memoria l’immagine di Jigen, ferito nello stesso punto per salvare lei. Le lacrime minacciarono di uscire, violente, ma scuotendo il capo Michelle le ricacciò indietro.
Nel rendersi conto di averla ferita, Jigen si fermò, stendendo il braccio sinistro verso di lei. «Michelle!» grido, trattenendosi a stento dal correrle incontro.
Ma la giovane donna non mostrò l’intenzione di arrendersi, anzi riprese l’inseguimento con più foga di prima. Si buttò giù per le scale con un urlo di rabbia, tenendo la pistola puntata davanti a sé e sparando a ripetizione, fermandosi solo quando fu costretta a ricaricare. Jigen approfittò del momento di stasi per riprendere la corsa, buttandosi a capofitto verso la stazione d’arrivo della ferrovia a cremagliera, ricaricando in corsa e sparando un altro paio di colpi dopo averlo fatto. Michelle si chinò per un istante soltanto, giusto il tempo di far passare i proiettili sopra la testa, poi si rialzò e, piantando ben bene le gambe sul gradino, prese la mira ed attese che Daisuke si voltasse di nuovo per spararle.
Non appena lo fece, la giovane donna lasciò partire il colpo che, con precisione millimetrica, andò a conficcarsi nel torace di Jigen, proprio all’altezza del cuore.
Il pistolero avvertì come una specie di pugno che lo fece balzare all’indietro. Il cappello volò via, strappato dalla caduta. Lo schizzo di sangue fuoriuscito dalla ferita gli imbrattò la camicia. Mentre cadeva all’indietro – quasi come al rallentatore, gli parve – lo fissò con sguardo lievemente sorpreso, come se non fosse suo. Poi, con un tonfo atterrò sulla schiena e rimase immobile, il respiro corto ed affannato.
Lentamente, Michelle gli si avvicinò, inginocchiandoglisi accanto. Daisuke volse lo sguardo verso di lei, ma non riuscì a metterla a fuoco.
«Non c’è… che dire…» riuscì a balbettare rocamente, «l’allieva… ha superato… il maestro…»
Michelle non parlò ma prese la sua mano destra tra le sue, intrecciando le dita con lui.
«Sarai… contenta…» riprese debolmente il pistolero, «sei riuscita… nel tuo intento…»
«Si» rispose la giovane donna, carezzandogli la guancia barbuta con la mano sinistra.
«Sono contento… di morire… per mano tua. Ti amo… Michelle. Non ho… mai smesso… di farlo…»
Un lieve sorriso si dipinse sulle labbra di lei. Senza smettere di carezzarlo si piegò su di lui e lo baciò lievemente sulle labbra. «Buon riposo, Daisuke» gli sussurrò, prima di chiudergli le palpebre.

  
Quando il pistolero riaprì gli occhi gli occorsero alcuni istanti per mettere a fuoco l’ambiente circostante. Un basso soffitto di pietra, illuminato fiocamente dalle fiamme di un piccolo fuoco, lo sovrastava. Era disteso su un pagliericcio, a torso nudo, ed una vistosa fasciatura gli attraversava il petto. C’era qualcuno che si muoveva intorno a lui. Si voltò in direzione del rumore e vide una sagoma seduta per terra a gambe incrociate, intenta a ravvivare il fuoco. A fatica alzò una mano e se la passò sugli occhi.
«Dove mi trovo?» mormorò, con voce più roca del solito.
«Stai tranquillo, non sei all’inferno» rispose una familiare voce femminile.
«Michelle? Sei tu?»
La sagoma si voltò. Alla luce tenue delle fiamme Jigen riconobbe la giovane donna.
«Sì, sono proprio io.»
«Come mai non sono morto?» chiese in tono incerto, come se non fosse del tutto sicuro di essere ancora vivo.
«Ho usato un proiettile soporifero molto speciale» spiegò Michelle, «un prototipo dell’Interpol. La pallottola si frantuma al contatto con il corpo umano, penetrando nella carne solo per pochi millimetri. E’ molto facile rimuovere i frammenti.» Col mento ammiccò in direzione di una ciotola contenente diversi pezzettini di metallo insanguinato. «Il sonnifero poi fa il resto.»
«Perché non mi hai ammazzato, allora? Parevi così determinata a farlo» gemette Daisuke, tentando di raddrizzare la schiena.
«Aspetta, sei ancora debole» lo fermò la ragazza, avvicinandoglisi ed aiutandolo a mettersi più comodo. «Dovevo chiederti perché mi hai abbandonato» rispose poi alla sua domanda, mettendosi seduta al suo fianco in modo da poterlo guardare comodamente negli occhi, quei pozzi neri che non avevano mai smesso di tormentarla.
Jigen trasse un lungo respiro prima di rispondere. «Perché ti amavo troppo.»
«Mi pare un controsenso» borbottò lei, sarcastica, incrociando le braccia sul petto.
«No, non lo è. Devi sapere che sono perseguitato da una specie di strana maledizione: tutte le donne di cui mi innamoro perdutamente fanno una brutta fine.»
«Ovvero?» chiese Michelle alzando un sopracciglio, acida.
«Di solito muoiono. A volte anche per mano mia» rispose cupo l’uomo, fissandola dritto negli occhi. «Ora capisci perché ho deciso di lasciarti nelle mani di Zenigata? Non volevo che anche tu finissi come le altre.»
«Che premuroso…»
«Pensala come ti pare, ma è proprio per questo che ho agito così!» Si interruppe per un istante, guardandosi intorno. «Dove siamo?» chiese quindi, curioso.
«In una sorta di stanza ricavata nella roccia, ai piedi del Corcovado. Probabilmente è stata usata dagli operai al tempo della costruzione della statua del Cristo. L’ho scoperta per caso stanotte, ed ho pensato che faceva proprio al caso mio.»
Senza preavviso, Michelle salì a cavalcioni del pistolero, mettendosi seduta proprio sul suo inguine. L’uomo si irrigidì, sorpreso, mentre il suo corpo rispondeva autonomamente al dolce stimolo appena ricevuto. La giovane donna se ne accorse immediatamente.
«Beh, almeno una parte di te e viva e vegeta, devo dire» scherzò, sfregandosi su di lui con malizia.
«Te l’ho detto, non ho mai smesso di amarti. Anche se, una volta, non eri così diretta.»
«Sono cresciuta, Jigen. E, a dire tutta la verità, anch’io non ho mai smesso di amarti. Di odiarti e di amarti. Ed ora sei qui… tutto per me…»
Gli carezzò dolcemente il petto, la fasciatura bianca che contrastava col colorito ambrato della sua pelle. Daisuke trattenne rumorosamente il fiato mentre la sua erezione diventava sempre più vistosa. Alzando lentamente le braccia, Michelle tolse la camicetta, rivelando la fascia sul braccio sinistro.
«Ti ho fatto molto male?» chiese il pistolero, sfiorando il bendaggio.
«Non molto. Così, ora abbiamo anche la stessa cicatrice» rispose la donna, toccando il segno bianco che spiccava sul suo bicipite, testimone di quando Daisuke aveva rischiato la vita pur di salvarla.
Senza aggiungere altro, il pistolero le prese il viso tra le mani, attirandola a sé. Michelle non si fece pregare e piegandosi su di lui lasciò che le loro labbra si unissero e che le loro lingue danzassero insieme. Gli passò le mani tra i lunghi capelli, venati da qualche raro filo d’argento, mentre Jigen le carezzava dolcemente la schiena e ed i fianchi.
Dopo alcuni lunghi minuti di baci e carezze Michelle si staccò, strappando a Daisuke un gemito di disappunto. Ma la giovane donna aveva in mente ben altro. Con lentezza studiata gli slacciò i pantaloni, calandoglieli insieme agli slip, poi si spogliò a sua volta e tornò a sedersi su di lui, lasciando che la sua virilità le scivolasse dentro. Gettando indietro la testa, cominciò a muoversi lenta e suadente su di lui. Jigen si lasciò scappare un altro gemito mentre, con le mani, percorreva tutto il suo corpo. 
Si amarono intensamente, come mai avevano fatto prima di allora, con bisogno ed ardente desiderio. I loro corpi ed i loro respiri si fusero insieme e Michelle si sentì di nuovo completa. Daisuke si perse dentro di lei, dandole tutto l’amore di cui era capace e ricevendone altrettanto in cambio. Travolti dal piacere, raggiunsero l’orgasmo l’uno subito dopo l’altra e Michelle accolse il suo seme dentro di sé, gemendo il suo nome come se, in tutti quei dieci, lunghi anni non avesse vissuto che per quel momento.
Infine si accasciò sul suo petto, dove Jigen l’accolse stringendola amorevolmente tra le braccia.
«Mi sei mancato da morire, Daisuke» sospirò la giovane donna, affondando il naso nel suo collo ed inebriandosi ancora una volta del suo odore.
«Anche tu a me, Michelle» rispose il pistolero, baciandola dolcemente sulle labbra.
Dopo un istante di silenzio, Michelle formulò un’ultima domanda. «In questi dieci anni, quante volte sei stato a letto con Fujiko?»
Jigen si irrigidì involontariamente prima di rispondere con un’altra domanda. «È davvero così importante?»
Dopo aver fatto un lungo sospiro, la giovane donna scosse la testa. No, ormai non era più importante perché, per quante volte Fujiko avesse potuto possedere il suo corpo, il cuore di Daisuke – ormai Michelle ne era certa – apparteneva soltanto a lei.
Trascorsero così, nascosti insieme, due giorni durante i quali si amarono più e più volte, saziando la loro fame e la loro sete di desiderio, come se tutto ciò fosse più che necessario per mantenerli in vita e non avessero bisogno di niente altro che non fossero i loro corpi fusi insieme. Alla fine, però, entrambi si resero conto che non potevano continuare ancora per molto.
«Lupin ti avrà dato per disperso» scherzò Michelle, adagiata contro di lui sul pagliericcio dopo aver fatto l’amore per l’ennesima volta.
«Anche Zenigata, credo. Avrà allertato la polizia di tutto il Brasile, per ritrovarti.»
La giovane donna sorrise a quell’idea. «E’ un brav’uomo, ma a volte non ha proprio il senso della misura.»
Jigen rispose al suo sorriso, strappandole poi un bacio. «Ci rivedremo?» chiese infine alla sua schiena, mentre Michelle si rivestiva.
«Credo proprio di sì!» rispose lei, strizzandogli l’occhio con fare malizioso. Poi, dopo avergli lanciato un bacio, uscì dal loro nascondiglio con passo sicuro.
Il pistolero sorrise tra sé e sé, poi indossò i suoi soliti abiti, si calcò il cappello in testa ed uscì a sua volta, diretto verso il rifugio che divideva con gli altri due soci, sperando vivamente che Lupin fosse ancora in zona.


Quando Zenigata la vide salire le scale della Questura di Rio de Janeiro, si buttò letteralmente verso di lei. 
«Michelle! Ma allora sei viva! Temevo che ti fosse successo qualcosa!» gridò il poliziotto, stritolandola tra le braccia.
«Stia tranquillo» si schernì lei, cercando in tutti i modi di liberarsi dalla sua stretta ferrea, «sto bene!»
Finalmente l’ispettore si decise a lasciarla andare, fissandola da capo a piedi con occhio critico come per accertarsi che gli avesse detto la verità. «Quel dannato Lupin è fuggito un’altra volta, ma noi…» cominciò poi a sbraitare, ma Michelle lo interruppe.
«Voglio rassegnare le mie dimissioni, ispettore.»
«Cosa?!» chiese Zenigata, incredulo, fissandola ad occhi sgranati. «Ma non siamo ancora riusciti a catturare Lupin e la sua banda!»
«E’ vero, ma io ho avuto la mia vendetta.»
«Davvero?! E come?»
«Questo è un mio segreto, ispettore.»
Il poliziotto la scrutò ancora a lungo, ma quando lesse la determinazione nel suo sguardo abbassò le spalle e sospirò, rassegnato.
«E sia… Mi dispiace molto lasciarti andare, sei una brava poliziotta! Ma, se è questo che vuoi…»
«Sì, ispettore, è proprio ciò che voglio.»
A malincuore, Zenigata le fece compilare il modulo di dimissioni che firmò personalmente; poi, dopo aver ritirato il suo distintivo e la sua pistola d’ordinanza, abbracciò Michelle e la baciò sulla fronte.
«Addio, Michelle, abbi cura di te.»
«Arrivederci ispettore.»
Finalmente libera, Michelle raggiunse l’aeroporto col suo borsone sulla spalla, pronta a tornare a casa.



Ri-spazio autrice:
Ed eccomi di nuovo. Spero che l'ascolto abbia reso l'idea. Tra l'altro quella "canzone" è stata proprio la principale ispiratrice di questa storia. Infatti, fin dalle prime volte in cui l'ho ascoltata, mi faceva venire in mente l'immagine di Jigen nel duello che poi ho cercato di descrivere.
Spero sia riuscito bene.


 
  
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