Salve
a tutti cari lettori! Sono finalmente tornata dal mio infinito letargo per
pubblicare il sesto capitolo! (una frase che molto probabilmente avevate perso
le speranze di leggere)
Even
Sherlock series four came after that!
Sì,
perché per quelli di voi che non lo sapessero già (lo so, sono una sprovveduta
a pensare che non siate già informati di tutti i minimi dettagli di questa cosa,
ma lasciatemelo credere) Moffat e Gatiss si sono finalmente decisi a girare la
quarta serie di Sherlock!!!! Ed il super richiesto ed occupato mister
Cumberbatch finalmente veste di nuovo i panni del nostro amato consulente
investigativo!! (e questa volta con i riccioli, non poteva reggere a lungo la
storia dei capelli tirati indietro nello speciale di Natale, chi pensano di
prendere in giro).
Qualche giorno fa ho visto su tumblr un video delle riprese del set in cui si vedeva John che teneva
in braccio una bambina! Sono così felice!! La piccola Watson è finalmente
arrivata!
Ma,
ricomponendoci, ritorniamo a parlare della miracolosa apparizione del nuovo
capitolo che se no poi divento troppo prolissa e mi saltate completamente la
nota dell’autrice (quanto vi capisco):
La
vera verità è che questo non è il capitolo originale, infatti la prima versione
che avevo scritto era davvero molto
diversa.
È semplicemente
successo che mentre stavo rileggendo la versione precedente mi sono resa conto
del
fatto che non mi piacesse, che risultasse troppo noiosa ed
inconcludente ed ho
pensato “se non piace a me, come potrebbe piacere a loro?”. Così mi
sono messa
al computer, affiancata dalla mia fedele tazza di caffè, ed ho
cominciato a scrivere, presa dalla follia di un'ispirazione momentanea.
Qualche
spoiler in anteprima (non sono davvero spoiler, abbassate quei mitra):
questo
capitolo è un salto nel tempo; il salto temporale è di un giorno e
grazie a
questa escamotage si scopre che cosa abbia fatto la nostra cara
Samantha
durante l’assenza di Sherlock. Ricordate che Sherlock stava indagando
sul caso di Mr Double e che dunque era stato tenuto lontano dal 221B
per un po' di tempo? E ricordate che, mentre stava deducendo Sam, si è
accorto del fatto che lei fosse uscita? Ma uscita dove? E perché?
Oltre a rispondere a tutte queste domande, in questo capitolo si riuscirà anche ad intravedere un nuovo
pezzetto della vita della ragazza, che sarà costretta ad affrontare una
situazione alquanto spinosa...
La
piccola ormai "aiutante detective" inoltre si sbizzarrisce per suo
puro diletto a formulare curiose e (forse) fondate teorie su un particolare
caso di Sherlock che ha attirato la sua attenzione.
Ora vi
lascio davvero al capitolo. Spero davvero che vi piaccia!
Buona lettura
a tutti.
Capitolo sei
(Il
giorno precedente...)
Ferirsi sul
piede era stata una complicazione, certo, ma niente che potesse impedirle di
camminare come un comune essere umano. Beh… ecco… il piede di Samantha poteva
non essere della stessa opinione.
In realtà la ferita aveva cominciato a bruciarle… ed anche parecchio.
Cosa poteva fare? Nulla, solo sopportare.
D’altra parte però non era certo colpa sua se era da due lunghi anni che non
era stata obbligata ad uscire da nessuna finestra in nessun’occasione.
Ne era davvero valsa la pena? Uscire dalla finestra dell’appartamento solo per
non essere vista da Mrs Hudson? Sperava almeno che in questo modo Sherlock non
venisse a sapere che lei fosse uscita… anche se probabilmente lo avrebbe
dedotto lo stesso.
Quel ragazzo era troppo sveglio per i suoi gusti e notava fin troppe cose…
Ma la vera complicazione in quel momento era il fatto che non avesse ben capito
dove dovesse farsi trovare e perché fosse proprio necessario vedersi di
persona.
Moriarty le aveva mandato un messaggio dicendole di presentarsi ad uno strano
indirizzo, aggiungendo che lui sarebbe stato lì ad aspettarla.
Samantha non ci aveva creduto nemmeno per un istante.
Certamente avrebbe mandato uno dei suoi collaboratori, il quale le avrebbe
riferito le direttive del "capo". Molto meglio per lei dato che non
ci teneva per niente ad incontrare il consulting criminal.
Era ad almeno un isolato di distanza dall’indirizzo datole e non riusciva a
togliersi dalla mente i casi che Sherlock Holmes si era ritrovato tra le mani
in tanti anni di carriera.
Quello però che più di tutti stuzzicava la sua curiosità era quello intitolato
“Uno studio in rosa”.
Sapeva che fosse stato uno dei tanti crimini organizzati da Moriarty, ne poteva
quasi riconoscere la firma.
Due fialette, una contenente la pillola con il veleno, l’altra completamente
innocua… Nel resoconto del caso c’era scritto che il tassista sapesse
esattamente quale delle due fialette fosse quella innocua e quale quella col
veleno e che potesse anticipare le mosse della sua sventurata vittima.
Il documento che Samantha aveva letto riportava inoltre i nomi delle quattro
vittime… Quel tassista era riuscito ad uccidere quattro persone con il suo
piccolo “gioco” ed era (quasi inspiegabilmente) riuscito a sopravvivere… ma come?
Come era stato possibile? Come poteva prevedere che fialetta avrebbero scelto
quelle quattro persone?
Non era una cosa umanamente fattibile e Samantha si rifiutava di credere che ci
fosse un intricato ragionamento dietro le mosse dell’uomo.
“Solo fortuna” non faceva che ripetere a sé stessa mentre camminava per le
affollate strade di Londra.
O almeno, questo era un lato della medaglia.
L’altro, che rappresentava anche la parte razionale della ragazza, non riusciva
ad escludere così a cuor leggero l’ipotesi che il tassista sapesse esattamente
cosa stesse facendo e che prima di scegliere le sue vittime le studiasse in
modo tale da capirne i ragionamenti e la mentalità, così da coglierli in fallo
e far cadere loro in mano la pillola mortale ancor prima che loro se ne
rendessero conto.
Sembrava una teoria così irreale… ma ovviamente nulla poteva essere escluso.
La prima cosa che Samantha aveva pensato leggendo il resoconto del caso era che
il veleno doveva essere certamente contenuto nell’acqua che il serial killer
porgeva alle sue vittime per ingerire la pillola, ma quando era venuta a
sapere, continuando la sua lettura, che nessun bicchiere d’acqua era mai stato
offerto a quelle quattro persone, si era decisamente incuriosita.
A metà del suo tragitto si era definitivamente decisa a pensare che ci fosse un
trucco, uno sporco trucco, sicuramente degno di Moriarty.
Certo, non l’avrebbe mai davvero scoperto, a meno che non l’avesse chiesto di
persona al criminale, ma non aveva nessuna intenzione di farlo, il pensiero non
la sfiorava nemmeno.
La sete di conoscenza che in quel momento la invadeva aveva fatto così cadere
in secondo piano tutti i suoi altri pensieri: non riusciva a smettere di
scervellarsi per cercare di capire la mentalità di quel serial killer tanto
insolito quanto (forse) geniale.
Provò ad immaginare se stessa nella situazione in cui si era trovato Sherlock
numerosi anni prima: quale delle due pillole avrebbe scelto? Quella che il
tassista le porgeva o l’altra? Probabilmente l’altra, la stessa che, come
diceva il resoconto, aveva scelto Sherlock.
Samantha sospirò leggermente irritata. Tanto alla fine nessuno aveva mai
scoperto quale fosse quella avvelenata e quale quella innocua, quindi qualsiasi
ipotesi potesse avanzare sarebbe stata completamente inutile e non
confermabile.
Beh, diciamo che era la cosa più divertente che potesse occuparle la mente
durante quel noiosissimo tragitto, che l’avrebbe portata sicuramente davanti ad
un mare di altre complicazioni e guai.
Quindi, cosa aveva da perdere?
Ammettendo che il tassista studiasse davvero i profili psicologici delle sue
vittime, in qualche modo, anche se molto contorto, sarebbe comunque riuscito a
comprendere, sebbene in parte, le loro tendenze ed il loro carattere. Ora,
supponendo nuovamente che le scelte di ognuno di noi vengano fatte sulla base
di uno schema, come se ci fosse un numero prestabilito di “cause ed effetti” ed
essi si ripetessero ciclicamente, il serial killer avrebbe potuto, inserendo le
due variabili (cioè le due pillole), calcolarne la probabilità. Anche se ciò,
appunto basandosi sulle probabilità, non sarebbe certamente stato un calcolo
sicuro al 100%. Che alla probabilità si sia aggiunta anche la fortuna? Quattro
casi non sono poi così tanti dopotutto e sopravvivere a tutti non poi così
impossibile…
La seconda ipotesi di Samantha era sicuramente meno scientifica e razionale,
anche se certamente anch’essa avesse una sua logica. Probabilmente sarebbe
stato il metodo a cui lei si sarebbe affidata se fosse stata il serial killer.
Più volte nella sua vita si era resa conto che calcoli e probabilità non
valevano certo per qualunque cosa, non potevano ovviamente potersi applicare a
tutte le situazioni e a tutti i contesti.
Non si poteva sempre fare affidamento solo e soltanto sulla propria parte
razionale, perché sicuramente, prima o poi, questa avrebbe fallito miseramente
e ti avrebbe trascinato sul fondo.
Samantha credeva di sapere perché Sherlock non avesse scelto la pillola che il
serial killer gli aveva offerto.
Conosceva molto poco Sherlock Holmes e certamente la fama che lo precedeva non
aiutava molto a capire il vero animo del Consulting Detective. Quello che però
poteva dire di sapere per certo, era che non fosse una persona che si facesse
guidare facilmente: non si sarebbe certamente piegato al volere del primo
venuto, figuriamoci a quello di un serial killer o pseudo tassista che si
diverte ad avvelenare i propri clienti.
Sherlock
deve aver capito il suo gioco e così, quando egli gli ha offerto la
pillola innocua, il detective ha preso l'altra, attuando il
ragionamento del
"quinto bluff". Era un ragionamento astuto e Samantha si compiacque
di averci pensato. Sarebbe stato esattamente il ragionamento che
avrebbe messo
in atto lei, qualcosa che mescola psicologia e probabilità insieme, un
vero
capolavoro. Il trucco era molto semplice: conosci Moriarty e conoscerai
la
risoluzione al puzzle. A Moriarty era sempre piaciuto giocare con le
sue
vittime, pressappoco come fa il gatto con la sua preda prima di
mangiarsela: la
tormenta, sfinendola, per poi darle il colpo di grazia. Il ragionamento
era
molto interessante e consisteva nel attuare un numero di bluff pari al
numero
di vittime uccise; in parole povere si sceglie come pillola di
riferimento
-cioè quella benevola- quella che non viene offerta al soggetto,
dopodiché si attua un doppio
bluff se è il secondo soggetto su cui si applica quella strategia, un
triplo
bluff se è il terzo soggetto e così via. Sherlock sarebbe stato il
quinto
soggetto e quindi, facendo i conti, la pillola benevola sarebbe stata
quella non offertagli, esattamente quella che il detective aveva
scelto. Bravo Sherlock
Holmes, il caro ragazzo sarebbe sopravvissuto alle insidie di Moriarty.
Samantha non sapeva se stesse sopravvalutandolo attribuendogli la
consapevolezza di aver scelto la pillola innoqua; poteva anche essere
che ne fosse ignaro, che avesse solo avuto fortuna. Certo, poteva anche
essere che il ragionamento di Samantha non fosse corretto, ma lo
riteneva davvero improbabile, anche perché alla fin fine tutto sembrava
quadrare. Infatti il buon tassista aveva insistito nell'ingerire la
propria pillola, sfidando Sherlock a fare altrettanto. Perché avrebbe
dovuto volerlo, se non per togliersi la vita? Ormai a quel punto aveva
capito che a breve sarebbe stato
accerchiato dalla polizia e che sarebbe finito in prigione per il resto
della
sua breve vita, dunque deve aver preferito andarsene da questo mondo in
maniera
dignitosa, diventando da carnefice la vittima della sua stessa
trappola,
ingerendo la pillola mortale. Samantha non poteva certo biasimarlo,
probabilmente avrebbe fatto lo stesso: quale modo migliore di andarsene
che
avvelenati dalla propria velenosità? D'altronde era la fine che
Samantha da
sempre si aspettava di fare, era sicura che non sarebbe potuta andare
diversamente la sua morte.
Stava ancora camminando mentre faceva queste considerazioni e lo scorgere la
cabina telefonica accennata nel messaggio di Moriarty le fece capire che era
quasi arrivata alla sua meta.
Si avvicinò ad essa per controllare se fosse effettivamente quella indicata: la
grande “M” pitturata su di essa con una bomboletta spray glielo confermò. Che
esibizionista.
Si guardò attorno per vedere se ci fossero suoi scagnozzi nelle vicinanze, ma
le sembrava che fosse tutto estremamente tranquillo, forse anche troppo.
Guardando alla sua destra notò un ragazzino che avrà avuto sì e no nove anni,
il quale stava attraversando la strada tenendo stretta la mano di sua madre.
Era un bambino dai capelli ricci e folti che stringeva possessivamente nella
sua manina una lente di ingrandimento. Samantha involontariamente sorrise: non
avrebbe saputo dire esattamente che sensazioni le fece provare vedere quella
scena… pensieri felici senza dubbio, ma comunque… strani e diversi. Le ricordò
i suoi genitori e la piccola lente di ingrandimento che le avevano regalato a
cinque anni: quanto amava quella lente da bambina, per lei era stato il regalo
più bello del mondo. Si ricordava esattamente la sua felicità nello scoprire
che sotto la carta dorata del pacchetto si celava una bellissima e lucidissima
lente. Qualsiasi altro bambino avrebbe preferito una macchinina, una bambola o
un animaletto di pezza, ma tutte quelle cose non l'avevano mai interessata; lei
era curiosa, amava le scoperte e voleva analizzare anche i più piccoli dettagli
e credeva, nella sua mente di bambina, che possedere una lente l'avrebbe resa
la più brillante investigatrice del mondo e che avrebbe potuto scoprire tutte
le verità più nascoste. Doveva avercela ancora da qualche parte, di sicuro non
l'aveva buttata via: non si sarebbe mai separata da un ricordo così prezioso
per lei. Ma questo ricordo, evocato così all'improvviso, portò con sé un
retrogusto amaro, una punta di turbamento: le riportò alla mente il fatto che i
suoi genitori non fossero con lei, ma in pericolo sotto le grinfie di Moriarty
e sapeva che era tutta colpa sua; era stata lei che invece di utilizzare il suo
talento per il bene aveva preferito fidarsi dell' uomo più pericoloso che
avesse mai conosciuto... e perché? Perché era ingenua e desiderosa di
contravvenire alle regole. Perché smaniava di conoscere il lato oscuro
dell'uomo, ciò che lo rende crudele e assassino. Sospirò pesantemente. Non
poteva permettere che quei ricordi la rendessero debole, doveva resistere, solo
così avrebbe potuto salvare i suoi genitori da morte certa.
Stava per proseguire lungo la via quando, ancora prima che se ne rendesse
conto, si ritrovò una mano davanti alla bocca, mentre possenti braccia la
stringevano da dietro. L’odore del cloroformio era nauseante e per quanto cercasse
di divincolarsi era comunque molto più debole del suo aggressore. Il panno
imbevuto le veniva pressato contro la bocca ed il naso ed improvvisamente si
sentì mancare. Non fu abbastanza svelta da reagire o da guardare in faccia chi
fosse l’uomo, che era già sprofondata in un sonno profondo.
***
Al suo
risveglio ci fu un doloroso mal di testa ad accoglierla ed una residua
sensazione di nausea che sembrava non volerla lasciare. Aprì lentamente gli
occhi, redendosi conto di trovarsi completamente distesa a terra, su un
pavimento freddo e duro. Cercò di capire dove fosse, senza ancora però trovare
la forza di alzarsi; intravide da distesa delle ruote di una grande auto nera a
circa otto metri di distanza da lei. Provò a muoversi, ma sentì una resistenza
al polso sinistro. Spalancò gli occhi, alzandosi in piedi con un movimento
brusco, tanto che la vista le si offuscò brevemente a causa del movimento
repentino. Si guardò il polso sinistro: era ammanettata ad un tubo verticale
scoperto. Si guardò intorno e vide per intero la berlina nera in mezzo a quello
che sembrava essere un grande parcheggio, sfortunatamente per lei interamente
vuoto, eccetto per quell’auto nera parcheggiata proprio al centro.
“Sveglia
sveglia mia piccola addormentata”
Samantha si
irrigidì: si girò verso la voce alle sue spalle per riconoscere il volto del
ben noto consulente criminale. Indossava un completo grigio ed una cravatta
bianca a cui era attaccata una spilla a forma di volpe. Era incredibile come
quell’uomo potesse risultare minaccioso anche indossando un colore diverso dal
nero. Era impeccabile come sempre, ma non per questo privo di dettagli
rivelatori: dei piccoli residui di cenere sui pantaloni indicavano che avesse
fumato una sigaretta da poco e che quindi fosse stato sottoposto ad una
situazione stressante (Samantha sapeva che fosse solito fumare soprattutto per
rilassarsi dopo una situazione particolarmente difficile), le piccole occhiaie
sotto agli occhi mostravano che non avesse dormito regolarmente da almeno due
giorni, se non tre; stranamente le date sembravano combaciare con il loro
ultimo incontro. Quella situazione doveva davvero renderlo parecchio nervoso
per riuscire a togliergli il sonno. Che cosa mai avrebbe potuto volere da
Sherlock Holmes? Ma soprattutto, cosa che lei potesse procurargli?
Osservandolo ancora notò anche, dettaglio molto più interessante, che sulle sue
scarpe nere c’erano residui di fango fresco; quindi, probabilmente il giorno
stesso, il caro consulente criminale si era concesso una piccola gita in
campagna. Qual era l’unico luogo abbastanza vicino da poter essere raggiunto in
giornata e che a Moriarty sarebbe importato di visitare personalmente? Era
ovvio. La villa dei genitori di Samantha. Ebbe l’impellente desiderio di
saltargli al collo.
Si scambiarono uno sguardo gelido e penetrante, che sembrava dire “so che tu
sai, te lo posso leggere negli occhi”. Moriarty sorrise serafico.
“Grazie
per avermi drogata nuovamente e portata in un luogo ancora più buio del
precedente. Stai davvero cominciando a viziarmi”
Moriarty
distorse il suo sorriso in un ghigno, avvicinandosi di qualche passo alla
ragazza.
“Anche
tu mi sei mancata”
Rispose
languido.
“Scusami
per quella precauzione”
Disse
indicando le manette al polso di Samantha.
“Ma mi
mancava vederti così docile e soprattutto vincolata al mio cospetto”
Samantha
sorrise, portandosi indietro i capelli.
“Deve
sempre finire così tra noi due? Io, te… e le manette”*
Dette uno
strattone al palo a cui era legata con il braccio sinistro, facendo tentennare
le manette, che fecero risuonare il loro eco metallico per tutto il parcheggio.
"Vedo
che ti sei ferita. Cerchi di modulare il peso per non farlo gravare sul piede
sinistro. Problemi ad evadere dal 221B? Sherlock ti tiene al guinzaglio per
caso?"
Samantha non
rispose e Moriarty colse l'occasione per avvicinarsi ulteriormente,
stringendole con le lunghe dita il braccio destro. Studiò l’espressione della
ragazza e vedendo che essa non sembrava spaventata, ma al contrario,
completamente rilassata, colse l’occasione per avvicinarsi al suo orecchio e
succhiarle il lobo sinistro.
“Ti
sono mancato, non è vero?”
Samantha
si sentì in trappola, come sempre con lui.
Continuava a chiedersi se le fosse mancato, se davvero Moriarty avrebbe potuto
mancarle in quei due lunghi anni. Non poteva… giusto?
Il consulente criminale passò a baciarle il collo, con baci leggeri e
ravvicinati, scostandole prima la manica della maglia per poterle baciare la
spalla e poi la spallina del reggiseno.
Samantha a quel punto si divincolò, allontanandosi di un passo da lui.
Moriarty non disse niente, si limitò a sorridere maligno, squadrando la ragazza
da capo a piedi.
“Perché
rapirmi? Potevi chiamarmi per riferirmi le tue informazioni”
“Che
cosa impersonale le chiamate da cellulare, preferisco molto di più il contatto
diretto”
Calcò
molto sulla parola “contatto”, cominciando a camminare avanti a sé con le mani
infilate nelle tasche dei pantaloni.
“Volevo
vederti dato che l’ultimo nostro incontro non si è concluso nel migliore dei
modi…”
“Si è
concluso esattamente come questo è iniziato, cioè con me drogata e trascinata
in luoghi dove non avrei ragione di stare”
“Ma
come, pensavo gradissi la mia compagnia”
Sorrise
nuovamente, portandosi due dita alle labbra.
“La
gradirei molto di più se fossi lucida e soprattutto non legata”
Si
avvicinò a grandi passi a Samantha, cingendola violentemente da dietro,
stringendole possessivamente i fianchi e poggiando la testa sulla sua spalla,
facendole sentire il suo respiro affannato.
“Ma è
proprio questo il bello Samantha”
La
baciò nuovamente sul collo, due soli baci, dolci, morbidi come le sue labbra e
passionali come lo era lui.
"Ricordami
perché non ti ho ancora scopata Sam, muoio dalla voglia di farlo"
"Forse
eri troppo impegnato a cercare un modo per uccidermi"
"Ah
già, quasi lo dimenticavo"
"Eppure
non ci sei mai riuscito"
"Forse
non ci ho mai davvero provato"
Un brivido
le percorse la schiena.
Perché non riusciva a rifiutare quei baci? Perché non si divincolava, perché
non urlava in preda al panico? Pensava che avrebbe dovuto, che la cosa giusta
da fare sarebbe stata quella di allontanarsi da lui, cercando una via di fuga…
ma quei baci, quella voce… si sentiva completamente nelle sue mani, vincolata
non solo dalle manette al polso, ma anche dalla sua personalità magnetica. Quei
baci la irretivano, le impedivano di ragionare razionalmente, non riusciva a
rendersi conto che fosse l’uomo più pericoloso della terra a cingerle i fianchi
e a baciarla vogliosamente. O forse era proprio la consapevolezza che lo fosse
ad impedirle di rifiutarlo; dopotutto il pericolo l'aveva sempre attirata, no?
E magari il sapere che fosse pericoloso la spingeva inconsciamente a fare
proprio la cosa sbagliata.
Voleva solamente rimanere lì, congelata in quell’istante di tempo, cancellare
tutte le vittime innocenti del consulente criminale, denudandolo di tutti i
suoi misfatti per potersi sentire nel giusto a voler prolungare quei baci. Ma
non esisteva un modo per fare tutto ciò, i morti non sarebbero risorti ed i
suoi crimini non sarebbero stati ripagati e di conseguenza non sarebbe mai
potuta essere nel giusto nel lasciarsi baciare da quell’uomo.
Lo odiava e lo desiderava allo stesso tempo ed era sicura che lui provasse lo
stesso nei suoi confronti.
Pensò ai suoi genitori e a quello che Moriarty minacciava di fare loro; pensò
anche al rossetto di Irene Adler sul suo colletto e a quello che la stava
costringendo a fare. Si divincolò una seconda volta dalla sua stretta da
serpente, questa volta però con il cuore che le batteva all’impazzata e non
riuscendo a mantenersi calma.
“Hai
ragione, avremo molto tempo per parlare di questo in futuro. Concentriamoci su
Sherlock adesso”
Il
nome del detective la fece sussultare visibilmente: con quella conversazione
era come se fosse precipitata improvvisamente in un'altra dimensione,
dimenticando completamente la realtà. Per un attimo si era dimenticata di
Sherlock Holmes e del 221B, come se fossero spariti nel nulla, in una realtà
non facente parte della sua vita, come un debole ricordo lontano.
Fece un profondo respiro stringendo i pugni.
“Ho
toccato forse una nota dolente?”
Samantha
distolse lo sguardo, sistemandosi la spallina del reggiseno e la manica della
maglietta.
“Hai
sussultato quando ho pronunciato il suo nome. Ti piace, vero?”
Lei lo
guardò sconvolta, facendo una smorfia disgustata.
“No!
Certo che no! E’ solo un pallone gonfiato!"
“Ma è
intelligente e questo ti piace”
“Sarà
anche intelligente, ma sicuramente non sa niente della natura umana”
“Mi
ricorda qualcuno di mia conoscenza, non credi anche tu Sam?”
La
ragazza lo guardò di sbieco, facendo una smorfia disgustata. Dannazione a lui.
“Mi
piace quanto a te piace la cara Irene Adler. Non vorrei essere io ad informarti
di ciò, ma lo sai vero che lei e Sherlock hanno avuto un flirt?”
“Se
toccarsi a vicenda il polso vuol dire avere un flirt, allora io e te siamo
sposati Samantha”
La
ragazza tremò alla sola idea.
“A me
pareva molto di più di una toccatina di polso, sai? A lei piaceva e lui, anche
se a modo suo, la ricambiava. Ho trovato... per caso naturalmente, la
trascrizione di alcuni messaggi che si sono spediti. Lei non faceva altro che
invitarlo "a cena". Ma quella donna smette mai di
pensare al sesso?"
“Irene
è una donna affascinante, riuscirebbe a conquistare tutti, uomini e donne”
“Io la
trovo abbastanza bruttina a dire la verità”
Moriarty
puntò i suoi occhi su quelli di Samantha, sorridendole maliziosamente.
“Gelosa?”
“Di
Sherlock?! Assolutamente no!”
“Lo
capisco quando menti”
“Ma
per favore”
“Ne
sei attratta, è ovvio. Ma d’altronde l’avevo previsto”
“Questa
volta le tue predizioni non si sono avverate Jim, perché non sono
attratta da Sherlock Holmes, non lo sono e non lo sarò mai”
“Staremo
a vedere”
Ci fu una
pausa, durante la quale si sentì un rumore metallico, come di un attrezzo che
fosse caduto, che allertò immediatamente Moriarty.
“Forse il
motivo per cui non vuoi ammettere che Sherlock abbia avuto un flirt con La
donna è perché la vorresti tutta per te e non certamente nel letto del tuo
acerrimo nemico, dico bene? Comunque non credere che sia così sciocca da non
aver notato la macchia di rossetto sulla tua camicia l’ultima volta che ci
siamo visti”
Moriarty
strinse il pugno della mano destra, chiaro segno che non fosse preparato ad una
frecciata del genere. Samantha si sentì soddisfatta di se stessa.
“So
che ti sarebbe piaciuto che quel segno di rossetto fosse il tuo”
Ribatté
immediatamente, ritrovando subito la sua precedente calma.
“Siete
andati a letto?”
Non le
interessava davvero saperlo, ma sembrava che avesse scoperto una nota dolente e
le piaceva mettere il dito nella piaga. Ora era il suo turno di tormentarlo.
“Ho
fatto ciò che Sherlock Holmes il verginello non era riuscito a fare”
“Sarà
anche un “verginello” come dici tu, ma secondo me ci saprebbe fare a letto. Saprebbe
come far godere una donna.** I musicisti sanno fare cose incredibili con le
loro dita…”
“E
scommetto che ti piacerebbe davvero molto testare quelle dita su di te,
dico bene?”
“Sto
solo facendo un’ osservazione”
“Nulla
di quello che dici è mai solo un'osservazione”
Samantha
ingoiò rumorosamente. Quella conversazione si stava trasformando in qualcosa di
ridicolo ed aveva intenzione di porci la parola fine il prima possibile:
era da quando avevano iniziato a parlare che stava armeggiando con la chiusura
delle manette e finalmente era riuscita a farla scattare. Jim avrebbe dovuto
sapere che nessuna serratura sarebbe rimasta a lungo chiusa essendoci lei nei
paraggi.
Samantha non perse un attimo: si liberò definitivamente delle manette e saltò
addosso al consulente criminale.
In breve si ritrovarono entrambi a terra, coinvolti in una lotta senza
esclusione di colpi. Era riuscita per un attimo a bloccarlo a terra,
guadagnandosi così l’occasione di prendergli dalla tasca della giacca la
pistola, ma lui fu più veloce di lei ad atterrarla nuovamente e a posizionarsi
sopra di lei, lanciando l’arma lontano dalla portata della ragazza.
Samantha lottò con tutte le sue forze per contrastare Moriarty, ma lui
conosceva i suoi punti deboli ed in breve riuscì a bloccarle le braccia a
terra, tenendola strettamente per i polsi.
Avevano entrambi il respiro affannato per lo sforzo e Samantha sentiva che il
cuore stava per esploderle nel petto. Non sapeva esattamente perché l’avesse
fatto: in che altro modo si sarebbe potuta concludere quella lotta se non con
la sua sconfitta? Non gli avrebbe mai davvero sparato e sapeva di non aver
provato fino in fondo a vincere. Gli aveva lasciato la vittoria in previsione
della sua futura vincita. Che gioisse finché poteva, perché sarebbe stata lei a
ridere per ultima.
“Mi
chiedevi perché dovesse sempre finire con le manette tra di noi. Beh, adesso
hai avuto la tua risposta”
“Non
fare finta che non ti piaccia stare sopra di me”
“Infatti
non mi piace… lo adoro. Dovremmo farlo più spesso, magari però coinvolti in
attività più... stimolanti"
Si
avvicinò al viso della ragazza baciandole l’angolo della bocca e leccandole
sensualmente il labbro inferiore.
“Dimmi
che cosa dovevi dirmi e falla finita Jim! Basta con questi trucchetti”
Disse
lei, mentre cercava di liberarsi i polsi dalla sua salda presa.
“Non
sei cambiata per niente, sei sempre stata selvaggia, uno spirito libero.
Ricordo ancora quando eri solo una ragazzina ed io ti insegnai l’arte del
crimine. Eri meravigliosa sin d’allora ed imparavi così in fretta. A quel tempo
credevo davvero che un giorno avremmo potuto lavorare insieme, fianco a fianco,
come una vera squadra vincente”
“Sai
benissimo che quei tempi sono finiti e sai meglio di me che non ritorneranno
mai più! Ma su una cosa hai ragione: allora ero solo una ragazzina, ma ora sono
cresciuta e lotterò fino al mio ultimo respiro per contrastarti!”
“Samantha,
ma non capisci che ti desidero? Ho bisogno di te, ora più che mai. Ho bisogno
che tu sia dalla mia parte in questa battaglia, devo sapere di potermi fidare
di te”
Le si
avvicinò pericolosamente al viso, sfiorandole le labbra e facendole sentire il
suo respiro sulla sua pelle.
“Per
favore basta! Per favore…”
Non
aveva mai chiesto pietà a Moriarty, ma non riusciva davvero più a sopportare
tutta quella situazione. Lui poteva pretendere che lei lo aiutasse, che
ingannasse Mycroft Holmes, che imbrogliasse Sherlock… ma non poteva chiederle
di tornare indietro… non poteva.
Fu tutto molto veloce: in un attimo Samantha riuscì a liberare il polso
sinistro dalla stretta di Moriarty e a sfuggire dalla sua presa. Si alzò,
correndo affannosamente verso la pistola che era stata lanciata
precedentemente: sentiva che lui le era alle spalle, ma sembrava non
importarle. Voleva solamente finirla lì, desiderava che tutto si concludesse
quel pomeriggio.
Arrivò alla pistola, la prese in mano: tremava tutta e James Moriarty era a
meno di un passo da lei; la canna della pistola praticamente toccava il petto
dell’uomo, proprio all’altezza del cuore.
Lui non fece niente, era perfettamente calmo, con appena un accenno di fiatone.
Fissava Samantha dritto negli occhi senza tentennamenti.
“Sparami
Samantha. Adesso o mai più, giusto? I tuoi genitori sarebbero salvi, anche
Sherlock Holmes sarebbe salvo… sarebbero tutti salvi.
Ma tu Samantha? Saresti salva anche tu? Pensaci bene. In questo garage
saranno presenti come minimo cinque telecamere di sicurezza. Secondo te quanto
ci metterebbero a capire che sei stata tu ad uccidermi? Dieci? Quindici minuti?
Con la lentezza con cui opera Scotland Yard magari anche venti”
“Ti
ricordo, nel caso te lo fossi dimenticato, che sono un’hacker, posso
tranquillamente eliminare il contenuto dei nastri di sicurezza e nessuno
saprebbe mai che sono stata io a commettere il tuo omicidio. Ma sai la cosa più
bella? Nessuno si scomoderebbe ad indagare sulla tua morte, caro consulente
criminale, e se anche lo facessero non mi vedrebbero certo come un'assassina,
ma come una salvatrice"
"Ne sei
davvero così sicura? Secondo te John Watson ti vedrebbe come una salvatrice? Un
medico che ha salvato centinaia di vite umane durante la guerra? E Sherlock?
Sul serio credi che ti sarebbe riconoscente per aver ucciso il suo acerrimo
nemico? Perché credi che non l'abbia ancora fatto lui? Perché si diverte,
ama questo nostro piccolo gioco.
Inoltre lo sai che non faresti altro che ricordargli se stesso: presto
comincerebbe ad odiarti, molto di più di quanto non lo faccia già adesso. Un
odio viscerale, che crescerebbe in lui di giorno in giorno, sempre più cattivo
e sempre più nero. Un odio inconscio che il buon consulente investigativo non
potrebbe riuscire a contrastare neanche se lo volesse"
"Stai
zitto! Non è vero! Smettila!"
"Credi
che ti mentirei? Suvvia Sam, non fare la bambina. Guarda in faccia alla realtà.
Senza di me saresti sola, completamente. Mi sono sempre preso cura di te, fin
da quando eri una ragazzina sprovveduta e adesso guardati! Sei una donna forte,
capace di impugnare un arma ed uccidere a sangue freddo! Ti ho resa
meravigliosa!"
"Tu mi
hai resa un mostro! Non vorrei essere così, non dovrei essere così... tu
mi hai resa ciò che sono, una criminale, un'assassina, e non posso
cambiare il mio passato, ma posso provare a cambiare il mio futuro, e quello di
cui sono certa è che non ti ci voglio!"
"Non
avresti nessun altro! Hai solo me!"
"Tu non
sai niente! Smettila!"
Una lacrima
minacciava di scendere lungo la sua guancia, ma la ricacciò indietro: doveva
mantenere la calma, non poteva perdere il controllo adesso. Moriarty stava
premendo apposta sui suoi sentimenti più celati per farla cedere, per
distruggerla pezzo dopo pezzo, ma non doveva permetterglielo.
"Ma
davvero Sam, quante vittime innocenti saresti disposta a sacrificare? Non siamo
soli in questo garage, per precauzione mi sono portato dietro qualche amico.
Civili, persone totalmente innocenti, che non farebbero del male neanche ad una
mosca, legate e controllate da miei uomini che hanno l'ordine preciso di
ucciderle al mio comando"
“Stai
bluffando, non può essere”
“Correresti
davvero il rischio Sam? Sul serio?”
Avrebbe
voluto premere il grilletto, farla semplicemente finita. Sembrava tutto così
semplice: se avesse premuto il grilletto tutto sarebbe finito e James Moriarty
sarebbe morto. Mille altre potenziali vittime innocenti sarebbero state
salvate: che cos'era la vita di quelle due persone rispetto a quella di
centinaia?
Si bloccò improvvisamente, spaventata dai suoi stessi pensieri: davvero stava
facendo questo calcolo? Che diritto aveva lei di decidere della vita di altre
persone? E se quelle persone avessero avuto una famiglia? Magari dei figli...
Il mondo sembrò fermarsi per un istante: sentiva solamente i battiti forsennati
del suo cuore ed il suo respiro pesante, nulla più. Le bruciava la testa,
l'adrenalina e la paura si erano unite in lei creando una tempesta terribile,
una di quelle in grado di radere al suolo intere città, quelle che sembra
impossibile che si concludano.
Ma davvero sarebbe stata in grado di ucciderlo a sangue freddo? Davvero sarebbe
riuscita a comandare alla sua mano di premere il grilletto? Sul serio sarebbe
riuscita a sopravvivere alla vista del suo sangue che gli scorre sulla camicia
e davvero sarebbe riuscita a guardare la luce nei suoi occhi che piano piano si
spegne? Vedere le sue labbra che esalano l'ultimo respiro ed il suo corpo
esanime accasciato per terra?
Solo un’altra volta nella sua vita era stata obbligata a commettere un atto
così osceno e disumano, un fatto che l'aveva segnata dolorosamente e che e
si era ripromessa di non fare mai più. Il ricordo di quella fatale notte non
faceva che tormentarla sia di giorno che nei sogni; come avrebbe potuto
sopportare anche la morte di Moriarty, operata dalle sue stesse mani? No, non
si sarebbe abbassata al suo livello, non lo avrebbe fatto vincere così.
Lei voleva la vittoria, ma sicuramente non le interessava ottenerla in quel
modo.
Con un movimento improvviso lanciò la pistola lontano, sentendo tutto il
rimbombo provocato dal suo tonfo sul duro cemento. Aveva intenzione di
barattare , offrirgli un'alternativa alla sua morte; si rese conto che l'unica
cosa che voleva in quel momento era proteggere le persone che Moriarty le
chiedeva di ingannare, non voleva che soffrissero come aveva fatto lei e
soprattutto non intendeva assolutamente essere la responsabile di altre morti.
Perché per quanto Sherlock Holmes fosse un pallone gonfiato pieno di sé,
insopportabile, pretenzioso, egocentrico e senza un briciolo di sentimento, Samantha
sapeva che fosse un buon uomo, in fondo, e che non si meritasse di essere
ingannato a quel modo. Non da lei almeno, non da Moriarty.
“Promettimi
solo una cosa Moriarty, solo una. Non uccidere Sherlock Holmes. Nessuna
persona a lui cara. Promettimi che le risparmierai, che loro vivranno e che le
lascerai in pace. Finirò il lavoro, ti darò ciò che vorrai, ma tu me lo devi
promettere”
Moriarty la
guardò con i suoi occhi neri e morti, profondi come una gola abissale, scuri
come il più nero dei segreti. La fissò ancora per qualche secondo, in silenzio,
osservandola attentamente, come se quella fosse per lui la prima volta:
sembrava volesse imprimersi nella memoria l'immagine di Samantha, la figura
della persona che era diventata.
Ma non le rispose.
Distese la sua espressione in un ghigno malvagio; si girò, dandole le spalle, e
si mise le mani nelle tasche dei pantaloni, avviandosi verso la berlina nera.
Camminava come se nulla fosse successo, come se Samantha non gli avesse appena
puntato una pistola al petto minacciandolo di premere il grilletto.
Canticchiava fra sé e sé una cantilena, di cui Samantha sentì solo alcune
parole. La sua voce rimbombava nel garage vuoto, risuonando inquietantemente
nella testa della ragazza:
“Tick
tock, goes the clock
You’ll be
the death of Sherlock
Oh, sleep
well my gentle lady
Your kiss is
fake already
May God rest
his soul
For I still
owe him a fall”
“Tick
tock, fa l’orologio
Porterai
Sherlock alla sua tomba
Oh, dormi
bene gentile fanciulla
Il tuo bacio
è già così artefatto
Che Dio
abbia pietà della sua anima
Poiché gli
devo ancora una caduta”
***
Era distesa
sul divano del 221B, massaggiandosi le tempie e guardando insistentemente il
soffitto, come se lì avesse potuto trovare la risposta a tutti i suoi problemi.
Era come se non si fosse mai mossa da quel punto, come se non avesse mai
lasciato il 221B. Tutto ciò che le era accaduto nel giro di quelle poche ore
era stato accantonato, quasi rimosso, i ricordi soffocati da altri ricordi,
rinchiusi tutti in una stanza del suo Mind Palace. Aveva chiuso la porta a
chiave e non l’avrebbe riaperta più, a meno che non fosse stato strettamente
necessario.
Per lei era meglio così. In questo modo si sentiva più al sicuro, più serena e
meno spaventata dal futuro orribile che sapeva attenderla.
Chiuse gli occhi. Quella canzoncina non faceva che risuonarle nella mente,
uccidendola, facendola sentire sola più che mai.
Sola ed in balia di se stessa.
Non ci sarebbe potuta essere cosa peggiore.
Si alzò bruscamente dal divano, scostando un ciuffo di capelli che le era
finito davanti agli occhi. Fece un profondo respiro ed estrasse dalla tasca
della vestaglia una spilla. Sorrise.
Samantha non era una sciocca; non era certo saltata addosso a Moriarty per
rabbia o per vendetta o per cercare di fuggire. Certo che no. Perché avrebbe
dovuto? Non avrebbe avuto alcuna possibilità di riuscita un piano del genere e
sicuramente non avrebbe giovato alla sua situazione.
L'aveva fatto apposta. Prendi in contropiede il tuo nemico, fai ciò che meno si aspetta. Sorprendilo.
Si rigirò quella spilla argentata a forma di volpe tra le mani, osservandone
ogni minimo dettaglio, ogni scalfittura, ogni segno lasciato dal tempo.
Quanto era stata brava, davvero impeccabile. Era riuscita a prendergliela poco
prima che lui le bloccasse i polsi a terra ed il bello era non si era accorto
di nulla.
Era dunque riuscita a mettersela nella tasca dei pantaloni, senza destare alcun
sospetto.
Sorrise nuovamente guardando la piccola spilla ormai in suo possesso. Si
sorprese nel constatarlo definitivamente: lei aveva un piano, o almeno,
stava cominciando ad averne uno.
Ora doveva solamente trovare un nascondiglio per la spilla.
Sapeva che Sherlock fumasse, così si mise a cercare il suo pacchetto di
sigarette e stranamente le ci volle più del previsto. Qualcuno doveva
avergliele nascoste, non poteva essere altrimenti.
Quando lo ebbe finalmente trovato, lo tolse dal nascondiglio mettendo al suo
posto la spilla.
Sorrise euforica mentre raggiungeva la cucina con l’intento di prepararsi una
buona tazza di caffè.
In fin dei conti se l’era meritata.
*Un'altra citazione di River Song... scusate, ma non riesco a resistere!
**Benedict Cumberbatch docet. Frase detta proprio da lui in un'intervista. Se non l'avete ancora letta, vi consiglio caldamente di farlo. Qui c'è il link: http://www.elleuk.com/now-trending/benedict-cumberbatch-talks-sherlock-and-sex (sì, dovete copiarlo e incollarlo nella barra delle ricerche... abbiate pietà della mia anima, sono una vecchina a cui è stato affidato un computer. Ho problemi a mettere delle immagini nei capitoli, figuriamoci ad aggiungerci dei link!)