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Autore: Lady A    07/06/2016    5 recensioni
«[…] Mi sono fermato in Francia per due motivi. Per dare l’ennesima dimostrazione a me stesso che il mio cuore adesso non prova più amore per lei e… per voi. Sì per voi. Vi confesso che in questi sette lunghi anni mi è capitato sempre più spesso di pensarvi Madamigella Oscar, il ricordo della vostra immensa grazia, dei vostri bellissimi lineamenti e dei vostri meravigliosi occhi azzurri sono stati in grado di placare come nient’altro le profonde sofferenze di questi lunghi anni. E sempre pensando a voi, ho capito quanto davvero ho sbagliato con la Regina. Lei resterà sempre nel mio cuore, ma ora posso dirvi con certezza che riesco a pensarla in maniera diversa… mentre per voi… per voi mi sono accorto di provare qualcosa di profondo, di molto profondo Oscar… non voglio sconvolgervi ma credetemi, ci tenevo a dirvi che nell’eventualità che ricambiaste i miei sentimenti, desidererei come niente al mondo sposarvi…»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rosa nata ieri

 
 
 
[André]


Lasciai dietro di me gli appartamenti di Oscar. Il cielo era un campo di guerra; quella notte s’offrì impavido, ad un teatro d’ira e di bagliori fugaci. La pioggia veniva giù fitta, irruenta, riversandosi come lame, sui tetti, sull’asfalto e sull’erba, accompagnando i miei passi nei lunghi corridoi di Palazzo Jarjayes. Mi mossi in silenzio, guidato dai riverberi dorati delle candele. Nei miei occhi ancora il suo riflesso; le sue parole sferzanti, distanti dal mio mondo. Immaginai il suo sguardo orgoglioso, traboccare d’ira, i lineamenti del suo viso, contratti, il fremito delle sue labbra sottili e il calore dei suoi pugni chiusi. Immaginai con la mente e con il cuore tutto ciò che precluse al mio sguardo. Sorrisi appena, nella mia cieca disperazione. Ripensai al mio inaspettato livore nei suoi confronti, al peso dei miei e dei suoi ideali in grado di strapparci a piccoli morsi, l’uno dall’altro. Nuove mura si elevarono solide tra noi, cinte da rovi di spine. Provai un senso di profonda desolazione al pensiero.
Quel giorno non mi accorsi di un particolare: l’assenza di Fersen. Perché suo marito non era con lei?
Raggiunsi Astrée nel salone principale. Sedeva su un poltrona di damasco, accanto al camino. Come una carezza, il riflesso del fuoco sfiorava il suo profilo; dal viso, al candore del collo e del petto, fino alle pieghe di velluto del suo abito amaranto.
Mi avvicinai a lei, in silenzio. Tra le mani un’immancabile lettura.
«Il primo che, avendo cintato un terreno, pensò di dire “questo è mio” e trovò delle persone abbastanza stupide da credergli fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quanti assassinii, quante miserie ed errori avrebbe risparmiato al genere umano chi, strappando i paletti o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: guardatevi dal dare ascolto a questo impostore! Se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra di nessuno, siete perduti!». Lesse ad alta voce alcune parole di Rousseau. Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini. Si volse a guardarmi seria. Improvvisa, una nota d’apprensione brillò nel suo sguardo.
«André, lei ti ha visto? Oscar ti ha visto?». Richiuse bruscamente il libro, alzandosi verso di me, allarmata. Ci ritrovammo uno di fronte l’altro.
«Sono appena stato nella sua camera…». Dissi, non capendo il perché dei suoi timori. 
«La tua ferita André!». L’inquietudine le crebbe nella voce. Lasciai il suo viso e osservai il mio petto. Del sangue intaccava vivo, parte della camicia e l’orlo della mia giacca. Con le dita, sfiorai leggermente la superficie della macchia; era ancora fresca.
«Non me ne ero accorto…». Sospirai, rialzando il capo. «Comunque sia… i nostri sguardi non si sono minimamente incrociati…». La rassicurai, non senza una punta d’amarezza nel cuore.
«La cosa sembra rammaricarti!».
La guardai in silenzio. Incontrai il suo disappunto, la sua espressione contrariata. Scossi il capo, amareggiato.
«Sarà meglio che vada a cambiarmi». Sussurrai, dandole le spalle. Fu il suo tocco gentile a fermarmi. Strinse il mio braccio, trattenendomi a sé.
«Resta sempre in allerta André! Non abbassare mai la guardia… soprattutto ora che Oscar è qui, lei potrebbe capire…». Parlò piano, sottovoce, affiancandomi. Percepii il suo respiro lieve, contro il mio viso. Spiai la sua espressione.
«Anche tu non dovrai esporti più del dovuto, Astrée!». Dissi brusco, voltandomi verso di lei.
«Oscar non arriverebbe mai a denunciarmi. Sono sua cugina, arrecherebbe una danno alla sua stessa famiglia! Tu invece André, verresti condannato al patibolo e io… non voglio!».
Lasciò la presa, continuando a guardarmi seria.
«Oscar non arriverebbe mai a tanto, te lo assicuro!». Sorrisi appena, carezzato nel cuore da quella solida certezza.
«A volte, sono le persone che più abbiamo a cuore a distruggerci…».
Una profonda tristezza tremò nelle sue parole.
Senza aggiungere altro, ritornò a sedersi composta, presso il tepore del camino. Le mani unite, abbandonate lungo il grembo.
Conoscevo i suoi silenzi. In essi, si annidavano le radici di una personalità forte, profonda, caparbia, dotata di un’ampia conoscenza e voglia di donare. Doti che accomunavo spesso a quelle di Oscar. Ammiravo molto la sua persona ed ero grato della sua sincera amicizia.
Il dolore era stato suo compagno di vita. Astrée si svelò a me poco a poco.
Quali oscuri ragioni spingevano una ragazza nobile, a voler derubare ogni sera gente del suo stesso rango, per sfamare un brandello di mondo così lontano dal proprio? Non era solo questione di semplice generosità la sua, sia io che Bernard lo intuimmo presto. La sua determinazione, quasi ossessiva nel garantire ogni notte ai più bassi strati della popolazione, quel poco che bastava loro per vivere, la sua apprensione per gli orfani, i vagabondi, erano un solido appiglio per sopravvivere ai spiragli intimi della sofferenza. Raccolsi le sue confidenze come acqua in un giorno di pioggia.
Sua madre, sorella minore di Madame Jarjayes, morì nel metterla al mondo. Astrée crebbe serena, trasferendosi ancora bambina nella quiete della campagna inglese, presso le premure di uno zio. Fu grazie a lui, che oltre alla cultura e all’amore per l’arte, ne apprese l’uso delle armi. Ritornò in Provenza, solo dopo la sua morte. Era poco più di una ragazzina. Con un malinconico sorriso, mi raccontò di come un giorno, un giovane di nobili origini, entrò nella sua vita. Dell’attrazione che inarrestabile corse tra loro, all’inevitabile conseguenza. Fu una passione breve la loro, ma colma d’amore, almeno da parte di Astrée. Dopo poche settimane, il ragazzo lasciò la regione senza più darle notizie.
Non mi rivelò il suo nome, né osai chiedere. Lo scoprii solo il seguito. Fu un bene, forse. Il frutto di quel legame fiorì in Vita. Celò la gravidanza a lungo, per mesi, fin quando un malore non la tradì al cospetto di suo padre. Il conte Victor Damien De Flamel; un uomo austero, temuto, privo di scrupoli. Il parto giunse con largo anticipo. La neonata venne al mondo fragile e minuta. Fu allontanata quel giorno stesso. Dalla Provenza, venne affidata alle cure di una donna di Parigi, Madame De La Vallière. Una contessa nota a Corte per la sua indole instabile, amante del conte De Flamel. Irritata dai continui pianti della neonata, la donna finii per abbandonarla in strada dopo pochi giorni, incurante del gelo, in uno dei quartieri più lerci e isolati della capitale. La neve fu la sua culla letale. L’unico abbraccio che il Signore le concesse in vita, perché figlia del peccato e del disonore. Le sue spoglie bambine divennero nutrimento per i topi e i randagi della zona. Solo alcuni anni dopo, giunta a Parigi, Astrée ne apprese la notizia. Madame De La Vallière pentita dal suo folle gesto, non esitò a raccontarle il tutto con cruda precisione. Era dunque, l’accortezza nell’impedire morti simili ad arginare in parte, le fiamme del suo dolore?
Sospirai forte. L’amarezza mi giunse al cuore ancora una volta. Mi ritirai nei miei alloggi per cambiarmi. Medicai nuovamente la ferita e mi vestii con abiti puliti. Mi accostai ai vetri, nella fragile penombra di una candela. Come piombo, la pioggia continuò a cadere dal cielo.  Socchiusi gli occhi per un attimo, quel suono soffocò ogni mio pensiero. Maledissi l’ira del cielo. Maledissi le sue lacrime che resero impraticabili strade e sentieri, ed eccessivamente scivolosi tetti e asfalti.
Agire quella notte, avrebbe comportato ampi rischi per noi.

«André…».
Mia nonna giunse lieve, come in punta di piedi. La ritrovai alle mie spalle, piccole ed esile come una bambina. Avanzò verso di me esitante. Che fine aveva fatto il suo piglio severo?
«André, potresti aiutarmi a spostare dei mobili in cucina?».  
Sorrisi lievemente. Un lampo illuminò le mie spalle, raggiunse il suo viso.  
«Certo nonna! Dammi qualche minuto e ti raggiungo!».
Lasciai la mia stanza, per raggiungere Astrée. Parlai con lei. Inquieto, mi scontrai contro il rimorso di non poter far nulla per la mia gente, almeno per quella notte. Ascoltò la mia voce in silenzio, ad occhi chiusi come persa in un quiete riposo; m’illusi.



 
[Oscar]


Le sue parole giunsero inaspettate, come piccole gocce di fiele. André era dalla parte del Cavaliere Nero, dunque? Scostante, lasciò i miei appartamenti. Voltandosi, non si accorse del mio sguardo fermo e pungente come una spada, su di lui. Notai la sua ferita. Tacqui. Lo lasciai andare senza esitare in spiegazioni, ma la preoccupazione giunse inevitabile sulla mia coscienza.
Cos’era accaduto?
L’impronta di un ricordo graffiò i miei pensieri.
Il mio recente scontro con il Cavaliere Nero, il suo sorriso familiare, il colpo che io stessa gli avevo sferrato al petto.
La mia mente si fece rifugio di un terribile sospetto; lo ripudiai con forza.
Affogai i miei dubbi nell’alcool. Fu tutto vano. Ero stata io stessa a ferire André? In lui si celava davvero un’ombra nemica?
Il calice tremò nella mia mano. Lo riposi sul tavolo, con rancore. Chinai il capo, stringendo i pugni. Fremetti al pensiero. “… Ogni notte dona la sua refurtiva ai poveri di Parigi…”,  “I nobili si arricchiscono con i soldi che lo Stato sottrae alla povera gente, quelle ricchezze non appartengono loro di diritto!”.
Mi sentii punta sul vivo. Fui profondamente egoista, allora. Provavo indignazione e tristezza per la povertà del paese. Dopo il mio primo incontro con Rosalie molti anni prima, i tarli della miseria giunsero ai miei occhi nei terreni di Arras. Ripensai ai Sugane, alle prime insofferenze nei confronti della mia Regina, alle parole insinuanti di Robespierre e a quelle di Monsieur Alaste; furono un primo campanello d’allarme, tuttavia, una volta giunta a Versailles, mi scontrai con l’ira di mio padre e finii per chiudere gli occhi. In quel momento dunque, mi fermai alla superficie; alla delusione nel sospettare di André, senza pensare al vero significato di quella sua presunta posizione.
Anelavo la mia vecchia vita, le sue glorie, le sue sfide e i suoi duelli.
André si sarebbe rivelato un avversario da combattere e sconfiggere? Sperai di no con tutto il cuore.
Un fulmine, illuminò fugacemente la stanza, come un bacio di Sole; subito dopo, un tuono scosse il cielo. Pregai in silenzio. Lasciai i miei appartamenti. Mi feci strada nella calda penombra delle candele disposte nel candelabro. Vagai nel silenzio. Giunsi dinanzi la sua camera; bussai più volte, ma non ottenni risposta. Entrai con cautela, richiudendo la porta alle mie spalle.
Lui non c’era.
Rischiarai la stanza, mi guardai attorno inquieta.
Dov’era?
Allungai il candelabro in avanti, muovendomi lentamente. Indugiai sul letto, sul tavolo, sulla macchia di sangue dei suoi vestiti, abbandonati su una sedia. D’improvviso, un’ombra scivolò nella notte, la intravidi dietro i vetri delle finestre. Mi avvicinai incredula, aprii di scatto le imposte. La pioggia, spense l’unica fonte di luce. Sprofondai nelle tenebre. Mi ritrovai al cospetto di quella figura. Entrò nella stanza, avanzando verso di me.
«Chi siete? Parlate!». Gridai, stringendo i denti. Temetti di conoscere la risposta. Di nuovo non distinsi i suoi lineamenti; pregai di sbagliarmi. Estrasse la sua spada. In tempo, schivai un suo rapido affondo. Mi trovai con le spalle al muro. Avanzò nel buio, sferrando un altro attacco, lo evitai opponendo il candelabro contro la sua arma.
Che intenzioni aveva?
La nostra lotta venne placata all’improvviso dal suono di alcuni passi.
La porta della stanza venne aperta. La collera del cielo mi svelò il suo volto.

 
 
[André]


Incosciente, incurante dei rischi, Astrée vestì ugualmente i panni del Cavaliere Nero. Al mio ingresso sfuggì agile, dalla finestra. Non potei fermarla, né inseguirla. La vista di Oscar strattonò il mio cuore. Rapido, posai alcune candele sul tavolo. Con apprensione, sfiorai il suo sguardo. Lo evitò. Mi avvicinai a lei.
«Oscar stai bene?». Chiesi preoccupato.
«A quanto pare il Cavaliere Nero ci ha degnato di una nuova visita stanotte…».
Con freddezza, ignorò le mie parole. Mi diede le spalle, allontanandosi in silenzio verso la porta.
«Oscar, perché eri nella mia camera?».
Azzardai, mosso dal dubbio.


 
[Oscar]

 
«E tu André, come ti sei procurato quella ferita al petto?».
Il silenzio, fu la nostra unica risposta.

 
 

 
 
 


 
  
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