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Autore: AlnyFMillen    10/06/2016    4 recensioni
Warning!spoiler retrace XC/CIV
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Nell'universo parallelo sognato da Oz, non perdetevi i piccoli happy ending fatti di the e biscotti, tra ricordi, crescite, lacrime, morti e resuscitati, segreti, gelosie, rivelazioni, divertimento e tanti, tanti, tanti casini. Buona lettura e grazie per essere qui!
~Un po'tutti, rigorosamente vivi e vegeti {Vincent; Ada; Leo; Elliot; Oz; Gil; Alice; Echo; Sharon; Break; Reim; Sheryl; Rufus; Lottie; Lacie; Jack; Oswald}
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❦dal primo capitolo❦
"Ed è forse paura quella che vedi ad incrinare la perfezione dei suoi occhi smeraldo, la stessa che hai cercato di farle provare nei tuoi confronti ma non si é mai presentata. Eccola lì, finalmente ha capito chi sei veramente.
Sorridi senza un briciolo felicità tra i denti.
Un rifiuto.
Un ingannatore.
Un ladro.
Un burattinaio ma assieme una marionetta.
Un assassino.
Un...
Un... Uomo? Anche tu? Persino tu?"

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||raccolta di oneshot happlyeverafter ispirata a long non ancora pubblicata||
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Elliot Nightray, Oswald Baskerville, Oz Vessalius, Vincent Nightray, Xerxes Break
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Special


 
 
 
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Xerxes: Salve bimbi e bimbe che hanno inconsciamente aperto questa pagina sperando in qualcosa di serio! Uh uh uh quanto siete ingenui... Naturalmente qui non c'è niente di-- Oh signorina, vuole che le presenti tutta questa bella gente?
Vincent: Dacci un taglio Cappellaio non interessa a nessuno
Lottie: Per una volta ha ragione Vince, meglio sbrigarci e finire subito qui questa storia, mi sta dando sui nervi
Oswald: Charlotte lei non dovrebbe essere al lavoro a quest'ora della giornata?
Charlotte: N-Nobile Glen i-io n-non pensavo fosse qui, mi scusi, mi scusi!
Vincent: Ma guarda un po', la nostra Lottie si è presa una bella cotta
Charlotte: Sta zitto tu!
Ada: Scusate se mi intrometto, io credo dovremmo pensare almeno un minimo alla storia. Infondo è per questo che siamo qui... Cosa ne dice Nobile Vincent?
Vincent: ...
Xerxes: Aww ma quante belle coppiette che vedo qui
Sharon: Mi trovo d'accordo con Miss Ada 
Xerxes: Ojou-sama... Ojou-sama rimetta a posto quel ventaglio!
Sharon: *smile* Qualcuno ha idee contrarie?
 
...
 
Sharon: Buon pomeriggio a tutti cari lettori è un piacere avervi qui, spero di non avervi fatto aspettare troppo. Scusate la pubblicazione a "due settimane", ma causa fine anno scolastico, debiti da cui fuggire, impegni vari e persino un lutto, non si è potuto far di meglio. Vi starete chiedendo il perchè io sia qui al posto di un nuovo capitolo. Ebbene ecco--
Xerxes: Signorina non vi starete mica prendendo gioco di questi poveri malcapitati eh?
Sharon: << STRAP >>
Sharon: Dicevo? Ah giusto. Ebbene ecco, questo piccolo scorcio è fatto appositamente dall' autrice per poter dar sfogo ai propri scleri chiarire il punto della situazione. Ricapitoliamo quindi assieme come si sono andati a sviluppare gli eventi nella prima terzina. Alternando seconda, prima e poi terza persona, passato e presente, si sono sviluppate tre storie collocate differentemente e nello spazio e nel tempo, tutte accompagnate dal testo di una delle canzoni dei Modà. Nella prima si assiste ad un clima più lugubre, fatto di angoscia e rifiuti. Nella seconda si cambia totalmente stile, più felice e sereno. Nel terzo si va avanti fino a sfociare nel fluff. I protagionisti di questa volta sono stati Vincent Nightray ed Ada Vessalius, Xerxes Break e Sharon Rainsworth, Oswald Baskerville e Charlotte Baskerville, ma più avanti verranno a farvi visita anche il Nobile Oz, suo zio Oscar, Elliot Nightray, Rufus Barma, Echo Baskerville, Jack Vessalius e tanti altri. Vi sembrano storie scollegate? Si, no? Qualunque cosa stiate pensando, la risposta è che no, non sono scollegate. Ancora un po' di tempo e capirete. Ma arriviamo al punto: dato che la suddetta Alny non è tutto questo granchè nello scrivere HAPPY ENDING  e  solo dio da perchè abbia iniziato questa raccolta allora  l'ispirazione è partita per una vacanza per le Maldive, -mi scuso immensamente- non vi è disponibile nulla di vagamente coerente per questa volta. Ma dato che le piange il cuore a non aggiornare, ecco un piccolo approfondimento su un personaggio di sua scelta nel POST FINALE del manga. Spero che basti a tamponare... Buona lettura!
Ada: Prima di incominciare però, vogliamo ringraziare immensamente tutti coloro che prendono minimamente in considerazione questa storia. Uno speciale grazie agli attuali 498 lettori silenziosi e a chi invece si è fatto sentire^^ Godetevi quel che rimane!
 
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Un pizzicorio insistente pareva invadere il suo intero corpo. Le sfregava con insistenza la pelle in un modo fastidioso, ma non insopportabile.
Caldo. La luce le feriva gli occhi, passando sotto le palpebre chiuse ed accecandola ma al contempo quella stessa la riscaldava senza esagerazioni, dandole una piacevole sensazione di torpore sul viso e le braccia scoperte. Le ricordava un po' i pomeriggi trascorsi nei giardini della magione, quelle poche volte che riusciva a godere dei raggi solari seduta su di una panchina. Odore... Odore di fiori, c'era anche quello, seppure con qualche sfumatura differente. Papaveri. Ne era certa, conosceva quell'aroma.
Ma... Cosa era successo? Solo pochi secondi fa era avvolta nelle bianche lenzuola della sua camera, attenta nel rassicurare Reim su quando lei sarebb-- Oh. Lo stomaco le si chiuse. Come poteva essere? L'ultimo suo ricordo era quello di aver poggiato il capo sul cuscino morbido, odoroso dei fiori giallo zolfo colti dal calicanto visibile anche dalla sua posizione, oltre lo spesso vetro della finestra. Li adorava, sapevano spaventosamente di miele e giacinto, era un'aroma che rusciva a rilassarla e donargli tranquillità al tempo stesso. Le sembrava quasi che lui fosse lì, steso accanto a lei. Poi apriva gli occhi, le lacrime avevano iniziato a solcarle il viso durante il sonno, senza che potesse più controllarle. Si voltava verso la sua sinistra, trovava il volto dormiente di un Reim restato alzato fin a tardi per controllare il suo sonno, chudeva gli occhi e affondava il viso tra le coperte,soffocando con violenza i singhiozzi, fin quando non sprofondava nuovamente nell'incoscienza. Era sempre la stessa, identica scena. Eppure solitamente non si svegliava in un campo deserto.
Un groppo cominciò a formarlesi in gola, fermando il flusso d'aria che arrivava ai suoi polmoni. Ma se il suo respiro poteva ancora bloccarsi allora forse...
Tirò su quella che credeva fosse una mano e mosse le dita lentamente, portandole poco sopra la bocca, sotto il naso.
Fiato.
Respirava.
Era viva.
Quando aprì gli occhi, il rosso venne sostituito da un bianco accecante, poi un azzurro intenso e compatto. E fu come recuperare tutti i sensi all' improvviso, come se non avesse mai visto nulla nella sua esistenza. Si sorprese di quanto fosse facile alzare il capo, mettersi seduta, senza sentire il minimo accenno di stanchezza pervadere le sue membra. Rinacque. Fu allora che capì di non essere viva ma solo di esistere ancora, da qualche parte, grazie ad uno strano tipo di miracolo divino. Per un istante ne fu delusa, solo un secondo, poi continuò ad osservare affascinata.
Un campo. Le sue supposizioni furono confermate, era in un campo di grano dorato che le parve sconfinato, nel quale di tanto in tanto spuntava un papavero sotto forma di sfacciata macchia rossa.
Notò stagliarsi poco lontano una superficie quadrata, posta in verticale nel mezzo di quel nulla: la porta si ergeva senza bisogno di fondamenta o corridoi di sbocco, dietro di essa solo cielo e spighe. Poteva essere la sua unica possibilità, una via d'uscita.
Oppure d'entrata le suggerì una voce dai reconditi della sua mente.
Avanzò di qualche passo, malferma sulle gambe, come se avesse paura di poter cadere da un momento all'altro. Osservò i suoi piedi riprendere a muoversi, le pieghe della veste rosata che indossava svolazzare a causa di un vento invisibile, inesistente. Nell'attimo in cui fu abbastanza sicura che non sarebbe rovinata a terra, aumentò la velocità, senza più timore, cadendo ed inciampando, rialzandosi. Correva, il sole sul viso e la mente ormai sgombra di qualunque pensiero che non riguardasse quello strano sogno. Che stesso dormendo? Non sentiva pesantezza nemmeno dopo quello scatto sovraumano e arrivata difronte all'obbiettivo prestabilito, il suo respiro era perfettamente regolare. Da quella posizione ravvicinata riusciva a distinguere bene tutti i particolari della superficie legnosa, che si rivelò essere effettivamente una vera e propria porta laccata in bianco ed anche di ottima fattura. Si sporse da un lato e dall'altro di quella strana apparizione per capire dove potesse sbucare, ma trovò davanti a lei solamente altri kilometri infiniti di terreno, ora arido. Mise allora titubante la mano sul pomello finemente intagliato.
Chiuse gli occhi, sospirò, tirò.
Non sapeva cosa avrebbe dovuto aspettare di trovare al di là. Magari solamente il nulla, come era più probabile, magari una qualche specie di paradiso o inferno, un vecchio dalla barba bianca e qualche angioletto, ma mai avrebbe immaginato di trovarsi davanti uno specchio.
Non uno vero e proprio di quelli fatti in sabbia silicea, ma ugualmente solido e lucido. Ma, riflettè, in qualche strano modo,anche  fluido ed opaco. Sembrava nascondere più di quanto si credesse, o almeno fu quello che pensò la ragazza prima di concentrarsi sull'immagine apparsa all'interno della superficie.
Una donna dell'età di quasi trentadue anni la fissava con la sua stessa espressione sorpresa. I capelli lunghi fino al gomito erano boccoli, talmente luminosi e definiti da sembrare realizzati con uno stampo e rifiniti poi a mano. Dentro di questi, si erano incastonati piccoli fili d'erba dal colore simile, con una sfumatura leggermente più chiara. Il viso era snello, leggermente arrossato e senza più la tondezza infantile persa ormai da tempo, mentre gli occhi rosei incorniciati da una schiera di ciglia scure; la piccola bocca rossa lasciava intravedere i denti bianchissimi, restando poco dischiusa.
Il corpo minuto, asciutto ma curvato sinuosamente nei punti giusti, veniva fasciato da un abito fatto su misura per lei, agghindato dalle più svariate stoffe.
La donna dello specchio mosse una mano verso di lei toccandole con delicatezza la punta delle dita, poi fondendo le loro mani e così fino al gomito.
Lei... Lei... Quale era il suo nome?
Come mi chiamo?
La domanda emerse dalla sua coscienza ingenua e terrificante.*
Non seppe darsi una risposta. Una stretta gelida le avvolse il torace mentre i colori cominciavano a perdere la loro consistenza. Si guardò la mano ancora esterna, trafitta dai raggi solari. Provò a scandagliare i ricordi, a riportare alla memoria un nome, un volto, qualsiasi indizio l'aiutasse a capire. Le sarebbe bastato persino un odore o un suono. Nulla.
Lo specchio la stava chiamando a sè in un abbraccio freddo e gelatinoso, con tanta semplicità da far paura, e lei non poteva far nulla per liberarsene. Non voleva andare, ma aveva bisogno di qualcosa, un minuscolo frammento di memorie.
Come quando si sta per addormentarsi dopo una lunga e stancante giornata, le palpebre si chiusero involontariamente e il corpo si abbandonò a quella piacevole tortura.
E' finita veramente... pensò, ma non seppe rammaricarsene. Non ne trovava un motivo. Cercava di osservare il suo corpo: non lo riconosceva, le era completamente estraneo.
Poi eccolo. L'eco di una risata.
Sbarrò gli occhi, ritrovandosi a volteggiare nel nulla. Era circondata da quella che somigliava ad acqua scura ed oleosa che le impediva di muoversi e respirare. Si concentrò su quel suono più che poté.
Zucchero. Sentiva il suo sapore in bocca, come se avesse avuto una zolletta proprio lì tra i denti. Cominciò a divincolarsi, cercando di liberare il cuore dalla morsa opprimente che aleggiava sul suo petto. Mancava poco, troppo poco e sarebbe stata interamente sommersa.
Un viso, confuso, sul quale si susseguivano più emozioni ad una velocità impressionante.  Rabbia, rassegnazione, scherno, un misto indefinito. Poi ancora felicità, dolore, paura, indifferenza, amore.
Fu quello stesso volto a darle la forza di ribellarsi, di uscire di lì. Spinse contro il muro che pareva molto più resistente nell'uscita, al contrario di come lo era stato per entrare.
 
Si ritrovò distesa a terra davanti alla porta spalancata, bagnata di un liquido appiccicoso. Tossì per liberare le vie respiratorie mentre spostava i capelli fradici dagli occhi per poter controllare di essere effettivamente tornata nel campo. Aspettò qualche minuto per poter regolare il respiro, prima di alzarsi con nuova determinazione: non poteva gettare la spugna anche se non ricordava ancora il nome di quell'uomo. Al solo pensiero una sensazione di sicurezza l'avvolse, seguita però da un gelido vuoto.
Non ricordava, non ricordava. Guardò nuovamente la sua immagine riflessa, sorridendo nel vederla meno malconcia di quanto pensasse.
Lentamente si ricordò mentre sfiorava la superficie resistendo al suo risucchio.
Tenne fissi gli occhi su l'altra se stessa.
Ricorda il suo viso, ricorda la sua voce, ricorda la sua risata, ricorda il suo profumo, RICORDALO
Lo specchio cominciò a tremare mentre il riflesso mutava trasformandosi in quello di una bambina. Il grano attorno a lei divenne verde, giovane.
Ricorda i suoi vestiti, ricorda i suoi modi, ricorda il suo dolore, ricorda il suo sguardo, RICORDALO
Cominciò ad apparire nelle vesti di una quattordicenne, spaesata, timida. Ricordò il proprio nome: Sharon.
Ricorda i suoi scherzi, ricorda i suoi dolci, la sua lealtà, ricorda Emily, il modo in cui camminava, il suo passato riscritto, RICORDALO
"Break..." sussurrò.
"Cosa ci fanno qui dei bambini?"
 
"Bè, che dire ho pensato che un così bel ragazzino dai tratti infantili potrebbe essere il suo tipo"
"
"Va bene così"
 
"Non si monti la testa signorina io sono una persona che riesce a vivere sempre e solo per se stessa."
 
"Si pente di essere diventata una contraente?"
 
"Ojou-sama... Non ci vedo"
 
"Perciò, dai Sharon, che ne diresti se restassi per un po' così impacciato?"
 
"Visto che dicono io sia un uomo di mezza età che vuole riuscire fare tutto da solo"
 
"Sharon!"
 
"Dove ti ha colpito?"
 
"Non... Voglio morire... Voglio... Restare ancora qui..."
 
Lacrime calde cominciarono a rigarle le guance senza che lei potesse far nulla per fermarle. Mentre sfregava le gote arrossate con il palmo delle mani si diede della bambina.
Bambina.
Guardò ancora una  volta il suo riflesso e si avvicinò per poterlo osservare meglio.
Allora è di questo che si tratta? Una scelta?
Avrebbe dovuto rinunciare per l' eternità a crescere se voleva davvero rivederlo. Pensò alla sua vita, partendo da dove la memoria le consentiva, fino ad arrivare al giorno di ieri. O magari era oggi? Il tempo scorreva in modo così strano in quel luogo e le pareva di essere restata lì per mesi e nel contempo per un secondo.Allungò una mano verso lo specchio, poi la ritrasse.
Sospirò: stava muovendo il primo passo verso l'ignoto.





*citazione Licia Troisi
   
 
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