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Autore: tixit    11/06/2016    1 recensioni
Dopo Teoricamente Theoric, una storia brevissima su inganni, baci sotto la luna, cose che non si dicono e cose che non serve dire.
[Pre-Thor]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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4. Il brindisi

Cominciò Loki.

Era seduto comodamente su una sedia dallo schienale alto e rozzamente intagliato, in una posizione da cui poteva osservare un po' tutto l'interno della taverna, ed essere osservato. Si appoggiò mollemente all'indietro, come se quello fosse stato un trono,e disse: “Io non ho mai fallito la mia prova di ammissione da Freya...” il tono di voce era sereno, mentre la guardava negli occhi senza mollare la presa tra i loro sguardi, e Sigyn si sentì inchiodare al suo posto, nell'alto sgabellino, intimidita.

Hervor sorrise e si ravviò una ciocca bionda dietro le orecchie, con un gesto lento “Non avendoci nemmeno mai provato, sono esclusa dalla penitenza, immagino...” disse, e, con la punta delle dita, allontanò da sé il suo bicchierino.

Tutti e due, a quel punto, guardarono, gelidi, Sigyn, in attesa della sua risposta. La ragazza arrossì, in modo quasi impercettibile, ma non abbastanza da passare inosservato, non a quei due, almeno (ne fu dolorosamente conscia), e bevve a piccoli sorsi, imperturbabile, anche se, dentro, il cuore le faceva proprio male.

Hervor la studiò a lungo, come faceva Lady Sif nell'Arena, pensò Sigyn con un certo stupore: Hervor la stava guardando proprio come Lady Sif guardava il suo avversario, prima di scattare per colpirlo. Poi la guerriera dichiarò: “Io ho sofferto la fame, ma non ho mai dovuto frugare nell’immondezza per procurami il cibo.”

A quel punto, Sigyn bevve di nuovo senza staccare gli occhi da quelli della donna.
Loki le lanciò uno sguardo inquisitivo, sollevando un sopracciglio perfettamente arcuato, ma non commentò.

E così, rifletté la ragazza, poggiando il bicchierino vuoto con delicatezza sul ripiano di legno del tavolo, una le aveva appena dato della pezzente, raccolta per pietà, e, altrimenti, destinata alla strada, e l’altro dell’incapace deludente. Accarezzò piano il legno, seguendo il cammino delle venature naturali che si incrociavano con le incisioni fatte dagli Aesir negli anni. La gola, il naso e lo stomaco le bruciavano. Ora toccava a lei scegliere una affermazione che inchiodasse quei due.
Si concentrò cercando di escludere il vociare degli altri avventori dai suoi pensieri. Avrebbe voluto dire Io non ho mai ucciso nessuno, ma le sembrò una cosa ben peggiore da ammettere e far ammettere: quei due, comunque la mettevi, erano due assassini. Lei no. Lei aveva solo cercato di cavarsela come poteva e come sapeva, senza fare del male a nessuno. A lei era capitato di dover prendere gli scarti - ed esserne pure felice - non di prendersi una vita.

Sentì il gelo risalirle lungo la schiena - non avrebbe mai potuto dire questo al primo estraneo che era stato gentile con lei. Mai.
Non poteva farlo alla persona che le aveva preso la mano davanti alla pira accesa, mentre lei sentiva tutto quel dolore perché qualcuno - assassino anche quello - aveva ucciso chi le era stato caro.

Fu come se le avessero letto la mente perché tutti e due le sorrisero - un sorriso da lupo, un sorriso che non prometteva nulla di buono - “Allora?” chiesero all’unisono, ma senza mostrare altri segni evidenti di impazienza.

La ragazza fissò il fuoco quasi spento nel camino - restavano solo delle braci sotto la cenere, non faceva ancora freddo sul serio - poi, accarezzando con le mani una incisione a caso, scavata nel tavolo, si limitò ad ammettere di non avere mai visitato il confine coi Vanhir, senza osare guardarli, le guance che bruciavano.
Hervor scambiò uno sguardo divertito con Loki, tutti e due avevano uno strano brillio negli occhi, poi lui replicò pacato “Fatto." e, dopo che Sigyn annuì, aggiunse "Anche se la frase che avevi in mente non era questa, presumo... e... riguardo l’altra, quella che non hai osato pronunciare... ho fatto anche quello. Non ne vado fiero, ma nemmeno me ne vergogno.”

“Lo stesso per me. Ma, a quanto pare, per te è un problema, cuoricino.”

Loki avrebbe voluto aggiungere che anche Thor aveva mandato molti uomini nel Valhalla e che ne era fiero, solo che Thor li considerava tutti dei mostri e, quindi, su di lui non si notava, ma pensò che sarebbe stato sciocco: lui era quello che era e basta.

E faceva quello che gli pareva.

 .

Un paio di bicchierini dopo, Loki annunciò ridendo “Io non mai ballato con Thor.”

Hervor rise anche lei, corrugando la fronte, mentre una stanchissima Sigyn mormorò “Tu non balli mai…”

Tutti e due guardarono la piccola bere, riluttante: si capiva che non ne poteva più, eppure non diceva basta.

Hervor lanciò verso Loki uno sguardo meditabondo mentre rifletteva tra sé e sé. E così la stai facendo bere, lo sguardo scivolò su Sigyn, fai bere la testimone ed il paravento dei nostri discorsi ellittici... chiunque chiedesse, dopo, verrebbe a sapere solo di un gran mal di testa e di un po’ di cattiveria… scosse la testa eppure stiamo parlando solo di pace, di guerrieri stanchi, di mancanza di un ricambio generazionale alla lunga… Odino sa o non si rende conto? di perché mai i Vanhir stanno passando i nostri confini alla spicciolata… non ti fidi del Re, quindi? Nel tuo Castello potevamo scopare come due animali, mentre gli altri ballavano a pochi piedi di distanza, ma non potevamo parlare? Pensi che il Re spierebbe i tuoi discorsi? O i miei? Eppure io sono sempre stata fedelissima ad Asgard... O sono i Guerrieri quelli di cui Odino non si fida? Lo pensi o lo sai? Vuoi che lo pensi io? Oppure non è del Re che non ti fidi, ma di tuo padre?

Poi si riscosse e sussurrò “Io non ho un tatuaggio sul braccio.”

Loki non bevve e guardò Sigyn che cominciò a giocherellare con il bordo del suo bicchierino, per la prima volta incerta su cosa fare: valeva il segno che aveva? O Non valeva? Un tatuaggio è una scelta libera, ma lei...
Non voleva mentire a quei due, pensò con un sospiro: stava giocando al loro gioco, anche se, oramai, nemmeno lei capiva più perché... davvero doveva dimostrare qualcosa? a quelle due bestie? e perché? Solo che non voleva assolutamente imbrogliare.
In ogni caso, se lo avesse fatto, sapeva che se ne sarebbero accorti - aveva troppo alcol in corpo per colpa di quei due - per cui, istintivamente, cercò gli occhi di Loki per chiedergli aiuto. In quel momento Hervor l’afferrò per un braccio e la trascinò rudemente versò di sé, facendola quasi sdraiare attraverso il tavolo. Sigyn cercò di ritrarsi, sdegnata, ma la guerriera le teneva il braccio bloccato. Per alcuni istanti si guardarono negli occhi e non fu uno sguardo amichevole quello che Hervor vide.

“Sei testarda, te lo concedo,” mormorò la bionda, con un tono di voce molto serio “ma hai mangiato troppi cavoli marci da piccola e troppo poco cinghiale, rispetto a me.”

Sigyn non distolse lo sguardo, poi con un gesto rapido gettò il contenuto del bicchierino in faccia alla donna, dritto negli occhi, facendole mollare la presa; a quel punto si appiattì contro lo schienale dello sgabello, pronta alla fuga.

Hervor si asciugò la faccia “Buon diversivo, ma ha funzionato solo perché non me l’aspettavo.”

“Ha funzionato. Il resto sono chiacchiere.”

“Chiedile gentilmente” Loki aveva un tono di voce neutro, Hervor lo guardò, annuì e poi con voce cortese “posso?” domandò con un sorriso enigmatico.

Sigyn sussurrò “Prego” porgendole il braccio.

Delicatamente Hervor le sollevò la manica fino al gomito e poi osservò il tatuaggio minuscolo proprio sopra l’incavo. Lo sfiorò, concentrata “E’ un numero, scritto usando le rune. Lo tatuarono sulla pelle delle bambine nate nei campi ” disse con voce impercettibile, “Gli Elfi Neri… loro... le hanno catalogate...”

Loki, si chinò ad osservare con attenzione quel segno che di solito Sigyn teneva ricoperto dalla stoffa o da un bracciale.
Incuriosito sfiorò il marchio seguendo il contorno di ogni minuscola runa, con gesti lenti a fior di pelle. Vide il seidhr di lei serpeggiare sotto le sue dita, irrequieto, come il vento del Nord, quando arrivava gonfio di fulmini, e dentro di sé sorrise... troppo facile, così, Sigyn, se questa fosse una domanda, saprei già la risposta...
Si chiese oziosamente cosa sarebbe successo se avesse seguito la linea di quella pelle d'oca, così rivelatrice, con la punta della lingua invece che con quella delle dita. Theoric avrebbe dovuto sperimentarlo, prima, sotto la luna, lui che aveva una impacciata lingua di miele, che sarebbe stata ancora pià dolce, per lei, nei suoi ricordi. Peccato per la mancanza di educazione di Thor. Peccato davvero.
O per fortuna.

“E così è vero…“ continuò la donna bionda, a voce bassa “al Castello ci sono delle Dimenticate. Qualcuno le ha mai cercate?”

“Ci sono anche io che vi ascolto” la vocetta di Sigyn era quieta e vagamente indignata. Hervor rise, prendendola in giro “Oh guarda guarda... a quanto pare non possiamo parlare di te come se non ci fossi… non possiamo permetterci!" si leccò le labbra e avvicinò il suo viso a quello dell'altra "Cosa fai al Castello , Lady Sigyn, dimmelo... pulisci i pitali?”

“Se capita” rispose l'altra con un sorriso imperturbabile.

“Studia il seidhr.” intervenne Loki asciutto.

“Una seidhkona? Ma guarda, guarda... un lavoro per vacche, dicono ad Asgard... Vuoi prevedere il futuro, ragazzina?”

Sigyn arrossì per l'ennesima volta, detestandosi, ma non rispose. Non lo aveva raccontato al Principe Loki cosa voleva fare, solo ad una vecchia che veniva dal campo, come lei, e non vedeva proprio perché dovesse lasciarsi andare a scambiare confidenze con Hervor - che non aveva mai visto prima - come se fossero state care amiche. Non lo erano.
Nella taverna, Loki ed Hervor tra una calpestatina e l'altra al suo orgoglio, avevano parlato tra loro in modo ellittico… e lei aveva cercato di non ascoltare. Non si erano annoiati alla festa, Hervor non voleva bere birra perché l’idromele non era abbastanza forte… quei due volevano un posto tutto loro per parlare, a spizzichi, di cose che non volevano venissero sentite, ascoltate, e raccontate senza che loro le potessero controllare.

Lei era lì solo per… cosa? Si alzò in piedi e si scusò - aveva bisogno d’aria, ma sarebbe tornata, glielo assicurò decisa (o meglio, abbastanza decisa, per come si sentiva). Poi uscì in strada, attraversando la taverna come in un sogno, si appoggio al muro e respirò a pieni polmoni l’aria fredda e pulita, cercando di cancellare l'odore di legno di pino, birra e sudore... Poi guardò in alto, e le parve che le stelle in cielo stessero traballando.

 

Hervor colpì Loki su un braccio senza fargli davvero male “Dovevi insegnarle a tirare con l’arco, è deboluccia… non saprebbe difendersi.”

“Non c’è onore nell’arco, lo sai.”

“E certo! Un eroe, nella sua splendida armatura tutta cesellata, costata tanto denaro e che splende sotto il sole, non può essere colpito - alla gola e a 50 piedi! addirittura! - E da chi poi? da un pezzente qualsiasi, con un’arma di legno fatta in casa… non c'è onore!”

“Non hai il diritto di criticare mio fratello davanti a me.” La voce di Loki era gelida, mentre riconosceva benissimo la parodia di un discorso di Thor, sulle armi degne ed indegne di un guerriero.

“Insegnale a tirare con l’arco, ha il seidhr… avrebbe una mira da paura-”

“E allora? Non ne ha abbastanza.”

“Per il tuo metro…” la donna era dubbiosa. Loki giudicava spesso la gente con parametri severi, calati su di lui, e questo era un limite.

“E’ il solo che conta, mi pare, se devo (e non devo) e se voglio (e non voglio) perdere il mio tempo ad insegnarle qualcosa.”

“I muscoli li teneva tesi, ma non ne ha a sufficienza nemmeno per farmi il solletico. Però voleva tenere il punto e non ha perso la pazienza con le tue domande, né te ne ha poste del tipo che facessero una breccia irreparabile..." rise sguaiata "Anche se ci ha pensato, eccome se ci ha pensato…”

Loki sogghignò, ma non disse nulla.

“Ma non regge l’alcol.” proseguì Hervor, pensosa, “Se non rientra tra cinque minuti va a controllare che qualcuno non se la stia sbattendo in qualche vicolo. Sai come cantano i soldati quando scendono in città, vero? Tu tieni tra le gambe un gran tesoro, lasciami entrare, bella, nel tuo foro! Una ragazza alticcia può non essere un brutto modo per concludere la serata. Tanto la piccola non saprebbe difendersi..." Hercor guardò Loki da sotto in sù, sorniona, "Dato che tu non hai il tempo di insegnarle ad usare un arco...”

Loki contrasse la mascella in modo quasi impercettibile. Quasi.
E continuo a non dire nulla.

“La sua arma è l’arco, se fosse un mio uomo è questo che direi. Concentrazione, silenzio… mira, nervi saldi e non servono troppi muscoli. O, per lo meno, non quanti ne servono per maneggiare un'ascia.” scherzò "L'ascia non la prenderei proprio in considerazione..."

“Non credo voglia occuparsi di guerra.”

“Può portare a casa un cinghiale, a patto che il marito glielo trascini fino a casa, e sfamarci i suoi figli. Una strega... bel musetto, il corpo non lo so," ridacchiò, "Ma chi le ha dato quel vestito a proposito? quello si che è un assassino... ad una festa in cui molti se la spassavano..." poi terminò pratica, riprendendo il discorso, "Se sa portare a casa la cena oltre che cucinarla, ad un guerriero piacerebbe, pure ad un mugnaio. Anche senza una dote.”

“Immagino.”

“Solo ad un principe non interesserebbe, ma un principe non sposa una ancella di sua madre.”

“Sei una esperta di etichetta...”

Hervor rise e non insistette oltre.

Fu in quel momento che Sigyn riapparve accanto a loro, in piedi, un pochino malferma sulle gambe.

“Tocca a me,” disse, “spero non abbiate obiezioni…”

“Se vuoi vincere questa mano, puoi pure giocarti il non ho mai baciato nessuno, piccola” disse Loki con un sorrisetto decisamente odioso.
Hervor lo guardò con sorpresa, ma Sigyn riempì il suo bicchiere fino all’orlo senza dargli peso. Poi disse: “Io non ho mai umiliato qualcuno che non mi aveva fatto proprio nulla di male e che... che per me aveva… che mi considerava…" cercò le parole dentro di sé, poi concluse decise con "Che mi rispettava.” e sollevò in alto il bicchierino come per un brindisi.

Loki sollevò il suo e pure Hervor fece lo stesso, tutte e due con un sorriso crudele da lupo che mostrava le zanne, pronto a colpire. Sigyn rabbrividì e bevve tutto di un fiato, mentre i due la guardarono stupiti, il bicchiere a mezz’aria.

“Bevo io,” disse asciugandosi la bocca con il dorso della mano “perché nessuno di vuoi due mi ha umiliato. Io sono quella che sono e quella che decido di essere. E faccio con quello che ho a disposizione” poi sorrise, cortese, “si,” disse, “ho frugato nell’immondezza per poter mangiare qualcosa, e no, non mi è piaciuto, ma se non lo avessi fatto mi sarei lasciata morire e io questo non lo volevo.” Corrugò la fronte, pensosa, rievocando qualche ricordo dentro di sé da cui quei due erano esclusi “Ho mangiato anche dei lombrichi per la precisione. Cucinati sotto la brace. E ho cotto dei girini solo con i raggi del sole, sopra un sasso. E sono ancora qui per raccontarlo.”

Sbatté con decisione il bicchierino sul tavolo, poi aggiunse, con l'aria più dignitosa che le riuscì di mettere insieme: “e ora vorrei tornarmene al Castello , perché ho la nausea e credo che sto per vomitare.”
   
 
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