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Autore: stormbraver    11/06/2016    1 recensioni
Non era un giorno in cui a Ted piaceva pensare.
Ted/Victoire
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Come healing

https://www.youtube.com/watch?v=nOS8xKeLsj0

Aprì gli occhi e si mise a fissare il soffitto. Aveva un colore bianco opaco, impersonale, imparziale. Nella sua vita non c'era mai stato spazio per un colore così anonimo, non nel caleidoscopio di emozioni e tempeste che animavano la sua mente e dipingevano le sue giornate. Lui, al contrario, era sempre stato più propenso a colori sgargianti, vivi. I suoi capelli, poi, erano arrivati a toccare sfumature così accese da risultare talvolta fastidiosi alla vista, troppo violenti nella loro ricerca di appariscente originalità.
Eppure, il soffitto della sua nuova camera da letto sfoggiava un comunissimo bianco. E le pareti, anche, ora che ci faceva caso. Sollevò leggermente la testa dal cuscino, per meglio assestare l'aspetto della stanza. C'era un armadio a poca distanza dal fondo del letto matrimoniale; un armadio grande e capiente, color noce. Tra l'armadio e la porta si ergeva una stretta libreria. Nel lato opposto, una sedia a dondolo, appoggiata al muro parallelo a quello dell'armadio, sul quale era appeso uno specchio. Poi, due comodini, uno per ogni lato del letto. Il suo era pieno di cianfrusaglie: la bacchetta, un orologio gettato lì con noncuranza la sera prima, una sveglia che aveva bisogno di essere ricaricata, delle cartacce appallottolate, un block notes e una penna. Su quello di Victoire erano appoggiati con ordine un romanzo, degli elastici per capelli, un bicchiere d'acqua vuoto e, ovviamente, la sua bacchetta.
Spostò lo sguardo sulla figura addormentata della sua ragazza, osservando come i suoi capelli si fossero sparsi per tutto il cuscino, formando attorno alla sua testa una specie di alone. La fissò per un po', poi si alzò, prese la bacchetta dal comodino e senza fare rumore uscì dalla camera. Arrivato in cucina aprì il frigorifero e vi guardò dentro con sguardo perso, esaminandone distrattamente il contenuto, per poi allungare le mani e afferrare la scatola delle uova. Ne prese due e rimise a posto la scatola, per poi dirigersi verso il fornello. Appoggiò le uova nel lavandino e prese una padella dalla credenza, la oliò e poi ruppe le uova, quindi ne rovesciò il contenuto, afferrò la bacchetta e con un colpo accese i fornelli. Osservò mentre l'albume acquistava lentamente un colore sempre più bianco, poi, quando le uova erano quasi pronte, spense di scatto il fuoco. Fissò per un attimo il contenuto della padella, poi si girò, afferrò la scopa e cominciò a spazzare per terra. Quando ebbe finito la rimise a posto e si diresse in bagno. Arrivato, chiuse la porta dietro di sé e vi si appoggiò con la schiena per qualche secondo, scrutando la stanza davanti a sé; quindi aprì l'armadietto alla sua sinistra e prese dei detersivi, dei guanti e una spugna. Per prima cosa pulì il lavandino, premurandosi di passare bene in ogni angolo, poi si avvicinò alla vasca da bagno, si infilò i guanti in lattice e, sfilatesi le pantofole, entrò nella tinozza e si inginocchiò. Poi, dopo aver inumidito la vasca e gettato detersivo in abbondanza, afferrò la spugna cominciò a strofinare con forza.


 

Victoire si svegliò lentamente. Rimase con gli occhi chiusi e si stiracchiò languidamente tra le lenzuola. Quando, però, allungando il braccio verso l'altro lato del letto, lo trovò vuoto, li aprì, aggrottando confusa le sopracciglia. Le coperte erano fredde, quindi Ted doveva già essersi alzato da un bel po'; Victoire trovò strano che non l'avesse svegliata. Lentamente, mentre si stropicciava gli occhi, si mise a sedere sul letto e, dopo essersi guardata intorno ancora assonnata, decise di andarlo a cercare. Si diresse in cucina a piedi nudi e rimase ancora più sbalordita quando vide che sul fornello c'era una padella con delle uova quasi completamente cotte.
- Ma che diamine... - la sua frase fu spezzata da un rumore sordo proveniente dal bagno. Sbuffò, sempre più interdetta, e si diresse verso la stanza.
Quando aprì la porta ciò che vide non fece altro che aumentare la sua confusione: Teddy, inginocchiato dentro la vasca da bagno, si sporgeva verso il pavimento per raccogliere le varie bottiglie di shampoo che solitamente risiedevano sul bordo della tinozza, e che per qualche motivo erano cadute a terra. Il ragazzo le raccolse una ad una e le rimise al loro posto, poi afferrò la spugna che aveva abbandonato e riprese a strofinare, senza minimamente accorgersi della presenza di un'altra persona nella stanza.
- Ted - lo chiamò Victoire. Lui sussultò, preso alla sprovvista, e finì per far capitolare di nuovo a terra tutte le bottiglie che aveva appena risistemato con cura.
Si girò verso di lei. - Heilà, buon compleanno! - le disse, rimanendo in ginocchio nella vasca. Gli angoli della sua bocca erano sollevati, ma lei notò immediatamente come il sorriso non raggiungesse i suoi occhi. Al contrario, erano velati da una strana malinconia e sembravano persi, vacui, come se la sua mente fosse da tutt'altra parte.
- Che stai facendo? - gli chiese, incrociando le braccia al petto. Lui scrollò le spalle. - Mah niente è che il bagno era tutto sporco quindi ho pensato di dare una bella pulita - cominciò, mentre raccoglieva di nuovo le bottiglie, senza guardarla negli occhi. - E ci sto mettendo tantissimo perché è uno sporco veramente ostinato, mi fanno quasi male le braccia per quanto mi sto sforzando e...-
- Ted.
- Sì?
- Che stai facendo?
Lui la guardò perplesso. - Te l'ho detto, sto pulendo...
Victoire lo fissò con sguardo contrariato. - Mi piacerebbe molto sapere cosa diamine stai facendo alle - si bloccò a metà della frase e, alzando una mano per azzittire le proteste del ragazzo, si sporse in corridoio e gettò un'occhiata all'orologio della cucina - sei del mattino inginocchiato dentro alla vasca da bagno. Vasca da bagno che, ci tengo a dirlo, ho pulito ieri sera - concluse irritata.
- Ah - fece l'altro, imbarazzato.
- Sei forse impazzito durante la notte? - sbottò lei.
Ted la fissò per qualche momento con la bocca aperta, gesticolando e passandosi la spugna da una mano all'altra, poi sospirò, si alzò in piedi ed uscì dalla vasca. Lentamente e senza incrociare il suo sguardo, gettò la spugna nel lavandino, si sciacquò le mani dal sapone e le avvolse nell'asciugamano, passandoselo con cura sulla pelle. Poi si girò verso Victoire, appoggiando il fianco al lavandino, e sospirò di nuovo.
- È che... - cominciò, per poi fermarsi subito. Si passò le mani prima sul viso e poi tra i capelli, mandandoli in totale confusione.
- Quando mi sono svegliato c'era silenzio e il silenzio mi fa pensare... - per la prima volta da quando lei era entrata nella stanza fece incrociare i loro sguardi, e la fissò per un attimo negli occhi.
- Oggi non è un giorno in cui mi piace pensare - bisbigliò con voce strozzata, mentre una lacrima gli sfuggiva dalle ciglia e gli attraversava a metà una guancia, subito seguita da altre.
Victoire sciolse immediatamente la sua posa rigida, lasciando cadere le mani lungo i fianchi, impotenti. Per un interminabile momento, non seppe che dire. Sapeva, naturalmente, che questo non era un giorno felice per lui. Ma non immaginava, non poteva davvero conoscere la vera entità del suo dolore, non quando lui si era sempre presentato agli altri in modo composto, quasi sereno nella sua accettazione. Non aveva idea che nel suo cuore ci fosse una disperazione da tale da ridurlo in quello stato.
Ted distolse lo sguardo, si schiarì la voce e si asciugò in fretta il viso.
- È sempre così quando mi sveglio, ogni anno.- continuò, puntando lo sguardo in un punto indefinito sopra la spalla di lei. - E non posso... non posso lasciarmi pensare, devo fare qualcosa, tenere la mente occupata - Abbassò lo sguardo e diede una scrollata di spalle.
- Quando non lo faccio divento triste.
A quel punto qualcosa scattò in Victoire e la ragazza riuscì a riscuotersi dal torpore che le aveva annebbiato la mente. Sbatté velocemente le palpebre, mentre lui continuava a fissare il vuoto con occhi incerti. Fu come se le sue parole avessero rilasciato in lei una scarica elettrica che era riuscita a risvegliarla.
Delicatamente, ma con una presa decisa, gli appoggiò una mano sul braccio, stringendo leggermente per attirare la sua attenzione. Ted spostò lo sguardo nuovamente su di lei, osservandola distrattamente. Lei lo fissò con un'occhiata decisa, ferma, aspettando che lui cedesse sotto il peso del suo sguardo, e dopo una manciata di secondi vide un barlume di curiosità accendere i suoi occhi spenti. Victoire alzò l'altra mano, pettinandogli con dolcezza i capelli ancora scompigliati dal sonno, poi trasse un lungo sospiro.
- Non c'è niente di male Ted, è giusto che tu sia triste - gli sussurrò.
Lui accennò un sorriso timido, quasi timoroso. Si morse le labbra, spostandole i capelli da sopra la spalla, lasciando che le sue dita li sfiorassero più a lungo del necessario.
- Non è giusto che tu lo sia a causa mia però - bisbigliò piano.
Victoire chiuse gli occhi e appoggiò la fronte alla sua, poi sbuffò lasciandosi sfuggire una risata incredula.
- Teddy... - gli disse, alzando la testa e prendendogli il viso tra le mani. - Non è così che funziona... - Il ragazzo accennò una smorfia e aprì la bocca per controbattere, ma lei con un'ulteriore occhiata lo azzittì. - Io ti amo e questo vuol dire che voglio aiutarti e starti vicino in qualsiasi situazione -.
Lui sospirò, lasciando che le mani le accarezzassero distrattamente i fianchi. mentre cercava di fare chiarezza tra i suoi pensieri ingarbugliati. - Non è così facile, non posso non pensare agli altri, e neanche pensarci in realtà. Beh, non lo so, io... - Sospirò di nuovo, questa volta attirandola a sé e mettendo un braccio attorno alla sua vita. Si mise a giocherellare con l'orlo della sua maglietta.
- Non capisco che intendi dire - provò Victoire, per poi ricevere una risata strozzata come risposta.
- Non lo so neanche io a dirla tutta, è che di solito faccio da solo - cominciò, poi fece una pausa, in cui aumentò la stretta su di lei e avvicinò ancora di più i loro corpi, come a voler trarre forza dalla loro vicinanza. - Nessuno mi ha mai visto così, mentre cerco di... non lo so, metabolizzare? - Ted la guardò con la fronte aggrottata, mentre lei piegava la testa da un lato e lasciava scivolare le mani dal suo volto alle sue spalle, massaggiandole per cercare di alleviare un po' della tensione che gli si era accumulata lì.
- In tutto questo tempo nessuno si è mai reso conto di come stai? - chiese confusa.
- Beh, la nonna in realtà - rispose lui. - Ma, sai, di solito in questo giorno lei stessa non sta proprio al massimo... si trasforma in una specie di fantasma, è quasi inquietante - provò a scherzare, ma Victoire rimase imperturbabile, perciò lui si inumidì le labbra e continuò. - Quindi, ecco, non è che faccia più di tanto caso a quello che le succede intorno, non ci riesce - la guardò con una smorfia, mentre lei continuava ad osservarlo in silenzio, dandogli tutto lo spazio di cui aveva bisogno per sfogarsi, ma allo stesso tempo mettendolo all'angolo e impedendogli di sviare dal discorso. Ted distolse lo sguardo e disse: - Oggi però ci sei tu e non volevo... È il tuo primo compleanno da quando viviamo insieme, dovrebbe essere un giorno felice e basta -.
Victoire scosse la testa incredula. - Oggi non è solo il mio compleanno e non ho nessuna intenzione di ignorarlo, quindi non lo farai neanche tu -.
Ted la fissò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere, appoggiò la fronte a quella di lei e fece sfiorare i loro nasi.
- Non ho molta scelta vero? - buttò lì, facendole il solletico sui fianchi. Victoire si contorse per sfuggirgli, sorridendo.
- Direi proprio di no – ribatté, bloccandogli le mani e intrecciando le loro dita. Ted si staccò leggermente, per poi inclinare la testa e avvicinare le labbra alle sue, senza toccarle, lasciando che il suo respiro le solleticasse il volto. - Non so che ho fatto per meritarti – sussurrò piano, poi la baciò. Lei sbuffò, mordendogli leggermente il labbro.
– Finiscila – gli disse, prima di stampargli un altro bacio sulla bocca. Poi sciolse l'abbraccio e lo prese per mano. Aprì la porta del bagno e lo condusse lungo il corridoio, fino alla camera da letto. Lì si stesero sopra al letto disfatto, coperte e le lenzuola ancora attorcigliate. Non appena furono entrambi sdraiati, Ted le mise immediatamente le braccia attorno al corpo e la attirò a se. La testa di lei finì appoggiata sul petto di lui, mentre le loro gambe si intrecciarono, completando il loro abbraccio. Si tenevano così stretti da non sapere dove il corpo di lei iniziasse e dove quello di lui finisse.
Victoire avvicinò il naso al vuoto del collo di Ted e lo premette sulla sua pelle, lasciandosi avvolgere dal profumo muschiato, poi sospirò.
- Vuoi parlarne? - non elaborò, ma lui, senza alcun bisogno che lei pronunciasse i loro nomi, seppe perfettamente a cosa alludeva.
- No, no – rispose dopo un po', stringendola più forte - Voglio solo restare così.

Con me non devi essere niente,
con me non devi essere niente

 

Note dell'autore:
L'idea di questa storia è nata più di un mese fa, precisamente il 2 maggio, anniversario della battaglia di Hogwarts. E' nata perché J.K. Rowling (che al momento non è persona a me gradita visto l'apparente scempio a cui ha contribuito a dare vita con The Cursed Child) ha twittato il seguente pensiero: "Once again, it's the anniversary of the Battle of Hogwarts, so, as promised, I shall apologise for a death. This year: Remus Lupin. In the interest of total honesty I'd also like to confess that I didn't decide to kill Lupin until I wrote Order of the Phoenix. Arthur lived, so Lupin had to die. I'm sorry. I didn't enjoy doing it. The only time my editor ever saw me cry was over the fate of Teddy". Personalmente, ho amato Remus Lupin come pochi altri e amo infinitamente anche Teddy, per questo di fronte a quel messaggio non ho potuto non sentire il bisogno di scrivere qualcosa per commemorare l'anniversario. Solo che qualche ora dopo l'ispirazione si è fermata di colpo come era arrivata, quindi mi sono ritrovata con delle idee in testa e anche un po' di dialoghi, ma nulla di concreto. Avrei probabilmente abbandonato questa storia se non fosse che avevo promesso a Sabb di fargliela leggere, quindi se l'ho finita e la sto pubblicando è per colpa merito suo. Spero comunque che anche a qualcun altro possa far piacere leggerla (e recensirla se vi va). Il titolo l'ho deciso ascoltando l'omonima (bellissima, straziante, perfetta) canzone di Leonard Cohen, mentre la citazione alla fine è presa dalla canzone "Piromani" de Le Luci Della Centrale Elettrica.

   
 
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