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Autore: China36    13/06/2016    1 recensioni
Estate 2011. Sara ha 16 anni e i suoi genitori la mandano in vacanza in Salento, dalla nonna. Le giornate sono lunghe e noiose per la ragazza, fino a quando non incontra lui: Andrea. Il ragazzo dei volantini. La loro storia è destinata a non durare, lei è di Milano e lui di Roma. E così succede, alla fine dell'estate si diranno addio. Ma quella sarà davvero l'ultima volta che i due si vedranno?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Capitolo 8

Tutti se n’erano già andati a dormire da un bel po’ di tempo. Davide si era addormentato non appena la sua testa aveva toccato il cuscino, mentre io ero rimasta due ore a girarmi e rigirarmi nel letto nella speranza di addormentarmi. L’orologio sul mio cellulare segnava le 3.25 così, sbuffando, decisi di alzarmi e prepararmi una camomilla.

«Ciao» disse qualcuno lasciandosi cadere sulla sedia difronte a me.

«Non ti ho sentito arrivare» dissi alzando gli occhi dalla mia tazza mezza vuota. Nessuno parlò per un po’ di tempo. Il riccio si versò l’acqua calda avanzata nel pentolino in una scodella e prese anche lui una bustina di camomilla prima di sedersi davanti a me.

«Non me lo perdonerai mai, vero?» domandò ad un tratto

«No» risposi dopo averci pensato su un po’. Mi alzai e gli passai affianco per andare a lasciare la tazza nel lavandino. Il suo profumo arrivò alle mie narici, dio quanto mi era mancato! Ogni volta che lo sentivo era un tuffo nel passato. Accesi l’acqua e aspettai che la tazza si riempisse.

 

Le sue braccia mi cinsero i fianchi e la mia schiena poggiò sul suo petto mentre, partendo dalla spalla, mi lasciò una striscia di baci fino ad arrivare alle mie labbra. «Non posso» sussurrai tra un bacio e l’altro ma il riccio non mi ascoltò. Mi fece girare e sedere sopra il lavello. La sua lingua si intrufolò nella mia bocca, il mio cuore batteva sempre più veloce. Poggiai una mano sul suo petto e lo allontanai un attimo da me «Andrea, non posso. Io sto con Davide» dissi scendendo dal lavello. «Capito» fece lui girandosi per prendere la sua tazza di camomilla. Sentii come un vuoto nel petto e una grande voglia di abbracciarlo. Volevo stare ancora un po’ tra le sue braccia. Lo guardai mentre metteva la tazza nel lavandino, lo sguardo basso, i capelli che gli coprivano gli occhi. Era ancora il più bel ragazzo che avessi mai visto. Mi asciugai i lacrimoni che mi stavano scendendo sulle guance e lo abbracciai. Mi strinsi forte al suo petto affondandoci la faccia dentro. Andrea rimase un attimo teso, probabilmente stupito, e poi mi strinse forte appoggiando il mento sulla mia testa. «Perché l’hai fatto?» gli chiesi a un tratto. Lui rimase zitto per un attimo e poi si schiarì la voce prima di parlare «Pensavo fosse meglio così. Meglio finire tutto così piuttosto che andare avanti, lontani, e stare peggio»

«Sei stato uno stronzo» commentai

«Pensavo di non rivederti più» sussurrò accarezzandomi i capelli

«Io l’ho sperato con tutta me stessa» dissi stringendolo ancora di più tra le mie braccia. Lui rise. Rimanemmo così ancora per un po’, poi decidemmo di andare a dormire.

«Non ho più amato nessuna dopo di te» mormorò quando stavo per entrare nella stanza del mio ragazzo

«Buona notte» risposi con un mezzo sorriso.

 

I giorni passarono e tutti avevamo ricominciato con le nostre routine. Università, lavoro, studio e serate passate in qualche bar  o a casa, a guadare un film o giocando alla playstation. La sera di Halloween aveva smosso qualcosa a tutti quanti. Marco e Vittoria non erano più cane e gatto, anzi secondo noi stava succedendo qualcosa che non volevano dirci. Tra me e Andrea le cose si stavano sistemando, stava tornado quella complicità che avevamo quell’estate e spesso ci incontravamo di notte, in cucina o in terrazza a fumare, a ricordare i bei momenti passati insieme. Ogni tanto c’era un abbraccio, ma niente di più, anche se tutti e due ci desideravamo tanto.

 

《Ma anche ieri hai fatto il doppio turno!》mi lamentai col mio ragazzo. Da quando lavorava in quel cavolo di supermercato non riuscivo più a vederlo. Aveva quasi sempre doppi turni e quasi sempre, quando era a casa, ero io quella che doveva andare al lavoro.《Dai amore, almeno quest’estate possiamo farci un bel viaggio》era la scusa che continuava a dirmi ogni volta che mi lamentavo. Be in fondo aveva ragione, con la scusa che lui lavorava tanto anche io potevo fare doppi turni a lavoro e magari quest’anno saremmo potuti andare all’estero, al posto della solita e noiosa costiera romagnola. Ok, bella, piena di locali, ma io volevo girare il mondo.《Aspettami pure da me》mi disse prima di mettere fine alla chiamata.

 

《Che hai principessa?》mi domandò Walter appoggiando il vassoio sul bancone e passandomi un bigliettino con scritte le ordinazioni del tavolo 5《Niente》risposi leggendo il foglietto.

《A me non sembra》commentò lui mentre facevo i caffè. Risposi con un’alzata di spalle e gli misi sul vassoio le due tazzine di caffè macchiato.

Il turno sembrava non finire più. Non c’era molto movimento e di conseguenza io e i miei due colleghi ci stavamo annoiando a morte. Dopo le varie insistenze raccontai a Walter e Francesco perché avevo quel muso lungo, o almeno cercai di raccontarglielo visto che ogni volta che pronunciavo il nome Davide urlavano in coro《Mollalo!》.

Finalmente il nostro turno finì, così invitai i ragazzi a mangiare una pizza a casa mia. Vittoria non sarebbe stata dei nostri, andava fuori a cena con un’amica e avrebbe fatto tardi.

 

《Ti sembra normale?》mi chiese Francesco non appena mi ributtai sul divano.

《Cosa?》feci io perplessa

《Che devi mentire al tuo ragazzo con cui stai da due anni!》sbottò il mio amico.

《E lui ancora più scemo che ti crede》commentò Walter. 《Non sto molto bene》mi fece il verso tappandosi il naso

《Ragazzi basta! Non mando a puttane una relazione di 2 anni perché il ragazzo con cui sono stata insieme solo 3 mesi é tornato. Smettetela!》sbottai alzandomi e puntandogli il dito contro. I due rimasero zitti finché non scoppiai a piangere. Tutta quella situazione mi stava confondendo, non credevo neanche a una delle parole che avevo urlato contro i miei amici e loro lo sapevano.

 
   
 
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