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Autore: Earth    16/06/2016    6 recensioni
Questa storia narrerà dei fatti di un futuro lontano, lontanissimo.
Di un tempo in cui di Soli ve ne saranno a milioni e le stelle si conteranno sulla punta delle dita.
Racconterà di quello che viene dopo le avventure, dopo che i cuori saranno stati rattoppati e anche gli orologi avranno finito i rintocchi.
Se vorrete potrete leggere di quell'ultima, fuggevole, volta in cui Dalia Black e Malachite Braian Comei s'incontreranno, persi tra le schegge dell'universo.
(Non è il sequel di niente, è da leggere autonomamente.)
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL SOLE DI METALLO



7 mesi, 12 giorni e 5 ore - Greenwich prima:


« Finalmente! Credevo non arrivassi più. »
Malachite Brain Comei si fermò ad un passo dall'ingresso della stiva: un signore anziano in divisa scura, con una scenografica barba bianca, lo osservava a braccia conserte dondolandosi leggermente sulla gambe.
« È lei Jo Josson? » chiese il ragazzo alzando un foglio stropicciato in direzione dell'uomo « questa mattina mi è stato consegnato un telegramma su cui c'è scritto che il capitano della guardia personale dell'Imperatrice aveva urgente bisogno d'incontrami. »
Il signore dalla scenografica barba bianca schioccò la lingua « già » disse « e tu, se avessi un po' di buon senso, non andresti a sbandieralo in giro » aggiunse scuotendo il capo con aria di disapprovazione « muoviti, sei in ritardo. »
E il capitano della guardia personale dell'Imperatrice, Jo Josson, entrò nel magazzino facendo cenno al giovane scienziato di seguirlo. Malachite lo scrutò per qualche secondo procedere adagio, traballando nei suoi robusti stivali neri, nell'ampio vano della nave. Poi, dandosi un occhiata alla spalle – quella sera l'equipaggio era particolarmente silenzioso ed invisibile – e facendosi scivolare il telegramma nella tasca della giacca lo seguì.
« Capitano Josson, devo avvertirla che io lavoro nel gruppo di ricerca delle stelle delle galassie dell'Ovest » disse Malachite « non so di cosa abbia bisogno l'Imperatrice, ma posso assicurale che vi sono miei colleghi sicuramente più adatti di me a- »
« So esattamente di cosa ti occupi ragazzo » lo interruppe il capitano mentre svoltavano a destra infilandosi in un corridoio improvvisato tra due pile di casse impolverate « e non è Lei a richiedere la tua presenza qui, ma io » disse lanciandogli uno sguardo divertito « e chiamami Jo, grazie. »
Il ragazzo fece per replicare, ma Jo Josson lo interruppe nuovamente « Senti Malachi » e qui Malachite si ritrovò ad aggrottare la fronte, leggermente sorpreso di sentirsi chiamare a quel modo « sono molti anni che lavoro da queste parti, fidati se ti dico che ho visto tanti giovani come te, anzi alcuni anche migliori di te, passare le loro giornate appresso alle nane brune e alle supernove giganti per carpirne i segreti, ma credimi se ti dico che se stai zitto per qualche minuto tutto ti sarà chiaro. »
E così per qualche minuto camminarono tra quel groviglio confuso di sacchi, scatole, scatoloni e grosse ceste, che riempivano la pancia della stiva.
Pareva quasi che il vecchio capitano Jo lo stesse conducendo a zonzo, come in una noiosa passeggiata pomeridiana, tra le cianfrusaglie e i tesori che l'esercito aveva raccolto – rubato – nei più svariati anfratti dell'universo conosciuto, e forse anche di quello sconosciuto.
Poi, mentre uno dei condotti d'areazione cigolava pigramente soffiando ossigeno e polvere proprio sopra le loro teste, superarono un mucchio di preziose lanterne ammaccate e dorate e, prima che Malachi se ne accorgesse, si ritrovarono davanti una porta blindata.
« Eccoci qui » disse Jo sistemandosi il cappello e sfilando dal taschino della giacca, nascosto tra le medaglie e i riconoscimenti, una chiave storta e vecchia quanto il suo proprietario, che infilo nella toppa.
Malachi fece saltare lo sguardo dalla porta blindata, nera e misteriosa, all'anziano comandante un paio di volte.
E mentre il giovane scienziato iniziava a domandarsi se per quell'omino canuto non fosse arrivata l'ora di una meritata pensione, la serratura scattò.
I due vennero accolti in una stanza dalle pareti bronzee rischiarata da una fredda luce al neon, leggermente intermittente, al centro della quale vi era un tavolo di vetro su cui se ne stava quella che a gli occhi del ragazzo appariva come una scatola delle dimensioni giuste per contenere un paio di scarpe.
Lo scienziato lanciò un'occhiata sospettosa al suo accompagnatore « Dove siamo? »
Il Signor Jo Josson piegò le labbra in un sorriso e poi schioccò le dita.
E le luci si spensero.
E si riaccesero.
Malachi fece un passo indietro poggiando una mano sulla rivoltella che teneva aggrappata alla cintura dei pantaloni – armamentario base per tutti i membri dell'equipaggio che ci tenevano alla propria pelle – ; la situazione stava prendendo una piega alquanto curiosa.
« Non ti scaldare figliolo » ridacchiò sereno Jo Josson « ho solamente disattivato le telecamere di sorveglianza » spiegò facendo un cenno del capo verso i due occhi metallici – ormai vitrei – agli angoli del soffitto « sono qui per proporti un affare » continuò accarezzandosi la barba chiara « un ottimo, interessantissimo, irripetibile, incredibile- »
« Ok, ok, ho capito » lo fermò il ragazzo abbandonando la rivoltella al suo posto « l'affare del secolo » scherzò « signor capitano, Jo, cosa contiene quella scatola? » chiese, perché solo uno sciocco non avrebbe riconosciuto un'azione clandestina e nelle situazioni illecite – dal rubare i biscotti alla zia, all'entrare nel sistema informatico della maggiore banca del cosmo, a quello – non era mai saggio perdersi in chiacchiere.
« Però! » fece l'uomo alzando un sopracciglio « pensavo fossi un ragazzo dai sani principi morali. Credevo che insieme all'upgrade avessi giurato fedeltà all'Imperatrice e, sai, a questo punto mi aspettavo sentirti fare domande del tipo “è impazzito signor capitano” oppure “quello che sta facendo va contro la legge”... se fosse solo un test per verificare la tua lealtà verso questo comando? »
Effettivamente Jo aveva ragione. Il giovane scienziato si era fatto in quattro per entrare nel copro dei ricercatori dell'Impero; per lui era stato così importate, così irrimediabilmente indispensabile poter lavorare con i maggiori esponenti della scienza mondiale e solo l'Imperatrice gli aveva dato quella possibilità, la facoltà e i mezzi per arrivare ad un ruolo di discreto livello nella comunità scientifica. Ma la vita di Malachite Comei Braian non era mai girata attorno alla ricerca di un posto fisso.
« Ho superato il test? » chiese Malachi tirando le labbra in un sorriso sornione.
« Decisamente! » esclamò il vecchio sfregandosi le mani.
Malachite seguì con lo sguardo le dita ossute del vecchio disegnare simboli invisibili sullo schermo nero della piccola scatola di scarpe. Poi, dopo che un fischio sottile, flebile come il frusciare delle foglie, aveva percorso la stanza per un paio di secondi, il signor Jo fece un passo indietro « ora, figliolo, inizia il bello » disse leccandosi i baffi dorati come un felino che freme per la caccia imminente. E quando la porticina di quella che si rivelò essere una cassaforte si aprì, silenziosa e misteriosa, Malachi sentì il proprio cuore accelerare e uno strano brivido corrergli lungo la schiena fino all'attaccatura dei capelli – che, ci avrebbe scommesso mezzo fiorino, gli si erano rizzati tutti in testa.
Dalla pancia nera della cassaforte fece capolino un bagliore, un chiarore piccolo, come la scia di una lucciola.
« Vieni a vedere » il vecchio sorrise mentre quella luce gli accarezzava la faccia – a lui sembrò quasi che le rughe che solcavano la fronte di Jo si facessero da parte per qualche istante – e fece un passo verso destra.
Malachi si inumidì le labbra e lanciò uno sguardo furtivo alla stanza che era rimasta nel silenzio e nella luce fredda per tutto il tempo: nessun allarme era scattato e nessuno si stava accorgendo di nulla. Avanzò di qualche passo, quel tanto che bastava ad affiancare il vecchio e portò lo sguardo difronte a se, incantato da quel oggettino incomprensibile dalla forma irregolare.
« Le lacrime del Sole » bisbigliò il ragazzo. Non era una domanda, era una certezza, l'ovvietà di trovarsi al centro di un labirinto e non avere la minima idea di come ci si è arrivati.
« Esatto » Jo si passò una mano sulla fronte, come ad asciugare del sudore invisibile « è un manufatto antico » spiegò « potente magia incastrata tra le schegge di una stella morente; donano vita eterna, fama e gloria a chi le possiede.
« In molti le hanno bramate e, ovviamente, Lei le ha trovate. Ma oggetti potenti nelle mani sbagliate possono portare a catastrofi infinite. Lei vuole il cosmo, l'universo intero: il mondo. Vuole conquistarlo, governarlo e comandarlo. Il classico egocentrismo del cattivo di turno » e qui ridacchiò leggermente « ma le Lacrime hanno un animo buono. Se, per esempio, adesso io e te per appropriarcene ci macchiassimo le mani con il sangue, se togliessimo la vita a chi intralcia la nostra brama, esse non avranno, mai, nessun potere su di noi. »
Ad essere del tutto sinceri a quel punto Malachi si stava chiedendo perché quel anziano comandante aveva deciso di tradire ciò per cui aveva speso la sua vita. Il ragazzo si domandava perché stesse raccontando quelle cose proprio a lui, e quale fosse la parte della propria mente che aveva deciso, così, senza consultare nessuno, di prendere il comando del suo cervello e di accettare quell'affare del secolo.
Ma Malachi non osava dare forma a questi interrogativi perché la parte della propria mente che aveva preso il comando non aveva alcuna intenzione di ascoltare le potenziali risposte – temendo un colpo di stato e un ritorno della logica, della coerenza e del buon senso a guidare le sue azioni.
« C'è un trucco sai? » disse il vecchio Jo poggiandogli una mano sulla spalla « un segreto per tenersi questo ben di Dio tutto per se: nascondile. Se nessun altro sa dove tieni la cioccolata, quella cioccolata diventerà tua. E l'Imperatrice farà la fine che fanno tutti i cattivi in ogni stupida favola che si rispetti: perderà. »
« Questa non è una favola signor Jo » disse Malachi allungando le mani verso la gemma pulsante all'interno della cassaforte « questa è la realtà » le Lacrime del Sole emanavano una strana energia, quel contatto era confortante, come quell'amniotica tranquillità che si prova stando a casa durante la tempesta, ascoltando gli scrosci di pioggia che crepitano contro il tetto, come tante voci durante un litigio * « ma se anche lei è d'accordo » e Malchi le fece scivolare nella tracolla « potrei provare a spargere in giro un po' di polvere magica. »



# NdA ^.^: Salve a tutti! Grazie a tutti i lettori che sono arrivati a leggere fino qui! So che questa storia non è il massimo, ma ci tengo molto e spero che a qualcuno possa piacere almeno un pochino.
Per quanto riguarda l'asterisco che forse avrete notato:
* quell'amniotica tranquillità che si prova stando a casa durante la tempesta, ascoltando gli scrosci di pioggia che crepitano contro il tetto, come tante voci durante un litigio.
La frase non è mia, ma mi piaceva tanto XD. Essa è la definizione del neologismo "Chrysalism" contenuto in The Dictionary Of Obscure Sorrows ((Il Dizionario delle Pene Ignote), un blog che crea e cataloga parole che ancora non esistono) che io ho trovato grazie al contest "Per quando il dizionario non basta" indetto da Achernar_Ari sul forum di EFP. Ci terrei inoltre a ringraziare particolarmente la giudicia, Achernar_Aria, per aver tradotto la definizione dell'emozione Chrysalism e per avermi dato la possibilità di usarla in questa mia storia anche se non partecipo al contest :-*

   
 
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