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Autore: Snow_Elk    17/06/2016    2 recensioni
Che cosa hanno in comune un mercenario di Reilly e una predatrice ribelle? Niente, probabilmente si sparerebbero a vicenda ancor prima di chiedere "Ehi, hai una sigaretta??". Ma non è il caso di Jeff e Dave che, catturati dall'Enclave, si ritroveranno ad affrontare un viaggio lungo che li costringerà ad attraversare tutta la zona contaminata di DC. Tra incontri fuori dal comune, scontri all'ultimo sangue e disavventure di ogni genere i due scopriranno che la zona contaminata non è semplicemente una distesa in rovina, un monumento ai peccati dell'uomo, bensì un luogo che ha una vita propria e secondo alcuni...anche una coscienza.
NOTA BENE: questa è una storia scritta a 4 mani in cui io sarò il mercenario"Jeff" mentre madame_red_, l'altra scrittrice, interpreterà la predatrice "Dave". Qui potrete trovare il suo profilo: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141224
Speriamo che questo nostro esperimento vi piaccia.
Enjoy and stay close!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Odissey in the Wasteland



Capitolo IV- La civiltà non esiste più, i campeggi notturni sì.

 

Note dell'autore: Salve gente! Rieccoci qui col quarto episodio di questo folle esperimento. Gli impegni universitari e scolastici non ci hanno fermato, solo rallentato un pò, speriamo di non avervi fatto aspettare troppo, vero? VERO? Io e Madame vogliamo cogliere l'occasione per ringraziare tutti coloro che ci stanno seguendo e che stanno leggendo questa bizzarra avventura, episodio dopo episodio, speriamo che continuerete a farlo anche in futuro, noi faremo del nostro meglio per rendere questa storia ancora più avvincente! Buona lettura e alla prossima!

Snow & Madame



Jeff Callaghan                                                           
 
Rovine della North Metro SatCom                                                3-4 Settembre 2275

 
 
Avevano girato in quella sottospecie di metropolitana per ore, forse anche di più e doveva ammettere a se stesso che non era nemmeno a conoscenza dell’esistenza di quella metropolitana così distante da DC. Forse serviva per un trasporto di merci rapido o forse era stata costruita per aiutare i lavoratori a raggiungere il proprio posto di lavoro, o c’era dell’altro?
Non lo sapeva, ed era destinato a non saperlo finché non avrebbe scoperto in che zona della wasteland si trovavano.
Forse avrebbe dovuto svoltare a destra e non a sinistra a quel benedetto bivio, ma ormai era tardi per i ripensamenti, anche volendo non sarebbero riusciti a tornare indietro.
 
Quel posto però era un labirinto, le fonti di luce erano al minimo e l’incontro con quel branco di ghoul impazziti di certo non aveva aiutato, avevano consumato più munizioni del dovuto e in una circostanza anomala come quella ogni fottuto proiettile faceva la differenza:
- Come siamo silenziosi – esordì la ragazzina che camminava al suo fianco, dondolandosi ogni tanto a destra e a sinistra, manco fosse stata in gita scolastica.
- Sto pensando a come uscire da questo posto – rispose secco, continuando a guardarsi intorno e a stringere la presa sul fucile d’ordinanza.
- Dove pensi che siamo? Questa metro è diversa dai sentieri tortuosi della città – osservò Dave lanciando occhiate indagatorie  su cumuli di rifiuti, macerie, resti di macchinari e quelle che sembravano apparecchiature elettroniche ammassate lungo le pareti o sui binari.
 
“Sentieri tortuosi” era così che i banditi chiamavano la metropolitana di DC, il miglior modo per raggiungere ogni zona della città e al tempo stesso il peggiore. Un ringraziamento speciale ai grattacieli crollati in mezzo alle strade che costringevano chiunque a finire  in quei cimiteri di cemento e binari del cazzo.
- Non lo so, ho una mezza idea ma potrei sbagliarmi. Ma di una cosa sono certo, siamo molto, molto distanti da DC e questa spazzatura elettronica mi sta dando un brutto presentimento – Jeff si bloccò davanti all’ennesimo bivio, ma notò subito che la seconda scelta era stata sepolta da un crollo e sospirando proseguì per l’unica strada disponibile.
- Credi che incontreremo altri ghoul ferali? – la predatrice continuava a fargli domande, o era dannatamente curiosa o in vena di fare nuove amicizie, o entrambe. Non la vedeva come una minaccia, ma non riusciva neanche a vederla come un’alleata, non ancora, nonostante le circostanze glielo imponessero.
- No, questo posto sembra più deserto della prua ammaccata di Rivet City, quei poveri bastardi che abbiamo fatto fuori prima dovevano essere un piccolo branco a caccia, niente di più niente di meno – Dave annuì ma Jeff rimase a riflettere sulla questione: c’era qualcosa che non andava in quella metropolitana, era diversa, non era infestata dai ghoul come tutte le altre, non era diventato il fortino pseudo cazzuto di qualche banda di predoni e soprattutto sembrava che fosse stata distrutta da mani esperte e non dai cataclismi della grande guerra. Scosse la testa, non aveva tempo per mettersi a fare lo Sherlock Holmes di turno.
 
Continuarono a girovagare in quel labirinto di binari morti e fermate decadute, senza incontare anima viva, scavalcando cumuli di macerie, strisciando tra i resti fatiscenti di vagoni e locomotive arruginite, finché non arrivarono a quella che sembrava un’uscita:
- Ce l’abbiamo fatta! – esultò Dave sentendo una lieve brezza provenire da fuori.
- Calma, dolcezza, calma, niente gesti affrettati – sibilò Jeff mettendo una mano davanti al petto della ragazza che stava già per correre fuori.
- Oh avanti, cosa c’è che non va adesso?! Stai diventando palloso!- esclamò la predatrice sbuffando. Quella reazione strappò un mezzo sorriso al mercenario che si avvicinò accanto ai cancelli semidistrutti, senza mai abbasare la guardia.
- C’è che il sole sta tramontando e non credo tu voglia farti una passeggiata al chiaro di luna nella zona contaminata,vero? – disse indicando una flebile luce rossastra proveniente dalla cima delle scale impolverate. Dave deglutì e scosse la testa.
- Lo immaginavo – esordì il mercenario lanciandole un sorriso – Vedo che il buon senso alla fine non ti manca, eh? Resteremo qui stanotte e domattina alle prime luci dell’alba usciremo da questo buco e cercheremo di capire dove siamo e come tornare. Tutto chiaro? –
- Tutto chiaro, tutto chiaro, sei tu il capo – si limitò a rispondere la ragazza facendo spallucce: sembrava un atteggiamento di sfida, ma si intuiva facilmente che aveva capito qual era il punto della situazione. Il mercenario era il più esperto dei due e se lei voleva tornare a casa doveva collaborare e ascoltare ciò che diceva.
 
Si misero a perlustrare ciò che un tempo dovevano essere stati gli uffici del personale della metro e come al solito non incontrarono nessuno, fatta eccezione per alcuni scheletri abbandonati contro una parete e un ratto talpa che si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Trovarono un punto in cui erano stati abbandonati alcuni materassi, non era un granché ma era sempre meglio che dormire sul pavimento.
Una volta sistemati alla buona quei giacigli provvisori lasciò Dave col compito di controllare le scorte e farsi una sorta di lista mentale e si diresse verso l’uscita.

 Alla domanda della ragazza “Dove stai andando?” si era limitato a rispondere “ A controllare di non essere nella merda più di quanto non lo siamo già” il che non era un vero e proprio esempio di eloquenza ma, ehi, rispecchiava la realtà.
Salì in fretta le scale e col fucile spianato fece capolino oltre la soglia dell’entrata della metro: la luce del tramonto, ormai prossima a scomparire dietro l’orizzonte, permetteva ancora di distinguere in parte il panorama circostante e il mercenario non ci pensò due volte ad approfittarne.
Tralasciando i 2-3 edifici diroccati che si affacciavano sulla piazzola per entrare nella metro nella zona circostante non c’era quasi nulla, o perlomeno nulla che si potesse vedere bene con quella poca luce, ma qualcosa attirò il suo sguardo più di tutto il resto: tre enormi torri si stagliavano alla sua destra in lontananza e altre tre alla sua sinistra. Tre torri, tutte in parallelo, con delle enormi parabole montate sulla sommità di ognuna.
Un vaffanculo richeggiò nella sua testa come il boato di un fat man. C’era un solo posto in tutta la zona contaminata che poteva vantarsi di possedere quelle torri ed era il SatCom Array, una terra di nessuno circondata da quei mostri di acciaio e cemento dove mettevano piede solo creature mutanti e truppe dell’Enclave, fatta eccezione per qualche predatore molto schizzato e soprattutto ben armato.
 
Avrebbe voluto fumarsi una sigaretta all’aria aperta, gustandosi gli ultimi attimi del tramonto, per scacciare i pensieri, per staccarsi un attimo da tutto quello che era successo, ma lasciare la ragazzina da sola per troppo tempo non la migliore delle idee.
Ritornò sui suoi passi e trovò Dave che non solo aveva rimesso in ordine le scorte dopo averle contate, ma aveva anche acceso un fuoco  e stava tentando di scaldare qualcosa che sembra “stufato in scatola”:
- Cazzo, non mi aspettavo qualcosa del genere – la ragazza alzò lo sguardo nel sentire la sua voce e sorrise – Scommeto che pensavi che tutti i predatori non sanno fare altro che uccidere, sventrare la gente e urlare come pazzi – disse proseguendo nella sua piccola opera culinaria.
- Già, ammetto di averlo pensato, anche perché sei la prima predatrice con cui parlo senza uno scambio gratuito di piombo – entrambi scoppiarono a ridere, erano due completi estranei in un posto dimenticato da Dio, lontani da tutto ciò che conoscevano, e proprio per quel semplice motivo dovevano cercare di andare d’accordo, anche con poco.
- Allora, che cosa abbiamo? – le chiese, dopotutto sapere cosa avevano e in quale quantità era alla base della loro sopravvivenza: acqua, cibo e munizioni, senza quelli potevano scordarsi di arrivare anche solo a Paradise Falls.
- Perché prima non mi dici cosa hai visto fuori? – ribatté lei mentre versava parte dello stufato nel suo stesso barattolo e lasciando il resto in una sorta di padella che aveva visto giorni migliori. L’Errante era stavo alquanto generoso nel lasciargli quegli “utensili”. La predatrice consegnò il barattolo al mercenario e quest’ultimo ringraziò con un mezzo sorriso.
- Hai mai sentito parlare del SatCom Array ?- domandò Jeff aspettando che la cena si raffreddasse un attimo. Dave scosse la testa, con gli occhi carichi di curiosità.
- Beh, diciamo che è un posto che tutti eviterebbero molto volentieri, prima della grande guerra era una zona militare utilizzata come base satellitare, roba cazzuta a detta di certa gente. Ora invece è una terra di nessuno –
- E questo Sat...uhm...SatCom Array, giusto? – Jeff annuì – Dove si trova di preciso?-
- Siamo a una trentina di miglia da Raven Rock, ad occhio e croce, dalla riva opposta del Potomac e prima che lo chiedi: sì, è un miracolo che questo posto non sia stato infestato dalle truppe dell’Enclave dopo quello che è successo oggi – dopo quella frase rimasero per alcuni minuti in silenzio e fu Dave a rompere quel silenzio:
- Che cosa intendi fare? –
- Mantenere un basso profilo e cercare di portare il culo il più lontano possibile da qui, scorte permettendo - rispose indicando lo zaino accanto alla ragazza.
- Ah già, abbiamo un paio di bottiglie d’acqua, sembra messa bene, del cibo in scatola, dovrebbe bastare per un paio di giorni se lo dosiamo e due stimpak – rispose lei pronunciando quell’elenco come una filastrocca.
- Rad-x, rad away?- domandò tra un boccone e l’altro.
- Niente di niente –
- Fantastico, dovremo trovare qualcosa il più presto possibile. Munizioni? -
- Dieci cartucce per il fucile da combattimento, due caricatori per il tuo fucile, uno per la mia pistola, oltre a quelli già caricati ovvio. Tutto sommato non siamo messi male, no? – sembrava una domanda retorica ma non lo era.
- Non saprei, normalmente ti direi no, non siamo messi così male, ma non sappiamo cosa ci aspetta là fuori quindi sarà meglio cercarne altre, che siano munizioni o armi non ha importanza, andrà bene tutto – la predatrice annuì e rimase in silenzio – Comunque ben fatto – aggiunse Jeff e lei sorrise, soddisfatta di aver portato a termine quel piccolo incarico al meglio, sotto sotto iniziavano a sembrare una squadra.
 
Dopo quella frase ritornò il silenzio e conclusero la cena ognuno perso nei propri pensieri finché Jeff non attirò la sua attenzione:
- Ehi, la vuoi vedere una cosa ? – la ragazza annuì, i suoi grandi occhi riflettevano la fioca luce del fuoco, in quel momento sembrava tutto tranne che una predatrice. Jeff tichettò un motivetto preciso poco sotto lo spallaccio sinistro della sua divisa e il suddetto spallaccio si aprì rivelando un piccolo scompartimento segreto.
- Che cazzo di figata! – esclamò Dave quasi balzando in piedi.
- Trucchetti del mestiere, non puoi rubare ciò che non vedi – esordì il mercenario tirando fuori una fischietta argentata e un pacchetto di sigarette. Senza pensarci due volte si fece un sorso e il sapore aspro e “legnoso” del whiskey lo invase col suo tepore.
La ragazza lo guardava perplessa e Jeff allungò la fiaschetta:
- Perché non ti fai un goccio? E’ whiskey, buon whiskey, prebellico, e niente zittisce meglio la vocina che hai in testa – disse ammiccando.
 Dave afferrò la fiaschetta e tirò giù un pò del vecchio distillato tossendo subito dopo.
- E’ forte...- si giustificò e Jeff rise di gusto – La prima volta è sempre così, non ti preoccupare, è questione di abitudine – la rassicurò accendendosi una sigaretta e facendosi un lungo tiro.
- Allora, Dave...- esordì fissando la ragazza dritta negli occhi mentre la nuvoletta di fumo si diradava mescolandosi all’oscurità, la ragazza ricambiò lo sguardo – Ci aspetta un viaggio lungo per tornare a casa e voglio sapere chi mi coprirà le spalle, a chi dovrò parare il fondoschiena in caso di necessità. Perchè non mi parli un pò di te? Raccontami chi sei – concluse facendo un altro tiro e allungando la sigaretta alla predatrice.


Dave Campbell                                                                                                               3-4 Settembre 2275
North Metro Satcom 


Jeff le allungò la sigaretta, Dave la prese con due dita e se la portò alla bocca, lasciando uscire un grosso sbuffo di fumo.
La stanza in cui si trovavano non era né piccola né grande, era più o meno quello che una volta doveva essere un grosso ufficio, il fuoco acceso malamente illuminava di una luce fioca e arancione la stanza ormai rovinata dalle bombe e dal tempo, le ombre dei vecchi schedari metallici ormai distrutti si stagliavano sul muro creando un divertente gioco di luci e ombre.
Il soffitto era in parte crollato, il cumulo di macerie troneggiava al centro della stanza e dagli spiragli si intravvedeva il tramonto che iniziava a scemare lasciando spazio alla luce fredda della luna.
“Allora, vuoi sapere qualcosa di me, giusto?” Jeff annuì, in silenzio appoggiandosi con la schiena al muro. “Beh non c’è molto da dire su di me, ho diciotto anni appena compiuti, non so chi siano i miei genitori ma so che venivano da Canterbury Commons, i miei ricordi sono sfocati ma so che degli schiavisti devono aver fatto incursione nella cittadina e hanno portato me e altri bambini a Paradise Falls, hai presente quel posto orribile, quello degli schiavisti? Cazzo, di Paradise non ha proprio nulla! Non parlerò di come è stato vivere lì…” Dave fece un altro profondo tiro e sbuffò, le nuvolette di fumo si diffondevano nell’aria prima acquistando forme diverse poi dissolvendosi. Tutto d’un tratto si era fatta più seria, corrucciò le sopracciglia ,strinse le labbra una volta e poi continuò: “Una notte quel coglione di Eulogy Jones ha offerto da bere a tutti i suoi schiavisti schifosi, si sono ubriacati a tal punto da non riuscire neanche a camminare, io e un’altra bambina, Lucy credo si chiamasse, abbiamo subito colto l’occasione, appena è calato il silenzio abbiamo scavalcato le recinzioni e siamo scappate il più lontano possibile. Ci siamo rifugiate nelle caverne di Little Lamplight. Ho vissuto lì fino a che non sono diventata grande, un Mungo.
Quando sono uscita da lì è stato orribile, non sapevo dove andare ma di certo avevo solo una convinzione: che non avrei mai più voluto avere paura di qualcuno, così mi sono unita ai predatori, e poi è successo ciò che è successo ed eccomi qui.” Dave accennò un sorriso forzato, prese un ultimo tiro e spense la sigaretta sul terreno.
“Perché proprio i predatori?” Chiese Jeff.
“Ma come perché i predatori?! Tutti qui nella Zona Contaminata ne hanno paura! Anche chi dice di no, cioè tu stai dormendo bello tranquillo e loro… BAAM ti piombano in casa e tu non puoi farci nulla, no? Sei costretto a dare loro tutto ciò che ti chiedono, e quando dico tutto intendo..tuuutto” disse facendo l’occhiolino a Jeff e poi scoppiò in una fragorosa risata. 
Il mercenario la guardò e accennò un sorrisetto divertito poi aggiunse: “Voglio proprio vedere se tu riesci a ottenere ciò che vuoi…” Non aggiunse altro.
“Io posso ottenere quello che voglio.” Mise una specie di broncio e poi aggiunse: “Certo, quando sono con gli altri predatori intendo, perché se non accompagnata…beh mi sono sempre cacciata nei guai, vedi l’altro giorno, mi sono avventurata da sola , io cercavo solo qualcuno a cui rubare tutto ciò che aveva ma poi mi sono imbattuta nell’Enclave e.. beh non ho combinato molto.” E iniziò a giocare con minuscoli sassolini sul terreno.
Il silenzio piombò nella stanza, si poteva solo avvertire il rumore delle gocce d’acqua che cadevano regolari sul pavimento.
Tlic… tlic… tlic… tlic… tlic…
 Ad un certo punto avvertirono ancora dei rumori, Dave scattò in piedi e subito mise mano alla sua 10mm, il rumore sembrava avvicinarsi, non riusciva a capire cosa fosse, costante, ticchettante, nella penombra era tutto più difficile, Dave iniziò a tremare, Jeff si mise all’erta.
Le fece segno di fare silenzio, chissà cosa poteva essere, sperava solo non dovesse avere nuovamente a che fare con i ghoul, quei cosi facevano davvero schifo.
All’improvviso apparve uno scarafaggio radioattivo, Dave prontamente gli piantò una pallottola in pieno dorso e l’animale si accasciò a terra con un rantolo disgustoso : “Bleah!”
Jeff fece una faccia strana: “Avresti potuto ucciderlo con un calcinaccio, non c’era bisogno di sparargli, santo cielo, guarda quanto schifo che ha lasciato!” asserì indicando una pozza viscida sotto lo scarafaggio. 
Dave sbuffò ma non disse una parola, in tutta risposta, anzi, si avvicinò alla bestia morta e la sollevò con due dita nell’attaccatura tra il collo e le ali e lo sollevò come un trofeo di pesca.
“Mangiamo ancora?” Disse con un sorrisone smagliante.
Jeff le sorrise: “Sì, in effetti ho ancora una certa fame, dai porta qui quel… ehm… coso.”
Dave si sedette affianco a lui, tirò fuori un coltellino dalla bardatura sulla gamba e iniziò a togliere l’esoscheletro all’animale, raschiandone la polpa anche dalla testa, mise il tutto su un calcinaccio “piatto” crollato dal muro e lo adagiò sul fuoco per cuocerlo un po’.
Quando il colorito della carne divenne un pochino più invitante di quel bianco-grigiastro solito lo tolse dal fuoco ed esclamò: “Bon apétit!” e lo appoggiò sul pavimento.
Jeff fu il primo ad assaggiare e quando ebbero finito di mangiare nuovamente, questa volta ben rifocillati,si accasciarono sul muro fissando il vuoto.
Passarono una manciata di minuti, così, in silenzio, quasi non fossero capaci di parlare o di agire, semplicemente stavano lì, ogni tanto si guardavano e ogni tanto guardavano il muro grigio e rovinato di fronte a loro.
“Forse è ora che proviamo a dormire un po’, domani dobbiamo continuare il viaggio e non sarà per niente rilassante.” La voce di Jeff, così calma, diede una nota di tranquillità in quella melodia di silenzi pregna di angoscia.
Dave rispose come da copione: “E sia, sei tu il capo.” E si rannicchiò di fianco al piccolo fuocherello che avevano acceso qualche ora prima , Jeff fece lo stesso sdraiandosi di fianco a lei.


Alle prime luci dell’alba Jeff fu il primo ad alzarsi, scosse con non molta gentilezza le spalle di Dave che aprì un occhio poco convinta: “Che… cos.. Uffa, lasciami dormire” e si rigirò dalla parte opposta.
Jeff allora la sollevò di peso: “Signorina, stammi a sentire, qui ci si deve muovere se non vogliamo venir mangiati vivi da qualcosa… E tu non lo vuoi… vero?” Le disse con un sorrisino sadico sul volto, non era vero ovviamente, ma voleva solo farla alzare in fretta e infatti Dave scattò in piedi come una molla “Cosa mi deve mangiare?!” esclamò.
“Brava ragazza, così va già meglio.” I timidi raggi del sole filtravano dalle spaccature sul soffitto della vecchia Metro illuminando la stanza di una luce quasi piacevole. 
Dave, assonnata raccattava le sue cose che aveva lasciato sparse e Jeff faceva la conta delle munizioni. 
“Sei pronta a partire?” Chiese lui con serietà, Dave tirò la sua sacca logora e se la mise in spalla. “Andiamo!” esclamò già nuovamente piena di energia.
Non fecero in tempo a muovere due passi verso l’uscita che subito Dave riattaccò a parlare: “Hei, aspetta, ieri  sono stata così sbadata da non chiederti nulla di te, non so niente della tua storia!”
“Dai, iniziamo ad uscire, te la racconto strada facendo ok?”

   
 
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