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Autore: lexasmikey    20/06/2016    1 recensioni
Olivia è una giovane ragazza di diciotto anni, nata e cresciuta tra le strade affollate della capitale. Considerata da tutti come una ragazza goffa, impacciata e irrimediabilmente sciatta, la giovane è costretta ogni giorno a imbattersi in una madre strampalata, una sorella che sembra accogliere ogni sera un uomo diverso tra le sue gambe, tre migliori amici che la portano a compiere follie e il migliore amico di suo fratello, nonché ragazzo di cui è sfrenatamente innamorata da quando egli mise piede per la prima volta in casa sua. Ma se fosse proprio lo stesso Enrico, colui che non riuscì mai a considerare Olivia più di una semplice amica, a travolgerle e scombussolarle l'ultimo anno di liceo?
Premetto che scrivo questa storia per esperienza personale.
Non aspettatevi una delle classiche storielle che avrete letto in cui la protagonista si innamora del migliore amico di suo fratello; io qua scriverò e vi racconterò le stesse emozioni che io stessa sento dentro di me, con l'aggiunta di un pizzico di senso dell'umorismo (tipicamente giovanile). Premetto anche che riscontrerete un linguaggio al quanto 'terra terra' considerata l'età dei protagonisti principali. Se ciò non vi convince, siete liberi di non aprire questa storia :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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5. UNICA TESTIMONE

Lo sguardo astruso era ancorato alla carreggiata, illuminata dai pochi lampioni ancora indenni. Strinse le mani attorno al volante e Olivia notò le nocche bianche fuoriuscire dalla pelle leggermente bronzea. Quel silenzio, che vigeva ormai da oltre un paio di minuti, le apparve quasi assordante.

-Dimmi qualcosa- mormorò la ragazza, gli occhi sfumati di un colorito castano, ma in quel momento irrequieti e rivolti verso il ragazzo occupato a condurre la vettura grigia dalle ragionevoli dimensioni.

Enrico sostò in prossimità di uno Stop e abbassò lentamente il capo, sospirando e stringendo gli occhi. -Dovevo saperlo, cazzo!- riuscì a sputare, la mascella serrata e l'attenzione catturata dal cambio manuale.

Olivia deglutì lentamente e, dopo aver ponderato interiormente per un lungo periodo su ciò che stava per fare, allungò  la mano e la posò su quella del ragazzo di fianco a lei, il quale fu scosso da un palpito che, lentamente, iniziò a farsi strada lungo la spina dorsale. Olivia accarezzò con il pollice  quella mano così calda e levigata, al contrario della sua costantemente fredda, e vi tratteggiò delle forme invisibili. -Che cosa dovevi sapere?- si decise a domandargli.

Senza rompere quel delizioso contatto, Enrico ripartì e mantenne la mano sul cambio manuale. -Che saresti andata a lavorare con quello spaccone- Era pressoché lampante che stesse facendo i salti mortali pur di mantenere la calma. E Olivia lo notò.

-Perché ce l'hai così tanto con lui?-

Per la prima volta, da quando salirono in macchina, Enrico schiodò lo sguardo dalla strada e incrociò quello speranzoso di Olivia. -Fai troppe domande- sbottò.

La ragazza alzò gli occhi al cielo. -E tu dai poche risposte- replicò. Sentì il ragazzo ghignare e svoltare verso il suo quartiere. -E' inutile che giri per questa strada- disse improvvisamente, senza pensare a quanto stesse proferendo.

Enrico inarcò un sopracciglio e congiunse nuovamente quel contatto. -Prego?-

Deglutì. -Non ho intenzione di scendere da questa macchina, o almeno fino a quando non mi dirai che cosa sta succedendo-

Enrico sostò due case prima di quella di Olivia. -Olivia- sussurrò, serrando maggiormente la presa sotto la mano della ragazza.

-Che ti piaccio o no, io non mi muoverò da qui- affermò persuasa, reggendo lo sguardo del ragazzo.

-Perché ti interessa così tanto?-

Sentì qualcosa, lì dentro al proprio petto, aumentare intensamente i propri ticchettii. -Perché abbiamo stabilito di essere amici, e io, da amica, vorrei poterti aiutare-

-Non mi potrai aiutare Olivia, è tutto complicato-

-Come puoi affermarlo, se non mi offri neanche la possibilità di farlo?-

Enrico sfilò la mano dal cambio manuale e la affondò nei propri capelli. Adocchiò il buio che stava prendendo il sopravvento e si concentrò di nuovo su Olivia. Era così semplice, pensò. La studiò, immersa nella sua felpa azzurra e con i capelli alzati in un'unica chioma. -Non è serata Oli-

Roteò gli occhi. -Non è serata nemmeno per me, mettiamola così. Un altro motivo per parlare, no?-

 Il viso candido della ragazza era rivolto verso di lui, mentre gli occhioni color caramello erano ansiosi di attendere una sua reazione. Enrico non riuscì a resistere e abbozzò un mezzo sorriso divertito. -Sei incredibile-

 

Decisero di appartarsi da Marcelo's, una pacifica caffetteria che distava pochi passi dal centro della città. Le mura di legno risaltavano la creatività con cui i proprietari decisero di ornare l'ampio spazio, dai colori vivi e discrepanti fra di loro. Il tavolo che occuparono era rivolto verso la via stipata di negozi di souvenir. Enrico strinse la tazza di caffè fumante che teneva tra le mani, a pochi centimetri da quelle curate di Olivia. -E' successo tutto all'incirca tre, quasi quattro anni fa- cominciò, la testa bassa e la consapevolezza di essere fissato dalla splendida ragazza che aveva di fronte a sé. Olivia cercò in tutti i modi di catturare il suo sguardo, ma infine capì che era una battaglia persa fin dall'inizio e sorseggiò la propria cioccolata calda. -Avevo diciotto anni e il divorzio dei miei genitori fu un vero e proprio colpo in pieno viso. Cercai di farli riflettere, di portarli a considerare le eventuali conseguenze che il loro gesto avrebbe potuto incidere sulla vita di Nick… sulla mia vita-

-Nick, è tuo fratello- quella di Olivia era più un'affermazione.

Annuì, continuando a reggere il suo sguardo. -Sì, Nicola. Aveva appena compiuto dodici anni, ciò vuol dire che attraversava la sua fase di sviluppo. Era, ed è tutt'ora, in una fase del suo percorso in cui tende a plagiare le azioni e gli stili di chiunque uomo o ragazzo gli stia attorno. Immagina..- rise, amaro in viso, e adagiò la schiena contro alla poltrona in pelle. -… cosa potrebbe mai pensare un ragazzino di dodici anni dopo aver visto i suoi genitori, che per oltre vent'anni non hanno fatto altro che amarsi e promettersi amore eterno, decidere di porre fine a ciò che avevano creato- sospirò. Guardò fuori dalla vetrata del locale e scosse la testa. Olivia abbassò gli occhi e iniziò a torturarsi le mani con le lunghe unghie rosee. -Chiaramente non mi diedero retta, nessuno lo faceva mai. "Continueremo a volerci bene, ma sotto un'altra prospettiva" mi aveva detto mio padre, più di una volta. Sorprendentemente Nick non ne sembrò molto turbato, però io sì. Cristo Olivia, ero incazzatissimo; ho smesso di parlare con i miei genitori per un mese intero. Ho iniziato a marinare la scuola, i miei voti digradarono irrazionalmente e iniziai a frequentare delle cattive cerchie-

Olivia deglutì a vuoto, le ultime gocce di cioccolata calda le lasciarono un sapore acre in bocca. Immaginò ciò che avrebbe udito. -E hai conosciuto Jeremy-

Enrico annuì e allungò le gambe sotto al tavolo, sfiorando quelle accavallate di Olivia. -Iniziai a uscire con loro, prima il sabato sera, poi anche il venerdì e infine cominciò a diventare un'abitudine quotidiana. Sapevo che loro facevano cose che io potevo a malapena immaginare, ma quando mi proposero di entrare nel loro giro di droga, non potevo rifiutare. Avevo perso l'unione della mia famiglia, avevo un bisogno disperato di sentirmi parte di qualcosa. Avevo bisogno di sentirmi parte di qualcuno, di essere importante e di essere considerato un uomo-

Non riusciva a crederci. Non voleva minimamente provare a immaginare il ragazzo, per cui aveva sempre avuto un debole, in un giro di spacci. Il respiro di Olivia si accorciava mano a mano che il ragazzo continuava a rivelarle sempre più dettagli sulla sua vita.

-Diventai come loro, anzi, potrei dire di essere diventato esattamente come loro. Incentrai la mia vita sui grammi che mi imponevo di vendere alla settimana, e su quelli che dovevo comprare per conto del capo. Caddi in un circolo vizioso, ormai ne dipendevo-

-Hai mai…?- balbettò.

Enrico la frenò, prima ancora che potesse completare la domanda. -No, mai! Mi limitavo a vendere, sapevo che farne uso sarebbe diventato troppo per me- si affrettò a rispondere. -Dopo un anno la situazione cominciò a oscillare tra lo svago, sapendo che avevo la possibilità di guadagnarmi i miei soldi, e la disperazione, perché la mia vita ruotava solo attorno a quello. Decisi così di lasciar perdere Jeremy, la droga e la loro fottuta cerchia, ma avevo in sospeso i soldi che avevo preso in prestito dal capo per anticipare un cliente. Fui, anzi sono così, costretto a restare nella loro banda. O almeno, fino a quando non salderò i miei debiti- concluse.

La ragazza era a corto di parole, o semplicemente non voleva averne in riserva per quanto avesse appena udito. -Tu… tu-

Enrico si sporse in avanti e racchiuse le mani attorno a quelle della ragazze, minuscole in confronto alle sue. -So che mi stai odiando e che stai valutando l'idea di non rivolgermi più la parola e di denunciarmi, ma ci sono dentro. Piccola Oli, non hai idea di quanto io voglia non essermi mai cacciato in questa merda-

-Non potrei mai negarti la parola, né tantomeno denunciarti! Semplicemente, perché non ne hai mai parlato con mio fratello? Adam è il tuo migliore amico, avrebbe potuto aiutarti- sussurrò, il groppo in gola si fece a malapena sentire.

Chiuse gli occhi e inspirò con il naso. -Perché se lui mi avesse chiesto il motivo per cui ho deciso di unirmi alla banda di Jeremy, cosa avrei potuto rispondergli? "I miei si sono separati e mi sono incazzato come una bestia"? No! Lui avrebbe sicuramente replicato, dicendomi che vostro padre vi ha abbandonati da piccoli e che tutto sommato siete ancora vivi e sereni-

Olivia socchiuse le labbra e sentì i battiti cardiaci rimbombarle nelle orecchie.

Il ragazzo portò una mano dietro alla nuca e spalancò gli occhi. -Merda Olivia, non volevo..- si affrettò ad aggiungere, ma Olivia aveva già abbandonato la piccola poltrona posizionata di fronte alla sua e si stava recando verso l'uscita del locale. -Merda- imprecò il ragazzo. In men che non si dica si ritrovò alla cassa a pagare il conto e trottò fuori dalla locanda. Si aspettò di intravede la sagoma di Olivia allontanarsi rapidamente da quella viuzza, invece la trovò fuori dal locale con le braccia conserte e gli occhi velati da un'ira insofferente. Lo stava aspettando? Enrico tentò di accorciare le distanze, ma Olivia sollevò prontamente il braccio e accostò la mano sul petto del ragazzo.

-Lo sai che non era mia intenzione citare tuo padre-

Olivia inarcò un sopracciglio e prese a calciare un sassolino per terra. -Tu pensi che io me la sia presa con te per aver nominato mio padre?-

La guardò stupefatto e pensò seriamente di essere a corto di parole. -Suppongo di sì- azzardò.

La giovane ragazza placò i propri movimenti e  ruotò il busto verso Enrico. -Enrico, per quel che mi riguarda mio padre può anche andare al diavolo! Sai che cosa mi fa seriamente arrabbiare? Che in oltre quindici anni di amicizia tu non riesca ancora a fidarti di mio fratello, quando in realtà lui si preoccupa, e non poco, per te!- Il tono di voce era decisamente aumentato di qualche ottava, ma a Olivia poco importava in quel momento di aver alzato la voce con il ragazzo dei suoi sogni.

Enrico tenne lo sguardo fisso nel vuoto e sospirò, prima di concentrare la propria attenzione su altro. -Non voglio deluderlo- soffiò docilmente. -Adam è una delle poche persone su cui posso ancora contare, non posso permettermi di mandare tutta la mia vita a puttane-

-Allora esci da questo brutto giro- Effettuò due passi e si avvicinò al ragazzo, appoggiando una mano sul suo braccio stretto dalla giacca color notte.

Piegò la testa di lato e serrò la mascella. -Non è così facile-

-Cazzate! Ce la farai. Di quanti soldi hai bisogno?- domandò. Enrico immaginò un'eventuale mossa successiva della ragazza e strabuzzò gli occhi.

-Non provarci Olivia, tu non devi avere nulla a che fare con questa storia!- sbottò, scosso dall'idea che quella giovane ragazza potesse finire in mano a quei depravati. -Già il fatto che tu debba vedere quella faccia da schiaffi di Jeremy mi manda parecchio in bestia-

Olivia non riuscì a nascondere un sorriso indulgente, deliziata dalla premura e dalla protezione che le creava Enrico, e questo a lui non sfuggì. -Cosa c'è?-

La ragazza scosse la testa e si strinse nelle spalle. -Niente; andiamo?-

Enrico lesse l'orario sul display del proprio cellulare e poté giurare che ogni volta che si ritrovava in compagnia di Olivia il tempo sembrava non bastare mai. -Non sei arrabbiata?-

Olivia strinse gli occhi e inclinò il capo. -Dovrei?-

-Ti ho appena confessato di essere uno spacciatore di droga e tu non mi dici nulla?- Gli sembrava tutto così assurdo, quella ragazza era assurda.

-Ma sei costretto a farlo, questa è un'altra questione- ammise con così tanta semplicità e candore, da lasciare lo stesso ragazzo con il fiato sospeso. -Voglio dire, tu non faresti mai una cosa del genere, ne sono più che certa. Magari suonerà strano detto da una persona che non ha avuto modo di conoscerti fino in fondo, però in questi giorni ho capito che, per quanto tu possa essere testardo e immodesto, resti comunque provvisto di un cuore aperto e pronto ad accogliere tutti. E questo è fantastico, fidati, io sono cinica e altamente bizzosa, perciò non potrei fare altro che ammirarti.

La sto un po' tirando per le lunghe, ma ciò che sto cercando di dirti è che non devi addossarti tutte le colpe. Il passato è passato; hai commesso i tuoi errori, esattamente come tre quarti della popolazione mondiale li commette nel modo più umano possibile, e te ne sei pentito. Adesso sei in una situazione abbastanza critica, perché in qualche modo ci sei dentro e sei costretto a starci. Perciò la mia risposta è no, non ti dico nulla, perché tu non sei come loro-

Enrico rimase spiazzato. Non da quell'orazione, né tantomeno dall'indifferenza di Olivia verso ciò che le aveva appena confidato, ma dalla ragazza stessa. Per mesi e mesi aveva avuto timore di rivelare a qualcuno il proprio segreto, appunto per la paura e l'ansia di essere malvisto e giudicato con gli attributi peggiori. Non ne aveva parlato con il suo migliore amico per il timore di perdere una delle spalle su cui poteva sempre appoggiare; non ne parlò nemmeno con Jessica, la stessa ragazza che lo tenne impegnato per tre anni in una relazione seria e duratura, o almeno questo era ciò che Enrico credeva. Poi all'improvviso si imbatté in Olivia, una ragazza agli sgoccioli dei suoi diciotto anni, nonché più giovane di lui di quasi quattro anni, che sembrava rispecchiare totalmente il perfetto tipo di ragazza che Enrico aveva bisogno di sentire propria. Forse non totalmente propria, ma parte di qualcosa che fosse suo. E lei era lì, di fronte a lui, con lo sguardo innocente e curioso di chi ancora ha bisogno di scoprire ciò che gli ruota attorno. Non nascondo che anche quelle parole lo colpirono profondamente, dritte verso quel cuore che la ragazza stessa descrisse come 'aperto e pronto ad accogliere tutti'. Come poteva una ragazza, che tra l'altro conosceva da non più di una settimana e mezzo, avere così tante belle parole in riservo per lui? Chiaro che i due si conoscevano da oltre dieci anni, ma Enrico non la vide mai sotto altre prospettive, se non in quelle della sorella del suo amico d'infanzia.

Non aggiunse altro, ma semplicemente perché le parole per descrivere la gratitudine che sentiva nei suoi confronti erano troppe da riassumere in un'unica locuzione. E questo Olivia lo capì. Le fece cenno di seguirlo e raggiunsero l'auto del ragazzo. -Enrico- lo richiamò improvvisamente Olivia. Il ragazzo scosse il capo e tornò con i piedi per terra. -Dimmi-

Olivia sorrise, obliando per un attimo la stizza che provò pochi istanti prima, e donando alle soffici guance un colorito roseo. -Si risolverà tutto-

Enrico ghignò e maneggiò con le chiavi dell'auto, guardando la ragazza in piedi davanti allo sportello del passeggero. Inclinò il capo e la squadrò misterioso. -Perché ne sei così convinta?-

Il suo sorriso si allargò e, automaticamente, ne fece strappare uno anche al ragazzo in piedi di fronte allo sportello del conducente. -Perché adesso ci sono io-

E per quanto avrebbe faticato a crederci, Enrico pensò che Olivia non poteva che aver ragione.

 

 

 

-Dobbiamo ancora decidere i corsi extra-scolastici- mormorò Federica, estraendo dal proprio portamonete una manciata di centesimi da immettere nella macchinetta.

Maria, che quel giorno aveva deciso di optare per un semplice paio di pantaloni di stoffa- di cui, tra l'altro, si pentì a causa dell'ondata di maltempo che quella giornata aveva tenuto in riserva- alzò gli occhi al cielo e si appoggiò carnalmente al congegno, considerato dalla stramaggior parte degli studenti come una madre patria, sospirando rumorosamente. -Fede, hai seriamente intenzione di svolgere un corso pomeridiano?-

La diretta interessata si scostò dal viso i corti capelli corvini ed estrasse un semplice pacchetto di cracker salati. -Per avere il maggior numero di crediti possibili per l'esame di maturità? Oh si!-  esclamò convulsa. -Non so te, ma il traguardo del cento e lode è ancora nelle mie aspettative-

-Aaah non stressarmi, a me un settanta pieno basta e avanza! E poi passi troppo tempo sui libri, questo non va affatto bene. Insomma, che senso ha ripetersi che l'ultimo anno delle superiori va vissuto pienamente, se alla fine sprechi tutto il tuo tempo in stupidi...Adam-

Federica corrugò lo sguardo perplesso ed avanzò di un passo verso la sua destra per permettere alla fila dietro di lei di scorrere rapidamente. -Passo troppo tempo in stupidi Adam? Forse un paio di riguardi al manuale di grammatica non ti farebbero male, miss-un-settante-pieno-mi-basta-e-avanza- ghignò divertita.

Maria, in totale risposta, diede un manrovescio al braccio dell'amica, scatenando un paio di lamenti. -Ma sei scema!-

-Non urlare Federica, c'è Adam!-

-Chi è Adam?- domandò l'amica, ancora più scombussolata. Ma non appena seguì la direzione mostrata dall'indice dell'amica, si ritrovò con la mandibola spalancata. -Quell' Adam- borbottò.

Adam Ramirez, nel frattempo, si ritrovò a dover percorrere, dopo quattro anni dall'ultima volta, il corridoio del liceo Copernico. Si guardò attorno, cercando di scavare tra i suoi reperti di memoria e tentando di ricordarsi dove fosse la seconda palestra in cui si sarebbe allenata la sua squadra. In quel momento sperò calorosamente che sua sorella spuntasse dal nulla da un momento all'altro, diminuendo magari quel suo totale disorientamento; ci andò vicino, avrebbe pensato, in quanto il suo sguardo venne improvvisamente catturato da due figure adagiate al distributore automatico stipato di alunni che necessitavano in un caffè per potersi svegliare definitivamente.

-Buongiorno- sorrise sornione, avvicinandosi a Federica e Maria.

Quest'ultima, poté definitivamente giurare di aver visto un angelo o una chissà quale creatura incantata davanti ai suoi occhi. -Buongiorno- cercò di proferire, nel modo più sensuale possibile. Sporse il torso in avanti e con un rapido gesto trasferì i lunghi ribelli biondi su una spalla.

Questo non passò inosservato agli occhi del ragazzo, che si ricordò del loro primo, e ultimo, causale incontro a casa sua. -Erano anni che non mettevo piede in questa scuola e non ho la più pallida idea di dove sia andata a finire la palestra verde-

Gli occhi di Federica scorrevano dallo sguardo scintillante di Adam, in attesa di una risposta, e Maria, troppo occupata a contemplarlo per permettersi di formulare una locuzione di senso compiuto. Si schiarì la voce. -Scendi le scale ed è la prima porta a sinistra, di fianco alla sala studio-

-Grazie mille!- la ringraziò rincuorato. -Olivia non è qui con voi?-

-E' in classe a ripassare per il compito di Chimica, le diremo che sei nei paraggi- ammiccò Federica, amichevole. Il ragazzo la ringraziò una seconda volta e scomparì in mezzo alla folla di studenti, facendosi largo con il suo enorme borsone stipato di attrezzi.

-Oh. Mio. Dio!- strillò Maria, una volta assicuratasi che il ragazzo fosse sufficientemente lontano per sentire i suoi schiamazzi. Afferrò saldamente Federica per il braccio e cominciarono a incamminarsi verso il laboratorio di chimica, dove ad attenderle vi era un'Olivia totalmente presa e catturata dalla struttura atomica -Vorrei tanto poter essere Olivia ed essere costretta a contemplare quella reincarnazione del Sesso ogni giorno della mia vita-

-Tu sei completamente fuori di testa!-

-Buongiorno ragazze-

Le due giovani ragazze si voltarono quel minimo che bastò loro per scorgere un ragazzo eccessivamente alto per non essere mai stato notato in quella ragionevole struttura. -Ciao Enrico!- esclamò ilare Maria. Probabilmente non avrebbe mai dovuto divulgare tale pensiero in presenza della sua migliore amica Olivia, ma Enrico rientrava nella categoria dei ragazzi più attraenti che avesse mai visto. Dopo Adam, chiaramente.

-Buondì- rispose Federica.

-Olivia?- domandò semplicemente, facendo intendere alle due ragazze che la stava cercando.

Maria cercò di nascondere un piccolo sorriso appagato. -Sta ripassando per un compito-

Enrico cercò di non dare troppo nell'occhio ed esternare il proprio dispiacere. Quella mattina gli avrebbe fatto sicuramente piacere imbattersi nel sorriso di quella ragazza, dopo aver passato un'intera notte a rimuginare sulle dolci e nobili parole che gli aveva dedicato. Inutile nascondere che passò più tempo a ponderare su quanto lei lo facesse sentire semplicemente Enrico, e non "Enrico, la Guardia più forte della squadra" o "lo scagnozzo della banda di Jeremy". -Non la voglio disturbare, allora. Be', ditele che sono passato. Ci vediamo!- le salutò, prima di intraprendere la strada delle scale e  giungere alla rettangolare palestra verde.

-Guardate chi è tornato!- esclamò Vittorio, il capitano della squadra, non appena Enrico varcò la soglia dello spogliatoio. A turno tutti i ragazzi scontrarono il proprio pugno con quello del ragazzo, fino a quando Adam non strinse l'amico in un fraterno abbraccio, lasciandogli un paio di buffetti sulla schiena. -Ottima scelta amico, bentornato-

Enrico sorrise e prese posto di fianco al suo migliore amico; sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni verde militare e compose un rapido messaggio, prima di infilarsi la divisa della squadra e riporlo nel suo armadietto.

 

Il professore di chimica era ormai in ritardo di ben dieci minuti, sufficienti a urtare ulteriormente il sistema nervoso di Olivia.

-Oli, andrà bene!- la placò Federica, non appena prese posto di fianco a lei.

-Speriamo! Ieri sono tornata a casa tardi e sono riuscita a studiare perfettamente solo i primi due capitoli, l'ultimo ho cercato di studiarlo stamattina in quindici minuti, ma ho l'impressione di aver già scordato tutto-

Maria e Federica ritennero più saggio informare l'amica della presenza di Enrico alla fine dell'ora, in modo da evitarle qualsiasi tipo di distrazione durante la verifica. -E' solo una verifica!- sbottò Maria.

In quel preciso istante fece il suo ingresso il tanto temuto docente. -Voglio tutti i cellulari sulla cattedra!- ordinò a gran voce. -Spenti-

Le tre amiche rotearono gli occhi ed estrassero i cellulari. Olivia avanzò verso la cattedra, lo sguardo fisso sullo schermo dell'Iphone nel tentativo di spegnerlo, ma improvvisamente lo stesso strumento emise una vibrazione.

 

-In bocca al lupo per il compito, piccola Oli-

 

-Dunque?-

Per quella mattinata scolastica Olivia aveva ricorso al suo solito paio di scarpe in tela, abbinate a un paio di jeans sbiaditi e un semplice cardigan dello stesso colore dei capelli, che le ricadevano mossi fino al fermaglio metallico del reggiseno. Se non fosse stato per il tanto temuto compito di chimica, da cui tra l'altro sperava di sguainare più di una semplice sufficienza, avrebbe mantenuto il sorriso con cui si era svegliata e prolungarlo fino al resto della giornata. Ricevette però quel poco aspettato messaggio, tanto rapido quanto sufficiente per riportarle il sorriso. -Cosa?- domandò, rivolgendo un'occhiata curiosa a Maria.

-Com'è andato il compito?-

-Mmh- mugugnò. -Non voglio pensarci. Usciamo fuori?- propose, non appena Federica, Alessandro e Tommaso le raggiunsero. Era da poco terminata la terza ora scolastica, e i loro stomachi iniziarono a risentire di tale distacco temporale dalla colazione. Olivia notò però uno sguardo d'intesa che Maria e Federica avventarono l'una sull'altra. Arcuò il sopracciglio e scosse leggermente il capo, incitando le due amiche a sputare il rospo.

Federica si schiarì la voce. -Questa mattina abbiamo incontrato tuo fratello davanti al distributore automatico- la informò.

Maria assunse un'aria totalmente trasognata e Olivia poté giurare di vedere gli uccellini svolazzare sopra il suo capo. -Aaah- sospirò meravigliata. -Adam-

-Scema- mormorò Olivia divertita. -Tutto qua? Pensavo qualcosa di serio- ammise. -Comunque pensavo che i ragazzi si allenassero nella palestra esterna-

-Be', questo era quello che pensavamo anche noi. Poi abbiamo visto quei due bei fustoni di tuo fratello e Enrico passare per di qua e…-

-Aspetta, hai detto Enrico?- L'interruzione di Olivia era pressoché programmata.

-Aah l'amore- zufolò Federica. -Stamattina ti cercava, ma gli abbiamo detto che eri in classe a ripassare e non ha voluto disturbarti. Testuali parole- le riferì, con la massima precisione con cui era solita riportare gli avvenimenti e i fatti, uno dei tantissimi pregi di cui le sue migliori amiche andavano completamente matte.

-Ora si spiega tutto!- esclamò Olivia totalmente gaia e sorridente. Si ricompose non appena notò i volti scombussolati delle sue amiche. Sfilò il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e li impiantò sotto al naso il messaggio che ricevette quella mattina.

Le due amiche di Olivia si scambiarono una premurosa scorsa, scatenando l'improvvisa attenzione di Tommaso e Alessandro.

-Scusatemi un attimo- si scusò Olivia, prima di allontanarsi dalla sua compagine e procedere verso la palestra situata in fondo alle scale. Con grande delusione non vi trovò anima viva, anche se, per quel che la riguardava, la semplice visuale di un ragazzo alto, possibilmente dotato di fisico atletico, occhi color caramello e capelli scuri dissestati sarebbe bastata a soddisfare le sue attese fiduciose. Decise prima di scambiare quattro chiacchiere con il fratello maggiore, raccontandogli l'andamento scolastico e l'ottimo avvio dell'avventura presso la biblioteca. Infatti, a causa di tutti gli impegni sportivi e universitari di Adam, non erano molteplici le occasioni in cui i due fratelli passavano una sostanziosa ora a parlottare tra di loro. Non appena chiuse la telefonata, iniziò a scorrere tra gli ultimi numeri del proprio registro, fino a quando non premette sul contatto desiderato e si adagiò il cellulare all'orecchio. Al secondo squillo andato a vuoto cominciò a maledirsi, attribuendosi tutti i termini possibilmente sinonimi di 'asfissiante'.

-Piccola Oli!- lo sentì esclamare dall'altro capo del telefono, cogliendola in piena ponderazione interna.

Rise e improvvisamente tutti i suoi timori lasciarono spazio a un'immensa ilarità. -Ehi, ho sentito che un certo signor Meotti chiedeva di me stamattina-

-A quanto pare, la qui presenta fanciulla Ramirez ha la capacità di lasciare un vuoto immenso nel mio nobile e virile animo-

Olivia si morse il labbro gonfio e prese posto nel primo scalino della lunga rampa. -La mia lunga e incessante fila di spasimanti potrebbe aiutarla a superare questo suo periodo cupo. D'altronde ci sono passati anche loro-

Enrico ghignò malizioso e Olivia sentì i suoi sospiri distaccati. -Dunque la fanciulla si fa desiderare-

-E' mio dovere farvi soffrire- stette al suo gioco. -Per constatare quanto degni voi siate del mio amore-

-E io non lo sono?-

-E  voi lo volete davvero il mio amore?- domandò prontamente.

Non giunse nessuna risposta alle orecchie della ragazza. -Com'è andata la verifica?-

Olivia appoggiò i gomiti sulle ginocchia e abominò mentalmente per la sua stupidità. -Non male. Voi avete già finito gli allenamenti?-

-Sì, ma stasera riprendiamo in vista della partita di Domenica. A proposito, verresti a vederci?-

Olivia affondò i denti bianchi sull'interno guancia. -Non sembra una cattiva idea-

-La tua presenza mi rasserena, sappilo. Potrei etichettarti come mia musa ispiratrice, sai?-

Olivia si lasciò trasportare da un' indulgente risata, quella che Enrico più di tutte adorava. -Ne sono lusingata- scherzò. -Ora però penso di doverti abbandonare, la pausa finirà tra pochi attimi e gli altri mi stanno aspettando-

-Certo, io sono diretto all'università. Più tardi ho appuntamento con Jeremy e i suoi scagnozzi. Se i piani procedono a modo, potrei liberarmi di loro nell'arco di un mesetto-

Olivia si sentì davvero lusingata di come Enrico le confidava i piccoli avvenimenti della sua giornata, come se si fidasse di lei.

-Sono davvero felice per te, però mi raccomando non…-

La interruppe. -…non mi caccerò in nessun guaio, non preoccuparti per me- sussurrò. Dall'altro capo del telefono Olivia udì la voce del ragazzo imprecare, seguita da un chiassoso clacson.

Le rimbombò nelle orecchie, assordandola del tutto. -Aspetta Enrico, ma tu stai guidando?-

-Sì, e c'è un furgone qui davanti a me che sta procedendo alla velocità di un bimbo che gattona- mormorò il ragazzo suscettibile.

Spalancò gli occhi, nonostante non ci fosse nessuno di fronte a lei. -Ma sei impazzito? Mettilo subito via!-

Enrico rise per l'ennesima volta. -Non penso proprio, dal momento che sono al telefono con te-

-Se ora riattacco mi prometti che non toccherai il tuo cellulare fino a quando non avrai spento il motore dell'auto?-

-Te lo prometto mia dama. Questo e altro per ottenere il tuo amore- scherzò, sulla base della conversazione precedente.

-Sarà meglio- mormorò. -Ci vediamo, allora-

-Molto presto- sussurrò. -Passa una buona giornata piccola Oli-

Olivia tenne lo sguardo fisso nel vuoto per una buona manciata di minuti, prima di impugnare saldamente il cellulare e abbandonare il piano terra di quell'edificio.

 

 

-Non si tratta di una concezione umanista qualsiasi, ma della prima ideazione che pone la figura umana al centro dell'universo- spiegò la professoressa Nizzoli, la tanto temuta professoressa di italiano che incuteva terrore nella vita di Alessandro. -Questo argomento è stato già accuratamente trattato un paio di anni fa, ma vi ricordo che nella scalata diretta alla maturità tutto viene ripreso. Specialmente per l'analisi, nel caso vi esca un'opera di Petrarca da sviscerare. Perciò ragazzi…-

In quell'istante stesso trillò la tanto attesa campanella di fine giornata scolastica, spezzettando quelle che sarebbero state le raccomandazioni per uno studio più approfondito. -Mi raccomando, andate a ripescare gli appunti e i libri di terza!!- strillò la docente, cercando di sovrastare il suono acuto della campana.

-Menomale!- spasimò Alessandro, con lo zaino già pronto in spalla. -Oggi sono in macchina, vuoi un passaggio?-

Olivia era ancora occupata a chiudere il proprio di zaino, decisamente più stipato di libri. Non appena superò l'impresa, salvandosi per un pelo le lunghe dita affusolate, sorrise soddisfatta e afferrò il proprio amico sottobraccio. -Mi faresti un grandissimo favore! Le ragazze oggi sono uscite un'ora prima-

-Nessun problema Oli!-

-Dovrei chiedere a mia madre di lasciarmi la macchina ogni tanto, è frustrante farmi scarrozzare in giro- ammise, raggiungendo l'Alfa Romeo rossa dell'amico e prendendo posto accanto al conducente.

-Magari potresti mettere da parte i soldi che guadagni in libreria e comprarti una macchina usata- le consigliò Alessandro, gli occhi distratti dal ciuffo ribelle e le mani intente a trafficare con la cintura di sicurezza. -D'altronde io e Federica, penso anche, abbiamo fatto così-

Olivia assottigliò lo sguardo. -Ci avevo pensato anche io, sai? Mia madre ha dovuto fare i salti mortali per pagarmi la patente, non le chiederei mai di comprarmi anche una macchina nuova-

Alessandro mise in moto e, alzando al massimo il volume della radio, sfrecciò fuori dal cancello scolastico. I due amici chiacchierarono e canticchiarono per tutta la durata del breve tragitto che portava a casa di Olivia. Raggiunsero la dimora in poco più di dieci minuti. Olivia afferrò il proprio zaino e aprì la portiera dell'auto. -Sicuro di non voler restare a pranzo?-

Alessandro strinse forte la mano dell'amica e ammiccò. -Non riesco proprio, mia madre ha invitato i miei zii e sono costretto a passare il pomeriggio con loro- ammise.  -Ci vediamo domani, okay?-

-Va bene- sospirò dispiaciuta, per poi riprendere il sorriso sornione di sempre. -Salutami i tuoi zii-

-Idiota- mormorò il ragazzo, prima di salutarla un'ultima volta e sgommare rumorosamente.

Olivia rise fra sé e sfilò le chiavi di casa dalla tasca inferiore dello zaino. -Olivia, sono in cucina!- gridò sua madre, riuscendo a farsi a malapena comprendere in mezzo a tutto il chiasso che causavano le posate con cui adoperava.

-Mamma? Anche oggi non lavori?- domandò Olivia, avvicinandosi a stamparle un bacio sulla guancia.

-Mi hanno assegnato il turno notturno questa settimana, perciò la sera vi lascio la cena a tavola e corro a lavoro- annunciò.

-Non ce n'è bisogno; ho parlato con Adam stamattina e ha detto che tutte le sere, prima della partita, dovrà restare in palestra dopo gli allenamenti ad aiutare il coach. Io e Rosie ci arrangeremo da sole, non ti preoccupare- la rassicurò.

-Cosa farei senza di te!- esclamò Laila, con tante premure. -Oggi vai in libreria?-

Olivia acciuffò un cetriolino dal vassoio di insalata che le aveva preparato Laila e scosse la testa. -Ci vado domani, però più tardi devo studiare con Federica; domani abbiamo il compito di fisica-

-Va bene, però ora lavati le mani e vieni a mangiare-

-Ai suoi ordini, capo!- scherzò Olivia, diffondendo il suo buonumore anche in quella giornata piovigginosa.

 

 

-Ok Oli, basta studiare!- Federica chiuse di scatto il libro di fisica, scatenando un sussulto rumoroso proveniente dall'amica.

Olivia, sdraiata con il torace adagiato sul materasso del proprio letto, le inviò una rapida sbirciata imperscrutabile. -Ci mancano gli ultimi esercizi da riguardare!- protestò.

Federica scosse la testa, oscillando la corta coda di capelli morbidi. -Aah, quelli sono facili. Piuttosto, raccontami di te e Enrico-

La giovane ragazza staccò gli occhi stanchi dal manuale e cercò di balbettare un paio di vocaboli avveduti. -Di me e Enrico? Non penso ci sia molto da raccontare- rise fra sé. -Siamo amici- aggiunse, la voce che man mano si effondeva in un sussurro.

-E sei felice?-

Federica, seduta a gambe incrociate sulla poltrona di Olivia, scrutava l'amica di sottecchi. La conosceva quel tanto che bastava a farle capire quando era il momento adatto di porle determinate domande.  Olivia sbuffò e si sedette compostamente di fronte all'amica. Portò tutti i capelli verso lo stesso lato destro e incrociò le gambe. -Certo che sono felice!- esclamò, ma qualcosa nel suo sguardo continuava a ingannarla e ad emanare titubanza. -E' solo che..- mormorò.

-Vuoi di più-

-Chiaro che non posso apparire dal nulla in quasi due settimane e pretendere che tutto vada come ho sempre sperato- spiegò, cominciando pian piano ad agitarsi.

-Dai tempo al tempo- le suggerì Federica.

-Esattamente ciò che sto cercando di fare Fede, davvero- Olivia sperava profondamente che qualsiasi cosa si stesse o fosse in procinto di formarsi tra lei e Enrico potesse avere il tempo di farlo con calma e senza fretta. Desiderava che fosse tutto accurato perfettamente e lentamente, in modo che entrambi potessero avere l'occasione di godersi ogni attimo. -Forse mi sto semplicemente illudendo di nuovo, non credi?-

Federica sorrise galantemente e afferrò la mano di Olivia. -Io credo che ti meriti di vivere un amore spettacolare. Se non ora, in futuro-

Olivia sorrise e non volle aggiungere altro; osservò Federica trafficare con il proprio cellulare e sbuffare sonoramente. -Mia madre ha bisogno dell'auto, devo andare-

-Certo, ti accompagno giù- sorrise Olivia.

-E comunque domani la verifica andrà alla grande; bene o male le cose abbiamo saputo farle prima- affermò Federica, il piede già fuori dalla stanza dell'amica, riferendosi alla tre ore trascorse a svolgere esercizi su tutte le modalità di moto possibili e immaginabili. -Domani ti passo a prendere io?-

-In realtà pensavo di prendere l'auto di mia madre, visto che ha il turno notturno e sicuramente di giorno resterà a letto, e passare a prendervi-

Federica strabuzzò esageratamente gli occhi. -Ma questa è un'ottima idea Oli! Non vedo l'ora di vederti al volante!- esclamò entusiasta. -Anche se non sarebbe la prima volta che ti vedo guidare-

Olivia rise insieme alla sua amica. -Già. A domani allora, ciao Fede!- la salutò, richiudendo alle proprie spalle la porta d'ingresso. 

Lo sguardo rimase fisso sul corridoio deserto di anime e sospirò, come a voler alleviare tutte le tensioni e pressioni che sentiva abbarbicate al suo corpo. Sua madre era già a lavoro, Adam era in palestra con il coach e Rosie era sotto la doccia. Acciuffò un paio di gallette al mais dalla dispensa e si recò in camera sua, programmando un film da vedere per le prossime due ore, prima di farsi accogliere da Morfeo. Aspettando che il portatile si accendesse, sostituì i jeans stretti con un paio di pantaloni grigi della tuta e si infilò una maglietta viola a spalla scoperta. Legò i capelli in una coda bassa e impiegò cinque minuti davanti allo specchio nel tentativo di rimuovere le lenti a contatto trasparenti. Coprì gli occhi con gli occhiali da vista, che si ostinava a mettere in pubblico, e fu quasi pronta a coricarsi di peso sul letto, se solo il suono del suo telefono non l'avesse richiamata.

Sorrise gradualmente e alzò gli occhi al cielo. -Non prenderci l'abitudine, o rischi di finire sotto le grinfie degli altri miei pretendenti-

Udì il suo sogghigno dall'altro capo del telefono, e questo piccolo particolare bastò a farle accelerare il battito cardiaco. -Sono pronto a correre qualsiasi rischio per te, mia piccola dama-

-Ma non mi dire! E cosa saresti propenso a fare, sentiamo?-

-Mh- il ragazzo mugugnò e ci rifletté per una buona manciata di secondi. -Potrei farmi trovare sotto casa tua, magari con un mazzo di rose rosse-

Olivia scoppiò a ridere di gusto. -Non lo faresti!-

-Io non ne sarei così convinto- la sfidò. -E comunque quegli occhiali ti donano un'aria piuttosto formale-

-Davvero? A me non piacciono affatto, mi sembrano troppo…aspetta, cos'hai detto?-  Sentì la sua limpida risata rimbombare dall'altro capo del telefono. Staccò lentamente lo strumento dall'orecchio e cominciò a guardarsi attorno, esaminando tutti gli angoli di camera sua. Focalizzò la propria attenzione sulla finestra e corse, sorridendo, ad aprirla. Per un attimo rimase delusa, non trovando nessuno sotto al poggiolo, ma proprio in quel momento sentì la sua voce.  

-Sorpresa-

Olivia si voltò di scatto verso la propria destra e lo trovò lì, seduto sulle scale antincendio, a pochi centimetri da lei. Come poté non notarlo? La schiena era adagiata al muro e il cappuccio della felpa blu, innalzato sopra la giacca nera a vento, gli copriva la nuca.

-Enrico!- esclamò, il sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro.

Enrico adorava sentirla chiamarlo con tale allegria, era capace di allietarlo anche dopo una giornata così laboriosa e faticosa. -In persona- scherzò.

-Cosa ci fai qui?- Non riusciva a smettere di sorridere.

-Quando dico "molto presto"- affermò, ripetendo le sue stesse parole. -Intendo davvero "molto presto"- concluse. -Come puoi notare non ho con me un mazzo di rose rosse, ma rimedierò presto-

Le tese la propria mano e l'aiutò a prendere posto accanto a lui, sul gradino. -Ti devo confessare una cosa- annunciò lei, fingendosi il più seria concepibile. -Io disprezzo le rose rosse-

-Pensavo mi stessi per confessare una cosa più seria!- la canzonò.

-Ma questa è seria! Se mi porti un mazzo di rose rosse non potrei mai sceglierti come mio futuro cavaliere-

-Bianche?-

-Nemmeno-

Enrico aggrottò le sopracciglia e vide la ragazza sorridere, dando vita ad una tenue fossetta sulla guancia destra. -Non vado matta per le rose, sono troppo comuni e assodate. D'altro canto vado completamente pazza per i tulipani bianchi-

Si scambiarono l'ennesimo sorriso. -Prenderò nota-

La ragazza si schiarì la voce. -Ti chiederei di entrare, davvero, ma Rosie si è auto-educata inversamente da noi e non ha ancora imparato a bussare prima di fiondarsi in camera di qualcuno-

-In realtà mi sarebbe piaciuto restare qui fuori, se non ti dispiace-

Olivia strinse gli occhi compiaciuta e si posizionò meglio accanto al ragazzo. -Nessun problema!- esclamò. -Piuttosto, com'è andata con Jeremy e company?-

Enrico piegò le ginocchia e vi adagiò sopra i propri gomiti. -Non è andata esattamente come speravo. Ero pronto a versare più della metà della quota che avevo in sospeso con loro, ma all'ultimo è arrivata una doppia richiesta da due clienti. Chissà, forse con questo ultimo ordinativo riuscirò a pagare tutti i soldi una sola volta-

Olivia sospirò e plagiò la postura del ragazzo. -Perché non vuoi dirmi quanti soldi devi a quella gente? Lo sai che a me farebbe solo piacere aiutarti-

-Lo so Olivia, lo so e sono così appagato di averti al mio fianco. Il punto è che non voglio avere altri conti in sospeso, specialmente con te. Insomma, se tra noi due deve nascere qualcosa, qualsiasi cosa essa sia non deve basarsi su uno stupido prestito. Ho già mandato all'aria tre quarti della mia vita, e ora mi sembra di avere l'opportunità di ricostruirmi qualcosa di unicamente mio-

-Vorrei solamente vederti più sereno- mormorò.

Enrico si voltò verso la ragazza e accorciò ulteriormente la distanza che separava i loro corpi. Coprì le sue fredde e minute mani con le proprie e sospirò, innalzando gli angoli della bocca. -Con te sono sereno, ti basta sapere questo-

Olivia deglutì a vuoto e si sentì avvampare esternamente. Le piaceva così tanto quella situazione, talmente tanto da sperare che quegli attimi potessero durare almeno una decina di ore in più. Lo scrutò attentamente, rendendosi conto di restare sempre più stupefatta dalla sua bellezza mozzafiato. Come poteva un ragazzo essere così bello? Ecco, se lo domandava spesso, e raramente riusciva a giungere ad una risposta plausibile. Enrico era di una bellezza surreale, e Olivia si ostinava a credere che ci fossero ragazzi conciati estrinsecamente meglio. Giungeva, però, sempre a concludere che avrebbe potuto viaggiare in cielo e in terra, ma alla fine il suo cuore avrebbe continuato a entrare nel panico sono in presenza di un ragazzo, Enrico Meotti, e di nessun altro. Non gli staccò lo sguardo di dosso neanche per un secondo, continuando a contemplare quei due pozzi così scuri al buio che sembravano celare la forma dell'iride. Le piaceva in tutte le sue piccole caratteristiche, a partire dai capelli scarmigliati che non prendevano mai una piega precisa, fino allo stile stravagante con cui era solito agghindarsi. In quegli ultimi giorni, però, alla lista delle peculiarità di Enrico, che più di tutte facevano perdere la testa a Olivia, si aggiunse la sconfinata premurosità del ragazzo nei suoi confronti.

Senza rendersene conto, Olivia si ritrovò a rabbrividire e a strofinarsi le mani sulle braccia, in seguito ad una glaciale folata di vento. Ciò non passò inavvertito al ragazzo, prontamente disposto a sfilarsi la giacca e a posizionarla sulle spalle decise della ragazza.

-Non ce n'è bisogno, non fa così freddo- si affrettò a interromperlo Olivia, senza essere minimamente annoverata a Enrico. Si ritrovò, così, a essere stretta nella sua colossale giacca a vento. Si ritrovò a inspirare profondamente tra la giacca, godendosi il profumo refrigerio di Enrico. -Avrai freddo così- mormorò, alla vista di una semplice felpa blu.

-Devo dirti una cosa Olivia- annunciò improvvisamente Enrico, ignorando totalmente il lamento di Olivia. -In realtà si tratta di qualcosa che non vorrei tenermi dentro, ma voglio che tu lo sappia-

Olivia tenne lo sguardo fisso sulle loro mani fuse. -Ok, niente giri di parole e vai al sodo-

Lo sentì sogghignare. -Chiaramente non hai tutta la pazienza che speravo tu avessi, ma questo non è un problema. Mi piaci anche così- scherzò, prima di schiarirsi la voce e sedersi nel gradino inferiore, accanto a lei. -Desidero- deglutì lentamente, contraendo la mandibola. -Desidero profondamente che questa situazione inerente la droga, i soldi e i debiti non ti facciano cambiare opinione su di me. Ti assicuro che sto facendo il possibile per uscirne, ma a quanto pare ci vorrà più del previsto e…-

-Enrico- lo troncò Olivia. Enrico chiuse gli occhi e abbassò il capo. -Tu non sei come loro. Tu non sei né Jeremy né chiunque altro membro di quella stupida banda- sussurrò. Allungò una mano verso il suo viso e gli accarezzò una guancia, delicatamente velata da un tappeto di barba scura. Enrico inclinò il capo e si lasciò perlustrare dal tocco di Olivia. -Tu sei semplicemente Enrico, e a me va benissimo così-

Il ragazzo ridacchiò e ricongiunse i loro sguardi. -Io sono semplicemente Enrico? Mi sminuisci in questo modo?-

Olivia scoppiò a ridere e, con grandissimo dispiacere, dovette ritrarre la mano. -Almeno è servito a tirarti su il morale, non trovi?-

-Non sarebbe la prima volta che lo fai- le sussurrò dolcemente.

-Modestamente- canticchiò Olivia, spostandosi con fare altezzoso la lunga chioma. Scoppiarono entrambi a ridere, imbarazzati da quell'intimo scambio di parole, ma allo stesso tempo l'uno appagato della compagnia dell'altra. -Lo sai che potrai sempre contare su di me- frusciò, pochi istanti dopo, la ragazza.

Enrico sorrise e spostò lo sguardo sulla luna, unica testimone di quel fiorente e innocente affetto che stava nascendo.

  
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