Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mistiy_Ronny    20/06/2016    3 recensioni
"Levi! " il chiamato arrestò i propri passi ma non si voltò.
" Là fuori, noi due ci rincontreremo sotto al sole " la voce tremante dall'emozione giunse così forte e chiara che non c'era bisogno d'aggiungere alcuna altra parola.
Levi andò avanti e un sorriso tirato si disegnò sul suo volto, voleva credere alla promessa silenziosamente stipulata.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Passi incrociati


Il sole s'era andato a nascondere dietro le colline, la cena era stata consumata e finalmente Lysa poté lasciar cadere sul materasso il proprio corpo. Le ultime energie le aveva utilizzate per buttarsi sotto la doccia, un'insaponata, una sciacquata e andò sotto le lenzuola.
<< Lysa, dormi? >> arrivò fastidiosa quanto il ronzio d'una zanzara la voce di Trevis.
<< Se stai zitto … >> rispose lei mal celando l'irritazione, nonostante ciò aprì un occhio per ritrovarsi faccia a faccia con un volto fiacco ma pur sempre sorridente.
<< Non so come diamine puoi dormire, t'invidio sai? >>
<< Trevis, siamo in piedi da due giorni, la sonnolenza arriva anche se non la cerchi >> disse lei secca pronta a chiudere lo sguardo.
<< No, anche io sono stanco però non riesco a dormire. Ho visto molti veterani morire, ho visto la crudeltà di quel gigante anomalo e poi credo che qualcosa si stia movimentando … >>
Trevis si sedette sull'orlo del materasso.
Affranta Lysa s'alzò a sedere. L'amico non l'avrebbe lasciata dormire in alcun caso, tanto valeva ascoltarlo .
<< Erwin e Hanji hanno corso tutto il giorno avanti e indietro per il castello assieme ad altri soldati, sono certo che fra poco metteranno in atto un piano, uno di quelli pericolosi … >>
<< E allora? >> arida la sua voce spezzò il flusso di parole dell'amico
<< Tu come me sei un soldato semplice, non sei né un caporale né uno stratega. L'unico obbligo che ti da l'uniforme che indossi è “ obbedire”. Quando questo presunto piano verrà rivelato anche a noi, tu farai la parte del bravo soldatino, annuirai e accetterai l'incarico che t'assegneranno. >>
Lysa si sdraiò su un fianco porgendo la schiena a Trevis, pronta per intraprendere il sonno tanto atteso, ma quest'ultimo non sembrava intenzionato a imitarla.
<< Vattene a letto Trevis, non ricordi la regola del buon soldato: mangia, bevi e dormi quando puoi, ora è tempo di dormire. >>
Sottile la risata maschile si diffuse nella stanza.
<< Hai ragione, noi non dobbiamo riflettere troppo >> disse l'amico alzandosi, con un soffio spense la candela per poi scomparire nel suo letto.
Lysa finalmente libera da qualsiasi rumore disturbante chiuse gli occhi.
Si sentì una dannata ipocrita


. *** .


<< Mamma >> la chiamò accovacciandosi per terra.
Kuchel stava supina, ritta come un asse di legno con il volto rivolto verso il soffitto.
<< Mamma >> la richiamò perché lei non stava dormendo, da quella veduta poteva osservare delle palpebre semi chiuse. Il piccolo Levi decise di prendere la sua mano, la strinse forte
<< Mamma! >> con agitazione la richiamò e il suo animo s'acchetò quando questa voltò il capo verso di lui. Rivelò un volto spigoloso, scavato dalla magrezza, uno sguardo privo d'espressione ma era viva. Levi s'accontentò di tal fatto.
<< Mamma sono io, Levi >> disse lui stringendole forte la mano. La guardò negli occhi, se li ricordava grigi eppure sotto la fioca luce della candela apparivano neri, allora concentrò lo sguardo alla ricerca del chiarore e lo vide: attorno alle grandi pupille scure stavano due sottili cerchi chiari
<< Levi … >> flebile uscì la sua voce e il figlio esultò internamente perché da giorni non parlava.
<< Sì, son io >> rispose cacciando giù in gola le lacrime amare. Era un bambino, però se lo sentiva sotto pelle, sua madre non sarebbe vissuta a lungo e voleva godersi ogni istante che le rimaneva assieme a lei.
<< Levi … >> nel momento in cui le labbra secche si riaprirono, le palpebre calarono nascondendo uno sguardo color inchiostro.


Levi si svegliò con uno strano gusto in bocca.
Si rizzò a sedere scoprendo che il sole non era sorto.
Un'occhiata fugace all'orologio e capì che aveva dormito tre ore. Non s'era riposato, la sua mente aveva viaggiato verso un passato lontano che in quel momento pareva così vivido e tangibile.
Era assurdo, stava accadendo il finimondo, difatti grazie ad Aremin s'era designata una sospettata: Annie poteva essere il gigante femmina. Le sue mani fremevano, non vedeva l'ora di spazzare via quella bastarda che aveva decimato la legione con una tale crudeltà. La voleva torturare pian piano, giorno dopo giorno, sentirla urlare dal dolore, voleva essere crudele. Era un sentimento vendicativo che desiderava placare ad ogni costo col sangue e le urla del mostro, ma Levi lo sapeva: la vendetta non lo avrebbe portato verso alcuna soddisfazione poiché sì, ogni uomo si dirigeva verso la legge del taglione ma di fatto non riusciva mai a placare il senso d'angoscia, quello che ti schiaccia le viscere.

Mosse il ginocchio, una scossa dolorosa promanante dalla gamba scosse tutto il corpo.
Non aveva rimpianti, aveva agito d'istinto poiché quella giornata avevano già perso troppi soldati, non poteva morire anche Mikasa. L'aveva guardata dritta negli occhi e lo aveva capito, per salvare Eren era disposta a tutto, persino sacrificare la sua stessa vita. Anche lui avrebbe fatto lo stesso per Isabel e Farlen.
Gettò l'occhio sulla scrivania, c'era una bottiglia di Gin mezza vuota, arricciò il naso con un certo disgusto. Non amava l'alcool poiché questo appannava i sensi rendendo le persone più disinibite e poco ragionevoli, lui era stato educato ad essere costantemente vigile e attento, però quella sera ricordò il detto ripetuto nel ghetto: “ bevi per dimenticare”. Lo mise in pratica.
Voleva dimenticare Lysa, voleva fingere che non fosse mai entrata nel suo ufficio eppure era un desiderio ridicolo dato che la persona da eliminare dalla memoria non era la giovane soldatessa bensì Erika.
Lysa pareva la fotocopia di Erika, per dimenticare la ragazza del sottosuolo non sarebbe bastato neppure l'alcool presente in tutto il mondo. Lo stesso discorso valeva per Kuckel.
Ricordava così poco della madre, nella memoria erano rimasti attimi trascorsi assieme, non erano altro che un ammasso di sensazioni e parole mezze dette. Alla sua persona più che altro riusciva ad associava sensazioni calorose, a volte momenti d'affetto, ma nella sua testa s'erano insidiati quegli occhi neri, nonché l'ultimo sguardo di sua madre verso il mondo circostante. Era sempre così, ogni qualvolta che la madre riaffiorava nella sua mente, il calore, l'affetto venivano sempre schiacciati dalla morte, dal suo ultimo respiro e da quel lento battito di palpebra.
Nervosamente si alzò sulle gambe, la ferita gli intimò con una scossa elettrica di tornarsene a letto ma lui ignorò il dolore, infilò gli stivali e uscì dalla camera. Non sarebbe riuscito a riprendere il sonno, non voleva correre il rischio d'inciampare nel ricordo mortale di Kuckel, neppure in quello di Erika.


. *** .


I raggi lunari filtravano nella stanza, i colori bluastri danzavano per ricoprire ogni cosa compresi due occhi sbarrati verso il soffitto. Nessun rumore aveva destato il sonno di Lysa, eppure era sveglia con lo sguardo vigile. Era un dato di fatto, lei riusciva a dormire quattro ore a notte, neanche un minuto di più. La guerra, i giganti non erano stati loro a rubarle il sonno, era così da quando ne aveva a memoria. Rimanere lì a letto a poltrire? Poteva essere una prospettiva allettante, ma non per Lysa. Scostò le coperte e in punta di piedi cercò i suoi abiti ritrovandoli piegati accuratamente sulla sedia. Con estrema delicatezza si svestì per indossare la divisa. Lasciò perdere le cinghie e l'attrezzatura 3D. Con entrambe le mani acchiappò tutti i capelli per intrappolarli in una salda coda, nemmeno un capello doveva rimanere appiccicato sulla fronte, la vista non poteva essere intralciata da alcun ciuffo. Acchiappò la sacca verde, quella che si portava sempre appresso per spostarsi e trasportare i suoi pochi averi.
Lentamente stando ben attenta a non produrre alcun rumore, prese fuori il taccuino e la penna. Le dita tamburellarono sopra la copertina, non aveva alcuna voglia di gettare su carta i propri pensieri così lo ripose al suo posto.
Guardò Trevis sepolto sotto alle coperte, dormiva sdraiato supino con le braccia incrociate sul petto, il suo respiro era cauto e regolare. Lysa si sedette al suo fianco così da poter notare una piccola contrattura in mezzo alla fronte, non stava facendo un sonno tranquillo ma almeno dormiva e la ragazza non aveva alcuna intenzione di svegliarlo.

Dalle labbra uscì un sospiro sconnesso, breve e leggero. Stava succedendo il finimondo, probabilmente tutti i soldati dormivano avvolti dagli incubi come Trevis, lei invece no. Aveva visto morire così tante persone eppure non riusciva a provare niente. Paura, angoscia, ansia, compassione … nulla. Perchè avrebbe dovuto provare tristezza per i soldati morti? Avevano intrapreso la strada della battaglia e si sa, chi va a combattere ha la vita appesa a un filo, perciò perché si sarebbe dovuta rattristare per loro? Nessuno li aveva realmente costretti, si sono lasciati convincere dal discorso di Erwin ed hanno impugnato le lame.

Ieri sono morti loro, un domani toccherà a me “ pensò e un sorriso sinistro comparve sulle sue labbra.


Uscì dalla stanza per ritrovarsi nel corridoio deserto, dalle finestre entravano raggi di luce bluastri e la notte non pareva così buia.
Con estrema lentezza aprì la finestra sedendosi sul davanzale, lasciò le gambe ciondolare nel vuoto. Era al secondo piano, con un balzo sarebbe potuta scendere e scappare via, ma si limitò ad alzare il naso all'insù e uno sbuffo sfuggì dalle labbra quando vide una luna grande e piena. Lei preferiva la mezza luna, poiché non amava quel cerchio perfetto.

E' così grande e luminosa, ma non può sostituire il sole” pensò fra sé e sé e si prese in giro per quel pensiero così infantile.

Incrociò le gambe e sentì qualcosa all'interno della tasca del pantalone, con curiosità lo tirò fuori per ritrovare tra le mani un sigaro. Quel pomeriggio aveva pulito una stanza inabitata del castello, aveva trovato una scatola cubica in legno posta dentro l'armadio. La curiosità l'aveva spinta ad aprirla per scoprire una lunga fila di sigari ben allineati e così se n'era intascato uno così tanto per fare, senza una ragione precisa dato che non amava fumare.
Con una scrollata di spalle lo mise fra le labbra e lo accese, sì visto che c'era aveva preso anche il pacchetto di fiammiferi.
Un impeccabile soldato sarebbe dovuto rimanere nella stanza, ma tali volte le piaceva trasgredire le regole. Nella città sotterranea l'unica legge vigente era la “sopravvivenza” perciò la trasgressione non esisteva: la prostituzione, gli omicidi, la povertà, la violenza, erano tutte cose facenti parte della quotidianità.
Sbuffò e guardò la densa nuvola di fumo sospingersi verso l'alto.
Fumare non era vietato, non venivi di certo condannato a qualche pena se un superiore ti beccava, ma una giovane soldatessa non sarebbe stata guardata con un buon occhio. Di questo Lysa ne era certa, nel suo piccolo stava infrangendo qualche norma almeno morale.

Finchè nessuno mi vede posso fare ciò che voglio, giusto? “ il pensiero volò via assieme a un'altra folata fumosa.

Stanca di contemplare la volta celeste, gettò il sigaro ancora acceso fuori dalla finestra lasciando così la prova tangibile di quella piccola trasgressione.
Ripose i piedi sul pavimento del corridoio decidendo d'andare a bersi qualcosa giù in cucina
La notte era ancora lunga e voleva infrangere qualche altra regola.


. ***.


Scendere le scale fu faticoso dato che la gamba non smetteva di ardere e pulsare.
Hanji gli ripeteva che per guarire doveva cercare di muoversi il meno possibile, sì ma stare immobile significava non fare niente di conseguenza la mente rimaneva attiva, quest'ultima s'agitava verso pensieri passati e futuri. Levi era un uomo riflessivo perciò spesso trascorreva ore immobile a cercare di designare certe situazioni, ma il periodo del riposo era troppo lungo e per lui risultava inconcepibile starsene immobile a rimembrare i vecchi tempi. Quelli dovevano essere sepolti nel passato, sotto le rocce della città sotterranea e se ne dovevano stare buoni e zitti lì.
In prossimità della sala comunale vide la luce giallastra abbattersi contro le mattonelle

Chi diamine è sveglio a quest'ora? “ si domandò con un certo nervosismo dato che ricercava la compagnia d'una silenziosa tazza di tè. S'affacciò e vide una figura minuta illuminata dalla fioca candela posta sul tavolo. Le mostrava le spalle e una nuca corvina costretta in una salda coda.
Lysa “ pensò fra sé e l'istinto lo fece arretrare in un scatto, fu troppo veloce, troppo rumoroso perché la ragazza si voltò immediatamente. Quando gli sguardi s'incrociarono il respiro di Levi andò in apnea, Lysa invece rizzò la schiena e con la mano libera dalla tazza di coccio mise il pugno sul petto.
Con un gesto della mano il caporale la slacciò dalla formalità e lei lasciò cadere il pugno lungo il fianco. Levi non si concentrò sulla soldatessa poiché non era certo che il suo cuore avrebbe retto la sua vista, doveva mantenere il suo consono autocontrollo dato che lui era il caporale Levi, l'uomo inflessibile che caratterizzava la legione, la punta di diamante dell'esercito.
Gli occhi sfuggenti andarono all'ambiente circostante, vide un pentolino sul fornello spento, c'era ancora dell'acqua calda e allora si preparò un te per poi prendere posto al tavolo.
Sentì dei passi incamminarsi verso l'uscita
<< Dove credi d'andare? >> domandò lui con quel suo solito tono scontroso
<< Vado nella mia stanza signore >> sputò fuori frettolosamente senza neppure voltarsi
<< Siediti e finisci di bere >>
<< E' un ordine? >> chiese lei con una nota sarcastica che avrebbe tanto voluto ricacciare giù nella gola. Era un suo superiore e quella sfacciataggine non era affatto consona alla situazione.
<< Sì >> disse secco ma si sentì un autentico cretino nel momento in cui Lysa si sedette qualche posto più in là dal suo. Non voleva parlarle, non voleva conoscerla, non voleva sapere assolutamente nulla di lei eppure c'era una forza che l'attirava verso quella ragazza minuta. Era entrata a passo scalzo nella sua vita e se ne sarebbe potuta andare con la stessa cadenza, ma qualcosa d'irriconoscibile si dimenava nel suo petto. Levi non sapeva dare un nome a quella strana attrazione.
Un silenzio immobile calò, Lysa sentendosi imbarazzata da quella situazione inverosimile, sorseggiò la bevanda. Voleva finirla il prima possibile per scappare via ma l'acqua aromatizzata bruciava come l'inferno, se l'avesse bevuta tutta d'un sorso si sarebbe scorticata l'esofago e la lingua.
<< Hai dei problemi col sonno? >> fu lui a spezzare il silenzio.
<< No >>
<< E allora perché non dormi? >> chiese Levi sbirciandola sottecchi. Voleva mostrarsi disinteressato, anche se il suo petto sembrava non volerglielo permettere.
<< Signore, sono successe così tante cose, chi riuscirebbe mai a dormire bene? >>
Il pensiero cadde immediatamente sulla sua squadra, in un flash passarono gli occhi spenti di Petra. Li scacciò via dalla testa ponendo una seconda domanda alla ragazza
<< Hai perso dei compagni? >>
<< Sì >> disse lei frettolosa, donava domande circoncise come se temesse che una parola in più potesse rivelare un qualcosa di se stessa. Levi l'aveva intuita così, non gli pareva semplice nervosismo dato che non era presente alcuna titubanza nella sua voce.
<< Hai avuto paura? >> le domandò e lei non rispose immediatamente, Levi gettò di sfuggita lo sguardo sulla ragazza, questa stava con la schiena ritta come una corda di violino.
<< No >> rispose infine la ragazza che decise di spiegare la risposta inconsueta poiché tutti avevano paura dei giganti, anche i veterani.
<< Erwin ci aveva già spiegato cosa c'aspettava là fuori, ci avete insegnato a combattere perciò non ho paura d'uscire dalle mure >>
Colpito dalle parole solenni alzò lo sguardo e Levi prese coscienza d'un fatto fondamentale: gli occhi grigi erano grandi, adornati da lunghe ciglia come quelli di Erika, ma nonostante ciò non vide la ragazza del sottosuolo. Quest'ultima aveva gli occhi vivaci seppure velati da una certa tristezza, quelli di Lysa erano severi, contratti, quasi autoritari. Era lo sguardo d'una adulta cucito addosso a una ragazzina nonché lo sguardo d'un soldato che aveva combattuto.
La vide alzarsi da sedere in uno scatto
<< Posso congedarmi? Domani m'aspetta una giornata dura perciò vorrei approfittare delle poche ore rimaste per riposare >>
Un cenno del capo e Lysa filò via veloce come una gazza.

Guardandola e ascoltandola Levi aveva capito una cosa fondamentale: Lysa era una persona completamente differente da Erika.
Erika era una ragazza, Lysa era una soldatessa.
Potevano anche assomigliarsi fisicamente, ma non c'era alcuna traccia della personalità di Erika, neppure un soffio.

Nelle sue vene non scorre il sangue di Erika “ sentenziò infine, ogni dubbio poteva essere sepolto.




. *** .


Lysa entrò nella sua stanza, con delicatezza chiuse la porta.
Cercò con lo sguardo la sacca verde, l'acchiappò per tirar fuori il taccuino e la penna. Si sedette a gambe incrociate sul pavimento utilizzando una coscia come scrivania.
Impugnò la penna, tremante era la sua mano ma questa non la fermò

Lo sa, il caporale lo sa! Sa che provengo dalle fogne e scommetto che la cosa non gli va tanto a genio, scommetto che non vuole che un cumulo di spazzatura come me faccia parte della legione esplorativa. Lo sa, ho visto nei suoi occhi il rimprovero nei confronti della mia esistenza, ma cosa posso farci? Sarò nata anche per sbaglio però devo pur fare qualcosa della mia vita, no?
Lo sa e scommetto che farà di tutto per sbattermi fuori, oppure mi manderà a crepare in una qualche missione impossibile e così si sbarazzerà di me e poi …

Allontanò la penna dal foglio per trarre un lungo respiro. Doveva darsi una calmata. Si stava agitando, il cuore batteva troppo forte e così pose l'orecchio verso l'esterno, verso il cauto respiro di Trevis. Lo guardò, era immobile intrappolato nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato poco fa. Chiuse gli occhi e prese a respirare cercando di seguire il respiro armonioso dell'amico. Riuscì a placare il cuore e quando respirare tornò ad essere un gesto meccanico, impugnò di nuovo la penna.

Il caporale Levi lo sa, forse non m'importa così tanto. Se non gli vado a genio, se vorrà farmi sparire la cosa mi sta bene, in fondo puzzo di muffa e la sporcizia deve essere eliminata.
Mi sta bene, posso accettare la cosa purché spifferi in giro. Se si diffondesse tra i miei coetanei il fatto che son una cittadina della città sotterranea, anche Trevis lo verrà a sapere. A quel punto lui vorrà ancora essere amico mio?

Lesse l'ultima frase e lo stomaco si strinse.
Chiuse il quaderno, non voleva una riposta a quella domanda, preferiva non conoscerla.


Ciao:)

Ecco qua un altro capitolo e che dire, ci sono sentimenti contrastanti anche se provo un poco di rammarico perché sto procedendo con troppa lentezza, ma non oso spezzare il filo narrativo già costruito in passato, non vorrei correre il rischio di bloccarmi e lasciare in sospeso anche questa storia (Guai mai :O)

Spero che la lettura sia risultata piacevole e scorrevole ( ho corretto tutti gli erori? Lo spero >.<)

A costo di sembrare ripetitiva, ringrazio tutti voi che continuate a seguire questa storia, che commentate, che avete messo la storia tra le seguite o preferite, ricordate. Grazie perché davvero non m'aspettavo che questa Fics venisse seguita da così tante persone <3

Grazie di cuore
Spero di sentire la vostra opinione
un abbraccio

Mistiy

   
 
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