Passi incrociati
Il sole
s'era andato a
nascondere dietro le colline, la cena era stata consumata e
finalmente Lysa poté lasciar cadere sul materasso il proprio
corpo.
Le ultime energie le aveva utilizzate per buttarsi sotto la doccia,
un'insaponata, una sciacquata e andò sotto le lenzuola.
<< Lysa, dormi? >>
arrivò fastidiosa quanto il ronzio d'una zanzara la voce di
Trevis.
<< Se stai zitto … >>
rispose lei mal celando l'irritazione, nonostante ciò
aprì un
occhio per ritrovarsi faccia a faccia con un volto fiacco ma pur
sempre sorridente.
<< Non so come diamine
puoi dormire, t'invidio sai? >>
<< Trevis, siamo in piedi
da due giorni, la sonnolenza arriva anche se non la cerchi
>>
disse lei secca pronta a chiudere lo sguardo.
<< No, anche io sono
stanco però non riesco a dormire. Ho visto molti veterani
morire, ho
visto la crudeltà di quel gigante anomalo e poi credo che
qualcosa
si stia movimentando … >>
Trevis si sedette sull'orlo del
materasso.
Affranta
Lysa s'alzò a sedere. L'amico non l'avrebbe
lasciata dormire
in alcun caso, tanto valeva ascoltarlo .
<< Erwin e Hanji hanno
corso tutto il giorno avanti e indietro per il castello assieme ad
altri soldati, sono certo che fra poco metteranno in atto un piano,
uno di quelli pericolosi … >>
<< E allora? >>
arida la sua voce spezzò il flusso di parole dell'amico
<< Tu come me sei un
soldato semplice, non sei né un caporale né uno
stratega. L'unico
obbligo che ti da l'uniforme che indossi è “
obbedire”. Quando
questo presunto piano verrà rivelato anche a noi, tu farai
la parte
del bravo soldatino, annuirai e accetterai l'incarico che
t'assegneranno. >>
Lysa si sdraiò su un fianco
porgendo la schiena a Trevis, pronta per intraprendere il sonno tanto
atteso, ma quest'ultimo non sembrava intenzionato a imitarla.
<< Vattene a letto Trevis,
non ricordi la regola del buon soldato: mangia, bevi e dormi quando
puoi, ora è tempo di dormire. >>
Sottile la risata maschile si
diffuse nella stanza.
<< Hai ragione, noi non
dobbiamo riflettere troppo >> disse l'amico alzandosi,
con un
soffio spense la candela per poi scomparire nel suo letto.
Lysa finalmente libera da
qualsiasi rumore disturbante chiuse gli occhi.
Si sentì una dannata ipocrita
. *** .
<<
Mamma >> la chiamò accovacciandosi per terra.
Kuchel
stava supina, ritta come un asse di legno con il volto rivolto verso
il soffitto.
<<
Mamma >> la richiamò perché lei non
stava dormendo, da quella
veduta poteva osservare delle palpebre semi chiuse. Il piccolo Levi
decise di prendere la sua mano, la strinse forte
<<
Mamma! >> con agitazione la richiamò e il suo
animo s'acchetò
quando questa voltò il capo verso di lui. Rivelò
un volto
spigoloso, scavato dalla magrezza, uno sguardo privo d'espressione ma
era viva. Levi s'accontentò di tal fatto.
<<
Mamma sono io, Levi >> disse lui stringendole forte la
mano. La
guardò negli occhi, se li ricordava grigi eppure sotto la
fioca luce
della candela apparivano neri, allora concentrò lo sguardo
alla
ricerca del chiarore e lo vide: attorno alle grandi pupille scure
stavano due sottili cerchi chiari
<<
Levi … >> flebile uscì la sua voce
e il figlio esultò
internamente perché da giorni non parlava.
<<
Sì, son io >> rispose cacciando giù
in gola le lacrime
amare. Era un bambino, però se lo sentiva sotto pelle, sua
madre non
sarebbe vissuta a lungo e voleva godersi ogni istante che le rimaneva
assieme a lei.
<<
Levi … >> nel momento in cui le labbra secche
si riaprirono,
le palpebre calarono nascondendo uno sguardo color inchiostro.
Levi
si svegliò con uno strano gusto in bocca.
Si
rizzò a sedere scoprendo che il sole non era sorto.
Un'occhiata
fugace all'orologio e capì che aveva dormito tre ore. Non
s'era
riposato, la sua mente aveva viaggiato verso un passato lontano che
in quel momento pareva così vivido e tangibile.
Era
assurdo, stava accadendo il finimondo, difatti grazie ad Aremin s'era
designata una sospettata: Annie poteva essere il gigante femmina. Le
sue mani fremevano, non vedeva l'ora di spazzare via quella bastarda
che aveva decimato la legione con una tale crudeltà. La
voleva
torturare pian piano, giorno dopo giorno, sentirla urlare dal dolore,
voleva essere crudele. Era un sentimento vendicativo che desiderava
placare ad ogni costo col sangue e le urla del mostro, ma Levi lo
sapeva: la vendetta non lo avrebbe portato verso alcuna soddisfazione
poiché sì, ogni uomo si dirigeva verso la legge
del taglione ma di
fatto non riusciva mai a placare il senso d'angoscia, quello che ti
schiaccia le viscere.
Mosse
il ginocchio, una scossa dolorosa promanante dalla gamba scosse tutto
il corpo.
Non
aveva rimpianti, aveva agito d'istinto poiché quella
giornata
avevano già perso troppi soldati, non poteva morire anche
Mikasa. L'aveva guardata dritta negli occhi e lo aveva capito, per
salvare
Eren era disposta a tutto, persino sacrificare la sua stessa vita.
Anche lui avrebbe fatto lo stesso per Isabel e Farlen.
Gettò
l'occhio sulla scrivania, c'era una bottiglia di Gin mezza vuota,
arricciò il naso con un certo disgusto. Non amava l'alcool
poiché
questo appannava i sensi rendendo le persone più disinibite
e poco
ragionevoli, lui era stato educato ad essere costantemente vigile e
attento, però quella sera ricordò il detto
ripetuto nel ghetto: “
bevi per dimenticare”. Lo mise in pratica.
Voleva
dimenticare Lysa, voleva fingere che non fosse mai entrata nel suo
ufficio eppure era un desiderio ridicolo dato che la persona da
eliminare dalla memoria non era la giovane soldatessa bensì
Erika.
Lysa
pareva la fotocopia di Erika, per dimenticare la ragazza del
sottosuolo non sarebbe bastato neppure l'alcool presente in tutto il
mondo. Lo stesso discorso valeva per Kuckel.
Ricordava
così poco della madre, nella memoria erano rimasti attimi
trascorsi
assieme, non erano altro che un ammasso di sensazioni e parole mezze
dette. Alla sua persona più che altro riusciva ad associava
sensazioni calorose, a volte momenti d'affetto, ma nella sua testa
s'erano insidiati quegli occhi neri, nonché l'ultimo sguardo
di sua
madre verso il mondo circostante. Era sempre così, ogni
qualvolta
che la madre riaffiorava nella sua mente, il calore, l'affetto
venivano sempre schiacciati dalla morte, dal suo ultimo respiro e da
quel lento battito di palpebra.
Nervosamente
si alzò sulle gambe, la ferita gli intimò con una
scossa elettrica
di tornarsene a letto ma lui ignorò il dolore,
infilò gli stivali e
uscì dalla camera. Non sarebbe riuscito a riprendere il
sonno, non
voleva correre il rischio d'inciampare nel ricordo mortale di Kuckel,
neppure in quello di Erika.
. *** .
I
raggi lunari filtravano nella stanza, i colori bluastri danzavano per
ricoprire ogni cosa compresi due occhi sbarrati verso il soffitto.
Nessun rumore aveva destato il sonno di Lysa, eppure era sveglia con
lo sguardo vigile. Era un dato di fatto, lei riusciva a dormire
quattro ore a notte, neanche un minuto di più. La guerra, i
giganti
non erano stati loro a rubarle il sonno, era così da quando
ne aveva
a memoria. Rimanere lì a letto a poltrire? Poteva essere una
prospettiva allettante, ma non per Lysa. Scostò le coperte e
in
punta di piedi cercò i suoi abiti ritrovandoli piegati
accuratamente
sulla sedia. Con estrema delicatezza si svestì per indossare
la
divisa. Lasciò perdere le cinghie e l'attrezzatura 3D. Con
entrambe
le mani acchiappò tutti i capelli per intrappolarli in una
salda
coda, nemmeno un capello doveva rimanere appiccicato sulla fronte, la
vista non poteva essere intralciata da alcun ciuffo.
Acchiappò la
sacca verde, quella che si portava sempre appresso per spostarsi e
trasportare i suoi pochi averi.
Lentamente
stando ben attenta a non produrre alcun rumore, prese fuori il
taccuino e la penna. Le dita tamburellarono sopra la copertina, non
aveva alcuna voglia di gettare su carta i propri pensieri
così lo
ripose al suo posto.
Guardò
Trevis sepolto sotto alle coperte, dormiva sdraiato supino con le
braccia incrociate sul petto, il suo respiro era cauto e regolare.
Lysa si sedette al suo fianco così da poter notare una
piccola
contrattura in mezzo alla fronte, non stava facendo un sonno
tranquillo ma almeno dormiva e la ragazza non aveva alcuna intenzione
di svegliarlo.
Dalle labbra uscì un sospiro sconnesso, breve e leggero. Stava succedendo il finimondo, probabilmente tutti i soldati dormivano avvolti dagli incubi come Trevis, lei invece no. Aveva visto morire così tante persone eppure non riusciva a provare niente. Paura, angoscia, ansia, compassione … nulla. Perchè avrebbe dovuto provare tristezza per i soldati morti? Avevano intrapreso la strada della battaglia e si sa, chi va a combattere ha la vita appesa a un filo, perciò perché si sarebbe dovuta rattristare per loro? Nessuno li aveva realmente costretti, si sono lasciati convincere dal discorso di Erwin ed hanno impugnato le lame.
“ Ieri sono morti loro, un domani toccherà a me “ pensò e un sorriso sinistro comparve sulle sue labbra.
Uscì
dalla stanza per ritrovarsi nel corridoio deserto, dalle finestre
entravano raggi di luce bluastri e la notte non pareva così
buia.
Con
estrema lentezza aprì la finestra sedendosi sul davanzale,
lasciò
le gambe ciondolare nel vuoto. Era al secondo piano, con un balzo
sarebbe potuta scendere e scappare via, ma si limitò ad
alzare il
naso all'insù e uno sbuffo sfuggì dalle labbra
quando vide una luna
grande e piena. Lei preferiva la mezza luna, poiché non
amava quel
cerchio perfetto.
“ E' così grande e luminosa, ma non può sostituire il sole” pensò fra sé e sé e si prese in giro per quel pensiero così infantile.
Incrociò
le gambe e sentì qualcosa all'interno della tasca del
pantalone, con
curiosità lo tirò fuori per ritrovare tra le mani
un sigaro. Quel
pomeriggio aveva pulito una stanza inabitata del castello, aveva
trovato una scatola cubica in legno posta dentro l'armadio. La
curiosità l'aveva spinta ad aprirla per scoprire una lunga
fila di
sigari ben allineati e così se n'era intascato uno
così tanto per
fare, senza una ragione precisa dato che non amava fumare.
Con
una scrollata di spalle lo mise fra le labbra e lo accese,
sì visto
che c'era aveva preso anche il pacchetto di fiammiferi.
Un
impeccabile soldato sarebbe dovuto rimanere nella stanza, ma tali
volte le piaceva trasgredire le regole. Nella città
sotterranea
l'unica legge vigente era la “sopravvivenza”
perciò la
trasgressione non esisteva: la prostituzione, gli omicidi, la
povertà, la violenza, erano tutte cose facenti parte della
quotidianità.
Sbuffò
e guardò la densa nuvola di fumo sospingersi verso l'alto.
Fumare
non era vietato, non venivi di certo condannato a qualche pena se un
superiore ti beccava, ma una giovane soldatessa non sarebbe stata
guardata con un buon occhio. Di questo Lysa ne era certa,
nel suo piccolo stava infrangendo qualche norma almeno morale.
“ Finchè nessuno mi vede posso fare ciò che voglio, giusto? “ il pensiero volò via assieme a un'altra folata fumosa.
Stanca
di contemplare la volta celeste, gettò il sigaro ancora
acceso fuori
dalla finestra lasciando così la prova tangibile di quella
piccola
trasgressione.
Ripose
i piedi sul pavimento del corridoio decidendo d'andare a bersi
qualcosa giù in cucina
La
notte era ancora lunga e voleva infrangere qualche altra regola.
. ***.
Scendere
le scale fu faticoso dato che la gamba non smetteva di ardere e
pulsare.
Hanji
gli ripeteva che per guarire doveva cercare di muoversi il meno
possibile, sì ma stare immobile significava non fare niente
di
conseguenza la mente rimaneva attiva, quest'ultima s'agitava verso
pensieri passati e futuri. Levi era un uomo riflessivo
perciò spesso
trascorreva ore immobile a cercare di designare certe situazioni, ma
il periodo del riposo era troppo lungo e per lui risultava
inconcepibile starsene immobile a rimembrare i vecchi tempi. Quelli
dovevano essere sepolti nel passato, sotto le rocce della
città
sotterranea e se ne dovevano stare buoni e zitti lì.
In
prossimità della sala comunale vide la luce giallastra
abbattersi
contro le mattonelle
“ Chi
diamine è sveglio a quest'ora? “ si
domandò con un certo
nervosismo dato che ricercava la compagnia d'una silenziosa tazza di
tè.
S'affacciò e vide una
figura minuta illuminata dalla fioca candela posta sul tavolo. Le
mostrava le spalle e una nuca corvina costretta in una salda coda.
“ Lysa
“ pensò fra sé e l'istinto lo
fece arretrare in un scatto, fu
troppo veloce, troppo rumoroso perché la ragazza si
voltò
immediatamente. Quando gli sguardi s'incrociarono il respiro di Levi
andò in apnea, Lysa invece rizzò la schiena e con
la mano libera
dalla tazza di coccio mise il pugno sul petto.
Con
un gesto della mano il caporale la slacciò dalla
formalità e lei
lasciò cadere il pugno lungo il fianco. Levi non si
concentrò sulla
soldatessa poiché non era certo che il suo cuore avrebbe
retto la
sua vista, doveva mantenere il suo consono autocontrollo dato che lui
era il caporale Levi, l'uomo inflessibile che caratterizzava la
legione, la punta di diamante dell'esercito.
Gli
occhi sfuggenti andarono all'ambiente circostante, vide un pentolino
sul fornello spento, c'era ancora dell'acqua calda e allora si
preparò un te per poi prendere posto al tavolo.
Sentì
dei passi incamminarsi verso l'uscita
<<
Dove credi d'andare? >> domandò lui con quel
suo solito tono
scontroso
<<
Vado nella mia stanza signore >> sputò fuori
frettolosamente
senza neppure voltarsi
<<
Siediti e finisci di bere >>
<<
E' un ordine? >> chiese lei con una nota sarcastica che
avrebbe
tanto voluto ricacciare giù nella gola. Era un suo superiore
e
quella sfacciataggine non era affatto consona alla situazione.
<<
Sì >> disse secco ma si sentì un
autentico cretino nel
momento in cui Lysa si sedette qualche posto più in
là dal suo. Non
voleva parlarle, non voleva conoscerla, non voleva sapere
assolutamente nulla di lei eppure c'era una forza che l'attirava
verso quella ragazza minuta. Era entrata a passo scalzo nella sua
vita e se ne sarebbe potuta andare con la stessa cadenza, ma qualcosa
d'irriconoscibile si dimenava nel suo petto. Levi non sapeva dare un
nome a quella strana attrazione.
Un
silenzio immobile calò, Lysa sentendosi imbarazzata da
quella
situazione inverosimile, sorseggiò la bevanda. Voleva
finirla il
prima possibile per scappare via ma l'acqua aromatizzata bruciava
come l'inferno, se l'avesse bevuta tutta d'un sorso si sarebbe
scorticata l'esofago e la lingua.
<<
Hai dei problemi col sonno? >> fu lui a spezzare il
silenzio.
<<
No >>
<<
E allora perché non dormi? >> chiese Levi
sbirciandola
sottecchi. Voleva mostrarsi disinteressato, anche se il suo petto
sembrava non volerglielo permettere.
<<
Signore, sono successe così tante cose, chi riuscirebbe mai
a
dormire bene? >>
Il
pensiero cadde immediatamente sulla sua squadra, in un flash
passarono gli occhi spenti di Petra. Li scacciò via dalla
testa
ponendo una seconda domanda alla ragazza
<<
Hai perso dei compagni? >>
<<
Sì >> disse lei frettolosa, donava domande
circoncise come se
temesse che una parola in più potesse rivelare un qualcosa
di se
stessa. Levi l'aveva intuita così, non gli pareva semplice
nervosismo dato che non era presente alcuna titubanza nella sua voce.
<<
Hai avuto paura? >> le domandò e lei non
rispose
immediatamente, Levi
gettò di
sfuggita lo sguardo sulla ragazza, questa stava con la schiena ritta
come una corda di violino.
<<
No >> rispose infine la ragazza che decise di spiegare la
risposta inconsueta poiché tutti avevano paura dei giganti,
anche i
veterani.
<<
Erwin ci aveva già spiegato cosa c'aspettava là
fuori, ci avete
insegnato a combattere perciò non ho paura d'uscire dalle
mure >>
Colpito
dalle parole solenni alzò lo sguardo e Levi prese coscienza
d'un
fatto fondamentale: gli occhi grigi erano grandi, adornati da lunghe
ciglia come quelli di Erika, ma nonostante ciò non vide la
ragazza
del sottosuolo. Quest'ultima aveva gli occhi vivaci seppure velati
da una certa tristezza, quelli di Lysa erano severi, contratti, quasi
autoritari. Era lo sguardo d'una adulta cucito addosso a una
ragazzina nonché lo sguardo d'un soldato che aveva
combattuto.
La
vide alzarsi da sedere in uno scatto
<<
Posso congedarmi? Domani m'aspetta una giornata dura perciò
vorrei
approfittare delle poche ore rimaste per riposare >>
Un
cenno del capo e Lysa filò via veloce come una gazza.
Guardandola
e ascoltandola Levi aveva capito una cosa fondamentale: Lysa era una
persona completamente differente da Erika.
Erika
era una ragazza, Lysa era una soldatessa.
Potevano
anche assomigliarsi fisicamente, ma non c'era alcuna traccia della
personalità di Erika, neppure un soffio.
“ Nelle sue vene non scorre il sangue di Erika “ sentenziò infine, ogni dubbio poteva essere sepolto.
. *** .
Lysa
entrò nella sua stanza, con delicatezza chiuse la porta.
Cercò
con lo sguardo la sacca verde, l'acchiappò per tirar fuori
il
taccuino e la penna. Si sedette a gambe incrociate sul pavimento
utilizzando una coscia come scrivania.
Impugnò
la penna, tremante era la sua mano ma questa non la fermò
Lo
sa, il caporale lo sa! Sa che provengo dalle fogne e scommetto che la
cosa non gli va tanto a genio, scommetto che non vuole che un cumulo
di spazzatura come me faccia parte della legione esplorativa. Lo sa,
ho visto nei suoi occhi il rimprovero nei confronti della mia
esistenza, ma cosa posso farci? Sarò nata anche per sbaglio
però
devo pur fare qualcosa della mia vita, no?
Lo
sa e scommetto che farà di tutto per sbattermi fuori, oppure
mi
manderà a crepare in una qualche missione impossibile e
così si
sbarazzerà di me e poi …
Allontanò la penna dal foglio per trarre un lungo respiro. Doveva darsi una calmata. Si stava agitando, il cuore batteva troppo forte e così pose l'orecchio verso l'esterno, verso il cauto respiro di Trevis. Lo guardò, era immobile intrappolato nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato poco fa. Chiuse gli occhi e prese a respirare cercando di seguire il respiro armonioso dell'amico. Riuscì a placare il cuore e quando respirare tornò ad essere un gesto meccanico, impugnò di nuovo la penna.
Il
caporale Levi lo sa, forse non m'importa così tanto. Se non
gli
vado a genio, se vorrà farmi sparire la cosa mi sta bene, in
fondo
puzzo di muffa e la sporcizia deve essere eliminata.
Mi
sta bene, posso accettare la cosa purché spifferi in giro.
Se si
diffondesse tra i miei coetanei il fatto che son una cittadina della
città sotterranea, anche Trevis lo verrà a
sapere. A quel punto lui
vorrà ancora essere amico mio?
Lesse
l'ultima frase e lo stomaco si strinse.
Chiuse
il quaderno, non voleva una riposta a quella domanda, preferiva non
conoscerla.
Ciao:)
Ecco qua un altro capitolo e che dire, ci sono sentimenti contrastanti anche se provo un poco di rammarico perché sto procedendo con troppa lentezza, ma non oso spezzare il filo narrativo già costruito in passato, non vorrei correre il rischio di bloccarmi e lasciare in sospeso anche questa storia (Guai mai :O)
Spero che la lettura sia risultata piacevole e scorrevole ( ho corretto tutti gli erori? Lo spero >.<)
A costo di sembrare ripetitiva, ringrazio tutti voi che continuate a seguire questa storia, che commentate, che avete messo la storia tra le seguite o preferite, ricordate. Grazie perché davvero non m'aspettavo che questa Fics venisse seguita da così tante persone <3
Grazie
di cuore
Spero
di sentire la vostra opinione
un
abbraccio
Mistiy