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Autore: Mr Lavottino    21/06/2016    8 recensioni
STORIA AD OC
Una ragazza di venti anni è stata trovata uccisa nella sua camera. Suo padre, un gangster, obbliga la polizia canadese a trovare il colpevole, pena una ribellione della sua gang.
Quattordici ragazzi sono stati sospettati dell'omicidio, ed il gangster li fa rinchiudere dentro una sua villa, sotto sorveglianza stretta della polizia.
Peccato che, ad insaputa della polizia stessa, Chris MClean, questo il nome del gangster, abbia riempito la casa di trappole per uccidere tutti i ragazzi al suo interno.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Chris McLean, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Total Drama's Series'
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- Hey, Trent, l’hai saputa l’ultima “novità”?-
- Dimmi, Geoff.-
- Due dei sospettati si sono suicidati. Erano un ragazzo e una ragazza. -
- Cazzo, che spreco. Ecco perché mi erano sembrati un po’ pochi.-
I due stavano allegramente conversando mentre portavano il bus contenente le dodici persone verso la villa di MClean.
Il bus procedeva con estrema lentezza, ed erano più di tre ore che i ragazzi si trovavano chiusi nel retro del furgone. Non c’erano nemmeno i posti, dovevano stare in piedi, o al massimo seduti, e il fatto che uno spesso telo, rigidamente chiuso, impedisse all’aria di circolare rendeva il posto caldo e secco. Per di più, oltre allo strato del velo, vi era uno in metallo, che rendeva quindi le pareti scottanti.
I due poliziotti, invece, godevano di aria condizionata ed anche di due finestrini. Dietro di loro c'era una parete di ferro, dove al centro era presente quadrato di circa venti centimetri per venti, composto da un pezzo di vetro antiproiettile e da una dozzina di piccoli buchi nella parte inferiore, in modo da far passare un po’ di aria anche agli sventurati e per permettergli anche sentire di cosa essi stessero parlando, anche se in tre ore nessuno aveva sputato fuori una parola.
Ogni tanto le grosse ruote del bus incappavano in qualche buca, smuovendo il veicolo e facendo inesorabilmente cadere tutti gli sventurati che erano in piedi.
Il caldo soffocante stava torturando i poveri disgraziati ed alcuni di loro erano visibilmente innervositi da questo trattamento scomodo e freddo.
Ascoltare due idioti che parlavano del tempo o che si chiedono cosa le loro mogli gli avrebbero preparato per cena, metteva i brividi a tutti. Stavano portando dodici persone in una villa dove sarebbero, molto probabilmente, morti tutti quanti, e loro stavano amorevolmente facendo un’allegra chiacchierata.
A spezzare il silenzio ci pensò Damian Lovam, che si attaccò al vetro antiproiettile insultando i due.
- Sentite voi due, avete sinceramente, e sottolineo sinceramente, rotto il cazzo.- spiegò, ridendo e facendo i gesti come se stesse insultando due bambini delle elementari, aggiustandosi di tanto in tanto il cappello che portava sulla testa.
I suoi occhi verdi stavano analizzando attentamente i due poliziotti, che di ricambio lo guardavano cercando disperatamente di non mettersi a ridere. Incominciò a toccarsi i capelli castani, come in preda al panico, mentre con l’avambraccio strusciava rapidamente il naso.
Si gettò poi a terra, sporcando di terra la sua maglietta dell’NBA e strappando ancora di più i jeans.
- Sei stai fingendo una crisi di panico per farci fermare ti conviene smettere subito.- tagliò corto Geoff, tirando fuori la pistola in modo che fosse visibile anche al castano, il quale sgranò gli occhi e si rialzò subito.
- Chiedo scusa, buon signore, ma potrebbe dirmi quanto manca?- un'altra voce si levò dalla “folla”, facendo voltare il biondo.
Un ragazzo di colore si stava avvicinando al vetro. Capelli rasati, occhi marroni e muscoli a non finire. Di sicuro non sembrava un tipo da fare una richiesta così tranquilla. Il suo abbigliamento invece era come quello di un bambino di massimo dieci anni: una T-shirt blu con un fulmine disegnato al centro, con degli orribile pantaloncini di un’altra gradazione dello stesso colore e che non si abbinavano minimamente l’un con l’altro. Il suo nome era Thaunder Willson.
- Fatti i cazzi tuoi.- tagliò corto Geoff, divertendosi nel vedere il volto pieno di allegria del nero diventare, per l’appunto, nero di rabbia.
- Ma come si permette?! Io sono un militare che combatte per la patria!-
- Tu? Tu saresti un militare? Certo che sono caduto davvero in basso.- Damian se la stava ridendo alla grande, mentre il volto di Thaunder si stava tingendo di rosso. – Comunque qui non c’è posto! Dai su, quella grassona da sola occupa metà del bus!- puntò il dito contro Chantal Clay, una ragazza di colore, gli occhi marrone scuro e i capelli neri e ricci le ricadevano sulle spalle. Il maglione nero che portava doveva avere una taglia grossissima, poiché copriva il cavallo dei pantaloni, che erano probabilmente di una tuta.
Chantal era seduta, smussata dal viaggio ed anche grondante di sudore, l’ultima cosa che voleva era che un bulletto da quattro soldi iniziasse a sfotterla a suo piacimento.
- Senti, cazzetto, o la smetti subito di rompermi i coglioni o mi alzo e ti spacco quella faccia di merda che ti ritrovi.- lei era sboccata, ma molto sboccata. E si sa, a volte la lingua ferisce più di una spada, cosa che aveva imparato ed usava a suo vantaggio.
Ma Damian non era un bulletto tutto fumo e niente arrosto, era arrogante, presuntuoso ed egoista, oltre che incredibilmente rompi palle. Non gradì affatto la risposta della mora, tant’è che rispose con cattiveria e con tono strafottente.
- Dubito tu riesca ad alzarti.-
- Sei proprio un figlio di puttana.-
- Aspetta, aspetta.- stoppò a metà il discorso di Chantal per togliersi il cappello della testa e mostrarglielo, rendendo visibile la scritta al centro – Fuck what other people things. In altre parole non me ne frega un cazzo.- sentite queste parole Chantal si stava per alzare, quando una risata fragorosa interruppe il battibecco.
Suzanne Riccini stava ridendo come una matta, attirando l’attenzione di tutti. Si toccava la pancia con la mano sinistra, mentre con la destra si toccava i capelli viola, cercando invano di smettere di ridere. Gli occhi, grossi, tondi e di colore rosa, stavano per lacrimare. Il suo carattere infantile era solito farla divertire per poco, come fosse appunto una bambina.
- Quel ragazzo è buffissimo!- riuscì a dire, tra una risata e l’altra – Ha delle squame sul collo, sembra una lucertola!- la mano con cui prima si toccava i capelli adesso stava indicando un ragazzo seduto sul fondo del camion, con la schiena appoggiata alla parete di ferro ed uno sguardo furioso sul viso. Le “squame” che aveva visto Suzanne, non erano altro che dei tatuaggio che Keel Kanster aveva sul collo e sulle spalle. Era da tutti conosciuto come “Scale King” proprio per questo suo strano tatuaggio, e anche perché faceva parte dei Mannaia Street, una famosa banda della loro città. Capelli rossi, così scuri che tendevano al nero ed occhi del medesimo colore.
Vestiva con una giacca nera con il simbolo della sua banda, una mannaia ed una pisola incrociate, sul retro e dall’apertura di quest’ultima si poteva osservare una canottiera rossa. Il paio di Jeans che indossava era praticamente ridotto a brandelli e i suoi anfibi erano alquanto malandati, soprattutto per le suole, le quali erano praticamente consumate, probabilmente dovuto al suo continuo andare in moto con i membri della banda.
Osservava con sguardo adirato la viola, che intanto aveva smesso di ridere, senza però smettere di tendergli della occhiate di tanto in tanto e di sogghignare di nascosto.
- Hai ragione, sembra una lucertola!- detto questo Damian si ritrovò spiaccicato contro la parete in metallo del bus da Keel, che lo aveva preso per il collo.
- Dillo di nuovo.- la sua voce era bassa, ma udibile da tutti, ed i suoi occhi erano come impregnati di sangue, forse dovuto al loro essere scuri con riflessi rossastri.
- Stai calmo, era per scherzare.- solo un filo di voce fuoriuscì dalla bocca di Damian, che fu rigettato a terra con violenza dall’altro. – Che tipo… - si lasciò sfuggire, facendosi accidentalmente sentire dal rosso, che lo guardò abbastanza incazzato.
- Se mi sganci un bigliettone da cento posso mandargli contro una maledizione.- Keel si voltò, cercando tra la folla chi gli avesse rivolto la parola. Infondo all’autobus, dalla parte opposta alla sua, c’era Alex Verdian, ovvero colui che aveva parlato.
La sua pelle chiarissima quasi brillava nel buio del veicolo, mentre i suoi occhi celesti, uno dei quali era però coperto dai capelli biondi, talmente chiari da sembrare quasi bianco, gli facevano uno strano effetto di contrasto con il suo vestiario scuro, ovvero un paio di pantaloni neri ed una camicia, perennemente aperta, di colore rosso.
- Mi stai prendendo per il culo?- ribatté, alzando un ciglio.
- No, assolutamente.-
- Tu stai male.-
- Se ti lancio una maledizione tu starai sicuramente peggio.-
- Ma vaffanculo.-
Il loro battibecco non durò molto, poiché Luise Weich, una ragazza alta, magra, con i capelli neri con delle meches rosse e gli occhi verdi, si intromise di prepotenza nella discussione.
- Avete rotto il cazzo, tutti e due.- sputò acida, sistemandosi i pantaloni che si erano stropicciati stando tutta seduta e levando la polvere dalla sua maglietta rosa a maniche corte, - Voi maschi fate proprio schifo.-
- Ma guarda, abbiamo una lesbica tra noi?- la voce gelida di Damian costrinse la mora a voltarsi, incrociando i loro sguardi.
- Problemi?-
- I gay e le lesbiche mi stanno sul cazzo.-
Sentendo quelle parole Rui Sullivan si alzò in piedi. I suoi capelli neri e lisci coprivano leggermente una parte del suo volto, mentre gli occhi rossi guardavano infastiditi il castano, che era messo in soggezione da quel colore così puro. Le mani, riposte dentro la tasca della sua felpa rossa, stringevano il tessuto, cercando di smaltire il nervoso, mentre con il piede destro dava dei piccoli colpi ai suoi jeans, con il medesimo intento.
- Sei per caso omofobo?- Rui cercava di tenere a bada il suo nervosismo, onde evitare di colpire violentemente quell’idiota
- Ma per caso sei gay? Vuoi dire che sono circondato da froci e lesbiche? Che cazzo volete fare un orgia?-
- No, io sono asessuato.-
- Ma che cazzo vuol dire?-
- Che non mi sono mai innamorato.-
- Allora si può dire che sei gay. -
- No. –
- Ma che cazzo vuol dire asessuato? O sei normale o sei gay. -
- Me lo ha detto anche il medico.- sorrise, spezzando quell’aria di tensione che si era creata tra i due.
Damian si guardò intorno, alla ricerca di qualcuno di cui ancora non sapeva il nome, giusto per fare in modo di farlo presentare. Infondo più sapeva sugli altri meglio era.
- Ehi, tu la infondo.- puntò il dito contro un ragazzo che ancora non si era presentato. – Sei etero vero?-
Il ragazzo si fece scappare una risata, mostrando finalmente il suo volto, che aveva tenuto abbassato per tutto il tempo. Il suo nome era Zarin Bonet. I suoi capelli neri con le punte verdi di muovevano, mentre cercava inutilmente di far tacere quella ridarella che gli era presa. Gli occhi grigio perla puntavano su Damian, il quale si sentiva leggermente preso in giro. Morse il collo della giacca nera e si prese a pugni sul ginocchio, cercando di smettere di ridere.
- Sessualmente fluido.- dopo aver detto ciò iniziò a fare una risata fragorosa.
- Ma che sei scemo? Ma che cazzo vuol dire “sessualmente fluido”?-
- In pratica è attratto da un determinato tipo di carattere, non importa se maschio o femmina.-
La risposta alla sua “ignorantissima” domanda gli fu data da Nihal Barlow, un tipo che assomigliava vagamente a Keel, con le uniche differenze di non aver tatuaggi sul collo, ma solo su entrambi i bracci, ed avere gli occhi celesti. Le sue mani erano riposte nelle tasche dei pantaloni, mentre dalla giacca aperta di poteva intravedere una T-shirt con su scritto “Save the innocence”.
Era un tipo silenzioso, estremamente silenzioso.
Damian lo guardò stranito.
- Non so se avere più paura del sessualmente fluido o di te, che sai cosa significa.-
Dall’alto destro del bus si alzò una ragazza che, una volta avvicinatasi al castano, gli sussurrò delle parole.
- Sono lesbica. Insultami un'altra volta e ti strappo i gioielli di famiglia a morsi.- per poi mordergli l’orecchio.
Elly Gordon, una ragazza dai capelli biondi e gli occhi marroni, che dava tutta l’aria di essere una “puttana”. Pantaloni corti, maglietta che lasciava scoperto l’ombelico ed un piercing sulla lingua.
La prima impressione che fece a Damian fu che fosse una vera e propria cagna da combattimento.
- Tu non me la dici giusta. Sembri troppo troia.-
Il calcio sui genitali che ricevette non era nemmeno paragonabile al dolore che gli avrebbero inflitto mille coltellate.
- E tu? Come ti chiami?- mentre tutti ridevano sull’accaduto e parlavano tranquillamente, Nihal stava “entrando in contatto” con Diana Brooks, una ragazza timida, ma veramente bella.
Capelli castano chiaro, con occhi celesti ed un fisico meraviglioso, che però non veniva messo in risalto da Diana stessa che, invece di indossare abiti firmati o di moda, era solita mettersi un maglione nero di una taglia più grande e dei comunissimi pantaloni attillati.
- Mi chiamo Diana.- sussurrò, con voce talmente bassa che solo il rosso potesse sentirla, che gli rivolse poi un sorriso, facendola arrossire.
- Io sono Nihal.- le porse la mano, che la castana afferrò con timidezza, ricambiando il sorriso del ragazzo.
Il sorriso di Diana era qualcosa di incredibile, sarebbe riuscito a far addolcire anche una tigre.
I due parlarono per un po’, scoprendo con loro sorpresa che avevano dei gusti simili, l’unica cosa era l’età, poiché lui aveva ventiquattro anni, mentre lei solo diciotto.
 
 
Passarono due ore prima che il bus facesse una brusca fermata e che l’autista intimasse ai dodici ragazzi di scendere.
Non appena il retro del “bagagliaio” fu aperto, la luce abbagliò i poveri ragazzi, i quali si erano ormai abituati al buio del veicolo.
- Allora, questa sarà la vostra casa per tutta la settimana. È piena di telecamere, quindi cercate di rigare dritto.- spiegò Trent – Dentro troverete già i vostri bagagli. Le stanze sono divise casualmente, quindi potrebbero capire una camera con un ragazzo ed una ragazza. Evitate di fare casino. E soprattutto: che venga fuori il colpevole.-
- E se i colpevoli fossero i due che si sono suicidati?- domandò Keel.
- Ora ne parleremo con MClean, ma per ora siete tutti sospettati.-
La casa era grande, un’immensa villa color pesca, con un piccolo giardino all’entrata ed un recinto che la racchiudeva in tutta la sua grandezza, grandezza dovuta solo alla costruzione, poiché i giardini ed i territori esterni erano veramente piccoli in confronto all’edifico.
I due poliziotti se ne andarono, intimando nuovamente al gruppo di fare attenzione al loro comportamento.
I ragazzi entrarono dentro la villa, rimanendo a bocca aperta non appena videro il grande lampadario sopra le loro teste.
- Cazzo, di cristallo vero.- Alex rimase incantato da tale visione. – Hey, ma qui c’è una corda!- il ragazzo la tirò senza pensarci, ancor prima che gli altri potessero dire la loro, ma non successe niente.
Quanto però gli sventurati si apprestarono a passare sotto il lampadario, esso crollò a terra, fortunatamente senza colpire nessuno, ma spaccandosi in mille pezzi.
- Diamine! State tutti bene?- domandò Rui, ricevendo un sì in coro dagli altri. Erano tutti riusciti a salvarsi, Chantal, Alex, Suzanne e Zarin erano rimasti sull’uscio, evitando quindi l’impatto, mentre gli altri erano già praticamente sulle scale. Gli unici due che erano vicino nel momento del crollo erano Diana e Nihal, ma il ragazzo aveva gettato a terra la ragazza, facendole scudo con il corpo ed evitando che venisse ferita.
- Ti ringrazio.-
- Non ti preoccupare.- il rosso le accarezzò la testa, per poi intimarla a seguirla.
- Quella era chiaramente una trappola! Ma per quale cazzo di motivo hai tirato la corda?- la grida di Suzanne entrarono nella testa del biondo, il quale non provava il minimo rimorso per aver accidentalmente attentato alla vita di tutti.
- Calmati, piccola.- gli sussurrò, ricevendo uno schiaffo sulla guancia subito dopo – Diamine, pensavo si sarebbe illuminato.-
- Tu stai male, ma veramente male.-
- Calmati, può succedere a tutti di sbagliare.- Zarin cercò di calmare la ragazza, accarezzandole i capelli con la mano.
- Sentite, può darsi che fosse solo una coincidenza.- Rui cercò la scusa più conveniente, ma senza riuscire a convincere gli altri.
- Siamo in una casa di un mafioso che ci vuole morti. Pensi veramente che non abbia messo nemmeno una trappola in tutta la casa?- Elly lo guardò, sedendosi su uno dei gradini.
- Per adesso andiamo nelle nostre stanze, poi dopo parleremo dell’accaduto, e cercheremo anche l’assassino.- Thaunder prese il comando della situazione, mandando ognuno a cercare la propria stanza.
Si incamminarono tutti verso le camere, che erano disposte lungo un corridoio a sinistra delle scale, ove c’erano tre porte a destra, tre a sinistra e una al centro, che però era inutilizzata a causa del suicidio delle due persone che vi sarebbero dovuti stare, ognuna con due nomi scritti sulla porta.
La prima stanza era di Rui e Keel, la seconda di Elly e Damian, la terza di Chantal e Suzanne, la quarta di Alex e Zarin, la quinta di Nihal e Diana e l’ultima di Thaunder e Luise.
- Allora appena avrete sistemato i vostri bagagli ci vediamo nella sala. – il nero congedò tutti, entrando infine nella sua camera.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autore:
Finalmente ho pubblicato il capitolo XD
Mi ci è voluto un po’, ma alla fine sono riuscito ad aggiornare prima di una settimana.
Comunque credo che gli aggiornamenti saranno settimanali.
Gli OC che mi sono arrivati mi piacciono, quindi cercherò di usarli al meglio possibile, infatti trovo che alcuni caratteri dei personaggi si intreccino veramente tra loro, e quindi userò ciò per formare alleanze o coppie.
Per oggi è tutto, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione!
 
 
   
 
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