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Autore: Old Fashioned    23/06/2016    6 recensioni
Il principe Wieland sarebbe disposto a tutto pur di ritrovare Lady Amilda, la sua promessa sposa. Un Veggente gli predice che riuscirà a ricondurla a sé, ma gli svela anche che nell'impresa perderà la persona che ama di più al mondo. Che cosa significa la misteriosa profezia?
Wieland ritiene che sia Lady Amilda la persona che ama di più al mondo. Come può rincoquistarla e perderla nello stesso momento?
P.S.: questa storia non era originariamente strutturata in capitoli. L'ho divisa qui perché è piuttosto lunga e non volevo mandarla tutta in una volta.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Nonostante la sua impazienza, il principe poté lasciare Theoburg solo dopo un paio di giorni.
Partirono lui e Aldric sul fare dell’alba, in sella a due robusti destrieri, portando seco un candido palafreno per Lady Amilda e un ulteriore cavallo carico del necessario per il viaggio.
Il cammino che li aspettava infatti era lungo e difficile: usciti dalle fertili pianure di Konorian, avrebbero dovuto attraversare il Cadwald, una foresta impenetrabile e infestata di belve, quindi avrebbero dovuto valicare i Monti Vjelen sfidando le nevi del Passo di War-Lye, anche detto degli Eserciti Perduti. Se fossero riusciti nella difficile impresa sarebbero giunti nella desolazione del Morvynnet, oltre la quale, così narravano le saghe, era situata la Valle dei Lamenti.
Non avrebbero trovato nulla lungo la strada, se non ciò che recavano seco. I pochi villaggi disseminati in quelle vuote plaghe, infatti, erano abitati da gente infida e malvagia, che raramente dava aiuto ai forestieri, e in ogni caso mai senza un lauto compenso.
Ma ciò non importava al principe Wieland. Egli aveva una sola cosa in mente: che avrebbe riavuto Lady Amilda. Anche i pericoli e le privazioni gli sembravano poco più di fastidi, ora che stava andando a riprendere la sua amata.

Il tragitto attraverso le pianure di Konorian fu piuttosto tranquillo. La gente lì non era ostile, anzi molti riconoscevano il principe Wieland e gli rendevano omaggio, augurandogli pace e prosperità.
Il luogo inoltre era quanto mai piacevole: vi erano basse colline, pianure leggermente ondulate e immensi campi sui quali le messi cominciavano a maturare. Di tanto in tanto si incontravano mandrie di animali al pascolo e ordinate masserie, a volte isolate e a volte riunite in piccoli borghi.
All'orizzonte vi era la minacciosa linea scura del Cadwald, ma in quel paesaggio agreste e tranquillo quasi non si notava.
Man mano che si avvicinavano al bosco, però, i due si accorgevano che le masserie diventavano sempre più rare, mentre aumentava il numero dei campi lasciati a maggese. Animali al pascolo non se ne vedevano più.
Ad un certo punto scomparvero dal cielo anche i canti degli uccelli. Dappertutto regnava un gran silenzio, nel quale gli zoccoli dei cavalli risuonavano come magli da fucina.
Wieland si guardò intorno a disagio.
È la vicinanza del Cadwald, principe,” disse Aldric, accarezzando il proprio destriero, che scartava nervoso con le orecchie appiattite all’indietro.
Ci sei mai stato?”
Sì, altezza. È un luogo arcano e pericoloso.” Il capitano delle guardie lo disse con tono di banale constatazione. Nel frattempo era riuscito a tranquillizzare la propria cavalcatura e aveva ripreso la marcia.
L'altro scrutò nuovamente l'inquietante linea scura. Ormai vi si distinguevano chiaramente le sagome di alberi solenni, dalla chioma imponente. Notò che non si udiva uno stormire di fronde: la foresta sembrava in silenziosa attesa.

Senza neppure aspettare di giungere in vicinanza delle prime piante, Aldric scrutò il cielo e disse: “Sarà meglio accamparci qui, altezza.”
Perché? Il sole è ancora alto.”
Wieland era impaziente di avanzare, ogni minuto che lo separava dalla sua amata gli sembrava lungo come un'eternità e fermarsi quando c'erano ancora due ore di luce gli pareva un inutile spreco di tempo.
Non è consigliabile farsi sorprendere dal buio all'interno del Cadwald, altezza.” rispose Aldric pazientemente.
Non c'è una locanda nella quale fermarsi?”
Nel Cadwald, altezza?” Il capitano delle guardie non poté evitare di fissarlo stupito. “No, lì ci sono solo lupi... o peggio.”
Cosa ci può essere di peggio dei lupi? Orsi?”
Non sono orsi, altezza.”
Di che stai parlando?”
Le creature del bosco.”
E cosa sono?”
Non saprei.”
Wieland lo fissò stupito. “Come sarebbe a dire che non lo sai? Non le hai viste quando ci sei stato?”
Sì, altezza, ma non saprei dire cosa sono.”
Così parlando, i due erano arrivati agli arbusti del sottobosco, che spuntavano fra i tronchi secolari là dove la luce del sole riusciva ancora a penetrare le fitte chiome degli alberi più alti.
Tutti gli animali si innervosirono e cominciarono a scartare nitrendo. Il candido corsiero destinato a Lady Amilda fece addirittura una mezza impennata e sarebbe fuggito via se Wieland non l'avesse tenuto saldamente per le redini.
E adesso cos'hanno?” chiese il principe faticando per ricondurre all'obbedienza le recalcitranti bestie.
Sentono l'aria malvagia del bosco, altezza. Gli animali percepiscono queste cose meglio di noi.”
Wieland lo fissò severo. “Non avrai paura, voglio sperare.”
Se ho paura è per voi, altezza,” fu la pacata risposta.
Beh, ti dimostrerò che essa è fuori luogo!” esclamò piccato il principe, spronando risolutamente il proprio cavallo.

All’interno del Cadwald l’aria era immobile e aveva un vago sentore di muffa e putrefazione. Vi regnava una spenta luce grigiastra e una pesante bruma strisciava sul terreno attutendo il rumore degli zoccoli.
Che strano posto,” commentò Wieland guardandosi intorno.
Il sentiero procedeva in una sorta di navata il cui soffitto, altissimo, era costituito dai rami degli alberi. Ai lati del percorso c’erano solo tronchi a perdita d’occhio, scuri e velati di nebbia.
Per un po’ avanzarono in silenzio. La luce si faceva sempre più fioca e di pari passo cresceva nei due un penoso senso d’oppressione. Aldric allentò la spada nel fodero.
Il principe, dal canto suo, cominciava a capire che forse avrebbe fatto meglio a dar retta al più esperto capitano della guardia. Si stava approssimando la notte, e con essa la necessità di accamparsi. Ma dove avrebbero potuto riposare, in un luogo dove ogni sasso e ogni foglia sembravano letteralmente sprigionare malvagità?
Come fanno normalmente i viandanti ad attraversare il Cadwald?” chiese sforzandosi di usare un tono indifferente.
Se possono lo aggirano, altezza, ma se come noi sono obbligati a passarvi attraverso, ebbene aspettano l’alba per entrarvi e non si fermano fino a che non sono giunti dall’altra parte, pregando che ciò accada prima del tramonto.”
Perché, cosa succede al tramonto?”
Arrivano quelli.”
Ebbene, se si avvicinano troppo assaggeranno il filo delle nostre spade.” Concluse Wieland risoluto.
Aldric non disse nulla. Continuò ad avanzare attento, scrutando i dintorni che nebbia e crepuscolo rendevano sempre più indistinti.
D’un tratto echeggiò un richiamo. Era una specie di ululato, ma chiaramente non proveniva dalla gola di un lupo. Era più roco, più modulato. Più umano, in un certo senso. Sembrava contenesse parole in qualche lingua antica e sconosciuta.
Sono loro,” disse Aldric, “presto ci saranno addosso.”
Smontò dal proprio cavallo e prese dal bagaglio due torce. Le accese con gesti rapidi ed esperti, poi ne porse una al principe.
Hanno paura della luce, altezza. Non lasciate andare questa fiaccola per nessun motivo.”
L’ululato si ripeté, più vicino. Altri risposero. I cavalli nitrirono spaventati.
Aldric si voltò verso il principe. “È meglio che stiamo vicini, altezza.”
L’altro non se lo fece ripetere. Tutt’intorno era una cacofonia di richiami. Non c’erano solo i lugubri ululati che avevano udito all’inizio, ma anche ansiti, ringhi e strani suoni gorgoglianti. Vi era un diffuso tramestio di foglie smosse.
E finalmente Wieland ne vide uno: difficile dire se fosse bipede o quadrupede. Era più grosso di un uomo, coperto di ispida pelliccia grigiastra. Della testa non colse altro che un confuso baluginare di occhi e zanne.
Avrebbe voluto snudare la spada, ma con una mano era impegnato a reggere la fiaccola, con l’altra stringeva le redini del cavallo, che sgroppava impazzito di terrore. Le due bestie che avevano al seguito, il corsiero bianco e il cavallo con la soma, rampavano e scalciavano in una frenesia di panico.
Non fermatevi, altezza,” raccomandò Aldric, pacato come suo solito ma con un’espressione tesa sul volto.
Ai margini del cerchio di luce comparvero altre di quelle creature, che però scartavano con mugolii che sembravano di dolore non appena uscivano dalla protezione delle tenebre.

Avanzarono in quel modo per un tempo che a Wieland parve interminabile. Egli non era mai stato pavido, ma quel tragitto nelle tenebre popolate da mostri con una torcia come unica protezione lo stava rendendo piuttosto nervoso. Per distrarsi cominciò a pensare a Lady Amilda e stabilì per prima cosa che nel viaggio di ritorno con lei avrebbero aggirato il Cadwald.
Al suo fianco, solido e apparentemente tranquillo, Aldric procedeva in silenzio, la torcia saldamente stretta in mano.
Improvvisamente echeggiò alle loro spalle un alto nitrito di dolore. Wieland si voltò bruscamente e vide che il corsiero bianco, che era rimasto più indietro e parzialmente fuori del cerchio di luce, aveva uno di quegli esseri sulla groppa, che si stava apprestando a dilaniarlo con artigli che parevano lame.
La bestia scalciò come impazzita, ma subito una seconda sagoma scura le fu addosso e altre si stavano avvicinando avide.
Senza pensarci due volte, Wieland smontò da cavallo, estrasse la spada e si precipitò ad attaccare i mostri.
Quello che seguì fu solo un turbinio confuso di bagliori d’acciaio, schizzi di sangue e corpi che cadevano a terra, il tutto reso ancora più indistinto dalla luce incerta e rossastra della torcia.
L’aria era piena dei versi gorgoglianti di quei mostri e dei nitriti disperati del cavallo. Per quanto Wieland lottasse strenuamente per proteggerlo, per una creatura che uccideva altre due ne arrivavano, rese pazze di bramosia dall’odore del sangue fresco. Il principe notò con raccapriccio che quegli esseri famelici divoravano addirittura i loro compagni che lui aveva abbattuto a fendenti.

Ad un tratto Wieland si sentì afferrare da dietro. Cercò di girarsi convinto che fosse uno di quei mostri, ma era Aldric, che con forza sovrumana lo stava issando sul proprio cavallo.
In un attimo il principe si ritrovò di traverso sulla sella, mentre il capitano delle guardie spronava il destriero lanciandolo al galoppo sfrenato.
Aspetta, i cavalli!” esclamò angosciato Wieland. Non potevano lasciarli indietro. Come avrebbero proseguito il viaggio senza i loro fedeli animali?
Non c’è tempo, altezza,” fu la secca risposta, “possiamo solo sperare che gli altri due ci seguano mentre quelli finiscono di mangiarsi il bianco.”

La corsa fu lunga e spaventosa. Per un tempo che a Wieland parve interminabile galopparono sullo stretto sentiero. La luce incerta della torcia mostrava solo file di tronchi tra i quali si intravedeva di tanto in tanto la sagoma tozza di uno di quegli esseri.
Quando già il principe stava per convincersi che inseguiti fino allo sfinimento non avrebbero avuto via di scampo, la folle galoppata li portò in una radura disseminata di arbusti secchi. Immediatamente Alrdric appiccò fuoco ad uno di essi, che avvampò crepitando.
I mostri fuggirono via con lugubri ululati di dolore.
I due smontarono da cavallo ansimanti. Per prima cosa diedero fuoco ad altri arbusti, in modo da creare una specie di barriera protettiva, poi valutarono l’ammontare dei danni: il cavallo per Lady Amilda era scomparso, quello con la soma era illeso, anche se il carico era stato parzialmente rovinato. Il destriero di Wieland, un cavallo da battaglia addestrato, era sopravvissuto coraggiosamente ad un assalto di quelle creature, ma aveva segni di graffi sul collo e su una spalla. I suoi zoccoli erano coperti di sangue scuro.
Anche Aldric sanguinava. Aveva segni sul collo, sul volto, sulle cosce e su ogni altra parte che non era coperta dalla cotta di maglia. Doveva essersi battuto furiosamente per riuscire ad arrivare così vicino al principe da poterlo issare sul suo cavallo.
Stai bene?” gli chiese Wieland preoccupato.
Sì, altezza.”
L’altro gli si avvicinò. “Fammi vedere queste ferite, credo sarà necessario fasciarle.”
Non direi, altezza. Sono solo graffi superficiali.”
Ma Wieland non se ne diede per inteso. Avanzò di un altro passo e fece per scostargli il colletto della veste. “Qui, per esempio, hai un taglio profondo,” disse.
L’altro si ritrasse bruscamente. “Non è niente di grave, altezza. Posso fare da solo,” rispose con voce fattasi improvvisamente dura. Gli voltò le spalle.
Wieland rimase stupito, ma attribuì i modi ruvidi del capitano alla tensione accumulata nella precipitosa fuga.
Buttò qualche ramo sui fuochi, controllò i finimenti del proprio cavallo, infine disse: “Aldric, ti posso fare una domanda?”
Certamente, altezza.”
Perché ti ostini a chiamarmi così?”
Perché voi siete il principe, altezza. Questo è il titolo che vi spetta.”
Aldric, giocavamo insieme da piccoli, da ragazzini ci scrivevamo lettere, quando io ero rimasto a Theoburg mentre tu eri andato a Ermyn Goter per seguire la Via dell’Acciaio. Eravamo amici. Lo ricordi questo?”
Sì, certo che lo ricordo.”
Non lo siamo più?”
Darei la vita per voi, principe.”
Non chiedo tanto. Basta che ricominci a chiamarmi per nome come facevi una volta.”
Tra i due ci fu un lungo silenzio, rotto solo dal crepitare dei fuochi e dai mugolii delle creature che si aggiravano intorno colme di rabbia impotente.
Infine Aldric disse: “Farò io il primo turno di guardia. Tu sdraiati qui e riposa.”
L’altro lo fissò negli occhi brevemente, poi annuì. Stese per terra la sua coperta e vi si adagiò con un sospiro di soddisfazione. “Grazie Aldric,” disse in un soffio.
Dormi.”
Prima di chiudere gli occhi, Wieland ebbe la fugace visione del capitano delle guardie ritto in piedi accanto a uno dei fuochi. Con la spada al fianco e una torcia stretta in pugno, i capelli dorati che riflettevano i bagliori rossastri delle fiamme, gli parve come un arcangelo guerriero a guardia di un sacro tempio.

Albeggiava quando Aldric scosse gentilmente Wieland per svegliarlo.
Il principe si guardò intorno ancora un po’ stranito, quasi stentando a riconoscere la radura, ora che la vedeva alla luce. Benché l’ambiente fosse quanto mai sinistro e inquietante, vi regnava di nuovo il silenzio perfetto del giorno prima. Non c’era in giro la minima traccia delle misteriose creature della notte, tanto che se non fosse stato per le ferite di Aldric e per la mancanza del cavallo bianco, avrebbe anche potuto pensare di essersi sognato ogni cosa.
Ma… mi hai lasciato dormire tutta la notte?” chiese perplesso.
Avevi bisogno di riposare.”
Ma anche tu ne avevi bisogno, Aldric,” obiettò l’altro rialzandosi in piedi. Notò che i cavalli erano già sellati e pronti per la partenza.
Io sono abituato.”
Ripresero la marcia.
L’alba era passata da un po’ e ormai doveva essere giorno fatto, ma all’interno del Cadwald vi era comunque una crepuscolare luce grigiastra. Le ormai familiari teorie di tronchi scuri si perdevano nella foschia ammantate di un silenzio ostile.
Appesantiti da quella cappa di oppressione, neppure i due giovani parlavano. Senza scambiarsi pareri in merito, erano partiti di buon passo con tutte le intenzioni di uscire da quel maledetto bosco il prima possibile, e procedevano affiancati sul sentiero, tirandosi dietro il cavallo superstite, con tutte le provviste che erano riusciti a salvare.
Un peccato che abbiamo perso il cavallo di Lady Amilda” buttò lì Wieland dopo un po’. Pronunciare quella semplice frase gli costò fatica, come se il fiato uscisse con difficoltà in quell’ambiente saturo di malvagità.
Pensava che Aldric l’avrebbe rimproverato per la sua leggerezza, in fondo era stato per causa sua che erano finiti nel Cadwald di notte, invece il capitano senza neppure voltarsi gli rispose: “Non importa.”
Wieland avrebbe voluto proseguire la conversazione, forse parlare avrebbe stemperato un po’ quell’atmosfera opprimente, ma Aldric si era chiuso in un mutismo cupo e sembrava assorto nei suoi pensieri.
Pensieri che peraltro non dovevano essere molto piacevoli, a giudicare dalla sua espressione.

   
 
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