Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: mavima    23/06/2016    1 recensioni
Sergio è un medico anestesista, deluso dal fallimento del suo matrimonio. Vive un'esistenza di emozioni sopite. Una mattina in ospedale incontra Laura, una bella ragazza, malata di leucemia, che si rivelerà essere la professoressa di suo figlio.
"Sergio fermò lo sguardo sulla foto di classe dell’anno precedente del figlio
Sul lato sinistro c’era Laura, la riconobbe dallo sguardo. Era una persona completamente diversa: aveva lunghi capelli castano chiari, con qualche riflesso biondo; il viso era tondo; gli occhi erano sempre luminosi; era persino leggermente sovrappeso, la maglietta rivelava qualche rotolino e il seno era prosperoso; era vitale e bella con i jeans e con le scarpe da ginnastica.
Quando andò a dormire non riuscì a smettere di pensare a quell'immagine, rappresentava il tipo di donna che avrebbe voluto trovarsi a casa la sera. Se la immaginava insieme al profumo della caffettiera che saliva al mattino….un attimo di eternità".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Erano passati quasi tre mesi dalla scomparsa di Marco. Sergio continuava a vivere nella sua bolla di dolore, isolato da tutto e da tutti.
Quello che faceva più male a Laura era che non considerava più neanche la piccola Gaia.
Non la sentiva neanche piangere, continuava come un automa a svestirsi, vestirsi, mangiare, andare a dormire, svegliarsi, andare a lavoro, ritornare.
Senza un sorriso, senza una lacrima, senza accorgersi di  nessuno.
Lei era lacerata dalla morte di Marco, ma si sentiva anche abbandonata dal marito.
Il suo distacco la faceva sentire colpevole di quella disgrazia.
Per il solo fatto di essere entrata nella loro vita, si sentiva responsabile della morte del ragazzo.
Razionalmente non c’era nessun collegamento con essa, eppure era giunta alla conclusione, che l’unica soluzione era ritornare nel suo piccolo appartamento con la bambina.
Una mattina stava meditando a come organizzare un piccolo trasloco, cercando di individuare un lasso di tempo utile, in cui non ci fossero ne’ Sergio, ne’ Marta, quando sentì suonare il telefono.
 Era il dottor  Fabbri: “ Buongiorno Laura, non avevo ancora avuto modo di farvi le mie condoglianze…è  stata una terribile disgrazia…l’ho chiamata anche perché la mia assistente mi ha fatto notare che siamo in ritardo con i suoi esami di controllo già da un mese. Capisco la situazione, ma se Sergio volesse farle al più presto un prelievo, sarebbe meglio”
Laura: “Verrò domani mattina al laboratorio in ospedale…Sergio è ancora sconvolto, non voglio chiedergli nulla”
Fabbri: “ Come ritiene più opportuno, ma mi raccomando, non abbiamo più esami da dopo la nascita della bambina”
Laura:  “Senz’altro dottor Fabbri, a domani”
Sembrava passato un secolo da quando Sergio la svegliava con  i denti finti da vampiro, prendendola in giro per la sua paura. Conoscendo la fobia della moglie, le aveva fatto tutti i prelievi di controllo post-trapianto e per la gravidanza a casa e poi aveva portato le provette in ematologia, dove Emanuele scherzava sempre sul fatto che era lui il prelevatore di sangue di fiducia di Laura, prima del loro incontro.
Il mattino dopo Sergio se ne era andato pronunciando un ciao sbiadito. Laura aveva allattato Gaia e l’aveva riaddormentata. Fortunatamente la piccola non era rimasta turbata dalla tragedia e continuava ad essere una neonata molto tranquilla che dormiva e mangiava pacificamente.
Poi aveva atteso l’arrivo di Marta per affidarle la bambina e aveva raggiunto l’ospedale.
Varcando l’atrio aveva due speranze: la prima era di non incontrare il marito, la seconda era che fosse di turno Emanuele, per potersi far fare il prelievo da lui.
Decise perciò di passare prima in ematologia. Ovviamente Emanuele quella settimana aveva il turno di notte.
Sconsolata raggiunse il laboratorio analisi. C’erano già parecchie persone in attesa, specialmente anziane, arrivate già  un’ora prima dell’apertura del laboratorio.
Prese il numero ventidue, ma quando arrivò il suo turno non ebbe il coraggio di alzarsi.
Proprio mentre stava facendo passare il numero trentatré, passò Sergio, che uscito dalla sala operatoria, stava andandosi a prendere un caffè.
Con la coda dell’occhio, riconobbe le scarpe da ginnastica colorate di Laura, allora guardò meglio e vide la moglie che nel frattempo si era andata a risedere tenendosi il mento con una mano e con il gomito appoggiato al ginocchio.
Da quando era morto Marco per la prima volta pensò a qualcos’altro.
In un primo momento rimase fuori dalla sala di attesa e sorrise vedendo ripetersi la scena della moglie che, quando scattava il numeratore, goffamente spiegava di passare pure al suo posto, che lei doveva aspettare qualcuno.
Poi si rattristì di nuovo pensando di aver dimenticato gli esami di controllo della moglie e nel vederla in difficoltà,  in preda a quella fobia della quale l’aveva presa in giro tante volte…sì, ma proteggendola.
Ora invece era lì sola a cercare di vincere la sua paura.
Per la prima volta ebbe la percezione dell’ isolamento e della solitudine in cui aveva lasciato Laura, dopo quella terribile notte.
E così erano passati anche il trentaquattro e il trentacinque, come avrebbe fatto adesso ? In sala di attesa era rimasta solo lei.
Piano, piano si avvicinò e le si sedette accanto, Laura alzando la testa lo vide e nonostante tutto si sentì sollevata.
Sergio: “ Posso esserti utile…o preferisci far passare anche tutti quelli di domani mattina?”
Laura: “…Diciamo che mi potresti essere utile…sono andata a cercare Emanuele, ma fa la notte e …”
Sergio: “ e il coraggio uno non se lo può mica dare da soli…come diceva il caro Don Abbondio…scusami, è colpa mia…dopo quello che è successo, ho dimenticato tutto, non ho pensato  ad altro…perdonami…dammi un po’  di tempo…anch’io ho bisogno d’aiuto…ma adesso pensiamo a toglierci questo pensiero”
La prese per mano e la trascinò dentro la stanza dei prelievi, proprio mentre usciva il trentacinque.
La collega del laboratorio, vedendoli entrare se ne uscì con: “Ma allora è vero che la signora attendeva qualcuno…cominciavo a pensare che fosse una dei tanti pazienti che hanno la fobia del prelievo”
Sergio: “ È mia moglie… è colpa mia l’ho fatta aspettare un po’ troppo”
Laura: “e poi ho anche paura …è vero”
La collega:“Bene, dopo tutta questa attesa, non credo che voglia farsi fare il prelievo da me, ma se la signora mi consegna la richiesta, le stampo le etichette per le provette, Dottor Antinori”
Sergio: “Così noi intanto ci mettiamo all’opera”
Ma Laura era stranamente tranquilla e incredibilmente tutto si stava trasformando in positivo.
Era dalla morte di Marco che Sergio non si occupava più di nulla e di nessuno. Ora invece lo sentiva di nuovo vicino. Anche lei soffriva, ma voleva soffrire insieme a lui e soprattutto, non voleva sentirsi esclusa dalla sua sofferenza.
Adesso la stava aiutando a sfilarsi la giacchetta in felpa e il sentirsi manipolata da lui la rendeva felice. Poi l’aveva aiutata a sedersi sulla poltrona e ora mentre le tastava la cavità del gomito per trovare una vena adatta, lei lo guardava mentre si infilava gli occhiali da presbite e  si accorgeva che il dolore lo aveva fatto invecchiare un po’, qualche capello bianco  e qualche rughetta in più gli avevano fatto perdere la sua aria da ragazzino.
Poi mentre lui le disinfettava il braccio, delicatamente le aveva girato il viso e il suo sguardo si era posato sulla sagoma del reggiseno da allattamento, che traspariva dalla maglietta chiara. Si era sentito nuovamente in colpa, perché, per il suo disinteresse, Laura aveva dovuto lasciare Gaia, che prendeva ancora le poppate ogni tre, quattro ore.
Sergio cercava di essere il più delicato possibile e quando aveva iniziato ad aspirare aveva sentito la moglie deglutire.  Conoscendola era un chiaro segno di disagio e quindi con la mano libera le aveva fatto una carezza sulla guancia.  Lei aveva voglia di piangere, ma ne’ per il dolore, ne’ per la paura, per tutto quel tempo che aveva sentito Sergio così lontano.
Nel frattempo la collega si era allontanata con le provette del sangue appena prelevato, così ne aveva approfittato per dirle “Scusami…l’angoscia mi aveva fatto dimenticare quanto ti amo” e nel mentre con una mano schiacciava con il cotone sul braccio e con l’altra continuava ad accarezzarle il viso.
Laura non gli aveva risposto nulla perché le parole non le erano uscite, le erano uscite solo alcune lacrime.
Il marito gliele aveva asciugate: “ Ce la fai ad alzarti? Siamo ancora in tempo per le ultime brioches alla crema…”
Laura: “Ho fatto bene a far passare tutta quella gente al posto mio, mio marito è sempre il migliore per i prelievi…beh no il migliore, diciamo pari merito  con Emanuele… certi invece pare che ti conficchino una trave nel braccio…ci credo che ho paura”
Sergio : “ Addirittura…però sta cosa che sono pari merito con Emanuele non mi va tanto bene…beh sì lui è più anziano”
L’ aveva aiutata a rimettersi in piedi e a rimettersi la giacca e poi si erano diretti verso il bar dell’ospedale.
Il dolore c’era sempre, ma non era più l’unico abitante delle loro menti.
Dopo la colazione Sergio aveva accompagnato Laura fino all’atrio, cingendole la vita, poi vedendola  allontanarsi nel cortile, l’aveva richiamata bussando dai vetri.
“ Senti , ti va se questo fine settimana andiamo a Lugano…ci farà bene cambiare un po’ d’aria e poi  portare un Gaia dai tuoi, forse li risolleverà un po’…non deve essere stato semplice nemmeno per tuo padre perdere Marco”
“ Sì…Sì”.
“ Adesso vai, a casa c’è qualcuno che avrà fame”
“No , mi sono tirata il  latte,  Marta darà la poppata a Gaia con il biberon”
“Non credo che si accontenterà di un biberon…e come biasimarla!”
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: mavima