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Autore: Coffy_taco_tuesday    24/06/2016    0 recensioni
Nathan si trasferisce di continuo in nuove città a causa dei notevoli problemi che lo costringono. Non è mai riuscito a legare con nessuno e sa che mai lo farà.
Costretto a vivere una vita vagabonda, un giorno gli si presta l'opportunità di fuggire da quella monotonia e di rendersi conto della situazione in cui si trova.
La Terza Guerra Mondiale stava arrivando anche nel suo paese.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Non essere stupido, ci tieni alla tua vita o no?"

Quelle parole riecheggiavano ancora nella sua mente a distanza di anni. Quelle ultime parole di sua madre, quando finalmente Nathan aveva avuto il coraggio di opporsi, quando il padre, arrabbiato, aveva perso il controllo della vettura andando fuori strada.

Nathan ne approfittò quel giorno: l'auto era in fiamme e lui era ferito, ma riuscì in qualche modo ad uscire dal veicolo e fuggire, dalla parte opposta in cui stava fuggendo suo padre, per scoprire quale fosse la 'cosa' da cui stavano scappando.

Fu così che finì per arruolarsi nell'esercito. Era stata dura, all'inizio, per lui riuscire a vivere lì, non aveva più con se il suo computer con cui sprecare il tempo. Il suo addestramento era durano pochi anni a causa della urgente necessità del suo paese di avere soldati. Prima i cadetti erano pronti, meglio era.

"Non essere stupido"

Era un'ossessione. Ci aveva riflettuto spesso su quelle ultime parole, e ci stava male, l'ultima cosa che aveva sentito da sua madre era un rimprovero. Ma aveva anche ragione. Lui, Nathan, che non si era mai interessato alle persone, che disprezzava la maggior parte di esse, ora si ritrovava a combattere per il proprio paese, proprio per proteggere queste ultime. Ma che cosa gli diceva il cervello?

Poi il suo pensiero mutava. No, lui stava combattendo per se stesso, per far fronte al problema da cui era impossibile fuggire. Voltare le spalle a un nemico che ti sta attaccando equivale alla morte certa. Sì, era così, le altre persone non centravano nulla.

Così la sua mente era divisa in questi due pensieri ricorrenti, l'uno il complementare dell'altro, si mettevano a dubbio a vicenda, tanto che in quei casi, pur di non sentirsi la testa esplodere, Nathan dava una bella testata al muro, svuotandosi da quei ragionamenti.

"Ci tieni alla tua vita o no?"

No. No, lui non ci teneva affatto. Cosa aveva di speciale? Nulla. Eppure anche qui continuava a rimuginare. Alla fine si poneva la stessa domanda iniziale: ci tengo o no? Si sentiva la persona più confusa sulla faccia della terra. E solo per una stupida frase detta da una donna di mezz'età incazzata.

-Ti stai ancora scervellando con i tuoi strani pensieri?- la voce di Dylan riecheggiò nel corridoio rivolta verso a Nathan. Dylan si avvicinò a lui e si appoggiò con la schiena al muro.

Non che la sua presenza fosse troppo gradita. Era una persona abbastanza vivace ed aveva preso una simpatia per Nathan, suo completo opposto. Anche se, in realtà, Nathan gli doveva qualcosa: era stato appena arruolato come soldato a tutti gli effetti e nella nuova compagnia non aveva nemmeno un punto di riferimento, un qualcuno su cui fare riferimento in caso di aiuto. Ed ecco che spuntò questo Dylan dal nulla, un raggio di sole tra le nubi di pioggia e al contempo un fulmine a ciel sereno. Un raggio perché ora sapeva a chi rivolgersi, un fulmine perché ora Dylan non gli si scollava più di dosso.

-Non sono affari tuoi- rispose acido, sperando di allontanarselo un po'.

-Come al solito- Dylan alzò gli occhi verso al soffitto –Hanno conquistato la trincea a est, sono avanzati di parecchio.

Nathan rimase stupefatto da quella affermazione, ma non lo diede a vedere. Nella parte est si trovavano alcune delle migliori squadre.

-Pensi che manderanno noi là, ora?

-Non credo- disse Dylan storcendo la bocca in una piccola smorfia –Ora là hanno bisogno di grandi rinforzi, non manderanno certo i soldati meno esperti come noi. Nemmeno io sono stato arruolato da molto, ho solo qualche mese più di te.

Quest'ultima informazione non era interessante, pensò Nathan. Non gli aveva chiesto nulla riguardo ciò, quindi non serviva dirlo. La gente che incontrava era sempre così: sempre pronta a riferirti qualcosa di più o meno privato. Era sempre meglio stare zitti, più cose l'avversario sa di te e più facile sarà per lui trovare una breccia alla tua difesa e colpirti nel punto giusto.

-Dovresti iniziare a socializzare almeno un po'. Se ti trovi nei guai dubito che qualcuno voglia aiutarti se sei sempre così freddo.

No, non lo avrebbe fatto. Perché? Se si fosse trovato in pericolo sarebbero stati cazzi suoi. Se si fosse trovato in una posizione di svantaggio sarebbe stato a causa della sua scarsa abilità. Perché in fondo è così: non ci si ritrova mai in certe situazioni per caso, per fortuna o per sfortuna, è grazie alle azioni e decisioni che compi che il tuo futuro viene scritto.

-Non mi interessa, e non so nemmeno come questo interessi te- gli voltò le spalle e iniziò a camminare, diretto verso una meta non ben definita, voleva solo allontanarsi.

-Non importa se non sai perché mi interessi, basta che tu sappia che interessa e basta- Dylan non accettò la chiara richiesta di Nathan di stare da solo, e lo raggiunse con una corsetta.

Non era abituato a parlare con qualcuno. Perché a qualcuno dovrebbe importare di una persona come lui? Non c'era spiegazione.

-Ogni cosa ha una ragione- sibilò con un filo di voce. Dylan sorrise.

-Un uccellino si chiede perché sa volare?

Un silenziò calò fra i due, mentre Dylan attendeva la risposta, che non sarebbe mai arrivata. No, no ,no, com'era possibile? Nathan non se ne capacitava, ad ogni azione c'è una conseguenza, ma questo interesse era la conseguenza a quale azione? Cosa aveva fatto per suscitare questo attaccamento di Dylan? Forse non gli piacevano le persone asociali. Ma questo non giustificava il fatto che non erano affari suoi.

-Senti- ricominciò Dylan –Non è che voglio costringerti o cosa, ma in queste situazioni dei legami servono. Ho notato che non comunichi nemmeno coi tuoi genitori. Così andrà a finire male- gli poggiò una mano sulla spalla e lo tirò, in modo da farlo girare e da guardarlo negli occhi –Almeno, ogni tanto, sfogati dei tuoi pensieri e fai quattro chiacchiere con me, sono un buon ascoltatore quando serve.

Dylan allungò il braccio verso Nathan, porgendogli la mano. Non era mai andato così in là con le offerte, Dylan non gli aveva mai proposto di parlargli dei suoi pensieri personali. Parlare a cosa sarebbe servito? Solo a pronunciare un sacco di parole. No, parlare non aiutava, i fatti e le azioni potevano aiutare.

Nathan rimase qualche secondo fermo, fissando la mano di Dylan.

Non sarebbe mai andato da Dylan, ma era sicuro che, solo stringendoli la mano, lo avrebbe reso contento. Dylan avrebbe pensato che Nathan stesse iniziando a fidarsi di più di lui. Ma questo non era vero, Nathan lo avrebbe solo illuso.

-Scusami.

Si voltò e iniziò a camminare dalla parte opposta di Dylan, la mano di quest'ultimo ancora ferma nella sua posizione, che attendeva una stretta che non sarebbe mai arrivata.

  
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