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Autore: Marelia    24/06/2016    4 recensioni
Ho cominciato questa storia per gioco, volevo approfondire l'amicizia tra Piers Nivans e Chris Redfield partendo dall'arruolamento del primo nella BSAA per giungere fino alla fine del sesto gioco di Resident Evil. Non avendo giocato il secondo Revelations non so come stiano procedendo le cose per cui potreste trovare molte incongruenze ed ho inserito alcuni personaggi di mia invenzione. Spero che la storia da me creata possa piacervi.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Redfield, Jill Valentine, Nuovo Personaggio, Piers Nievans
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Il giorno dopo Chris e Jill si misero alla ricerca di Vester, gli serviva una pista ad ogni costo. Ormai era chiaro che Jessica e Raymond fossero entrati in contatto più volte, le descrizioni del barista del coffee shop non potevano essere più precise. Cominciarono la loro ricerca da lì facendo colazione.
«Credi che sia ancora vivo?» chiese lei con la tazza di caffè caldo tra le mani. Chris stava riempiendo la sua di zucchero, come di consueto, non gli piaceva quel gusto amaro.
«Non lo so, potrebbe essere successa qualsiasi cosa, forse sono davvero alleati o forse lei lo sta semplicemente usando. Non mi sorprenderei in nessuno dei due casi» rispose infine sorseggiando il liquido scuro.
«Quel ragazzo, Nivans, ti ha detto che non usciva mai usando il cancello principale ma anche l’uscita secondaria del quartier generale è sorvegliata, come ha fatto ad eludere la sorveglianza?»
«Nello stesso modo in cui la eludiamo noi, fingendo di andare a casa presumo» disse lui senza dare troppo peso alla cosa, non tutti i dipendenti si fermavano lì a dormire, molti tornavano dalle loro famiglie dopo il lavoro, non era poi così inusuale. Pensandoci però tutti sapevano che Vester non aveva un posto dove andare in città per la notte. Era sempre stato lì con loro, non aveva famiglia né qualcuno da cui andare, dopotutto era un superstite di Terra Grigia, aveva perso tutti. La BSAA era la sua unica famiglia ormai e questo pensiero lo irritò ancora di più. Come poteva tradire l’unica cosa che gli era rimasta al mondo?
«Chris, sappiamo entrambi che è impossibile» disse lei conoscendo i pensieri dell’amante.
«Hai ragione ma non trovo altre alternative, non può certo essersi buttato giù dalla recinzione, ce ne saremmo accorti, si sarebbe ferito».
«Sì, ma ci sono altri modi per evadere da una zona sorvegliata, potrebbe essere passato per le fognature» insistette lei.
«Oppure ha corrotto chi di guardia»  commentò Chris frustrato, potevano avere una talpa certo ma due? impensabile. Alla BSAA lavoravano tutti secondo precisi principi. Non poteva credere che ci fossero persone in grado di tradirli senza battere ciglio.
«Se Nivans riusciva a vederlo allontanarsi dalla finestra della sua stanza non possono esserci molte alternative, dev’essere passato per le fognature, ne sono certa! Dobbiamo andare a controllare» disse lei alzandosi dal tavolo ed andando a pagare il conto.
«Splendido» sussurrò lui sarcastico.
Una volta giunti alla base cominciarono subito la loro idea a Luciani che li guardò come fossero usciti di senno.
«Volete scherzare? e nessuno di noi se ne sarebbe accorto? Voglio dire, quel posto puzza da morire!»
Chris trattenne a stento un sorriso, per fortuna anche nelle situazioni più assurde Parker restava fedele a sé stesso. Si vergognava di aver dubitato di lui anche solo per un secondo.
«Bene, allora è deciso, io e Parker andremo a cercare Vester mentre tu resti alla base» disse Jill sistemando la sua pistola nella fondina sulla coscia.
«Fantastico! ho sempre amato le fognature, perché non tornarci, di nuovo! Perché va a finire sempre così?» si lamentò lui «Facciamo che io resto alla base ed il tuo innamorato viene con te».
I due lo fulminarono con lo sguardo, in pochi erano al corrente della loro relazione lì dentro, anche se era più che evidente che vi fosse qualcosa non avevano ancora trovato il tempo di renderlo ufficiale.
«Ok, come non detto, faccio un salto in armeria» disse voltando loro le spalle. Una volta uscito dall’ufficio di Chris i due amanti rimasero soli.
Jill lo abbracciò e lui le diede un tenero bacio sulla fronte.
«Fai attenzione» le raccomandò prima di sciogliersi da quell’abbraccio per vederla andare via.
“Spero riusciate a trovarlo” pensò una volta rimasto solo.
Come ogni giorno, fuori in cortile le reclute stavano facendo il loro allenamento mattutino quando Chris ricevette la prima chiamata.



Il centro commerciale era più affollato del solito, dopotutto il giorno del ringraziamento si avvicinava e le famiglie stavano prendendo l’occorrente per la grande festa. Jessica stava seduta comodamente al tavolino di uno dei bar del centro sorseggiando il suo milkshake, teneva la grossa borsa su una sedia accanto a lei ed osservava i bambini giocare e rincorrersi mentre i genitori spazientiti cercavano di tenerli a freno.
“Che giornata splendida” pensò trasognante. Il suo cellulare vibrò sul tavolo, era il segnale. Aprì la borsa e ne tirò fuori una maschera anti gas nera e lucente che si applicò prontamente sul viso. Con la sua pistola pistola calibro nove tratta in mano, si alzò lentamente dal tavolo e sparò un colpo rivolto al soffitto. Il centro commerciale piombò dapprima del silenzio e poi nel caos. Oltre a lei, in altre zone del supermercato uomini con maschere antigas fecero la stessa cosa, si sentì il rumore degli altri spari e poi le urla.
Jessica lanciò a terra una piccola bomba fumogena che riempì l’aria di un denso gas viola.
«Comincino le danze! Ho sempre sognato dirlo!» urlò fuggendo via tra i civili, doveva raggiungere un’uscita prima di loro per mettersi in salvo da ciò che stava per accadere.
Quando il centro commerciale si riempì di spari ed urla in un piccolo negozio di articoli da regalo una giovane madre coi suoi due figli stava facendo incartare una splendida foto di famiglia incorniciata. Sentendo quei suoni sgranò gli occhi, corse verso i figli e li strinse a sé. La figlia minore aveva degli splendidi capelli biondi lunghi e ricciolini, era ancora una bambina di soli otto anni. Il figlio maggiore invece ne aveva tredici e somigliava più a padre che a lei, era già molto alto e magro. Tutti e tre erano terrorizzati, si nascosero dietro ad un espositore temendo il peggio, pensando di essere nel bel mezzo di una rapina. Anche il commesso si era andato a nascondere abbandonando la cassa.
Presto la nebbia viola entrò nel negozietto, la donna rimase impietrita, non riusciva a capire cosa stesse accadendo ma una cosa era certa, alla prima occasione dovevano uscire di lì.
«State bene?» chiese preoccupata guardando i figli. Con le mani cercava eventuali ferite su di loro ma sembravano stare bene. Fuori le urla si facevano sempre più forti ma i tumori di arma da fuoco era cessati.
«Sì mamma» rispose la bimba piangendo. Lei le asciugò le lacrime con la punta delle dita e le sussurrò all’orecchio abbracciandola e tendendola stretta.
«Va tutto bene Linzi, va tutto bene».
Il figlio maggiore la stava osservando e notò un leggero rivolo di sangue sgorgarle prima dal naso e poi all’angolo degli occhi.
«Mamma, che cos’hai?» le chiese estremamente preoccupato.
Lei si passò la mano sotto al naso e vide che era sporca di sangue, qualsiasi cosa fosse non andava affatto bene. Pensò subito fosse a causa del fumo e tirò fuori la bustina dei fazzoletti dalla borsa porgendone due ai figli per proteggersi.
«Va tutto bene» ripeté, più per convincere sé stessa che i figli. Si alzò da terra e guardò oltre il loro nascondiglio, verso l’ingresso del negozio. Sentirono un rumore dietro di loro, il cassiere era crollato a terra, morto.
Il suo viso era inondando di sangue che gli era fuoriuscito da occhi naso e bocca, come stava accadendo a lei. Non andava affatto bene.
«Kyle, prendi tua sorella e non lasciarla, qualsiasi cosa accada» mentre parlava, l’uomo che doveva essere morto si rialzò da terra emettendo un rantolo roco e spaventoso. Non era più umano.
Si mosse verso loro tre con aggressività, la donna prese un candelabro in argento esposto lì vicino e lo brandì come un’arma.
«Stia lontano dai miei bambini!» urlò al cassiere che si avvicinava a loro barcollando «sia lontano ho detto!».
In un attimo se lo trovò addosso e dovette lottare per sopravvive, quell’essere voleva ucciderlo. Le ci volle poco a quel punto per capire la situazione, lo spinse via con tutte le sue forse facendo cadere a terra il candelabro. L’essere barcollò indietro e questo le diede il tempo di riprendere la sua arma improvvisata per poter scagliare il primo colpo. Nulla sembrava fermarlo, con forza allora prese a colpirlo alla testa una, due, tre volte fino a rompergliela. La materia cerebrale schizzò ovunque sporcando la sua camicetta bianca.
«Mamma, ma cos’hai fatto?» urlò il figlio con isteria «l’hai ucciso».
La donna si accasciò un attimo a terra, si piegò in due e diede di stomaco. Quando i conati giunsero al termine si pulì gli angoli della bocca, continuava  perdere sangue. Presto anche lei si sarebbe trasformata ma prima doveva mettere in salvo i suoi figli.
«Kyle, ti ricordi come guidare vero? te l’aveva insegnato papà» disse rivolgendosi al ragazzo mentre con le mani sporche frugava l’interno della sua borsa. Grazia a Dio non ci mise molto a trovare le chiavi dell’auto.
«Prendi queste, mettile in tasca» ordinò al figlio porgendogli le chiavi luccicanti «ora usciamo di qui».
La bambina era sotto shock, non disse una parola e si limitò a seguire i due come inebetita senza mai lasciar andare la mano del fratello, tenendola stretta come fosse un magico talismano. Fuori dal piccolo negozio, nel centro commerciale regnava il caos.



Jill e Parker si erano da poco avventurati nelle fognature, le percorsero fino all’uscita vicino al lago, lì non molto distante trovarono una piccola abitazione abbandonata. Davanti ad essa, sul terreno proprio vicino alla porta d’ingresso notarono una piccola pozza di sangue.
«Cosa diamine è successo qui?» disse lui accovacciandosi per osservare meglio la traccia. Sembrava continuare fin dentro l’abitazione. Jill si armò, puntò la pistola davanti e lei e fece un cenno col capo al suo partner. Lui si alzò e con un calciò aprì la porta.
La casa sembrava vuota, Luciani si aggirò per la stanza assieme a Jill, entrambi con le pistole puntate.
«Libero» disse lei abbassando l’arma, si avviò verso il pulsante della luce elettrica e si sorprese nel vedere che funzionava ancora. Spensero quindi le torce e decisero di perlustrare la casa dividendosi.
Non era una casa enorme si suddivideva in due piani ed un seminterrato. Una volta controllato il piano di sopra con le sue stanza corsero ad esplorare la parte mancante e proprio lì, sulla porta vicino al sottoscala che dava al seminterrato lo video. Lo stemma della BSAA era stato appuntato alla porta di legno con un pugnale insanguinato.
«Direi che questa è una traccia» disse Parker staccando il pugnale e prendendo il pezzo di stoffa che senza dubbio proveniva dalla giacca di Raymond.
«Dobbiamo avvertire il campo base» disse lei accendendo l’auricolare. Vi fu un lieve fruscio metallico e poi sentì la voce dell’addetta alle comunicazioni.
«Qui Jill Valentine, abbiamo trovato una pista ad est del Lago Champlain, servono rinforzi, abbiamo ragione di credere che Raymond sia gravemente ferito. Ci troviamo in una piccola abitazione abbandonata, stiamo per avventurarci nel seminterrato».
Dall’altro lato sentì la ragazza sospirare, riuscì a distinguere molte altre voci preoccupata ed agitate in sottofondo, i telefoni squillavano impazziti.
«Qui QG, ti senti Jill, ma siamo in crisi. Ci stanno arrivando molte chiamate d’aiuto al momento, non credo di poterti mandare qualcuno subito» disse con una voce stanca l’addetta alle comunicazioni.
Rebecca che stava nei dintorni ed aveva udito la breve conversazione le strappo di mano il microfono e parlò.
«Jill, non proseguite oltre, mando due reclute ad assistervi».
Parker che sentiva tutto rimase interdetto, dei novellini? avrebbero mandato loro ad aiutarli? cosa diamine stava accadendo di così urgente da non poter mandare una squadra operativa. Guardò la sua collega negli occhi e la vide preoccupata, fu in quel preciso istante che capì cosa stesse accadendo.
«Stanno attaccando la città vicina» disse lei rompendo la catena di pensieri che gli si affollavano in mente.
«Oh, merda!» replicò lui sconfortato sedendosi a terra dando le spalle al muro.
«Ed ora aspettiamo» sospirò Jill prendendo posto affianco al collega.



Intanto nel laboratorio gli scienziati stavano preparando le loro cose, dovevano andare via di lì alla svelta, l’attacco alla città era cominciato da soli dieci minuti.
Erik Sullivan come loro, stava riempiendo la valigetta con campioni e file da trasferire alla nuova base, stava mettendo un siero al suo posto quando vide un biochimico correre verso di lui terrorizzato.
«Ci hanno chiusi dentro!» urlò «siamo in trappola Sullivan!» Il suo interlocutore rimase di sasso, chiuse la valigetta e diete un calcio alla sedia.
«Maledizione! Lo sapevo che quella stronza ci avrebbe venduti!» inveì «avete provato tutte le uscite?» chiese al suo collega.
«Sì, non c’è modo d’uscire!» insistette lui.
Erik fissò la valigetta ribollente d’odio, doveva esserci un modo per uscire da quel posto. Proprio mentre pensava a come venir fuori da quella situazione saltò la corrente, le luci d’emergenza si attivarono ronzando impigrite e sorprendentemente si attivò anche l’allarme contaminazione.
Raymon vide la luce spengersi, non era più legato al letto fortunatamente ma stava accadendo qualcosa in quel laboratorio. Poteva essere la sua occasione per uscire di lì e trovare il siero per salvarsi la vita.
Sentì l’allarme e la porta della sua cella si aprì con un forte scatto.
“Finalmente libero” pensò spalancando la porta. Non gli ci volle molto per rendersi conto che oltre a lui erano stati liberati molti altri esperimenti dalle loro celle di contenimento . Privo di armi e spinto dalla necessità il giovane si avviò incontro al suo destino, corse a perdifiato lungo il corridoio scansando diversi zombie, riusciva a vedere la porta del braccio di detenzione proprio davanti a lui. Sorprendentemente riuscì a superarla e la chiuse con forza alle sue spalle. Con affannò si accasciò al suolo, sentiva la pelle in fiamme.
«No, non ora Raymond, non ora!» urlò.
Davanti a lui arrivarono correndo due scienziati con i loro bianchi camici, uno di loro portava una valigetta tra le mani.
«Merda!» disse Erik guardando il giovane dai capelli rossi mezzo accasciato a terra. Dietro di lui dal lunotto di vetro della porta vide tutte le armi biologiche libere.
«Perchè è fuori?» chiese il suo collega terrorizzato indicando Raymond «perchè l’arma D24 è qui?».
«Oh stai zitto Patrick! Non è ancora mutato è solo in transizione per nostra fortuna» disse lo scienziato biondo adagiando a terra la valigetta ed aprendola.
Raymond li guardava ancora stupito, quando Erik si avvicinò a lui con una siringa tra le mani si ritrasse istintivamente ma era stanco e stava troppo male per poter fuggire.
«Cosa vuoi farmi?» chiese all’uomo strascicando le parole, ormai ridotto al limite. Il suo corpo bruciava e sentiva di nuovo quel terribile senso di fame sconvolgergli gli organi interni.
«Cerco di mantenerti in vita, sei la mia sola salvezza ora. Eri un agente della BSAA vero?» disse lui «questo dovrebbe aiutarti a combattere contro il virus ma tu in cambio devi portarci via di qui»
Raymond annuì e lo scienziato gli inserì l’ago nel braccio facendone fluire all’interno il liquido giallo.



 

***
Nota dell'autrice:

 

Scusate se non sono più andata avanti con la storia per tanto tempo ma sono stata presa dagli esami, al solito e come se non bastasse ho dovuto cambiare computer perchè il precedente mi ha abbandonata!
Comunque... qualche giorno fa sono riuscita a rimettere mano sui capitoli precedenti modificando alcune piccolissime cose che non mi convincevano appieno ovvero: ho deciso di rendere Piers orfano, mentre nella versione precendete lui partiva lasciando Ares coi genitori ora lo lascia ad Harriet perchè quest'ultimi sono passati a miglior vita. In questo modo credo di aver dato al personaggio una motivazione maggiore rispetto al suo lavoro dato che suo padre, come lui, era un militare ed è morto per la sua patria; inoltre ho deciso di rendere la relazione tra Piers e la ragazza meno forzata, prima la odiava come odiava sè stesso e non lo trovavo molto sensato, se odi qualcuno non ci stai assieme. Perciò l'ho reso invece che omosessuale represso, bisessuale, in questo modo riesco a spiegare per qualche motivo stia con una donna e sia comunque attratto da un uomo togliendo tutto quell'astio nei confronti di lei che la rendeva un personaggio quasi inutile. Oltre a questo non ci sono stati grandissimi cambiamenti. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima :D

   
 
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