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Autore: Horse_    27/06/2016    3 recensioni
{Sequel Una vita senza di te significa non vivere per niente.}
(Per capire qualcosa consiglio di leggere anche l’altra storia)
Ian e Nina hanno appena capito cosa provano veramente l’un per l’altra e, dopo una notte d’amore e passione, si preparano per tornare a casa. Sono entrambi decisi ad iniziare una nuova vita insieme con i loro figli, perché sono stati separati fin troppo, ma, una volta tornati a casa, dovranno fari i conti con la cruda realtà. Ian è sposato con Nikki, che è ancora sua moglie, mentre Nina sta, quasi in modo fisso, con Eric. Una notizia sconvolgente porterà i due a separarsi definitivamente, ma sarà per sempre? Riusciranno a lottare contro tutto e tutti per stare finalmente insieme con i loro bambini e con il loro vero amore?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                          The problems begin.





Thirty-Third Chapter.
Pov Nina.

“Mamma?”- mi chiama una voce.

 

Apro gli occhi di scatto, voltandomi verso i miei figli. Mi scontro quasi con la testa di Stefan che mi sta guardando ancora mezzo addormentato, mentre Ian e Joseph stanno ancora dormendo beati. Joseph è praticamente spalmato sopra Ian, ha la testa appoggiata sulla parte alta del suo petto e il suo piccolo corpo è sopra quello del padre. Rimarrei ore a guardarli così, ma ho mio figlio che mi reclama.

 

“Dimmi tesoro…”- lo invito a parlare. -“Hai fatto un brutto sogno?”

“No, devo andare in bagno. Ma non mi ricordo più dov’è… Questa casa è troppo grande…”- borbotta.

 

Ridacchio divertita, poi lo invito a scendere per accompagnarlo in bagno.  Stefan, con un balzo agilissimo, è già in piedi, invece io ci impiego un po’ più tempo. Mi reggo per qualche istante al comodino, per evitare di cadere, poi, quando sento le gambe reggermi, seguo mio figlio. Fuori c’è il sole, questo vuol dire che è mattina, ma che ore sono?

Accompagno Stefan in bagno e, mentre lui rimane lì a fare quello che deve fare, io vado in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. L’orologio attaccato alla parete sotto la porta segna quasi le nove.

 

“Mamma, io non ho più sonno…”- mormora Stefan alle mie spalle. 

 

Lo immaginavo e comunque non è presto, quindi ha tutte le ragioni del mondo per non voler tornare a dormire. 

Gli sorrido e annuisco.

 

“Va bene tesoro, rimaniamo qui, okay?”- gli domando e lui annuisce raggiante. -“Facciamo colazione?”

“Si, sto proprio morendo di fame!”- esclama ed io scoppio a ridere.

“Mi aiuti a preparare la colazione anche per Joseph e papà?”- gli domando.

“Okay, però prima mangiamo qualcosa, ti prego mamma.”- mi dice facendomi gli occhioni dolci.

“Mangiamo, mangiamo.”- annuisco. -“Mi aiuti a preparare la tavola?”

 

Stefan annuisce ed insieme prepariamo la tavola. Mettiamo quattro bicchieri, quattro cucchiai e quattro forchette, quattro tovaglioli e delle bottiglie di succo e di latte. 

 

 

“Cosa vuoi mangiare?”- gli domando.

 

Stefan storce il naso e si mette una mano sotto il mento con fare pensieroso. 

 

“Prepariamo una torta?”- mi domanda.

 

Ora non abbiamo tempo, magari più tardi. Non faremo mai in tempo a preparare una torta prima che Ian e Joseph si sveglino.

 

“Non faremo mai in tempo a finire di prepararla.”- gli dico. -“Magari oggi pomeriggio, tornati dal mare. Dei pancake andrebbero bene in alternativa?”

“Vanno bene anche i pancake.”- annuisce. -“Mamma, posso aiutarti a prepararli?”

“Certo che puoi, vieni qui vicino a me con una sedia.”- gli dico.

 

Stefan prende una sedia reclinabile accanto al muro e, con qualche difficoltà, mi affianca. Lo aiuto a sistemare la sedia accanto a me e lo aiuto a salirci sopra, in modo che arrivi all’altezza dei fornelli. Decidiamo di preparare i pancake a parte e soltanto in un secondo momento di cuocerli. Stefan segue tutto quello che gli dico di fare e, da buon aiutante, mette tutti gli ingredienti al posto giusto al momento giusto.

 

“Ecco, versa tutto qui.”- gli indico la padella. -“Attento, allontanati un po’, altrimenti finirai per scottarti.”

 

Mio figlio annuisce e versa tutto nella padella, poi mi aiuta a distendere tutta la pasta con l’utilizzo di un mestolo. Dieci minuti dopo i nostri pancake sono finiti e siamo entrambi seduti a tavola gustandoci la nostra colazione, aspettando Joseph e Ian che, evidentemente, hanno ancora voglia di dormire. Stefan è sulle mie gambe e si sta gustando gli ultimi pancake ricoperti di sciroppo d’acero. Si volta verso di me per darmi un bacio, ma lo fermo in tempo prima che la mia guancia diventi più sciroppo che pelle. Afferro una salvietta dal tavolo e gli pulisco la bocca, poi lascio che mi schiocchi un bacio.

 

“Erano veramente molto buoni!”- mi dice appoggiando la testa sull’incavo del mio collo.

“Meglio di quelli che prepara papà?”- gli domando divertita.

“Quasi…”- borbotta lui ridacchiando.

“Stai offendendo le mie doti culinarie?”- gli domando solleticandogli la pancia.

 

Mio figlio inizia a ridacchiare e tenta di scappare, ma lo blocco con le braccia e continuo a solleticargli il corpo. Lui inizia a ridere più forte, facendo ridere anche me. Mi erano mancati tantissimo, entrambi. I mesi dell’incidente, lontani da loro, sono stati una continua agonia. Il poterli vedere qualche volta, in modo sporadico, e rimanere in ospedale, sapendoli lontani da me, è stata la cosa peggiore che mi potesse capitare, più brutta dell’incidente. 

Sono passata dal non essermi mai separata da loro, per ben sette lunghi anni, a vederli qualche volta per ben due mesi. Certo, dopo sono tornata a casa, ma come madre mi ha fatto veramente male l’esser separata da loro.

 

“MAMMA!”- urla continuando a ridere. -“Basta… Ti prego…”

 

Alla fine la smetto e lui tira un sospiro di sollievo.

 

“Non offenderò più il tuo cibo, va bene…”- mormora lui alzando le mani in segno di resa.

 

Gli do un bacio sul naso facendolo sorridere.

 

“Affare fatto tesoro.”- concordo con lui stringendolo forte a me.

“Sai una cosa, mamma?”- mi domanda.

“Dimmi…”- lo invito dolcemente.

“Mi sei mancata tanto in questi giorni. Davvero tanto tanto.”- mi spiega lui parecchio serio. -“Siamo stati bene con la nonna, ma ci sei mancata tanto…”

“Anche voi mi siete mancati tanto, ma non vi abbandonerei mai per nessuna cosa al mondo. Siete i miei figli, le persone a cui voglio più bene”- gli dico accarezzandogli i capelli.

“Noi e papà…”- continua.

“Certo, voi e papà. Papà mi ha fatto una sorpresa, ma voi dovevate finire la scuola e lo sport, quindi non abbiamo potuto portarvi prima con noi.”- gli spiego sperando che possa capire. -“Ma ora siamo qui, tutti insieme.”

 

Rimane appoggiato al mio petto, mentre io continuo a coccolarlo. Stefan inizia a raccontarmi dell’ultimo periodo scolastico e di come sia entusiasta di fare uno sport che veramente gli piace. Mi racconta di come abbiano fatto una festicciola a scuola l’ultimo giorno e di come gli abbiano anche dato dei compiti per le vacanze. Sembra parecchio turbato sotto questo punto, perché continua a sostenere che, siccome si chiamano vacanze, non ci sia un buon motivo per fare i compiti, ma, ovviamente, li farà. Ora siamo veramente in vacanza, ma, come ogni bambino della sua età, a settembre andrà a scuola con i compiti fatti, così come Joseph. Veniamo interrotti proprio da quest’ultimo, che scende le scale in braccio dal padre. Ian e Joseph sono una visione paradisiaca. Ian lo tiene tra le braccia, non avendo nessun tipo di problema a sollevarlo, e Joseph ha la testa sul suo petto e ogni tanto si stropiccia gli occhi ancora mezzo addormentato.

 

“Guarda chi ha fatto colazione senza di noi…”- borbotta Ian divertito, mentre Joseph, alla parola colazione, alza la testa di scatto.

“Avevamo fame, vero tesoro?”- mi rivolgo a Stefan.

 

Lui annuisce convinto, staccandosi dal mio petto.

 

“Si si, molta fame!”- conferma lui serio. -“Ma io e la mamma abbiamo preparato la colazione anche per voi. Abbiamo fatto i pancake!”

“Pancake?”- domanda Joseph. -“Si, voglio i pancake.”

 

Ian lo fa scendere e Joseph si siede a tavola, accanto a me. Gli do un bacio e lui mi sorride raggiante, poi afferra la forchetta ed io, in risposta, gli metto alcuni pancake sul piatto.

 

“Possiamo fidarci dei pancake della mamma?”- domanda Ian a Stefan.

 

I bambini ridacchiano, mentre io incrocio le braccia al petto e lo guardo truce. 

Non sono bravissima a cucinare, ma non ho mai avvelenato nessuno.

 

“Possiamo.”- annuisce Stefan, poi si alza da me e corre dal padre. -“Però i tuoi sono un po’ più buoni.”

“Stefan! Avevi detto che non avresti più offeso le mie doti culinarie.”- gli ricordo fintamente offesa, mentre Ian ridacchia divertito e afferra nostro figlio al volo prendendolo in braccio.

 

Viene a sedersi anche lui a tavola, con Stefan sulle gambe.

 

“Mamma, li mangio io i tuoi pancake.”- mi assicura Joseph e io lo bacio dolcemente sulla guancia.

“Grazie tesoro, almeno tu mi apprezzi.”- lo ringrazio.

“Non fare la drammatica.”- mi sorride sghembo Ian. Quel classico sorriso da schiaffi, ma che a me fa tremare le gambe. Si mette gli ultimi pancake nel piatto ed afferra la forchetta. -“Assaggiamo questi pancake.”

“Per la cronaca… Non ne meriteresti nemmeno uno.”- gli dico.

 

Ian si sporge e mi da un bacio all’improvviso, non dandomi nemmeno il tempo di staccarmi per ripicca. Quando ci stacchiamo, per non dare ulteriore spettacolo ai bambini, questi ci guardano felici, poi, vedendo che li abbiamo notati, continuano a parlare tra di loro come se nulla fosse. Li abbiamo davvero resi felici con un semplice bacio? 

Finiamo -Ian e Joseph finiscono- di fare colazione verso le dieci e i bambini, dopo qualche preghiera, ci convincono a spostarci sulla spiaggia. Glielo avevamo promesso, questo è ovvio, ma avrei preferito portarli oggi pomeriggio dopo mangiato. Alla fine, anche a causa di Ian, ho ceduto, rendendoli veramente contenti e ora sono tutti pimpanti mentre finiscono di infilarsi il costume. Non c’è bisogno che si vestano, visto che abbiamo la spiaggia proprio davanti casa. 

Quello che mi ricordo, in un flash, è che io non ho un costume. Me ne accorgo non appena arrivo in camera, dopo aver finito di preparare i gemelli, che ora sono in sala ad aspettarci.

 

“Cosa stai cercando?”- mi domanda Ian mentre si sfila la maglietta.

 

Per quanto vorrei perdermi nei suoi pettorali (e che pettorali!), ora non ho tempo.

 

“Mi sono appena ricordata di non avere un costume… Non l’ho visto in valigia…”- mormoro guardandolo.

“Capisco di essere un uomo, ed hai ragione a dubitare delle mie qualità in fatto di vestiti, ma-”- si interrompe cercando qualcosa nella valigia, poi mi sorride trionfante mostrandomi uno dei miei costumi. -“so che per andare in spiaggia ci serve un costume.”

 

Mi porge il costume, non prima di avermi attirato a se. Mi bacia sotto il mento, facendomi sorridere.

 

“Adoro il fatto che ci siamo solo noi in spiaggia.”- mi dice serio, accarezzandomi il braccio lasciato scoperto dalla canottiera. -“Posso vederti solo io in costume.”

 

Mi stacco leggermente da lui divertita.

 

“Entriamo in modalità geloso?”- gli domando. -“Ian, non sei più un ragazzino.”

“Uh, lo so.”- mi dice solleticandomi un fianco. Mi volta e mi bacia, questa volta con più passione. -“Ma mi piace comunque.”

 

Rido scuotendo la testa, poi mi stacco da lui per andare in bagno a mettermi il costume, sotto le sue proteste. A volte mi domando se non sia tornato ragazzino di nuovo. Io, sicuramente, un po’ lo sono, perché con lui mi sento un’altra, mi sento me stessa, libera da qualsiasi costrizione. Esco poco dopo dal bagno, ma non lo trovo, evidentemente è sceso in sala per controllare i bambini che non si facessero male. Infatti, quando scendo le scale, lentamente, li trovo intenti a sistemare le ultime cose. I bambini sostengono un materassino per uno, uno blu e uno giallo, più grande di loro. Quasi scompaiono dietro i materassini.

 

“Venite qui che vi do una mano.”- mi offro di aiutarli.

 

Loro scuotono la testa.

 

“Ce la facciamo, siamo grandi.”- mi dicono entrambi convinti.

 

Annuisco sconsolata, mentre Ian sorride divertito dall’intraprendenza dei suoi figli.

Un quarto d’ora dopo siamo tutti e quattro in spiaggia a goderci una delle nostre prima, e non l’ultima, giornata in famiglia. Siamo sotto l’ombrellone, montato da Ian che si è rivelato essere un amabile tuttofare (più meno, ci ha messo circa dieci minuti a montarlo), sopra gli asciugamani, mentre i bambini sono intenti a costruire un accampamento -a detta loro militare- con la sabbia, aiutandosi con secchielli, acqua e palette. Io sono tra le braccia di Ian, che è dietro di me, e insieme li osserviamo e ogni tanto diamo loro una mano. E’ Ian ad aiutarli per la maggior parte delle volte, perché è lui che capisce meglio di me questi meccanismi. Non che non sappia fare un castello di sabbia -ammetto comunque di essere parecchio negata per queste cose- ma stanno facendo delle strane costruzioni e strani meccanismi complicati da capire. 

 

“No, no e ancora no!”- si impunta Stefan. -“Li ci va più sabbia, Jo.”

“Ma cosa dici? Ce ne va più lì.”- replica Joseph indicando un ammasso di sabbia posta ai lati del rettangolo che hanno fatto.

“Ma lì non serve a niente.”- ribatte Stefan sconsolato. -“Possiamo metterla qui, invece. E’ al centro, non molto distante dalla mia parte e nemmeno dalla tua.”

“Okay, questo va bene Stef.”- concorda Joseph convinto dell’idea del fratello.

 

Io e Ian ridacchiamo, poi lui avvicina la bocca al mio orecchio.

 

“Si sono messi d’accordo subito.”- mormora al mio orecchio.

“Strano.”- gli rispondo io, poi lo bacio castamente. -“Ma è una buona cosa che abbiano trovato un punto d’incontro, no?”

 

Lui sorride appoggiando la testa sulla mia spalla.

 

“E’ una buona cosa. Potremo trovare anche noi un accordo, no?”- mi domanda allusivo.

 

Capisco la domanda perché ha utilizzato un tono allusivo e parecchio malizioso. 

 

“Ian!”- borbotto divertita e gli tiro un pizzicotto sul fianco. -“Ti sembra il momento?”

 

Lui in risposta rotea gli occhi in modo teatrale, poi mi obbliga ad appoggiarmi di nuovo contro di lui. 

 

“Mamma! Papà!”- ci chiamano i bambini. 

 

Trasaliamo entrambi alla voce dei bambini, molto probabilmente perché ci eravamo persi nel nostro mondo. 

 

“Vi piace?”- ci domanda Joseph, mentre Stefan finisce di sistemare un pezzo di torre.

“Ecco, ora è finito!”- esclama Stefan soddisfatto.

 

E’ un ammasso di sabbia, conchiglie e acqua, ma ai nostri occhi non potrebbe essere più bello. 

 

“E’ stupendo.”- dico loro dolcemente, lasciandogli una carezza tra i capelli.

“Ben fatto!”- si complimenta Ian con i figli. -“Non sarebbe potuto venire meglio.”

 

I bambini sorridono orgogliosi di tutti questi complimenti e ci invitano a a finire di sistemare le ultime cose con loro. Li aiutiamo volentieri e non ci rendiamo conto di come possa volare velocemente il tempo. Mangiamo circa all’una e mezza, troppo intenti a sistemare il loro accampamento militare e a fare altre particolari costruzioni. 

I bambini alla fine si mettono a correre per tutto il bagnasciuga, mentre Ian tenta loro di stargli dietro. Io, ovviamente, mi godo lo spettacolo seduta sull’asciugamano, non avendo ancora la capacità di correre per così tanto tempo. 

Joseph mi riscuote dai miei pensieri.

Tenta di abbracciarmi tutto bagnato e, nonostante i miei vani tentativi di allontanarlo a causa del suo corpo ghiacciato, alla fine riesce nel suo intento bagnando il mio corpo con il suo.

 

“Mamma! Mamma! Vieni anche tu con noi!”- mi invita Joseph continuano a starmi addosso.

 

Rabbrividisco per il suo corpo freddo sopra il mio e, in tutta risposta, gli scompiglio i capelli. Mio figlio sbuffa, ma continua comunque a pregarmi di seguirlo.

 

“Non è che mi state preparando un attentato o qualcosa?”- domando divertita.

“Ma mamma…”- borbotta sconsolato, facendomi sorridere ancora di più per il suo tono. -“Vieni anche tu, ci manchi.”

“Davvero vi manco?”- domando.

“Si, ci stiamo divertendo un sacco. Vieni anche tu con noi…”- mi invita Joseph. Poi mi porge la sua mano. -“Ti aiuto, mamma.”

 

Accetto volentieri l’aiuto di mio figlio e, con non poca fatica, riesco a sollevarmi e a mettermi in piedi. Noto che Ian ci sta osservando, pensando ad intervenire, ma con un gesto della mano gli dico di rimanere lì, con Stefan. Sto diventando sempre più indipendente e, se continuo a cercare sempre l’appoggio di qualcuno, non tornerò mai completamente alla mia vita. Inoltre non voglio che Stefan rimanga da solo, potrebbe accedergli qualcosa.

Joseph mi sorride raggiante e, mano nella mano, ci dirigiamo verso Ian e Stefan, immersi nell’acqua. A Stefan l’acqua arriva fino alla pancia, mentre a Ian ovviamente no.

 

“Sono proprio obbligata ad entrare?”- domando rabbrividendo al solo pensiero di entrare nell’acqua fredda.

“Mamma, è caldissima!”- esclama Stefan invitandomi ad entrare. -“Davvero.”

 

Metto un piede in acqua, poi lo riappoggio sulla sabbia cambiando improvvisamente idea.

E’ gelata!

 

“Dai Looch, l’altro giorno giorno non hai fatto tutte queste storie!”- ridacchia Ian.

 

Ma l’altro giorno è stata una questione di sopravvivenza. 

 

“E’ fredda.”- mi impunto.

“Se rimani lì sarà sempre troppo fredda.”- mi dice Ian e i nostri figli annuiscono, dando ragione così al padre. -“Forza, entra.”

 

Ma è davvero troppo fredda. E si stanno divertendo a prendermi in giro, sapendo perfettamente quanto odi l’acqua del mare. Un po’ perché è sempre costantemente fredda, anche con quaranta gradi, un po’ per tutte le strane creature che ci sono nei fondali. 

Alla fine, a causa di Ian che mi afferra per le mani e mi ci tira dentro, entro in acqua, sotto lo sguardo divertito dei bambini. Dopo qualche minuto non ho più così tanto freddo e comincio a godermi la temperatura.

 

“Visto che non era poi così fredda?”- mi domanda Ian.

 

Mi ritrovo costretta a dirgli che ha ragione, anche se non vorrei.

Trascorriamo così tutto il resto nel pomeriggio ammollo nell’acqua, con Ian che fa fare dei classici tuffi ai bambini. Non nego di aver fatto quasi un infarto in più di qualche situazione, vedendo come i bambini continuassero a dire che volevano essere lanciati più in alto, per quanto effettivamente si possa lanciare un bambino. I bambini, però, ne sono stati felicissimi e ci hanno fatto promettere di portarli ancora. Ovviamente li abbiamo rassicurati e promesso di portarli ancora, visto che trascorreremo parecchi giorni qui e, avendo la spiaggia a un metro dalla porta, non c’è nessun tipo di problema.

Rientriamo a casa quasi alle sette di sera e decidiamo prima di lavare i bambini, così che, una volta sistemati loro, potremmo lavarci anche noi. Io e Ian aiutiamo i bambini a lavarsi e a togliersi i residui di sabbia in tutte le parti del corpo, soprattutto nei capelli. Mi domando come abbiano fatto a portare a casa così tanta sabbia.

Dopo averli lavati e asciugati, mettiamo loro il pigiama, uno bianco e azzurro e l’altro blu e rosso. 

 

“Ti lavi prima tu?”- mi domanda Ian mentre mi passa un asciugamano.

 

I bambini sono giù, sul divano, a guardare la televisione. Ci hanno promesso di stare buoni e mi fido di loro.

 

“Come vuoi, puoi lavarti tranquillamente anche tu.”- gli sorrido. -“Io posso preparare la cena.”

“Ne sei sicura?”- mi domanda.

“Metti in dubbio anche tu le mie doti culinarie?”- gli domando.

“No.”- scuote la testa e mi si avvicina. Mi posa un bacio sulla fronte, mentre io respiro contro il suo collo. Sa di acqua salata e… Ian. -“Non voglio che tu ti stanchi troppo, è stata una giornata parecchio faticosa.”

 

Effettivamente ha ragione, comincio ad essere stanca e le mie gambe non sono abituate a tutto questo movimento, ma mi sento bene.

 

“Sto bene, non preoccuparti.”- gli dico dolcemente. 

“Lo dici sempre, a meno che tu non sia in punto di morte.”- mi dice lui posandomi un bacio all’angolo della bocca. -“Vai pure tu, io tengo d’occhio i bambini e inizio a preparare qualcosa, poi, se te la senti, finisci tu.”

 

Gli annuisco grata e, prima che possa allontanarsi da me, gli rubo un bacio veloce.

Nell’esatto momento in cui decido di prendere dei vestiti puliti il mio cellulare suona, facendo bloccare Ian sul colpo.

Candice. Noto qualche altra chiamata, la maggior parte da Phoebe e Candice, con qualche messaggio. Che sia successo qualcosa di grave? A Daniel? O a Phoebe?

Mi do della stupida, magari vogliono sapere dove siamo, visto che ho tenuto il telefono spento per la maggior parte del tempo.

 

E’ Candice.”- lo informo.

“E io che  avevo detto alla biondina di non importunare…”- borbotta Ian sconsolato. -“Vi lascio ai vostri discorsi da donne, allora.”

 

Gli sorrido e lui se ne va, lasciandomi da sola. Afferro il cellulare e rispondo, sedendomi poi a letto.

 

-Can, se vuoi sapere dove siamo-

 

Candice mi interrompe con voce allarmata.

 

-Oltre al fatto che non ti fai sentire da giorni dispersa chissà dove… Non fraintendermi, adoro come tu e Ian stiate passando il tempo a fare chissà cosa, ma… E’ successa una catastrofe, Nina…-

-Cos’è successo?- domando allarmata.

-Non hai ancora aperto Twitter, Instagram, Facebook o… Qualsiasi diavolo di social da questa mattina, vero?- mi domanda tra lo sorpreso e l’allarmato.

-Avrei dovuto farlo?-

-Non riesco… Dio… Non riesco nemmeno a dirlo… Non so… Non so come sia successo… Nessuno di noi ha mai detto niente, lo giuro!- mi dice.

 

Cosa diavolo sta succedendo? Cosa sta facendo allarmare così tanto Candice sui social?

Metto in viva-voce, in modo da sentire Candice, e di aprire i vari social network. Quello con più giri di notizie, senza ombra di dubbio, è Twitter. Apro prima quello, per capire di che costa stia parlando Candice, visto che continua a farneticare su qualcosa che nemmeno capisco.

No, non è possibile.

Non può essere vero. 

 

 

_______________________________________________

 

 

Buon inizio di settimana a tutte :)

Capitolo interamente dedicato alla famiglia, come saranno i prossimi, e penso sia giusto così dopo tutto quello che hanno passato. 

Anche se è un capitolo dedicato ai Nian e ai loro bambini, c’è sempre un fattore rischio che si rispecchia nell’ultima parte del capitolo con la telefonata di Candice.

Andiamo per gradi, dunque. I bambini hanno accettato di buon grado tutta la situazione che li circonda e amano il fatto che i loro genitori siano finalmente insieme.

Ian e Nina si dedicano completamente ai bambini, creando così un’atmosfera ideale per loro e i loro figli.

I Nian, invece, sono sempre più affiatati e innamorati *^*

Con l’ultima parte apriamo un capitolo che ho tenuto nascosto per tanto tempo, ma che prima o poi doveva venire fuori e verrà spiegato nei prossimi capitoli.

Ringrazio le quattro ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e tutte quelle che hanno letto solo il capitolo. Spero che le visualizzazioni e le recensioni possano aumentare :)

Alla prossima :3

  
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