Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.034 (Fidipù)
Note: Salve salvino! Bene, bene. Finalmente siamo arrivati alla
parte di Miraculous Heroes che chiamo "Storia di Fu". Perché?
Semplicemente perché da questo - e per i prossimi 2 capitoli - verrà
narrata la storia del maestro Fu e della nascita di Coeur Noir. Ovviamente
vista dalla prospettiva di Fu e, quindi, leggermente di parte; avrei da
darvi qualche informazione random su ciò che verrà detto di seguito ma,
sinceramente, preferisco attendere il prossimo capitolo per...beh,
spiegarvi un po' di cosette!
Quindi, per ora, vi lascio e come al solito vi ringrazio! Un grazie a chi
legge in silenzio, un grazie a chi commenta qui e su FB, un grazie a chi
inserisce questa storia in una delle sue liste...
Grazie, davvero, grazie!
1840, Nanchino.
Fu addentò la mela, che aveva sgraffignato alla bancarella del
fruttivendolo, e osservò le navi inglesi attraccate al porto, gustandosi
la pasta dolce del frutto: erano due anni che ormai le tensioni fra
l’Impero Celeste e quello britannico avevano raggiunto il punto di
non-ritorno.
Fra gli eserciti delle due potenze c’erano stati numerosi scontri, facendo
subire alla Cina e alla sua milizia la potenza degli inglesi: meno
numerosi ma con armi più forti e potenti…
L’Impero Celeste stava soffrendo, dimostrando tutta la sua debolezza.
«Fu!» la voce imperiosa del maestro Liu lo fece sobbalzare e, poco dopo,
sentì il dolore della manata che l’uomo gli aveva assestato sulla nuca:
strinse i denti, portandosi una mano nella zona lesa e osservando la mela
rotolare per terra; si voltò irato, fissando il suo mentore e, poi, spostò
l’attenzione sulla ragazzina che, dietro il maestro, sghignazzava
allegramente.
«Fa!» ringhiò il ragazzino, abbassando le mani e stringendole a pugni.
«Ti ho detto mille volte di non rubare, Fu!» tuonò Liu, battendo il
bastone per terra e richiamando l’attenzione su di sé: «O sbaglio?»
Il ragazzo osservò l’uomo che lo aveva raccolto dalla strada pochi anni
prima: bianco. Totalmente bianco. Questo pensava ogni volta che lo vedeva:
barba, capelli, sopracciglia cespugliose e il lungo changshan erano tutti
dello stesso colore.
«Mi perdoni, maestro.» mormorò, chinandosi per raccattare il frutto e
ripulendo velocemente alla propria casacca: «Ma non l’ho rubata: era
caduta dal banco e…»
Un nuovo colpo si assestò sulla testa del giovane, facendogli stringere i
denti e guardare irato la verga che l’anziano teneva in mano: «D’accordo.
L’ho rubato ma, come dico sempre, le vecchie abitudini sono dure a
morire.»
«O forse tu sei veramente stupido.» sentenziò Fa, portandosi una mano alla
bocca e ridacchiando sommessamente: «Potevi rimanere a Nêdong: sono
assolutamente che posso sistemare la questione da sola.» dichiarò,
portando le mani sui fianchi e mostrando fiera il Miraculous della
Farfalla, che teneva appuntato all’allacciatura del qipao scuro che
indossava.
Fu si portò la mano al polso destro, carezzando la pietra del bracciale
che gli aveva donato il maestro Liu e scuotendo il capo: «Non potevo. Ho
sentito qualcosa…» in verità gli sarebbe piaciuto moltissimo rimanere al
sicuro a Nêdong, protetto dal tempio dove lo aveva condotto il maestro, al
sicuro fra le montagne dello stato vassallo del Tibet; ma qualcosa era
scattato in lui, quando aveva sentito da alcuni monaci che il suo mentore
era a Nanchino.
Fa scosse il capo, pestando stizzita un piede per terra, facendo sì che
l’attenzione di Fu si calamitasse su questi: a differenza delle comuni
donne, lei che era stata allevata dai monaci di Nêdong, non aveva subito
la pratica della fasciatura dei piedi; Fa non sarebbe mai stata
considerata qualcosa di fragile e debole, impossibilitata ai lavori
pesanti, e non avrebbe mai contrattato un matrimonio buono.
Perché questo succedeva solo alle donne con i Gigli d’oro, ovvero i piedi
fasciati.
In compenso Fa sapeva combattere ed era dannatamente pericolosa con un
bastone in mano; inoltre il qipao informe che indossava, nascondeva le
fattezze femminili della ragazza, facendola passare tranquillamente per un
esponente di sesso opposto: «Cosa stai guardando?» gli domandò e Fu
abbozzò un sorriso allo sguardo scuro, che lo scrutava serio.
«Finitela.» sentenziò Liu, battendo il bastone e riportando l’ordine fra i
due: «Poche settimane fa ho donato i Miraculous della Coccinella e del
Gatto Nero.» mormorò, lisciandosi la lunga barba candida: «E ho sentito
avvicinarsi quelli della Volpe, dell’Ape e del Pavone. Sia tu che Fa mi
avete raggiunto…»
«I sette Miraculous si stanno riunendo, maestro?» domandò Fa, portandosi
una mano alla bocca e inspirando profondamente: «Ma questo…»
«Cosa significa? Che ci saranno sette persone come noi a spasso per
Nanchino?» chiese Fu, alzando le spalle: «Non mi sembra niente…»
«Quando i sette Miraculous si riuniscono in un luogo significa che un
grande male apparirà lì!» sbottò la ragazza, scuotendo il capo: «Dormivi
durante le spiegazioni di maestro Mei oppure…»
«Alle volte dormivo, sì.»
«Maestro! Come avete potuto dare il Miraculous della Tartaruga a Fu?»
«Fu si è dimostrato degno di possederlo, come tu hai dimostrato di essere
adeguata per quello della Farfalla.»
Fu borbottò qualcosa, suscitando l’ennesima occhiata irata da parte della
ragazza: «Voi mi avete detto che esiste questo spirito malvagio,
Chichan…Chi…»
«Chiyou.» sbottò Fa, scuotendo il capo: «Il tuo livello d’ignoranza è
davvero insopportabile.»
«Il tuo livello di voler essere la più saccente…» dichiarò il ragazzo,
incrociando le braccia: «Quello sì che è veramente insopportabile.»
«Chiyou è una presenza oscura che si aggira su questo mondo: il sommo
Huangdi, l’Imperatore Giallo e padre della nostra civiltà, l’ha
combattuto, ma non è riuscito a ucciderlo e da allora, Chiyou vaga,
possedendo i corpi e creando il caos e la distruzione attorno a sé.»
«Se nemmeno l’Imperatore Giallo è riuscito a sconfiggerlo, come potremmo
noi?»
«Perché voi, piccolo Fu, avete i Miraculous.»
Fu sospirò, osservando le merci esposte nelle bancarelle e ascoltando il
vociare attorno a sé: gran bella gatta da pelare gli aveva mollato il
maestro Liu…
«Non dovevo venire a Nanchino.» sbottò, tenendo lo sguardo basso e senza
guardare dove stava andando, finendo per scontrarsi contro qualcosa. O
qualcuno.
Barcollò all’indietro, finendo con il sedere per terra e osservando la
donna, contro cui si era scontrato, imitarlo: un’occidentale, si ritrovò a
pensare, fissando il vestito dall’aria straniera, il volto pallido e
circondato da ciuffi scuri: «Perdonami!» esclamò la ragazza con un cinese
fluente e sorridendo all’espressione confusa che lui doveva avere: «Ah.
Mio padre è un mercante e ho vissuto a Hong Kong, per questo so la tua
lingua.» gli spiegò, tirandosi su e spazzolandosi le gonne voluminose,
allungando poi una mano verso di lui: «Ti sei fatto male?»
«No. No.»
«Oh. Ottimo!» esclamò allegra la ragazza, battendo le mani fra loro e poi
voltandosi verso una bancarella: «Stavo guardando quelle stoffe e non
guardavo dove andavo…»
«Anche io.»
«Che maleducata! Non mi sono presentata: Bridgitte Hart.» trillò contenta,
allungando una mano verso di lui.
Che doveva farci? Aveva visto alcuni occidentali portare la mano delle
donne alle labbra ma lui non lo avrebbe mai fatto; chiuse la mano destra a
pugno e la circondò con quella sinistra, chinando leggermente la testa:
«Il mio nome è Fu.» dichiarò, alzando poi lo sguardo e notando l’aria
vagamente imbarazzata che la sua interlocutrice aveva.
«Perdonami. Dimentico sempre che i nostri modi di salutare sono
differenti.» mormorò, imitandolo e chinando lievemente la testa: «E’ un
onore per me conoscerti, Fu. Di solito i tuoi connazionali mi guardano con
sospetto o odio…»
«Sei inglese?»
Domanda stupida.
Ma ormai c’erano così tanto occidentali nell’Impero Celeste ed era così
difficile riconoscerli che non avrebbe saputo dire se la giovane davanti a
sé fosse portoghese, inglese o olandese.
«Sì.»
Fu annuì, guardandosi di lato e notando alcuni soldati britannici
camminare verso di loro, con una donna anziana che gesticolava
indemoniata: «Miss Hart!» strillò quest’ultima, correndo verso la ragazza
– per quanto il voluminoso vestito glielo permettesse – e, una volta
giunta davanti la giovane, le prese le mani, facendola indietreggiare:
«Miss Hart! Quante volte le ho detto di non aggirarsi da sola per questa
zona, non sa cosa sarebbe potuto succederle!»
«Sono certa che Fu, il mio nuovo amico, non avesse intenzione di
uccidermi.»
Ah. Quindi era diventato suo nuovo amico?
Solo per il fatto di essersi scontrato con lei ed essersi presentato?
Occidentali…
«Sergente Norton!» trillò allegra la sua nuova
amica, avvicinandosi sorridente al soldato dai capelli
chiari e lo sguardo azzurro: «Che cosa strana vederla qua. Lasci che le
presenti il mio amico…»
«Non m’interessa.» sentenziò il sergente Norton, scoccando un’occhiata
fredda alla ragazza e a Fu, voltandosi poi verso la donna anziana: «Avete
ritrovato la vostra pupilla, quindi posso andare.»
«Sempre glaciale, eh Norton?» esclamò il suo compagno, osservando l’altro
andarsene: «Non dategli peso, Miss Hart, al nostro Norton non piace stare
in questo paese.»
«Io trovo la Cina un posto davvero interessante.» dichiarò Bridgette,
voltandosi e sorridendo a Fu: «Posso considerarti mio ospite per un the,
Fu?»
«Miss Hart!»
«Vorrei tanto conoscerti meglio e parlare del tuo paese.»
Forse avrei dovuto assicurarmi se
avesse battuto o no la testa.
Questa straniera non è normale…
Fu annuì, osservando il volto della fanciulla illuminarsi di gioia:
«Facciamo domani? Magari nel primo pomeriggio? Miss Peregrine, com’è il
nostro indirizzo?»
Genbu.
Quando aveva scoperto che non poteva usare il suo nome, quando utilizzava
il potere del Miraculous, aveva deciso di usare il nome di una delle
Siling, le bestie sacre: la tartaruga nera, il simbolo di longevità e
saggezza.
E quella sera era Genbu, il protettore dell’umanità.
Sorrise, saltando sul tetto di una capanna e osservando Nanchino dipanarsi
davanti a lui: «Perché siamo dovuti uscire così?» domandò, voltandosi
verso la sua compagna: Hu Die.
Non sapeva perché Fa avesse deciso di usare la parola che indicava
semplicemente l’animale del suo Miraculous, ma doveva ammettere che aveva
un bel suono: la ragazza lo affiancò, il volto coperto da una maschera di
stoffa viola, guardando davanti a sé: «Il maestro ha detto di farlo.»
«Dobbiamo cercare Chiyou, per caso?»
«No. Il maestro sa dov’è…»
«E allora…» si fermò, osservando Hu Die indicare un punto davanti a sé e
Genbu seguì la direzione indicata, osservando un qualcosa di rosso saltare
di tetto in tetto, leggiadra e veloce, seguita a ruota da un’ombra scura
come il cielo notturno: «Per caso sono…»
«I Portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero.» spiegò Hu
Die, riprendendo a correre e saltando sul tetto della capanna vicina;
Genbu scosse il capo, osservando le stoffe cremisi sparire dietro
l’ennesimo tetto e seguì la compagna, raggiungendo velocemente i due
Portatori.
Coloro che avevano i Miraculous più potenti…
«Abbiamo compagnia, mia signora.» sentenziò l’uomo in nero, fermandosi e
osservando i due con un sorriso accondiscente sul volto: «Ma siete
ragazzini!»
«Ho quattordici anni.» sbottò Genbu, incrociando le braccia al petto:
«Un’età più che adeguata al ruolo che ho.»
«Contento tu…»
«Ti ho già detto mille volte di non chiamarmi mia signora, Black Cat.»
sentenziò la fanciulla in rosso, raggiungendoli e sorridendo: «Dunque
siete i compagni di cui i nostri kwami hanno parlato? Io sono Ladybug e
lui…»
«Black Cat, per servirvi.» sentenziò il Portatore del Miraculous del Gatto
Nero, chinandosi con quel fare che Genbu aveva visto in alcuni
occidentali, sembrava lo chiamassero cavalleresco: «Mentre voi siete…»
«Genbu.»
«Hu Die.»
«Farfalla in cinese?» domandò Black Cat, voltandosi verso Ladybug e
sorridendo: «Lo sapevo che avrei trovato compagni con nomi
impronunciabili.»
«Non sei stato poi così sfortunato.»
«Almeno quando indosso questi panni.» commentò l’eroe nero, alzando le
spalle e scuotendo la testa bionda: «Di solito sono veramente fortunato:
sai oggi…»
«Non m’interessa la tua vita privata, Black Cat.» sbuffò la fanciulla,
avvicinandosi a Genbu e Hu Die: «Sono veramente onorata di conoscervi e
spero che lavoreremo bene assieme…» si fermò, sorridendo e sbattendo le
palpebre dietro la maschera cremisi: «In verità, il mio kwami non ha
saputo dirmi molto contro cosa avrei dovuto combattere e perché.»
«Neanche il mio.» dichiarò Black Cat, giocherellando con l’anello che
portava alla mano destra: «Sarei molto propenso ad avere qualche
informazione al riguardo: chi combattiamo? Perché?»
«Il nostro nemico è un certo Chiyou.» sentenziò Genbu, ignorando lo
sguardo irato che Hu Die gli aveva rivolto: «Uno spirito malvagio che si
diverte a impossessare le persone e crea caos e distruzione.»
«Oh. Bello.» annuì Black Cat, scuotendo il capo: «E dire che in patria
dicevano che le uniche cose che avrei trovato in Cina sarebbero stati the
e riso; nessuno aveva fatto cenno a spiriti che possedevano e a gioielli
che trasformavano…»
«Black Cat, potresti gentilmente stare zitto?»
«Come la mia signora comanda.»
«Non sono la tua signora.» dichiarò irata Ladybug, portando nuovamente
l’attenzione su Genbu e Hu Die: «Sapete chi ha posseduto?»
Il guerriero del Miraculous della Tartaruga si voltò verso la compagna,
vedendola sospirare vistosamente: «Abbiamo buttato il riso, tanto vale
lasciarlo cuocere…» bofonchiò Hu Die, scuotendo il capo: «Sì. Lo
sappiamo.»
«Puoi dirmi chi è?»
«Xiao Quan Cheng.»
«Stai scherzando, spero.» esclamò Black Cat, dando voce allo stesso
pensiero che aveva attraversato la mente di Genbu: la persona che Hu Die
aveva appena nominato, quella che doveva essere posseduta da Chiyou era…
«La conosci, Black Cat?»
«Penso che in tutto l’Impero Celeste sia conosciuta, poiché è una delle
mogli dell’imperatore Daoguang ed è una delle quattro che portano il
titolo di Imperatrice.» spiegò Genbu, scambiandosi un’occhiata con la sua
compagna e trovandola tranquilla: lei sapeva. Per tutto quel tempo sapeva
contro chi avrebbero combattuto e non lo aveva messo a parte di ciò.
«Esattamente.» dichiarò Black Cat, scuotendo la testa: «E ti dirò di più:
sua maestà imperiale non si trova qui a Nanchino, ma nella capitale
celeste: Pechino. E più precisamente all’interno del Palazzo imperiale,
che è praticamente inaccessibile.»
«In verità, l’Imperatrice si trova in incognito qui a Nanchino.» mormorò
Hu Die, attirando su di sé gli sguardi di tutti: «Una delle figlie, la
principessa Shoun-An, verrà presto data in sposa e Xiao Quan Cheng è
venuta qua per discutere i termini del contratto.»
«Non dovrebbe pensarci l’imperatore?»
«Al momento è troppo preso a combattere gli inglesi.»
«Giusto.»
«Quindi dobbiamo muoverci prima che l’imperatrice riparta per Pechino.»
«Beh, Miss Hu Die, sembra che tu sappia davvero tante cose: sei per caso
una spia?»
«Il mio…» Hu Die si fermò, dando una breve occhiata a Genbu: «Il nostro
maestro sa tante cose.»
«Noto.»
«Sai quando l’imperatrice partirà?» domandò Ladybug, battendosi le dita
sulle labbra e fissando per terra: «Quanto tempo abbiamo per sconfiggere
questo Chiyou?»
«Il maestro questo non lo sa.»
Fu fissò male la ragazza, osservando il kwami della Farfalla svolazzarle
intorno: «Potevi informarmi.» dichiarò, sentendo Wayzz posarsi sulla sua
spalla: «Potevi dirmelo che il nostro nemico è una delle Imperatrici.»
«E poi cosa avresti fatto? Saresti corso da lei e ti saresti fatto
uccidere!» sbottò Fa, scuotendo il capo: «C’è un motivo se i Miraculous si
stanno riunendo qui a Nanchino ed è perché Chiyou non è un nemico che
possiamo sconfiggere da soli: se ti avessi detto tutto quello che il
maestro Liu mi ha detto, tu…»
«Non sono così avventato.»
«Lo sei, Fu. Per questo il maestro avrebbe voluto che tu rimanessi al
tempio, ma…»
«Io…»
Cos’avrebbe potuto dire?
Alzò lo sguardo, trovando quello compassionevole di Fa e lui odiava quella
luce nei suoi occhi perché gli ricordava costantemente ciò che era: il
ragazzino che era, quello raccattato da Liu e portato al tempio; quello
che sapeva veramente pochissimo del mondo in cui si era ritrovato...
«Io non sono avventato! Avrei ideato un piano e…»
«E ti saresti fatto uccidere, Fu. Ti conosco, lo so.»
«Non pensare di conoscermi, Fa.»
«Ho vissuto con te questi ultimi anni: ti ho visto quando Liu ti ha
portato al tempio e mi sono allenata con te. Scusami, se mi prendo
l’arroganza di conoscerti ma è così.»
«No, non è così.»
Quanti giorni erano passati dal loro primo incontro con Ladybug e Black
Cat?
Non li aveva contati, ma più o meno erano stati una decina.
Qualche sera dopo l’incontro con i due, aveva intravisto altri due
Portatori vagare per i tetti della città: Zorro e Abeja, così si erano
presentato coloro che avevano il Miraculous della Volpe e quello dell’Ape;
infine, la sera dopo ancora era arrivato Pavão, il Portatore del
Miraculous del Pavone.
Sette persone benedette dai Miraculous.
Sette difensori che si sarebbero messi fra Chiyou e l’umanità.
Questo aveva detto il maestro Liu quando gli avevano riportato la notizia
dell’arrivo di Pavão.
«Sei perso nei tuoi pensieri, Fu?» gli domandò Bridgette, riportandolo
alla realtà: la ragazza lo fissava dall’altro lato del tavolo, gli occhi
chiari rivolti verso di lui e le labbra piegate in un sorriso: «O forse il
the non ti piace?»
«Il vostro the fa schifo.» sentenziò Fu, osservando il liquido arancio
nella tazza: «Non è assolutamente paragonabile a quello della mia gente.»
«Mi piacerebbe provarlo…» mormorò Bridgette, prendendo la tazzina di
porcellana e portandosela alle braccia: «Ma, purtroppo, sono costretta in
questa casa: dopo la mia bravata al mercato – che poi non ero sparita da
davanti gli occhi della mia chaperon – e i nuovi tumulti che ci sono in
città, mio padre pensa bene che stare in casa sia più sicuro per me.»
«Mh…»
«In verità, tutta la mia vita è così: sono rinchiusa in una bella gabbia,
ma ciò che voglio è al di là di essa.»
«Immagino non sia facile…» mormorò Fu, abbassando nuovamente lo sguardo
sul the che gli era stato offerto: «La mia unica gabbia è la povertà:
senza soldi non puoi fare niente.»
«I soldi si possono fare. Mio padre lo ripete sempre, ma se non hai la
libertà, è inutile averli…» mormorò Bridgette, abbozzando un sorriso
triste: «Un giorno mi piacerebbe visitare il mondo: andare nelle Americhe
e vedere le città che stanno costruendo là, tornare in Francia – la patria
della mia defunta madre – e l’Italia! Oh. Ho sempre sognato di vedere
l’Italia.»
Fu ascoltò rapito i racconti di Bridgette, che gli narrava di posti così
lontani dal suo e così esotici, da sembragli un sogno: gli aveva parlato
dei monumenti di Parigi, la capitale francese, facendolo rimanere a bocca aperta; e poi gli
aveva raccontato delle meravigliose opere che c’erano in Italia e di cui
lei aveva solo letto; parlandogli poi di quel grande continente, lontano
nel mare, dove nuove città e nuove sfide attendevano chi aveva il coraggio
di andarci.
«Io…» mormorò il ragazzo, riprendendosi da quel sogno in cui la fanciulla
inglese lo aveva trasportato: «Non credevo che il mondo fosse così…»
«Grande? Immenso?»
«Sì.»
«Lo è. E spero di visitarlo un giorno.» dichiarò Bridgette, posando lo
sguardo sul giovane cinese davanti a lei: «Ma se le mie catene non si
spezzeranno, promettimi che tu vedrai questi posti per me.»
Fu annuì, non sapendo nemmeno perché lo stava facendo: «Lo farò.» mormorò,
sorridendo all’espressione felice che si era dipinta sul volto
dell’inglese: la sua vita era legata al tempio, legata al Miraculous che
portava e, quasi sicuramente, sarebbe rimasto a Nêdong, fino alla fine dei
suoi giorni.
Perché fare quella promessa che non poteva mantenere?