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Autore: Walpurgisnacht    27/06/2016    1 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
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Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La stanza numero 4 era assai particolare.

Era quasi del tutto vuota, ad esclusione di un tavolo con una sorta di piccolo separé a dividere il piano: da un lato c’era un mazzo di carte con vari simboli disegnati sopra e un apparecchio con degli elettrodi che andavano oltre il separé; oltre a questo, erano presenti alcuni schedari (ben chiusi da alcuni lucchetti a combinazione), scatoloni e uno specchio. Kyouko si avvicinò a quest’ultimo e lo esaminò scrupolosamente, mentre i suoi due compagni si guardavano attorno: era piuttosto sicura che la stanza fosse molto più piccola rispetto a come appariva dall’esterno, ne dedusse quindi che per qualche motivo era stata murata e lo specchio fosse finto, simile a quelli che venivano usati negli interrogatori della polizia.

Eppure non ho visto altre porte pensò, quindi suppongo che trovare un modo per entrare qui sia quello che Zero vuole. L’impresa non era da poco dato che non vedeva nessun oggetto contundente da poter lanciare contro il vetro: il tavolo era sprovvisto di sedie, e anche in tre non era sicura sarebbero riusciti a sollevarlo. Per un attimo rimpianse l’assenza di Oogami e Oowada. Ma di sicuro Zero non vorrà farci ricorrere alla mera forza bruta, visto come ha agito finora si disse, mentre tornava ad osservare i suoi compagni.

“Questo mazzo di carte è veramente strano” disse Makoto, senza rivolgersi a nessuno in particolare, “mi sembra di aver già visto qualcosa di simile ma non ricordo dove…”

“F-Forse in qualche film” rispose Touko, “di quelli con gente che ha poteri psichici o q-qualcosa di simile.”

“Fukawa ha ragione. Questi mazzi di carte, chiamate di Zener, li usava chi studiava fenomeni come la telepatia e casi simili” si intromise lei, prendendo in mano una carta. “L’esaminatore chiedeva al soggetto studiato di indovinare il simbolo sulla carta scelta, e se sbagliava veniva fulminato con una lieve scossa tramite quegli elettrodi” disse, indicando il tavolo.

“Wow, è terribile” disse Makoto, che sembrava inorridito e affascinato al tempo stesso, “non credevo si studiassero cose del genere anche nella vita vera.”

“Oh sì, lo fanno” confermò Touko, “o almeno, l-lo facevano negli anni ‘80.”
“E tu come lo sai?” chiese Makoto, e lei arrossì appena: “N-Nella prima stanza in cui siamo entrati per arrivare qui sotto c’erano diversi libri stranieri, tra cui uno che ho letto tempo fa. Si chiama L’Uomo che Fissa le Capre e r-racconta di un’unita militare che intendeva usare poteri psichici per avvantaggiarsi in guerra, come leggere nella mente dei nemici … o uccidere una capra con lo sguardo.”
“Oh.”

Kyouko constatò che Touko aveva balbettato poco e nulla mentre parlava di quel libro (qualcosa che evidentemente le piaceva). Forse ce la farà a riprendersi, si disse. Sempre che Togami non avesse intenzione di perseverare in quel suo comportamento distruttivo nei confronti degli altri.

“Però non capisco perché il libro si trovasse qui” sospirò la Super Scrittrice, “e ora queste carte… è come se…”

“...fosse un tema ricorrente?” concluse Makoto per lei, annuendo.

“Già. Pare che Zero ci tenga particolarmente a questo dettaglio, ma al momento non abbiamo abbastanza elementi per capire cosa c’è dietro” rispose Kyouko, confermando i loro sospetti. Passeggiò su e giù per la stanza con le mani sui fianchi, il suo cervello da detective in moto: c’era qualcosa di strano in quegli indizi, le sembravano… mirati, studiati. Non era qualcosa piazzato a caso da un pazzo, c’era della lucidità in quello che stava facendo.

I libri sulla telepatia. Le carte per i test psichici. Il fermaglio da bambina.

Il suo sesto senso le diceva che c’era un nesso tra quelle cose, ma ancora non riusciva a vederlo. E più ci pensava, più la sua mente le diceva di ricordare.

Cosa, però, non lo sapeva.

Sospirò e, battendo le mani, richiamò l’attenzione degli altri due: “Ok, abbiamo oziato abbastanza. Cominciamo a ispezionare la stanza.”

“Perdonami se oso contraddirti, Kirigiri-san, ma prima di iniziare ci sarebbe una cosa importante da sbrigare” disse con tranquillità Naegi.

“Prego? Non credo di seguirti”.

“Fukawa-san, potresti gentilmente dare a Kirigiri-san la cassetta del pronto soccorso? Prima, con l’arrivo di Asahina-san e delle altre mi sono dimenticato di prenderla. Fra l’altro… cavolo, l’avete vista? Era di pessimo umore…”.

Pessimo umore non comincia neanche a descriverla. A me ha sinceramente dato l’impressione di essere fuori di sé e che solo per puro miracolo stesse riuscendo a non scoppiare come un chilo di tritolo. Qualunque cosa sia successa dietro la porta numero 6 le ha lasciato un segno, almeno sul breve termine. Ora, tornando a noi… perché dovrebbe darmi quella cassetta?”.

Kyouko non era stupida, era ovvio che avesse colto il motivo. Semplicemente non la trovava un’urgenza. L’imperativo era risolvere il mistero di quella strana stanza.

“Non so, per farti curare per esempio?”.

“Non serve. Non ora. Prima dobbiamo capire come uscire da qui”.

“Kirigiri-san… stai scherzando, vero? Ti ricordi di quanto hai detto in quel momento con me e Ikusaba-san, vero?”.

“Certo. Non ritengo di essere in imminente pericolo di vita”.

“Pericolo di v-vita?” si inserì Touko.

“Falle vedere la tua mano”.

“Yuck! No no, s-sto bene così grazie!”.

“Coraggio, fagliela vedere”.

“Non penso che…”.

“Kirigiri-san, su”.

Da quando Makoto Naegi sa essere così bonariamente insistente? Di solito, di fronte a un rifiuto, lascia perdere subito.

Sbuffò, la cosa le dava fastidio per un non ben precisato motivo. Poi fece come le era stato suggerito, dovendo pure avvicinarsi data l’eccessiva distanza fra le due.

“Santocielocheschifoallontanatiquellarobaneramimangeràlafaccia… oh, Naegi aveva r-ragione. Sei ferita”.

“Non lo posso negare” disse scrollando le spalle “È successo quando ho aperto la porta col pomello incandescente”.

“T-Tu hai fatto cosa?”.

“Ho aperto una porta col pomello incandescente”.

“Penso che quella di Fukawa-san fosse una domanda retorica…”.

Un altro sbuffo. Quella situazione non le piaceva.

Perché? Cosa mi irrita? Naegi è solo preoccupato per me e Fukawa… beh, è Fukawa. Anzi, per i suoi standard sta mantenendo una certa dignità. E quindi perché?

“Hai visto, Fukawa-san? Ecco, devi sapere che… com’è che avevi detto esattamente? «La compromissione dello strato anteriore provoca una sinapsi congiunta ma non disgiunta...»”.

Naegi, sei un cretino. Ma un cretino tutto sommato divertente, specie quando ti arrampichi sul technobabble dicendo parole a caso per passare volutamente come un cretino.

“Avevo detto che una compromissione della pelle come questa può portare a parecchi guai. Febbre alta, ipotermia, elevata frequenza cardiaca e altre cosucce”.

Ci fu silenzio. Kyouko da parte sua non aveva null’altro da aggiungere, mentre Naegi… non lo capiva. Era stata abbastanza chiara nei suoi tentativi di dilazionare l’intervento sulla sua mano, eppure si era incaponito.

Che poi pensava di essersi ben spiegata: prima la stanza, poi lei. Non era niente di astruso. Mica non voleva farsi curare, si trattava solo di priorità.

Ma quello niente, si era fatto testardo come un mulo.

“Dunque Fukawa-san? Saresti così carina da passarle quella cassetta?”.

 

*

 

Mondo Oowada era curioso. E quando Mondo Oowada era curioso di solito succedevano macelli.

Da che erano entrati nella porta numero 3 non riusciva a non guardare fisso Aoi Asahina. Ignorò quasi del tutto il contenuto della stanza, che a una rapida occhiata dava l’impressione di essere una camera per il personale: un paio di brande, qualche armadietto in acciaio, una doccia.

Ma di quello non gli interessava nulla.

La carica di malumore, ira e chissà cos’altro che aveva preso possesso della Nuotatrice pareva non volersene andare. La seguiva come una nuvoletta perennemente attiva sopra la sua testa.

Impossibile, per una mente semplice come quella del Motociclista, non esserne attratto. Il confronto con il suo usuale umore allegro e sbarazzino strideva troppo.

“Ok compagni di classe! Adesso dovremmo trovare un modo per uscire, sempre attenendoci alle istruzioni che abbiamo ricevuto da Zero!”. Ishimaru non poteva proprio fare a meno di essere uguale a se stesso. Si era anche messo sull’attenti, il cialtrone.

“Piantala di abbaiare, sappiamo quel che dobbiamo fare. Piuttosto” disse avvicinandosi ad Aoi “permetti una domanda?”.

“No. Fatti i cazzacci tuoi”.

Ok Mondo, non è il momento adatto di trovare il nuovo vocabolario della signorina sin troppo… sexy. Datti una calmata scimmione, datti una calmata.

“Credo invece che te la farò lo stesso”.

Lei si voltò nella sua direzione digrignando i denti: “Fammi indovinare: non hai intenzione di scollarti da me finché non ti rispondo, vero?”.

“L’idea era quella, già”.

“E va bene, fai ‘sta cazzo di domanda. Ma bada, se dovessi giudicarla fuori luogo puoi pure dire addio ai tuoi testicoli”.

Senza neanche pensarci si portò le mani sul pacco, coprendoselo meglio che poteva.

“Avanti, spara. E prega di non farmi perdere tempo”.

Deglutì cercando di non darlo a vedere.

“Ecco, volevo sapere perché da un po’ sei così incazzata con l’universo intero”.

SCRONCK.

Le stelle esplosero. E non solo loro.

Il mondo di Oowada divenne rosso. Prese a dimenarsi come una carpa rotolando per terra, le mani poste a difesa dei gioielli di famiglia sfracellate dalla ginocchiata killer di Asahina.

“Vuoi davvero sapere il perché, pompadour con il coglione attorno? Lo vuoi sapere?”.

“Ngringaaaaaah”. Che sarebbe dovuto essere mi hai disintegrato le palle, a ‘sto punto sì che lo voglio sapere!

“PERCHÉ SONO LESBICA E MI PIACE SAKURA, ECCO PERCHÉ!”.

Nonostante il dolore Mondo non riuscì a impedirsi di voltarsi verso Aoi con un’espressione incredula; persino Ishimaru aveva interrotto l’ispezione di alcuni armadietti ed era rimasto impalato a guardarla.

“Beh, siete contenti? Ora potete anche ridere, fate pure! Non m’importa!”

Così dicendo Aoi andò a sedersi su una delle panche e silenziosamente cominciò a piangere.

Mondo rimase seduto per terra, osservando le spalle della ragazza che scattavano ad ogni singulto. Questa non ci voleva pensò, e ora come la faccio smettere? Merda, di solito sono io che faccio piangere le donne!

Scambiò una breve occhiata con Ishimaru, che si limitò a fare spallucce; evidentemente nemmeno lui aveva idea di come gestire la situazione, e doveva ammettere che non ne era del tutto sorpreso. E se non si calma non riusciremo nemmeno a uscire da qui si disse, sentendosi colpevole per quel pensiero egoista (ma pur sempre vero).

Per un po’ non disse nulla e si limitò a dare una mano ad Ishimaru ad ispezionare la stanza, ma lo sguardo continuava a vagare verso Aoi, che era rimasta seduta in silenzio per tutto il tempo. Inevitabilmente pensò a come dovesse essersi sentita la ragazza quando Zero l’aveva costretta a rivelare il suo più imbarazzante segreto, e se sarebbe stato così anche per lui come per tutti gli altri; seppur per un breve istante si sentì vicino a lei: l’idea di tenersi dentro quel peso così grande, senza poterne parlare con nessuno, doveva essere terribile. Lui il suo non riusciva mai a scacciarlo del tutto, neanche per pochi minuti.

Daiya era il suo più grande rimorso e non riusciva a lasciarlo andare.

Forse dovrei confessarlo agli altri prima che Zero mi costringa a farlo rifletté brevemente, per poi istintivamente lasciar perdere gli armadietti e andarsi a sedere accanto ad Aoi.

“Ti sei ripresa?”

“Ho l’aria di una che si è ripresa?” rispose lei, lanciandogli un’occhiataccia (smorzata dagli occhi rossi e il suo tirar su col naso).

Lui sorrise: “Se riesci a fare del sarcasmo allora stai meglio.”

“Beh, mi spiace deluderti ma non è così” reiterò lei, pulendosi il naso con la manica, “non sto bene per niente, e non credo mi riprenderò tanto in fretta.”

“Oh ma sì che ce la farai, è che al momento ti senti solo molto melodrammatica.”
“...prego?”

“Oowada-kun, non so se questo sia il modo migliore di tirarla su” tentò Ishimaru di calmare gli animi, ma nessuno dei due sembrò dargli retta.

“Secondo te sono solo melodrammatica? Pensi che io non stia soffrendo?!”
“Non intendo dire-”

“Credi forse sia stata una passeggiata di salute doverlo ammettere davanti a Sakura?! Dirle in quel modo così… così orribile che sono innamorata di lei?!” ringhiò Aoi, di nuovo sull’orlo delle lacrime. “Credi che mi piaccia sapere che non ho speranze? Che non mi ricambierà mai?”

Si lasciò andare a un profondo sospiro e riprese a singhiozzare, quando Mondo parlò di nuovo: “Non intendevo dire che è stato facile o che fosse una sciocchezza. Dico solo che adesso ti senti a pezzi perché sei stata costretta a dirlo in circostanze pessime” disse, addolcendo il tono di voce. “E sì, forse Oogami non può ricambiarti come vuoi, ma non puoi neanche esserne sicura.”
“Sì che sono sicura.”
“Ne avete già parlato?”
“...no” arrossì lei, e lui sorrise: “E allora non vedo perché fasciarti la testa prima di essertela rotta.”

Aoi non rispose, ma lui notò che il suo sguardo si era fatto meno duro. “E poi… se anche non dovesse andare come speri, ricordati che lei ti vuole un bene dell’anima. Diamine, credo che in classe quasi tutti invidino la vostra amicizia, pure quella pigna in culo di Togami!”

La ragazza si lasciò sfuggire un risolino e Mondo seppe di aver fatto centro.

“Comunque vada ne verrai fuori. Forse ci vorrà un po’, forse no, ma sopravviverai. Non sono ferite per cui si muore” concluse, dandole una leggera pacca sulla spalla e tornando a rovistare distrattamente negli armadietti.

“Ma che belle parole, non credevo fossi capace di tanta sensibilità.”

Si voltò verso Ishimaru, che con un mezzo sorrisetto si dedicava con scarsa attenzione all’ennesimo armadietto pieno di cianfrusaglie.

“Sono un uomo pieno di sorprese” sorrise Mondo, “ho fin troppa esperienza coi due di picche.”
“Ah, ma quella non era mica una sorpresa.”

“...stronzo.”

“Linguaggio, Oowada-kun!”.

“Rompicazzo”.

“OOWADA-KUN!”.

I due si guardarono, il Motociclista con un lieve sorriso e il Prefetto livido in volto. Poi il primo scoppiò a ridere, divertito dal siparietto, e così facendo contribuì a far rilassare il secondo.

Mentre stavano per riprendere la ricerca di non sapevano bene cosa…

“Seriamente, Oowada-kun. Hai trovato le parole giuste. Ti devo fare i complimenti”.

“Oh, non serve. Era solo…”.

Si bloccò. Stava per dire troppo.

“Era solo?”.

“No, nulla”.

“Cosa stavi cercando di dire prima di fermarti?”.

“Niente t’ho detto…”.

“Non ci credo. È chiaro che volevi proseguire e il mio intuito mi dice che è qualcosa di importante”.

Intuito? Ishimaru? Pensavo che gli avesse dato una nota di demerito a sei anni costringendolo a scrivere cento volte sulla lavagna «Io non servo a una ceppa».

“Oowada… Mondo-kun, non avere paura di parlarmene. Per favore”.

Si stava prendendo un po’ troppe libertà. Però… però il suo viso tradiva preoccupazione. Genuina.

Dannazione, lo aveva sottovalutato. Aveva capito qualcosa che non avrebbe dovuto capire.

“N-Ne parliamo dopo, ok?”.

“No”.

Eh?

“Non ho intenzione di lasciar cadere l’argomento. Adesso come adesso non riuscirei neanche a concentrarmi nella perlustrazione, non con questo tarlo che mi sgranocchia il cervello. Inoltre non voglio che si debbano ripetere momenti spiacevoli come quelli vissuti da Asahina-san... “.

La suddetta Asahina-san, in condizioni un po’ meno disastrose, si era avvicinata al duetto incuriosita da quanto si stavano dicendo: “Ishimaru-kun, non sarai troppo insistente con lui?”.

“Può essere, ma davvero in questo momento ho bisogno di saperlo. Altrimenti non riuscirei a far nulla, e questo non può che giocare a nostro sfavore”.

Da parte sua Mondo restò in silenzio mentre avveniva questo scambio di battute.

Stava seriamente riflettendo sulla richiesta. In cuor suo era terribilmente lacerato: da una parte voleva sfogarsi e buttarlo fuori, così da evitarsi almeno parte del calvario che la loro compagna stava vivendo in quegli stessi attimi (oltre a considerarlo un modo per mettere nel sacco Zero, perché se doveva venire fuori a prescindere tanto valeva che fosse alle loro condizioni e non alle sue); dall’altra parte l’estrema vergogna che lo bruciava al solo pensiero di dover confessare il proprio crimine glielo impediva, cercava di tappargli la bocca e di lasciare il povero Ishimaru con la mano piena di mosche.

“Ho capito, ma se non ha intenzione di dirlo… credi che io abbia sul serio voluto rivelarvelo in quel cavolo di modo? Ho dovuto sbroccare, altrimenti non lo avrei detto mai e poi mai. Stavo quasi per ammazzare me stessa, Sakura e Ikusaba pur di tenermelo dentro. Se il suo segreto è grande almeno quanto il mio vorrei anche vedere che non se la senta”.

Pfffff. Senza offesa Asahina, ma in confronto al mio il tuo segreto è una barzelletta. In fin dei conti tu non hai ucciso nessuno.

“È chiaro che Zero sta mirando sotto la cintura. Prima le mani di Kirigiri-san, la quale immagino fino a oggi abbia persino dormito con su i guanti per impedire che qualcuno le vedesse in tutto il loro orrorifico splendore. Poi tu, costretta contro la tua volontà a manifestare i tuoi sentimenti più profondi con l’oggetto del tuo amore vicino a te. Sta giocando sporco. A questo punto è lecito aspettarsi che quanto avete vissuto voi due dovrà toccare prima o poi a tutti noi. Perché non anticipare i tempi?”.

“Perché è irrispettoso nei suoi confronti, ecco perché!”.

“Zero non ha di questi riguardi. Siamo le prede di una caccia grossa. Almeno prendiamoci le nostre piccole rivincite se siamo obbligati a sopportare tutto questo schifo”.

Quel che penso anch’io. È tanto difficile lo stesso, però…

“Non voglio che lui debba passare quel che sto passando io!”.

“Lo farà comunque, Asahina-san. Non commettere l’errore di credere che quanto sto sostenendo lo dica a cuor leggero, nonostante l’idea che posso trasmettere di me non arrivo a simili livelli di cecità. Come direbbe Kirigiri-san, è una semplice questione pratica: adesso o dopo non importa, prima o poi il suo trucido passato o qualcosa di altrettanto traumatico verrà a galla. Perso per perso trovo indifferente il tempo della rivelazione, tutto qui”.

Esperienza”.

“Huh?”.

Era solo esperienza. Era questa la frase che stavo dicendo prima”.

“E-Esperienza?” balbettò Asahina.

“Esperienza. So fin troppo bene cosa vuol dire vivere con un peso sulla coscienza, per questo sono riuscito a rivolgerti quelle parole consolatorie. Anche se purtroppo nel mio caso non hanno la stessa efficacia…”.

Gli altri due si azzittirono e presero a fissarlo.

“Vuoi… vuoi dirlo, dunque?”.

Un sospiro.

“Io… io…”.

 

*

 

Byakuya Togami era stupito. Non gli capitava spesso, era una sensazione piuttosto nuova per lui. Ma nondimeno stava accadendo.

E cosa può stupire Byakuya Togami, Super Erede della Togami Zaibatsu, il diciassettenne probabilmente più ricco dell’intera galassia?

Una cosa in realtà abbastanza semplice.

Vedere Mukuro Ikusaba reggere una pistola… e tremare.

Non era certo il tipo di comportamento che ci si poteva aspettare da lei, il Super Soldato, il fiore all’occhiello della brigata Fenrir, la sempre serissima e impassibile Ikusaba; invece adesso era davanti a lui e Oogami e tremava come una foglia, mentre davanti a lei avanzavano i bersagli del poligono di tiro.

Nove bersagli con le loro fattezze.

Il senso dell’umorismo di Zero è assai discutibile.

In quella stanza non avevano trovato quasi nulla a parte quel poligono di tiro, una pistola carica e una tortura pensata apposta per la soldatessa, che al momento fissava i bersagli con uno sguardo terrorizzato che non le aveva mai visto prima.

E tuttavia il suo cinismo gli impediva di credere che tutto questo non fosse… sbagliato, in mancanza di termini migliori.

Per quanto sia normale e umano non voler sparare a fantocci che rappresentano i tuoi compagni di classe -persino per una come Mukuro- trovava che la reazione fosse troppo sopra le righe.

“Sono solo bersagli di carta.”

“Eh? Hai detto qualcosa, Togami-san?” chiese Sakura, e persino Mukuro si voltò verso di lui: “Ho detto che sono solo bersagli di carta, non vedo quale sia il problema a sparare contro di loro. Potevamo essere fuori da questa stanza già dieci minuti fa se ti fossi decisa.”

“Togami-san, stai veramente passando il-”
“Hanno le vostre facce.”

Byakuya inarcò un sopracciglio: “E allora?”

“Potrà sembrarti strano che io provi dei sentimenti, visto che mi hanno addestrata a non provarne sul campo di battaglia” ringhiò lei, “ma non mi piace l’idea di dover sparare a… voi!”

“Però non siamo realmente noi” replicò lui, pacato “quindi non capisco il tuo problema. Sono sagome di carta e se spari a loro noi non sanguineremo, te lo garantisco.”

“Ma sei proprio così ottuso o ti impegni apposta?”
Quell’insulto alla sua intelligenza lo colpì in pieno, tanto da impedirgli di replicare a dovere. Mukuro ne approfittò per rincarare la dose: “Io davvero mi chiedo se così stronzo ci sei nato o ai discendenti dei Togami fanno un corso speciale apposito, altrimenti niente eredità.”

“Ma come ti-”

“Mi permetto eccome! La tua posizione sociale non ti dà alcun diritto di giudicare noialtri, non sei migliore di noi solo perché puoi soffiarti il naso con una banconota da diecimila yen” urlò lei, agitando la pistola in una maniera che un po’ lo preoccupava “e se tu non riesci a provare emozioni di nessun genere beh, ti assicuro che non è così per gli altri!”

Lanciò uno sguardo verso Oogami, che al contrario suo sembrava tranquilla e non accennava ad intervenire. Un po’ lo infastidì.

“Ti sembrerà strano ma anche io provo emozioni, sono LEGATA a voi! Forse non lo dico abbastanza ma non vuol dire che non sia così! E quindi sì, vorrei non dover sparare alle vostre sagome di carta proprio perché vi rappresentano e perché credevo di essermi lasciata questa vita alle spalle!”

Dopo aver urlato a perdifiato Mukuro si zittì ma non distolse lo sguardo da Byakuya, che al momento non sapeva cosa dire (complice anche la pistola che lei teneva ancora in mano); Oogami continuava a rimanere in silenzio, probabilmente approvando quanto la soldatessa gli aveva appena vomitato in faccia.

Tanto bastò a fargli aprire bocca un’altra volta.

“Tutto molto bello, Ikusaba. Parole sicuramente toccanti, e credimi se perfino io, che a quanto pare mi soffio il naso sulle banconote da diecimila yen, ne sono rimasto colpito. Tuttavia” si avvicinò di qualche passo, “non serve a farci uscire di qui. Se Zero non ha più parlato dopo averti fornito gli ordini e la porta è ancora chiusa il risultato è evidente. Quindi ti chiedo, ancora una volta, di sparare a quelle maledette sagome di carta. Adesso.”

Per un attimo, solo un attimo, temette che Mukuro decidesse di puntargli la pistola in mezzo agli occhi e di premere il grilletto; invece la ragazza si voltò verso le sagome e cominciò a sparare.

Le colpì tutte, una per una, tranne quella con le fattezze di Byakuya che lasciò per ultima. Si voltò un secondo verso di lui, poi tornò a fissare la sua sagoma e gli scaricò addosso i sei colpi rimanenti, tutti in faccia. Posò la pistola e si allontanò, lasciandolo impietrito.

Per quanto fosse abituato a non piacere a nessuno (e a fregarsene bellamente), questo andava oltre persino per lui.

“Magari è la volta buona che impari un po’ di comprensione ed empatia, Togami-san” commentò Sakura, dietro di lui. “Ma sinceramente non ci spero poi molto.”

Poi si allontanò e raggiunse Mukuro, in attesa del segnale di apertura della porta, lasciando un Byakuya confuso e nervoso a riflettere su quelle parole.

Voi non sapete il vero motivo per cui sono così. Non lo sapete. Tenetevi i vostri risibili giudizi ben stretti.

Avanti Byakuya-chan, al solito sei troppo severo con loro. È perfettamente logico che ti trattino in questa maniera. Non fai nulla per dar loro motivo di comportarsi diversamente.

Sei la parte ridicolmente debole di me, vero? Allora non cianciare a vuoto, sai a cosa mi riferisco con quel «voi non sapete».

Ovvio che lo so. E ciononostante la penso diversamente da te.

Bravo. Vuoi gli applausi?

No. Vorrei solo che ti dessi una svegliata. Essere la pecora nera innanzitutto non ti fa onore come essere umano, in secondo luogo vi ostacola come gruppo. E prima che possa ribattere “A me cosa interessa?”... beh dai, non sei stupido. Sai cosa intendo.

Ci serve andare d’accordo per uscire vivi da qui. Per chi mi hai preso, per Hagakure? L’ho ben capito da solo.

Allora non farti sgridare come un marmocchio da una parte del tuo cervello! Sei migliore di così, ne sei consapevole. L’erede della Zaibatsu non è un povero cretino con la testa vuota!

...spero che lo spiacevole episodio schizoide del dialogo con se stesso non si ripeta.

Nel caso ti lascio con un ultimo avvertimento: cambia rotta, Byakuya-chan. Così non va.

Silenzio, internamente ed esternamente.

Si ritrovò a grattarsi la testa, perplesso. Per fortuna non gli capitavano spesso soliloqui mentali simili.

Ebbe di che riflettere nei successivi minuti. Su se stesso, sui suoi compagni di classe, sul modo migliore di rapportarsi con loro.

“Togami…”.

La piazzata di Ikusaba era stata… avrebbe detto traumatizzante se fosse stato in vena di iperboli. Vederla mentre sparava sei colpi alla sagoma che lo rappresentava con tutto quel… fervore? Non sapeva bene definire lo stato d’animo che l’aveva permeata per quei pochi secondi, ma sospettava fosse qualcosa di poco piacevole nei suoi confronti.

“Togami!”.

“Eh? Uh? Cosa volete?”.

“La porta si è aperta”.

“Ah. Sì, ok. Arrivo”.

“Uhm…”.

“Hai qualcosa da dire, Oogami?”.

“Oltre al fatto che sei rosso in faccia e stai sudando? No, assolutamente nulla”.

“...”.

“Quando vuoi raggiungerci siamo qui fuori”. Ciò detto lo lasciò dov’era, senza il minimo invito a seguirla.

Se persino Oogami mi tratta così potrebbe essere una mossa furba compiere una lieve rivalutazione del mio atteggiamento.

Oppure fregarsene per non darla loro vinta, aggiunse in seconda battuta.

Sarebbe stato un argomento spinoso. Sperò ardentemente che non ci fossero ulteriori problemi con quella fastidiosa vocina.

 

*

 

“Insomma, era davvero così complicato?”.

Touko Fukawa si era messa un attimo in disparte, osservando con finto interesse le operazioni di bendaggio della mano destra di Kirigiri.

Era ben più attratta da un’altra cosa: lo sguardo di Naegi.

Quel ragazzo… quel ragazzo era troppo semplice per essere capace di mentire.

Se lo fece presente per darsi della stupida quando aveva dubitato della sua buona fede, prima sulle scale.

Evidente che non era nelle sue possibilità.

Quel sorriso ingenuo… ossantissimocielochevaafuoco, persino carino

No no no no no no no no no! Non puoi tradire Byakuya-sama, neanche nella tua testa, neanche in maniera così platonica! Il tuo amore per lui è puro come l’acqua di una sorgente, splendente come il sole a mezzogiorno, soffice come le piume di un angelo.

Parlando più seriamente: aveva capito che di lui poteva fidarsi. Era sin troppo presto per parlare di cose gigantesche come l’amicizia, vetta ancora troppo impervia per lei, ma la fiducia gliela poteva concedere.

Il suo animo candido e la sua sincerità se l’erano guadagnata.

“Ecco Kirigiri-san, per ora abbiamo fatto quel che si poteva. Purtroppo nella cassetta non c’erano antibiotici…”.

“Va bene così, Naegi-kun. E grazie”.

“Prego. Sai, è anche nel mio interesse che non ti succeda nulla…”.

La frase, detta in tono tutto sommato leggero, creò una certa dose di imbarazzo fra i due.

Ucci ucci, sentirò mica odor di peccatucci?

“Nonononononononono non intendevo in un senso strano…”.

Lei si limitò a sorridere, il suo classico sorriso appena accennato.

“Davvero! Davvero! Era solo per dire che sono felice di averti aiutata e…”.

“Per tutti i kami, Naegi-kun. Calmati. Non è mica successo nulla”.

“Sì, ma non vorrei che pensassi male…”.

“E cosa dovrei pensare di male? Sei stato molto gentile”.

“Sì ma per quello che ho detto mannaggia…”.

“Non hai detto nulla di strano. E adesso che la mia mano è a posto, più o meno, possiamo davvero dedicarci alla stanza. O c’è qualche altra incombenza che non avevo considerato?”.

Touko scosse la testa, per quanto la riguardava si poteva iniziare con tutti i crismi dell’ufficialità. Anche se non mancò di sentirsi… uhm, era una strana sensazione per lei. Si sentì riscaldata da questa piccola scena di due amici (o forse di più?, si trovò a pensare con un velo di malizia) che si aiutavano a vicenda ed erano grati l’uno all’altra per questo.

Sono invidiosa. Ammetto che sarebbe bello se Byakuya-sama si comportasse almeno un pochino, non chiedo tanto solo un pochino, come fa Naegi…

Alla risposta negativa del ragazzo tutti e tre presero a perlustrare l’ambiente. Non sapevano bene cosa cercare, ma sapevano che se ne sarebbero accorti una volta trovato.

   
 
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