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Autore: Snow_Elk    29/06/2016    2 recensioni
Che cosa hanno in comune un mercenario di Reilly e una predatrice ribelle? Niente, probabilmente si sparerebbero a vicenda ancor prima di chiedere "Ehi, hai una sigaretta??". Ma non è il caso di Jeff e Dave che, catturati dall'Enclave, si ritroveranno ad affrontare un viaggio lungo che li costringerà ad attraversare tutta la zona contaminata di DC. Tra incontri fuori dal comune, scontri all'ultimo sangue e disavventure di ogni genere i due scopriranno che la zona contaminata non è semplicemente una distesa in rovina, un monumento ai peccati dell'uomo, bensì un luogo che ha una vita propria e secondo alcuni...anche una coscienza.
NOTA BENE: questa è una storia scritta a 4 mani in cui io sarò il mercenario"Jeff" mentre madame_red_, l'altra scrittrice, interpreterà la predatrice "Dave". Qui potrete trovare il suo profilo: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141224
Speriamo che questo nostro esperimento vi piaccia.
Enjoy and stay close!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Odissey in the Wasteland



Capitolo V- Questa cosa si chiama “Quest” o “Missione”?!

Note dell'autore: Ed eccoci di nuovo qui gente! Ci scusiamo per il ritardo,ma questi dannati esami son peggio di affrontare un deathclaw usando una bottiglia di nuka cola, un laccio emostatico e il carisma di Moira Brown. Dunque, siamo arrivati al V episodio e i nostri due sventurati eroi si ritrova ad affrontare la loro prima missione ( non si era capito dal titolo, ve? )per il semplice fatto che, NO armi NO party. Speriamo vi piaccia e come sempre se avete consigli, critichi dritte etc potete lasciare una recensione, saremo più che felici di rispondervi. Buona Lettura :D

Snow & Madame


Jeff Callaghan            
 
Dintorni del SatCom Array                                                             4 Settembre 2275

 
Quella chiacchierata davanti al fuoco, in pieno stile campeggio estivo prebellico, e le ore di sonno che era riuscito a farsi avevano giovato parecchio dopo quella giornata infernale, doveva ammetterlo, e la ragazzina si era rivelata tutto sommato di buona compagnia.
Stavano camminando con estrema calma, non si sentiva sicuro in quella zona e camminare spensierati poteva essere la peggiore delle idee, dopotutto erano ancora in territorio nemico.
- Allora? – la voce di Dave lo riportò alla realtà, si era perso a fissare una zona oltre il fiume, qualcosa aveva attirato la sua attenzione, abbassò il binocolo e sospirò.
- D’accordo, d’accordo – stava per iniziare il suo racconto quando quel sibilo lontano catturò nuovamente la sua attenzione, non se l’era immaginato.
- Merda! – afferrò Dave da un braccio e si gettò a peso morto in una delle tante “buche da bombe” che ricoprivano vari luoghi della zona contaminata.
- Che diavolo ti è preso?! Sei impazzito? – chiese la ragazza massaggiandosi il collo, ma prima che potesse inveire con qualche insulto colorito Jeff le fece segno di stare zitta e ascoltare: in lontananza si poteva udire un sibilo, che si faceva sempre più nitido,  trasformandosi in qualcosa di simile ad un forte ronzio.
- Vertibird – sussurrò Jeff – Quelle scatolette di metallo devono essersi accorti che tre dei loro bei mezzucci volanti non sono tornati nel nido ieri e avranno aspettato come noi l’alba per uscire in ricognizione – osservò cercando di lanciare qualche occhiata fuori dal “fosso”.
- Mai una gioia – sbuffò Dave – ci toccherà restare bloccati qui, adesso? –
- No, se ci muoviamo con cautela, basta sapersi confondere con le macerie sparse nella zona e soprattutto evitare il luogo dello schianto. Tutto chiaro? – la predatrice annuì e fece cenno di esser pronta a muoversi, Jeff annuì a sua volta e mettendosi il fucile in spalla iniziò a muoversi a carponi verso le rovine più vicine seguito come un’ombra dalla ragazza.
Il piano era di puntare ad est, allontanandosi il più possibile da Raven Rock e dalla zona dei SatCom, evitando come la peste il sud, infestato dai deathclaw e da chissà cos’altro.
 
- Sono nato da un mercante d’armi e una scavenger, eravamo sempre in viaggio, quindi non ho mai avuto un vero posto da chiamare “casa”, per un pò ho vissuto a Megaton, poi Rivet City, passando per Canterbury Commons e altri centri minori. Alla fine non restevamo che un anno, massimo due, poi ripartivamo per la destinazione successiva, arrivare e andar via sembravano combaciare come emozioni, non sapevo mai cosa pensare – non era tipo da raccontare la storia della sua vita, ma se c’era qualcosa che aveva imparato nei mercenari era che conoscere il passato del proprio compagno di squadra contribuiva,e non poco, alla collaborazione che nasceva tra i due. Stavano avanzando, lentamente, ma era sempre meglio che stare fermi e aspettare, nonostante il ronzio dei vertibird si facesse più insistente e vicino.
 
- La mia era una famiglia, beh, non la definirei famiglia: mio padre era un avaro del cazzo, non pensava che ad arricchirsi e sfruttava senza alcun ritegno le abilità di scavenger di mia madre. Un giorno lei si ammalò, avvelenamento da radiazioni, aveva bisogno di riposare ma mio padre insistette nel farla uscire per andare a cercare alcuni pezzi che gli servivano. Non aveva alcun rispetto per lei, neanche un briciolo di pietà, dopo una lunga discussione iniziò a malmenarla. Avevo tredici anni – ogni volta che quei ricordi riaffioravano sentiva il desiderio di farsi un drink e rispedirli nell’abisso da cui provenivano. Raggiunsero i resti di una casa e si fermarono per controllare la zona circostante: a parte qualche mutante in cerca della colazione sembrava tutto tranquillo.
- E poi cos’è successo? – domandò Dave, la sua curiosità sembrava genuina.
- Mia madre non era in condizioni di difendersi e mio padre sembrava aver perso il senno, continuava a picchiarla, sempre più forte...- si fermò osservando due vertibird che in quel momento volavano proprio sopra le loro teste, ma il tetto semidistrutto li copriva, e i velivoli li oltrepassarono senza alcun problema, lasciandosi alle spalle solo il sibilo dei rotori.
 
- Ho impugnato una delle pistole che stava pulendo poco prima e gliel’ho puntata addosso, gli ho intimato di lasciarla andare, di smetterla, ma non mi dava ascolto. Diceva che ero un codardo, un peso, che ormai lo era diventato anche mia madre e dei pesi inutili non se ne faceva nulla. Ho premuto il grilletto, ma la pistola era scarica – strinse i pugni, sentiva la rabbia ribollirgli nelle vene. Dave rimase in silenzio, non sapendo cosa dire.
- E’ scoppiato a ridere, in quel momento non ci ho visto più: ho afferrato un cacciavite e mi sono lanciato contro di lui. Tutto ciò che ricordo dopo quel momento è frammentato, confuso, ma alla fine l’ho ucciso – si accese una sigaretta, doveva distendere i nervi.
- E tua madre? – fu l’unica domanda che riuscì a fare la ragazza.
- Morta anche lei, probabilmente nel tentativo di proteggermi. L’ho seppellita e due giorni dopo me ne sono andato da quell’accampamento, portandomi dietro lo stretto necessario e ho continuato a vagare per la zona contaminata sopravvivendo grazie agli insegnamenti di mia madre e alle armi di quello stronzo del mio vecchio. Ero una piccola testa di cazzo senza obiettivi, senza una meta, finché non ho incontrato Reilly- fece un lungo tiro, trattenendo il fumo per alcuni secondi, rilasciando in un solo colpo la nuvoletta grigia.
- Il capo dei mercenari? –
- Già, proprio lei. Prima mi ha salvato da alcuni predatori schizzati, dopodiché quando le ho detto che non mi serviva il suo aiuto mi ha gonfiato di botte e mi ha chiesto di entrare nella sua organizzazione, diventare uno dei suoi mercenari. Non so cosa mi spinse ad accettare, ma da quel giorno la mia vita prese un senso e non mi pentirò mai della scelta che ho fatto. A diciassette anni divenni ufficialmente un mercenario di Reilly e da allora collaboro nel progetto di mappatura di DC e di “riabilitazione” della capitale – Dave non si era persa una parola e continuava ad ascoltare con attenzione, come se fosse stato un racconto di avventura e geste eroiche, quel genere di storie che si raccontavano prima della grande guerra. Fare quel tuffo nel passato era stato un azzardo anche per lui, ma sapeva di non poter scappare in eterno e ogni volta che si voltava indietro a guardare diventava più consapevole di se stesso.
 
- Le cose sono andate bene finché non ci siamo ritrovati nell’Ospedale di Nostra Signora della Speranza. Io, Lucy e Donovan eravamo andati per indagare su un presunto segnale radio e...-  sentì gli occhi inumidirsi e sì interruppe di colpo, continuando a fumare come se niente fosse.
- Non ha importanza, questa è la mia vita fino ad ora, stavo mappando la zona di Seward Square quando l’Enclave mi ha catturato ed eccomi qui – sfilò una catenella da sotto la divisa al quale erano appese delle piastrine e un anello, le strinse con forza e per un attimo rimase in silenzio, lasciando la sigaretta a consumarsi da sola – Avanti, andiamo, dobbiamo sfruttare il lasso di tempo che i vertibird impiegheranno per tornare indietro. Muoviamoci – concluse, spegnendo la sigaretta e riprendendo a camminare. Dave aveva notato il suo sguardo cupo, ma preferì non dire nulla e lo seguì in silenzio.
 
Continuarono a proseguire verso est, sfruttando tutte le coperture possibili, tenendo occhi e orecchie ben aperti, nascondendosi tra i rottami di un camion al secondo passaggio dei vertibird e piantando un paio di pallottole in due ghoul che facevano troppo baccano nel tentare di inseguirli.
Stavano risalendo un piccolo pendio per raggiungere la strada dissestata quando sentirono dei passi provenire da subito dietro la curva coperta dalla collina.
In un battito di ciglia Jeff impugnò il fucile puntandolo nella direzione da cui provenivano le voci e Dave, superato lo stupore iniziale, fece altrettando con la sua fidata 10mm.
- Ehi! Dico a voi  dietro la collina, fatevi avanti lentamente e con le mani ben in vista. Se vedo dei movimenti strani non ci penserò due volte a piantarvi una pallottola in fronte. Sono stato chiaro? – aveva usato un tono possente e si stava maledicendo per quella situazione, ma nel punto in cui si trovavano non esistevano altre opzioni.
- Che cosa facciamo? – sussurrò Dave immobile come una statua.
- Occhi aperti e nervi saldi, cerchiamo di capire con chi abbiamo a che fare ma al primo segno sospetto apriamo il fuoco –
- Ganzo, non mi ero mai ritrovata in una situazione del genere, di solito noi prima spariamo e poi facciamo le domande – quell’osservazione bizzara strappò una mezza risata al mercenario.
- Signori non è il caso di ricorrere alle armi, siamo o non siamo personcine per bene? E poi, le mie guardie sono più cazzute di quanto pensiate! – quella voce, aveva già sentito quella voce. Non poteva essere lui.
- Fatevi riconoscere! – esclamò Jeff.
- D’accordo, d’accordo, arriviamo, questi bramini non vanno mica a benzina. Avanti ragazzi, abbassate quei ferri, cerchiamo di non fare brutta figura – una risata riecheggiò nell’aria e poco dopo tre individui, seguiti da due bramini apparvero da dietro la collina. Era una carovana, con tanta di scorta, ma non di un semplice mercante.
- Per tutti i capelli di Moira Brown! Wolfgang il Pazzo! -  non riusciva a credere ai suoi occhi e a giudicare dallo sguardo perplesso di Dave, lei non sapeva neanche chi fosse quell’individuo ambiguo che stava sorridendo come un cretino.
- In carne, ossa, vestiario e mercanzie tutte al seguito – rispose l’uomo simulando un inchino. Jeff abbassò la canna del fucile e le guardie fecero altrettanto, Dave invece era ancora leggermente perplessa.
- Ehi, ragazza, va tutto bene, è un mercante, mia madre me ne parlava sempre, l’ho incontrato una volta, quando ero piccolo – la tranquillizzò il mercenario e lei, annuendo, rinfoderò la pistola.
- Che cosa diavolo ci fai in questa zona della wasteland? – gli chiese una volta sinceratosi che non ci fossero altri ospiti indesiderati.
- Potrei farvi la stessa domanda, ma, ehi, io viaggio in tutta la zona contaminata, ci può essere sempre un cliente in attesa di comprare qualche bel pezzo da Wolfgang il pazzo! Visto che non siete né predoni né scatolette di metallo ambulanti che ne dite di fare affari? – aveva sentito parlare di quel tipo, di quanto fosse stravagante, ma mai si sarebbe aspettato di incontrarlo in quel luogo dimenticato da Dio, con un sorriso a trentadue denti e in cerca di “affari”.
- Beh, qualche arma da fuoco e delle munizioni in più non ci farebbero male ma non...- il folle mercante lo interruppe.
- Ah, mio caro, Wolfgang non vende mica bocche da fuoco, Wolfgang vende solo la migliore spazzatura della zona contaminata, le cianfrusaglie più uniche. Eppure, se siete qui, in questo deserto ammazzagente, e siete ancora vivi e con tutte le dita al posto giusto significa che sapete il fatto vostro, dico bene? – non era esattamente la verità ma entrambi annuirono.
- Bene, avrei una proposta da farvi, qualcosa che farebbe guadagnare entrambi, sapete? Siete Interessati? Oh ma che sbadato che sono, non vi ho neanche detto di cosa si tratta! Dunque, dunque, or dunque, voi avete bisogno di armi? Sì. Io ho ho bisogno di una spazzatura speciale? Sì. Come uniamo le due cose, signori miei? E’ così semplice, la risposta è composta da due paroline magiche: SatCom Array! – il mercante esclamò quelle due ultime parole indicando le torri satellitari alla sua destra. Jeff e Dave si scambiarono uno sguardo veloce, entrambi rimasti stupiti da quella sottospecie di discorso.
- Uno scambio, miei cari clienti, uno scambio è ciò che chiedo! La torre centrale è occupata da uno schizzato di nome Captain Zak, lui ha spazzatura brillante e tecnologica, roba cazzuta, oggetti che Wolfgang vuole possedere nel suo repertorio. Uccidete quel pezzo di shtako, i suoi scagnozzi, e potrete tenervi tutte le armi che troverete nella torre, io voglio solo la mia spazzatura brillante, non mi servono altri fucili, ho già i miei due cavalieri che mi difendono dai cattivi della zona contaminata- eseguì una sorta di piroetta mal riuscita indicando le due guardie che fino  quel momento non avevano battuto ciglio, dopodiché esibì un altro dei suoi insani sorrisi.
- Allora, accettate la mia proposta? Possiamo sempre sederci da qualche parte a discuterne bevendo qualcosa, mi basta che non siate astemi. Brindiamo a questo nostro fortuito incontro! -


Dave Campbell
 
Dintorni di SatCom Array                                                                                                        4 Settembre 2275

 
Quell’uomo che avevano appena incontrato aveva tutta l’aria di avere non una ma tutte le rotelle fuori posto, aveva un modo strano di parlare e una voce molto nasale, sembrava come esaltato in continuazione, parlava concitato e a volte faceva delle pause inquietanti e poi riattaccava a parlare come se nulla fosse, a dir la verità la preoccupava parecchio, ancora non aveva capito perché non gli avevano sparato in testa subito rubando tutto ciò che aveva con lui.
Intanto Jeff stava cercando di contrattare con lui, Dave lo guardò inclinando la testa, le scelte si riducevano a bere e poi fare ciò che diceva o farlo subito.
Li stette ad ascoltare per un po’ fino a che non si rese conto che se avesse lasciato decidere Jeff non ne sarebbero usciti più, si avvicinò a Jeff e lo tirò per la giacca: “Jeff non se ne parla di fermarsi qui a bere, andiamo subito, facciamo questa cosa e andiamocene.” Aveva un tono scocciato, dentro di se si stava chiedendo come gli balenasse anche solo l’idea di fermarsi a parlare lì, dove poco prima avevano visto passare un vertibird.
Jeff la guardò per un paio di secondi fermo, senza alcuna emozione negli occhi, poi annuì seccamente.

Si rivolse a Wolfgang il Pazzo e annunciò: “A quanto vedi ha premura di andare, al limite al nostro ritorno perderemo il tempo per un goccetto.”
Il mercante sorrise bonariamente e li accompagnò con un gesto della mano verso la direzione delle torri ed esordì: “SatCom Array NW-05 la torre centrale, trovate Captain Zak, uccidetelo e portatemi ciò che vi ho chiesto, al vostro ritorno brinderemo.” E scoppiò in una risata malsana e sguaiata.
A sentire nuovamente quel nome Dave storse il naso, ma non intervenne.
Se Jeff non lo avesse conosciuto gli avrebbe piantato una pallottola in mezzo agli occhi un bel po’ di tempo fa, ma questa insana spedizione la stava guidando lui, perciò…: “Agli ordini capitano!” e sfoderò un sorriso a trentadue denti.

[…]

La torre di SatCom iniziava a definirsi sempre di più davanti a loro, Dave iniziava a preoccuparsi,  quelle zone pullulavano di supemutanti e dei loro centauri.
Camminavano vicini, Dave calciava i ciottolini dal terreno stando in silenzio, Jeff a sua volta si guardava intorno senza dire una parola, il silenzio intorno a loro era opprimente, quasi come se il suono del nulla potesse soffocarli.
Ad un certo punto Jeff si fermò e fece cenno a Dave di fare lo stesso, la quale si immobilizzò sul posto. Ormai erano ad un centinaio di metri dalla torre ma di fianco ad essa si poteva riconoscere un supermutante solitario con il suo fucile da caccia in mano che perlustrava l’area.

Ancora non li aveva visti, si accucciarono e Dave si girò verso Jeff parandogli a bassa voce: “E’ da solo, possiamo farcela.”  Jeff le rispose con tono secco : “Dobbiamo vedere se è davvero da solo!”
“Ma non abbiamo tempo, è palesemente da solo, se vogliamo farcela ad abbatterlo dobbiamo agire subito, se riusciamo a ucciderlo e poi correre nella torre nessun’ altro ci vedrà, possiamo farcela basta avvicinarsi un attimo.” disse Dave.
Jeff sbuffò, si morse il labbro e corrucciò le sopracciglia senza rispondere.
Dave allora esordì : “Ok andiamo, il patto è: ci avviciniamo di soppiatto,  ci mettiamo dietro quel sasso laggiù, quando si avvicina gli sparo ok?”
Jeff annuì e piano piano, con la pancia nella polvere si avvicinarono lentamente verso il sasso,
ad ogni minimo movimento del supermutante si immobilizzavano per poi riprendere a strisciare, raggiunta la grossa pietra vi si accasciarono dietro.
“Jeff… Jeff!”sussurrò Dave : “Lancia un sasso, qui nella nostra direzione!Attira la sua attenzione!”
“Ma che cazzo dici vuoi farci ammazzare?” rispose Jeff.
“No, cazzo ma il fucile da combattimento non è a lungo raggio, rischiamo di non beccarlo, dai cazzo” Si avvicinò a Jeff più di quanto non avesse mai fatto prima e lo guardò dritto negli occhi e sussurrò : “Stammi a sentire, ti ho sempre seguito, ma ora fai ciò che ti dico io, intesi?” Dave si rese conto di aver usato un tono fin troppo deciso ed era la prima volta che si riferiva a lui in questo modo, ma stava letteralmente morendo di paura e aveva bisogno che tutto venisse fatto come credeva più giusto.
Jeff, visibilmente contrariato le lanciò un’occhiataccia, dopodichè afferrò una pietra dal terreno e la scagliò lontano oltre il sasso dove erano nascosti.
Il supermutante, come da copione si diresse verso il loro nascondiglio, fortunatamente sembrava da solo.
Dave guardò Jeff : “Prendimi in braccio, la pietra è troppo alta per sparare oltre, non ci arrivo!!”
Jeff allarmato la guardò: “Cos..?”
“Fai ciò che ti dico cazzo!” gridò Dave parecchio spaventata.
Jeff l’afferrò dalle gambe e la sollevò oltre la pietra, Dave puntò il fucile.
Il supermutante intanto si avvicinava: “Umano deve morire!” grugnì sparando un colpo nella loro direzione che passò pericolosamente vicino a Dave.
“Ti muovi, cazzo???” Gridò Jeff da sotto.
Dave prese un respiro profondo e sparò due volte in direzione del supermutante, il primo gli colpì un braccio, il secondo lo colpì in piena fronte facendolo cadere a terra con un rantolo.
Jeff tirò giù Dave la quale senza pensarci due volte lei gli saltò in braccio: “Ce l’abbiamo fatta!!! Ce l’abbiamo fatta!!”

Jeff la guardò negli occhi e l’unica cosa che rispose fu un secco: “Dobbiamo rivedere le tue strategie di combattimento. Ora forza andiamo, abbiamo delle armi da guadagnarci, forza ora muoviamoci ad entrare nella torre!”
Percorsero lo spazio che li separava dalla torre correndo e quando arrivarono si gettarono subito all’interno.
La torre all’interno non era per niente un posto accogliente, lo spazio era angusto e le pareti di metallo lasciavano filtrare brevi fasci di luce che illuminavano malamente la zona intorno a loro. Dai piani superiori provenivano versi e grida che Dave conosceva bene: “Questi sono predatori, mi raccomando se hanno un capo, e sappiamo che lo hanno, seguiranno i suoi ordini senza tirarsi indietro, non avere pietà per nessuno ok? Fidati di me.”
“Io pietà? Dai smettila di dire cazzate, muoviti” rispose Jeff scoppiando a ridere.

Dave sorrise e iniziò a salire per le scale seguita da Jeff, sulle scale si aprivano delle stanze diroccate, quasi interamente crollate, dalle quali di tanto in tanto sbucavano dei predatori, urlavano come forsennati e si scagliavano contro di loro con una foga disarticolata e quasi ridicola.
Procedevano fianco a fianco, i predatori che li assalivano erano completamente fuori di testa ma non molto attenti per cui non era difficile coglierli di sorpresa e fare saltare qualche testa, anche se utilizzavano armi improvvisate come tubi d’acciaio e mazze da baseball e spesso non era così semplice schivare i loro colpi e grossi ematomi andavano formandosi sulla loro pelle, poco importava però, Dave voleva a tutti i costi arrivare all’ultimo piano, doveva guadagnarsi quelle armi e andarsene da quel posto il prima possibile.

Corsero lungo un’altra rampa di scale, ormai all’ultimo piano mancava poco, altri predatori comparivano con le loro armature metalliche che tintinnavano e le loro grida erano insopportabili, fastidiose, Dave sparò un colpo ad uno di loro e il sangue schizzò sul pavimento, Jeff si stava occupando di altri due poco più in la’ in una frenetica lotta all’ultimo sangue, Dave si avvicinò per aiutarlo e sangue, arti e teste riempivano quello spazio ristretto fino a che non piombò il silenzio.
Dave e Jeff rimasero fermi in mezzo alla stanza, l’odore di sangue e carne le pizzicava le narici, oltre ai predatori che avevano ucciso, intorno a loro a osservare la scena c’erano anche tutte le teste mozzate che con occhi vuoti li guardavano, dei poveri malcapitati che i predatori usavano impalare su aculei di legno.
Di fronte a loro c’era una porta di metallo spessa ma socchiusa, Dave prese un respiro profondo, guardò Jeff e gli disse: “Forza, entriamo.”
Spalancarono la porta e la scena che si trovarono di fronte fu un misto tra la gioia e il terrore.
Accatastate contro al muro c’erano degli scatoloni che sembravano contenere delle armi e un mucchio di casse di munizioni, al centro della stanza invece troneggiava un predatore seduto su una piccola cassapanca che come li vide subito sfoderò un sorriso agghiacciante.

Ci fu un momento di silenzio dopodiché il predatore si alzò: “Piccola Dave, quanto tempo che non ci si vede, vieni qui, fammi vedere quanto sei cresciuta” e le prese il volto tra due dita.
“Dave, perché lo conosci? Chi è?” intervenne prontamente Jeff.
“Ma che maleducato non mi sono ancora presentato, io sono Captain Zak, la piccola Dave era una mia allieva appena decise di entrare nei predatori, fu una delle ultime che addestrai poi me ne dovetti andare e a vederla ora è proprio un vero peccato…” Fece un sorriso che somigliava di più ad un ghigno e la strinse con una presa forte al suo petto.
Dave rimase lì, impassibile vivendo la scena come in terza persona, Captain Zak… Ecco perche quel nome le ricordava qualcosa.

 
   
 
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